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Database, WebGIS, storia ed archeologia: riflessioni metodologiche dietro un progetto sulla Lunigiana medievale M. Baldassarri 1 , P. Mogorovich 2 , E. Salvatori 3 SOMMARIO. La relazione presenta il work in progress di un gruppo di ricerca formatosi di recente e composto da docenti, ricercatori e laureandi dell’Università di Pisa e del CNR. L’équipe ha come scopo la creazione di un WebGIS sulla Bassa Lunigiana medievale che possa risultare utile a diverse tipologie di utenti: l’amministratore, il turista e il singolo cittadino, il ricercatore. In particolare riguardo all’ultima tipologia di utente si è pensato a un sistema di informazione geografica che contenga dati sia storici che archeologici, in modo da ottenere nuove capacità di analisi fondate sull’incrocio di informazioni provenienti da ricerche diverse. L’elaborazione di tale prodotto ha messo in luce le difficoltà più acute che sorgono quando si cerca di porre in relazione in maniera automatizzata dati storici e archeologici al fine di conoscere il popolamento e l’insediamento di un territorio nel tempo. La relazione si prefigge lo scopo di enucleare tali difficoltà e presentarle al pubblico e ai lettori perché siano discusse ed esaminate in seno al workshop. Introduzione Le discipline archeologiche in questi ultimi anni han- no dato crescente attenzione ai Sistemi di Informazione Geografica (SIG/GIS), in quanto strumenti capaci di mol- tiplicare le possibilità di analisi dei dati provenienti dal contesto di scavo o di ricognizione. Si sono sperimenta- ti software proprietari e open source in grado di racco- gliere e restituire cartograficamente i dati sull’insediamen- to, il popolamento e l’economia di un territorio o di una città (AZZENA,T ASCIO 1996; GOTTARELLI 1997, MAC- CHI JÀNICA 2000 e 2001; V ALENTI 2000; BARDI,DALLAI 2002; DE SILVA 2002; De SILVA PIZZIOLO,SARTI 2002; SALZOTTI,V ALENTI 2003; BOCCARDO et alii 2003; GA- BRIELLI 2004; MACCHI JÀNICA 2007, solo per citare alcuni esempi italiani). Ultimamente ci si è anche mossi verso piattaforme GIS di tipo Web 2.0, in grado di consentire a più categorie di persone l’accesso e l’inserimento delle informazioni, al fine da un lato di allargare e diversificare il bacino d’u- tenza, dall’altro di consentire il lavoro collaborativo tra ricercatori( ; ; ) ol- tre ai contributi raccolti negli atti dei Workshop 2006 e 2007 dedicati ai software OS/FS e l’archeologia). Muovendosi in quest’ultima direzione, tra lo scorcio del 2007 ed i primi mesi del 2008, si è costituita un’équi- pe di ricerca composta da docenti, ricercatori e laureandi dell’Università di Pisa e del CNR, gli scopi di lavoro della quale possono riassumersi nei seguenti punti: Creare un WebGIS – ossia un GIS pubblicato sul web – sulla Lunigiana medievale che possa risulta- re utile a diverse tipologie di utenti: turisti, abitanti, amministratori e ricercatori. Gestire con questo sistema di informazione geogra- fica dati sia storici che archeologici, ossia forniti dal- la ricerca di entrambe le discipline, in modo da ot- tenere nuove capacità di analisi, soprattutto spazia- le, fondate sull’incrocio di informazioni provenien- ti da ricerche diverse e orientate verso la migliore comprensione della storia di quel territorio. Nel procedere del lavoro e nel prendere in considera- zione le esperienze precedenti, l’équipe ha, tuttavia, con- statato il fatto che sovente i GIS vengono usati in maniera assai differente da archeologi e da storici. Da questo punto di vista il prodotto più comune è il GIS o WebGIS fonda- mentalmente archeologico, che contiene anche alcuni ele- menti di caratterizzazione storica, mentre sono molto più rari i GIS creati ai soli fini della ricerca storica, o legati alle sole indagini di archivio. In ogni caso si è registrato il moltiplicarsi in ambito scientifico di studi separati, che spesso dialogano scarsamente tra loro, a cui fa specchio una generale mancanza di autentiche iniziative interdisci- plinari, che riescano ad unire da una parte le potenzialità piene dello strumento informatico e dall’altra ad incrocia- re in maniera utile i dati provenienti dalla ricerca storica e archeologica. Il nostro gruppo di lavoro si è quindi posto alcune domande. Questa “mancanza di dialogo” è qualcosa che la tecnologia può risolvere? In altre parole lo strumento informatico può costituire una piattaforma utile per co- struire un autentico lavoro interdisciplinare? Oppure nel- lo stesso strumento informatico e soprattutto nel modo in cui lo si usa può celarsi il rischio di un’ulteriore di- 1 Dipartimento di Storia, Beni culturali, Università di Pisa. 2 ISTI-CNR, Pisa. 3 Dipartimento di Storia, Informatica Umanistica, Università di Pisa.

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Database, WebGIS, storia ed archeologia:riflessioni metodologiche dietro un progetto sulla Lunigiana medievale

M. Baldassarri1, P. Mogorovich2, E. Salvatori3

SOMMARIO. La relazione presenta il work in progress di un gruppo di ricerca formatosi di recente e compostoda docenti, ricercatori e laureandi dell’Università di Pisa e del CNR. L’équipe ha come scopo la creazione di unWebGIS sulla Bassa Lunigiana medievale che possa risultare utile a diverse tipologie di utenti: l’amministratore,il turista e il singolo cittadino, il ricercatore.In particolare riguardo all’ultima tipologia di utente si è pensato a un sistema di informazione geografica checontenga dati sia storici che archeologici, in modo da ottenere nuove capacità di analisi fondate sull’incrocio diinformazioni provenienti da ricerche diverse. L’elaborazione di tale prodotto ha messo in luce le difficoltà piùacute che sorgono quando si cerca di porre in relazione in maniera automatizzata dati storici e archeologici alfine di conoscere il popolamento e l’insediamento di un territorio nel tempo. La relazione si prefigge lo scopodi enucleare tali difficoltà e presentarle al pubblico e ai lettori perché siano discusse ed esaminate in seno alworkshop.

IntroduzioneLe discipline archeologiche in questi ultimi anni han-

no dato crescente attenzione ai Sistemi di InformazioneGeografica (SIG/GIS), in quanto strumenti capaci di mol-tiplicare le possibilità di analisi dei dati provenienti dalcontesto di scavo o di ricognizione. Si sono sperimenta-ti software proprietari e open source in grado di racco-gliere e restituire cartograficamente i dati sull’insediamen-to, il popolamento e l’economia di un territorio o di unacittà (AZZENA, TASCIO 1996; GOTTARELLI 1997, MAC-CHI JÀNICA 2000 e 2001; VALENTI 2000; BARDI, DALLAI2002; DE SILVA 2002; De SILVA PIZZIOLO, SARTI 2002;SALZOTTI, VALENTI 2003; BOCCARDO et alii 2003; GA-BRIELLI 2004; MACCHI JÀNICA 2007, solo per citare alcuniesempi italiani).

Ultimamente ci si è anche mossi verso piattaformeGIS di tipo Web 2.0, in grado di consentire a più categoriedi persone l’accesso e l’inserimento delle informazioni, alfine da un lato di allargare e diversificare il bacino d’u-tenza, dall’altro di consentire il lavoro collaborativo traricercatori(http://www.geomap.como.polimi.it/agew/;http://www.provincia.bz.it/beni-culturali/

1302/archeobrowser_long_i.htm;http://www.gis.lia.unile.it/insediamenti/) ol-tre ai contributi raccolti negli atti dei Workshop 2006 e2007 dedicati ai software OS/FS e l’archeologia).

Muovendosi in quest’ultima direzione, tra lo scorciodel 2007 ed i primi mesi del 2008, si è costituita un’équi-pe di ricerca composta da docenti, ricercatori e laureandidell’Università di Pisa e del CNR, gli scopi di lavoro dellaquale possono riassumersi nei seguenti punti:

• Creare un WebGIS – ossia un GIS pubblicato sul

web – sulla Lunigiana medievale che possa risulta-re utile a diverse tipologie di utenti: turisti, abitanti,amministratori e ricercatori.

• Gestire con questo sistema di informazione geogra-fica dati sia storici che archeologici, ossia forniti dal-la ricerca di entrambe le discipline, in modo da ot-tenere nuove capacità di analisi, soprattutto spazia-le, fondate sull’incrocio di informazioni provenien-ti da ricerche diverse e orientate verso la migliorecomprensione della storia di quel territorio.

Nel procedere del lavoro e nel prendere in considera-zione le esperienze precedenti, l’équipe ha, tuttavia, con-statato il fatto che sovente i GIS vengono usati in manieraassai differente da archeologi e da storici. Da questo puntodi vista il prodotto più comune è il GIS o WebGIS fonda-mentalmente archeologico, che contiene anche alcuni ele-menti di caratterizzazione storica, mentre sono molto piùrari i GIS creati ai soli fini della ricerca storica, o legatialle sole indagini di archivio. In ogni caso si è registratoil moltiplicarsi in ambito scientifico di studi separati, chespesso dialogano scarsamente tra loro, a cui fa specchiouna generale mancanza di autentiche iniziative interdisci-plinari, che riescano ad unire da una parte le potenzialitàpiene dello strumento informatico e dall’altra ad incrocia-re in maniera utile i dati provenienti dalla ricerca storica earcheologica.

Il nostro gruppo di lavoro si è quindi posto alcunedomande. Questa “mancanza di dialogo” è qualcosa chela tecnologia può risolvere? In altre parole lo strumentoinformatico può costituire una piattaforma utile per co-struire un autentico lavoro interdisciplinare? Oppure nel-lo stesso strumento informatico e soprattutto nel modoin cui lo si usa può celarsi il rischio di un’ulteriore di-

1Dipartimento di Storia, Beni culturali, Università di Pisa.2ISTI-CNR, Pisa.3Dipartimento di Storia, Informatica Umanistica, Università di Pisa.

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GEOGRAFIE DEL POPOLAMENTO: CASI DI STUDIO, METODI E TEORIE

Figura 1. L’area geografica di riferimento del WebGIS: la Lunigiana, con particolare riferimento all’area meridionale, dove si trovala confluenza tra le valli dei fiumi Magra e Vara.

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DATABASE, WEBGIS, STORIA ED ARCHEOLOGIA

varicazione delle discipline? Premesso che nessuno stru-mento è “neutro”, quali possono essere i rischi sottesi al-l’uso dei GIS o dei WebGIS nell’ambito dello studio delpopolamento? Le risposte sono state cercate tramite l’ela-borazione di un progetto concreto di WebGIS sulle formedell’insediamento nella Lunigiana medievale.

L’ambito geografico e l’arco cronologico

La scelta del luogo e del periodo sui quali elabora-re il progetto ovviamente non è stata casuale. Non so-lo perché da anni due membri dell’équipe collaborano indiverse ricerche sulla Lunigiana medievale (BALDASSARRIet alii 2003; BALDASSARRI et alii 2003-2004; BALDASSAR-RI 2004; BALDASSARRI, ANDREAZZOLI 2006; BALDAS-SARRI, FRONDONI, MILANESE 2008; SALVATORI 2001a/-b/c; SALVATORI 2003; SALVATORI 2006 a/b; SALVATO-RI 2007 a/b), ma anche perché la storia di questo terri-torio presenta ancora diversi problemi aperti sul frontedell’insediamento e del popolamento.

Area segnata dal passaggio di un importante tratto del-la via Francigena, ma contemporaneamente caratterizzatada un complesso reticolo di strade minori; zona di con-fine tra aree di influenza politica ed economica diverse;soggetta tra tarda antichità e alto medioevo da una trasfor-mazione profonda che è ancora da mettere in luce; oggettonel corso del pieno medioevo di un incastellamento inten-so e ancora parzialmente incompreso; luogo di incrocio diattività economiche profondamente diversificate dal com-mercio a lunga distanza alla produzione agricola limitata;ricca di insediamenti materiali che devono in buona parteessere ancora indagati archeologicamente e povera di do-cumentazione per alcuni secoli del medioevo: la Lunigia-na medievale necessita, per essere compresa, dello sforzocongiunto di più settori disciplinari.

Tali sono indubbiamente l’ambito storico e quello ar-cheologico. Si tratta di metodologie di ricerca affini, manon sempre comunicanti, che devono essere posti in rela-zione dialettica con le potenzialità di ricerca offerte dallenuove tecnologie, soprattutto se coordinate dalla dimen-sione geografica. Da questo punto di vista è stato fonda-mentale che nel gruppo di lavoro costituito fossero pre-senti non solo storici e archeologi, ma anche esperti nelcampo dei Sistemi Informativi Territoriali: perché solola profonda conoscenza del loro funzionamento e delle“filosofie” informative a cui rispondono può permetterela comprensione – se non la risoluzione – dei problemiepistemologici che questo genere di ricerca pone.

Lo sguardo rivolto anche all’esterno

Usualmente i GIS usati in archeologia e più raramen-te nel settore storico sono mono-orientati e sono per ciòriferiti alla gestione amministrativa dei Beni Culturali e/oall’ambito della ricerca, con una minima attenzione agliaspetti divulgativi presso il pubblico dei non addetti ailavori.

In realtà il progetto sulla Lunigiana medievale vor-rebbe rivolgersi a tutti questi settori, non escludendonenessuno a priori.

Per tali motivi la progettazione del sistema si sta muo-

vendo su tre livelli di implementazione e di uso differenti,ma complementari:

1. gli ambiti della ricerca storica ed archeologica, inte-grati mediante lo studio del popolamento, delle for-me insediative e più in generale dei paesaggi medie-vali: da qui la volontà di costruire una piattaformainformatica che consenta un’effettiva compenetra-zione delle serie di dati, offrendo inedite possibilitàdi analisi quantitative e spaziali;

2. il settore dell’amministrazione dei Beni Culturali,comprendendo in esso sia le locali Soprintendenzeche le Amministrazioni territoriali (Comuni, Pro-vincie e Regioni), grazie alla messa a punto di unostrumento che possa migliorare l’efficacia e l’effi-cienza del lavoro interattivo: questo sia all’internodelle amministrazioni pubbliche, sia nell’ambitodelle ordinarie relazioni tra enti ed istituzioni nel-l’opera di tutela del territorio, ed in particolare delsuo patrimonio storico-archeologico; in questa azio-ne sarà inevitabile trovare un collegamento a livellooperativo e semantico col Sistema di Catalogazionedell’ICCD (SIGEC:www.iccd.beniculturali.it/Catalogazione/

sistemi-informativi);3. la folta schiera dei non addetti ai lavori, che han-

no il diritto-dovere di essere maggiormente coinvoltinei processi di elaborazione e di conservazione del-la memoria storica, soprattutto oggi che si hanno adisposizione mezzi adeguati a questo scopo.

Grazie alla registrazione elettronica dei dati ed alla lo-ro diffusione tramite la rete telematica adesso è possibileportare a conoscenza diretta di un pubblico molto ampiole più recenti acquisizioni nel campo della storia e dell’ar-cheologia medievale. Si può inoltre far comprendere l’im-portanza dell’attualizzazione della ricerca storica ed ar-cheologica non solo per fini accademici, ma anche più vastiobiettivi politico-sociali e far conoscere i Beni Culturali datutelare e da valorizzare, anche allo scopo di innescare pro-cessi di “rivitalizzazione” socio-culturale dei comprensorinei quali essi sono collocati.

Questa volontà di aprirsi all’esterno e di divulgare ra-pidamente i dati acquisiti non è dettata da meri motivi diopportunità, o da una tendenza a seguire l’ultima tendenzain fatto di applicazioni informatiche ai nostri tradizionalicampi di ricerca, quanto dalla consapevolezza delle molte-plici opportunità che GIS e Web possono dare agli studio-si di storia e di archeologia non solo per lavorare meglio,ma soprattutto per rendere ancora più utile e presente lastoria dei secoli scorsi ad una società che sembra volersisbarazzare del proprio passato.

M.B. - E.S.

Perché lavorare con un WebGIS

«Gli occhi della storia – ed in questo senso potrem-mo aggiungere anche dell’archeologia – sono lo spazio edil tempo», amava ripetere spesso Cinzio Violante in occa-sione dei Seminari per laureandi e dottorandi dell’alloraDipartimento di Medievistica dell’Università di Pisa.

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GEOGRAFIE DEL POPOLAMENTO: CASI DI STUDIO, METODI E TEORIE

È logico quindi che il terreno di incontro e di confron-to per la costruzione di un progetto di conoscenza, tutela evalorizzazione degli insediamenti medievali della Lunigia-na fosse generato da queste due coordinate fondamentali.Tuttavia è parso da subito importante non utilizzare que-ste due ordinate per costruire dei quadri cartografici sta-tici destinati soltanto alla lettura o alla mera illustrazionedei fenomeni distributivi degli stanziamenti, o del loro sta-to attuale di localizzazione e di conservazione (su questoaspetto MACCHI JÀNICA 2007, pp. 23-24).

Si è cercato piuttosto di impiegarle attraverso uno stru-mento che consentisse sia la messa a punto di un sistemapiù dinamico ed aderente ad una realtà storica, spesso inmovimento, sia la possibilità di affrontare ulteriori gradidi analisi e possibilità di ricerca. Da qui alla scelta di unsistema informatico di gestione dei dati geografici, ormaidiffusamente impiegato per esigenze analoghe (cfr. VANDALEN, GILLINGS, MATTINGLY 1999), il passo è statobreve.

Lo strumento GIS è nato, infatti, dal desiderio di ge-stire in maniera automatica le informazioni rappresentatesu una carta, rendendo subito evidenti i grandi vantaggi ei progressi in questo passo, quali la gestione di un numeroteoricamente illimitato di tipi di oggetti e ancora la possi-bilità di dotare un oggetto di una quantità teoricamente il-limitata di attributi. La cartografia disegnata, al contrario,trova forti limiti nella gestire una grande quantità di datiin quanto la rappresentazione grafica, cioè il tratto dellapenna, “consuma”, riempiendolo, il foglio “bianco” su cuisi disegna, ed è evidente che oltre una certa percentuale di“nero su bianco” la carta diventa illeggibile.

Un progresso importante portato dalla tecnologia GISè derivato poi dalla possibilità/necessità di definire l’in-formazione trattata in modo rigoroso, con un processodi astrazione che è, per l’esperto disciplinare, un impor-tante momento di riflessione su concetti che, in certi casi,possono essere non rigorosi e non condivisi. Ed un primoelemento di utilità del GIS, soprattutto nell’ambito del no-stro gruppo di lavoro, è consistito proprio in questo, cioènello stimolare una discussione sui concetti fondamentalidel settore applicativo.

Per come è stato spesso utilizzato, tuttavia, lo strumen-to GIS ha interpretato la realtà territoriale ancora in unalogica fotografica, descrivendo il territorio e i fenomeni so-cio economici che vi insistono in un teorico infinito istan-te. La realtà non è ovviamente questa e la gestione dellacomponente temporale nei GIS è uno dei settori di ricercapiù interessanti del campo. Di fatto, se si analizza un ter-ritorio in una logica di “passato”, si apprezza facilmenteche non è possibile ignorare il fattore temporale, o sem-plificarne eccessivamente i riferimenti. Lo strumento GIS,da questo punto di vista, è ancora abbastanza debole, ela gestione del fattore tempo è una delle sfide di questoprogetto sulla Lunigiana medievale.

La volontà poi di riferirsi ad un sistema territoriale in-formatico che da un lato potesse sfruttare le enormi po-tenzialità oggi offerte dalla rete telematica mondiale, dal-l’altro fosse svincolato dalle logiche tipiche dei softwareproprietari, ha fatto ricadere la nostra scelta su un Web-GIS strutturato con programmi OS/FS. Questo pur nellaconsapevolezza che un uso via Web di uno strumento ne

moltiplica il numero degli utilizzatori, garantendo un gra-do maggiore di condivisione e di interattività, ma rendeanche il processo di modellazione ancora più critico, inquanto ci si confronta in pratica con tutta la comunità cheopera nel settore.

Oltre all’opportunità di integrare dati concettualmen-te diversi all’interno di un’unica piattaforma informativa,un WebGIS consente poi una serie di applicazioni e di so-luzioni che si presentavano come ideali per il genere diprogetto che la nostra équipe voleva elaborare.

L’adozione di opportuni standard e di modalità di in-teroperabilità permetterà, in prospettiva, di mettere inrelazione archivi posizionati in luoghi fisici diversi (Uni-versità, Amministrazioni pubbliche, Soprintendenze, sitiarcheologici e musei) e «senza creare duplicazioni, isti-tuendo delle connessioni dinamiche di rete» (vedi l’attivitàdell’OGC e gli standard ISO della serie 19100) ; inoltre siha la potenziale capacità «di dotare ricercatori, tecnici eamministratori di uno strumento in grado di consentire,in ogni momento ed attraverso una tecnologia diffusa, nonsolo la consultazione dei dati, ma anche la loro elaborazio-ne su set informativi condivisi»; infine si può «raggiungereuna vasta platea di utenti che non possiedono conoscenzespecialistiche»(www.ambiente.venezia.it/web\_sit/specifiche.htm;www.labgis.net/sapere/gis.shtml).

Tali caratteristiche sono infatti tutte importanti per unsistema che nasce con l’ambizione - o meglio con la speran-za - di poter essere uno strumento utile tanto allo studio,quanto alla tutela ed alla valorizzazione, e quindi alla di-vulgazione, di quanto sopravvissuto fino ai giorni nostridella Lunigiana medievale.

M.B. - P.M.

Il gruppo, i ruoli e la metodologia di lavoro

Il gruppo di lavoro è formato per ciò da tre componen-ti: due componenti disciplinari (storia e archeologia) e unatecnologica (informatica). La situazione, nella sua difficol-tà, sembra perfetta: infatti le due componenti disciplinarihanno approcci abbastanza diversi al problema e alcunitermini sono usati con significati differenti.

Da un punto di vista storico, l’informazione di base èestratta da documenti dove in genere l’informazione tem-porale è molto accurata, mentre la componente spazialeè piuttosto vaga, anche se circoscritta a zone note. Daun punto di vista archeologico la situazione è capovolta:l’accuratezza geografica dell’informazione è molto buona,ma la componente temporale presenta notevoli incertez-ze. Anche alcuni dei termini impiegati, come ad esempioè accaduto per la definizione del concetto di “insediamen-to”, talvolta possono assumere significati molto diversi neidue settori.

La tentazione di sviluppare due applicazioni parallele,una per ciascun settore disciplinare, e di utilizzare in cia-scuna i concetti specifici del settore avrebbe forse portato aqualche risultato immediato, ma è apparso subito evidenteche in prospettiva la comunicazione di informazioni tra ledue applicazioni, e di conseguenza tra i due settori disci-plinari, sarebbe stata minima: si avrebbe uno scontro tra

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DATABASE, WEBGIS, STORIA ED ARCHEOLOGIA

linguaggi diversi, reso ancora più acuto dallo strumentoinformatico.

La possibilità di fondere le conoscenze dei due set-tori disciplinari si gioca in realtà nella definizione delmodello-dati. Se esistono due linguaggi che utilizzano pa-role uguali per concetti diversi, sarebbe una pericolosa for-zatura cercare un’unificazione; molto meglio avere classidi oggetti diversi e cercare le relazioni (spaziali, temporali,descrittive) che li possono collegare.

Figura 2. Una delle schermate iniziali del wiki, usato come piat-taforma collaborativa per il WebGIS della Lunigiana medievale,attivato sul portale del corso di laurea di Informatica Umanisticadell’Università di Pisa.

Questo metodo, i cui risultati sono comunque da ve-rificare, passa attraverso una discussione tra le tre compo-nenti del gruppo. L’informatico non è in grado di portareun valore aggiunto ai concetti disciplinari, ma è inesorabi-le nel cercare di chiarire nel dettaglio i significati dei con-cetti, nel non dare nulla per scontato, nel comportarsi nelcolloquio come uno “stupido elaboratore” che sa fare so-lo ciò che gli è stato detto di fare. Incredibilmente questocostituisce un forte elemento di riflessione (e quindi unarricchimento) per l’esperto disciplinare, che è costrettoa chiarire sempre più i propri concetti e a renderli menoambigui. Incidentalmente abbiamo osservato che, in que-sta attività di discussione, la realtà è sempre apparsa piùcomplicata di quello che poteva apparire all’inizio, quan-do l’uso di termini “flessibili” per l’uomo, e “ambigui” perun elaboratore, faceva sembrare il problema relativamentesemplice.

Allo stato attuale della discussione i vari aspetti delproblema sembrano permettere un approccio progressivo.Difatti fino a questo punto del lavoro sembra che si pos-sano congelare alcune questioni (per esempio l’incertezzatemporale e altre più tecniche) e risolverne altre. Questopermette il coinvolgimento di competenze a termine, co-me gli studenti ed i laureandi, che possono realizzare partidel sistema che vengono assemblate a quelle esistenti, inuna crescita progressiva del sistema.

In questo contesto gioca un ruolo importante la pre-senza del corso di laurea in Informatica Umanistica dell’U-

niversità di Pisa, il cui obiettivo in senso lato è coniugarediscipline umanistiche e informatiche, e che ha consentitol’attivazione in tempi rapidi di una piattaforma per lavorocollaborativo dell’équipe (www.iu.di.unipi.it/wiki/index.php/WebGIS\

_Lunigiana).In particolare è stato approntato un wiki4 – con l’u-

tilizzo dell’applicativo mediawiki – in cui non solo i varimembri del gruppo hanno inserito testi, immagini, schemie dati, ma hanno anche potuto modificare, correggere edespungere testi e dati immessi dagli altri, discutere e quindifar procedere - sempre in forma di brainstorming - quantoemerso nelle riunioni in presenza.

P.M. - E.S.

Le domande alla base del progettoAlla base di qualsiasi lavoro di ricerca ci sono dei pro-

blemi da risolvere e domande ad essi relative, com’è ov-vio. E più precise e ragionate sono queste ultime, miglio-ri saranno le possibilità che la ricerca ottenga un qualcherisultato.

Così, per riuscire a creare un WebGIS che rispondessealle esigenze non solo di utenti semplici e di amministra-tori del territorio, ma soprattutto di ricercatori, storici earcheologi, abbiamo provveduto in prima istanza a redige-re una serie di “quesiti” a cui vorremmo che il futuro We-bGIS sulla Lunigiana medievale potesse rispondere. Tra iprimi emersi si trovano i seguenti:

• quale è la relazione in un determinato periodo ditempo tra le variabili fisiche come le strade, i cor-si d’acqua e la situazione geo-morfologica più ingenerale e le tipologie di insediamento censite?

• quanto possono pesare questi aspetti sulle scelte in-sediative e quanto invece possono essere messi in se-condo piano da variabili di tipo culturale ? se e co-me queste ultime potrebbero entrare in campo in unGIS ?

• quale è la relazione tra più insediamenti compresinel medesimo ambito geografico (ad esempio la val-le del Magra) in un determinato periodo di tempo?è possibile ricostruirne dei pattern e delle gerarchieper ambiti cronologici definiti?

• dove si trova la struttura Y, rispetto all’insediamentoZ? quale il senso della sua posizione geografica?

• quanti e quali insediamenti sono di proprietà X inun determinato periodo di tempo?

• dove si trovavano in un determinato periodo di tem-po beni aventi determinate caratteristiche giuridiche(es. feudo, bene comune)?

• quanti insediamenti sono fortificati in un determi-nato periodo di tempo?

• dove si riscuotevano i pedaggi in un determinatoperiodo di tempo e chi lo faceva?

• quale è l’estensione e la topografia interna dellecircoscrizioni ecclesiastiche in un determinato arcocronologico?

4Sito web o documento ipertestuale che può essere modificato dai suoi utilizzatori e i cui contenuti sono sviluppati in collaborazione da tutticoloro che ne hanno accesso.

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GEOGRAFIE DEL POPOLAMENTO: CASI DI STUDIO, METODI E TEORIE

• come sono distribuiti sul territorio preso in esamegli edifici a carattere religioso rispetto alle variabilidi tipo “fisico”? ed in che relazione stanno con gliinsediamenti “laici” ?

Chiaramente non si tratta di un elenco esaustivo ocompleto di quanto ci stiamo chiedendo nei nostri studisulla Lunigiana medievale, ma sono senza dubbio le do-mande più urgenti per entrambi i settori di ricerca, dallequali pertanto ci è parso più utile cominciare per “sbro-gliare la matassa” e trovare delle soluzioni immediatamen-te utili. Alcune di queste domande si risolveranno, nellostrumento informatico, con delle vere e proprie query; al-tre domande, invece, otterranno risposta da un’analisi con-dotta dagli specialisti, analisi a cui lo strumento informati-co farà da supporto con funzioni di rappresentazione e dielaborazione.

Problemi e prime soluzioni

Dopo aver stilato le domande abbiamo provveduto acercare di creare in maniera astratta alcune schede relativeagli insediamenti, i toponimi e le strutture che riguarda-vano il nostro territorio. Contemporaneamente abbiamocercato di applicarle ad alcuni casi concreti per vedere do-ve potevano sorgere situazioni di conflitto, sofferenza, oaddirittura di contraddizione. Il lavoro è ancora lontanoda essere concluso, tuttavia riteniamo interessante eviden-ziare i problemi maggiori emersi fino a questo punto dellavoro.

L’insediamento: un esempio di differenza linguistica econcettuale

Il caso del termine generico “insediamento”, che qui di-scutiamo, è solo un esempio, anche se quello per adessopiù evidente, di differenza linguistica e concettuale. Inizial-mente l’insediamento è stato scelto per identificare l’uni-tà di lavoro primaria del database. Abbiamo indicato contale vocabolo un luogo abitato permanentemente o tem-poraneamente e più o meno complesso, e quindi un’areache contenesse alcuni oggetti, spesso legati ai rilevamentidell’archeologo. Dal punto di vista logico-linguistico conriferimento allo strumento GIS si sarebbe trattato di un“contenitore”; dal punto di vista archeologico una realtà diquesto genere viene normalmente definita “unità topolo-gica”, o più comunemente “sito” (si veda ad esempio l’am-pia casistica presa in considerazione anche dal MedievalSettlement Eesearch Group britannico: www.britarch.ac.uk/msrg/msrgpolicy.htm ), mentre dal punto di vi-sta storico il termine genericamente usato è quello di“insediamento”.

Alle differenze linguistiche corrisponde una certa dif-ferenza di contenuto che si percepisce proprio a livelloGIS quando si deve stabilire quali sono le aree da disegnaresulla carta. Di fatto le aree da prendere in considerazionesono due:

1. Il punto di vista archeologico: l’area fisica, ossiaestensione effettiva dell’insediamento, nella maggiorparte dei casi è direttamente ricavabile dalle emer-genze (scavo) o dalle tracce (ricognizione), ed il mo-dello geometrico GIS conseguente è vettoriale e/o

areale, a causa della conoscenza abbastanza accuratadel limite e della collocazione spaziale delle entitàrilevate.

2. Il punto di vista storico: è emerso il problema del-la definizione spaziale sia dell’insediamento stesso,la maggior parte delle volte non definito dalle fontiscritte, sia della giurisdizione/area di influenza del-l’abitato/pertinenze. Nel primo caso spesso l’esten-sione viene ricavata dalle fonti tarde (statuti, cata-sti, visite pastorali, ecc.) e l’incertezza può esserenotevole. Inoltre è risultato come problematico ilfatto che anche in passato spesso tali aree non ave-vano dei confini ben definiti, specialmente quandoesistevano, tra due giurisdizioni, terre poco accessi-bili (boschi, paludi, zone montagnose, etc.). Il mo-dello geometrico GIS è in questo caso discutibile: lamancanza di bordi ben definiti per gli oggetti ren-de poco applicabile il modello vettoriale, ma anchel’utilizzo di un modello raster, che associ a ciascunpixel la probabilità di appartenenza ad una giurisdi-zione (per esempio 100% per appartenenza sicura, ealtri valori per appartenenza probabile, o dubbia, oipotetica) non sembra particolarmente attraente.

Figura 3. Diagramma concettuale delle relazioni individuate tragli insediamenti visti sia dal punto di vista archeologico chestorico.

Questa divisione concettuale ha portato in un primotempo all’ipotesi di sdoppiare il data-base, come avvienedi solito in casi analoghi. Infatti, la diversità semantica deidue tipi di insediamenti si dovrebbe riflettere nella presen-za di due tipi di dati diversi: classe IA (insediamenti archeo-logici) e classe IS (insediamenti storici), collegabili tra diloro con una relazione di tipo geometrico. Tuttavia un’a-nalisi di alcuni casi concreti ha evidenziato una contraddi-zione logica in questo approccio, che è stato abbandona-to: in sostanza lo strumento avrebbe infatti certificato lascarsa comunicabilità tra le discipline.

Il ragionamento e i primi tentativi di modellare inse-diamenti e oggetti ci hanno allora portato a concludere chel’insediamento non è un oggetto univocamente geografico,ma una elaborazione storica: un insieme di oggetti legatida una relazione. E procedendo in questa direzione ci sia-mo trovati a convergere con le opinioni di chi sottolineacome «la “multidimensionalità” che definisce ogni formadi insediamento umano dipende semplicemente dal pun-

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DATABASE, WEBGIS, STORIA ED ARCHEOLOGIA

to di osservazione: la scala complessiva di contemplazionedell’oggetto» (MACCHI JÀNICA 2007, p. 26).

Un modello-dati che rispecchi questo approccio è tut-tora in fase di analisi, ma una prima ipotesi è riportatanella figura seguente.

La figura illustra il modello concettuale di “insedia-mento”, cercando di integrare i punti di vista archeolo-gico e storico. Trascurando in questo momento la com-ponente temporale, si nota come gli “oggetti” estratti daidocumenti storici (castello, manso, ecc.) e i “siti” e le “uni-tà topografiche” identificate con le indagini archeologichecostituiscano le informazioni di base più oggettive.

L’insediamento in senso storico nasce da una serie direlazioni tra oggetti e soggetti/istituzioni, con un legamegenericamente, e forse impropriamente, definibile come“proprietà” o “pertinenza”. I legami tra i due ambiti sonopossibili grazie alla relazione di identità tra “sito”, o “unitàtopografica”, ed “oggetto”, relazione creata dallo studiosonei casi in cui ciò sia possibile. Un ulteriore legame, anchese più generico, ovvero talvolta con minore dettaglio geo-grafico e maggiore incertezza temporale, è possibile grazieal “toponimo”.

La questione temporale

Una delle problematiche complesse emerse nel corso del-lo studio progettuale ha riguardato ovviamente la gestionedel tempo, ossia come trattare i dati cronologici che emer-gono dalla lettura della documentazione scritta e dall’ana-lisi delle fonti archeologiche. Si tratta, come nel caso del-l’individuazione degli oggetti e di un linguaggio comunead una problematica non solo tecnologica, ma anche epi-stemologica, nel senso che investe in pieno la metodologiadi lavoro di storici e archeologi.

Dal punto di vista tecnico si è trattato di trovare unasoluzione per gestire le incertezze e soprattutto i range divalori che sia la documentazione scritta che quella archeo-logica forniscono. La documentazione storica ha soventeespresso una data precisa con l’indicazione dell’anno, me-se e giorno e con l’aggiunta di altri dati (indizione, annodi regno o di pontificato, ecc.) che servono allo studio-so per fare controlli incrociati e verificare l’attendibilitàdella data stessa. A prescindere dal fatto che la data di undocumento è sempre ricavata dalla fonte con un proces-so deduttivo, capita anche che la data non sia palesementeespressa, ma che si debba interamente dedurre dal conte-nuto. In questo caso nell’edizione della fonte si indica –motivando la scelta - una data «probabile», che precede unevento noto (ante quem) e ne segue un altro (post quem).

La medesima cosa accade per la documentazione ar-cheologica, ma con alcune differenze significative. Quasimai l’archeologo è in grado di dire in che anno, mese egiorno uno strato o comunque un elemento materiale so-no stati creati. Quello che normalmente e utilmente forni-sce con la sua interpretazione è invece un generico periododi formazione e d’uso di una superficie, di un edificio o diun manufatto, tutti ugualmente definiti da parametri postquem e ante quem, raramente caratterizzati da un’accura-tezza maggiore di un quarto di secolo. I limiti cronologicihanno tuttavia una natura diversa, perché nel caso dellafonte scritta questi spesso sono costituiti da una data pre-

cisa, che manca quasi sempre al dato archeologico. Si puòdire quindi che cambia in un certo senso la “scala tempo-rale” in cui i dati storici e archeologici tendono ‘natural-mente’ ad inserirsi, e questo risulta palesemente evidentequando ci si sforza di standardizzare le date e inserirle inun database informativo comune.

L’altra differenza evidente è che la data per lo stori-co è quasi sempre, o comunque spesso, l’indicazione diun evento puntuale: l’attestazione dell’esistenza oppure diun mutamento (di proprietà o di pertinenza, ad esempio).Così non è invece per l’archeologo, che tendenzialmen-te – anche se non sempre – restituisce “periodi”, “fasi” ed“attività”, ovvero ambiti temporali durativi entro i qualiun fenomeno si è formato e si è mantenuto relativamen-te costante fino alla sua cessazione, od obliterazione. Taliperiodizzazioni sono proprie ovviamente anche del lavorodello storico, ma derivano in maniera indiretta da un’ana-lisi comparata di più documenti e quindi di più “eventi”, enon possono essere ricavati da una singola fonte.

Per armonizzare questi dati e renderli utilmente inter-rogabili contemporaneamente si è affidato a uno studio ap-posito la gestione delle incertezze temporali. Attualmenteun laureando dell’équipe ha il compito di individuare unaserie di possibilità tecniche per standardizzare dati tem-porali incerti e consentire anche l’elaborazione di queryappropriate che non restituiscano in output scenari falsi ofuorvianti. Anche da questo punto di vista la soluzioneoperativa è quindi in fase di elaborazione.

I cambiamenti spazio-temporali degli oggetti

La questione temporale analizzata precedentemente si èconcentrata sulla rappresentazione di istanti o di inter-valli (in sostanza una coppia di istanti) la cui precisionepuò essere molto bassa. Tuttavia il tempo è una dimen-sione all’interno della quale gli oggetti del mondo reale simuovono mutando le loro caratteristiche spaziali ed i lo-ro attributi, a volte in modo brusco (come nel caso di attiamministrativi), a volte in modo graduale.

Nella costruzione di un database, come è noto, i varioggetti hanno una loro identità, come il nome, che puòrestare stabile, mentre altre caratteristiche possono mo-dificarsi. Questo si concretizza con l’appartenenza di unoggetto ad una specifica classe e, banalmente, con la suaassociazione ad un immutabile identificatore (ID).

Purtroppo l’applicazione di questo concetto presentaproblemi nel caso dell’analisi storica; l’evoluzione tempo-rale di un oggetto è spesso tale che le sue caratteristichedescrittive e geografiche si modificano in modo sostanzia-le, fino a farlo apparire un oggetto di diversa identità. Èdifficile immaginare di descrivere un’entità riguardante ipossedimenti di Matilde di Canossa e arrivare all’attualeComune di Canossa mantenendo, per l’entità, lo stesso“ID”. In pratica, se l’arco temporale analizzato non è mini-mo, occorre prevedere un’evoluzione degli oggetti trattatiche preveda una loro “morte” e “rinascita” sotto un’altratipologia.

M.B. - P.M. - E.S.

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GEOGRAFIE DEL POPOLAMENTO: CASI DI STUDIO, METODI E TEORIE

La strutturazione dell’informazione

La revisione del concetto di insediamento storico ci ha co-stretti a riflettere sulla presenza di informazioni elemen-tari “primarie”, quelle dedotte inequivocabilmente (anchese con le loro incertezze) dai documenti e di informazio-ni “derivate”, che nascono da un’elaborazione, secondo unmodello disciplinare, di quelle primarie.

L’approccio è quello di rimandare la costruzione delleinformazioni derivate ad una fase di processing e di con-centrarsi sull’inserimento nel database delle informazioniprimarie.

Figura 4. La figura evidenzia la centralità del documento, stori-co o archeologico, come fonte, ma anche la necessità di estrar-re da esso unità di informazione elementari che costituisconoil contenuto del database. Le elaborazioni tratteranno tali uni-tà elementari senza perdere il collegamento all’informazioneoriginale.

Pertanto:

1. si è scelto di ricavare dal singolo documento, o US,o scavo, o UT, o ricognizione archeologica, un in-sieme “n” di dati (eventi) che si legano a un numero“n” di oggetti. Così ad esempio un atto di venditadi più beni avvenuto in una data X produrrà unaserie di record, uno per ogni oggetto individuabilenel territorio, per i quali si indicherà per la data Xla relazione ricavata, in questo caso il passaggio diproprietà.Allo stesso modo l’analisi di un edificio o di un sitoprodurrà diverse informazioni legate al singolo og-getto: inizio di esistenza, periodo d’uso, mutamentod’uso, fine d’esistenza o abbandono.

2. a ogni relazione attestata deve essere legata in ma-niera relazionale una classe apposita di documentisia storici che archeologici. Tale classe non deve esse-re intesa come tendenzialmente esaustiva dell’insie-me della documentazione storico-archeologica luni-gianese, ma deve essere interpretata unicamente co-me punto di riferimento/collettore dei dati primaspezzettati e solo di quelli ritenuti utili all’indagine.In questa classe il singolo documento scritto, comeciascun dato materiale, ritrova una certa unità, cheè invece necessariamente frammentata nel resto deldatabase.

Il concetto di scala

Nella cartografia disegnata la scala viene definita come ilrapporto tra una misura lineare sul documento e la cor-rispondente misura nel mondo reale. In realtà già nel-la carta disegnata il concetto di scala ha risvolti implicitipiù complessi che emergono chiaramente nel mondo GIS.La possibilità di eseguire zoom su video rende evidente lanecessità di approfondire il concetto.

Il concetto di scala tradizionale è una dichiarazionedell’accuratezza geometrica dei dati. Questo, nella cartadisegnata, ci dice che non possiamo ingrandire un dise-gno senza uscire da una precisa specifica; nel mondo GISquesto concetto viene allegramente ignorato e del resto isoftware GIS non hanno ancora gli strumenti per gestirel’accuratezza geometrica dei dati. In compenso i softwareGIS non hanno alcun problema a gestire contemporanea-mente dati con accuratezza geometrica diversa e sono allostudio applicazioni per derivare in automatico dati ad unacerta scala da dati a scala maggiore.

Nel nostro caso ci troviamo di fronte ad un problemasimile. Infatti i dati provenienti dal mondo archeologicosono spazialmente accurati (sono dati a grande scala) e unaloro rielaborazione può portare a dati di interesse storico.Questa rielaborazione, le cui linee principali sono in fasedi studio, utilizzerà anche dati fisici del territorio oltre adati storici di diversa tipologia (per esempio informazionisu pedaggi) e porterà in generale ad un dato spazialmentemeno accurato, in pratica un dato a media o piccola scala.

P.M.

Un esempio pratico: la registrazione deidati e la gestione delle informazionirelativamente al castello della Brina (SP)

Dopo esserci confrontati in modo teorico-metodologico sulle questioni fondamentali della definizio-ne di oggetti ed insediamenti, della coordinata temporalee della scala di osservazione, abbiamo sentito la necessitàdi misurarci con un esempio pratico che testasse alcunedelle soluzioni prospettate e portasse alla luce eventualicontraddizioni o problemi non ancora individuati.

Per tale motivo abbiamo scelto un insediamento lu-nigianese, sufficientemente documentato sia dal punto divista archivistico che archeologico, ben noto ai membridell’équipe: il castello della Brina.

Si tratta di un sito localizzato in provincia di La Spe-zia, posto sulle pendici meridionali del monte Grosso, im-mediatamente a nord della pianura sarzanese, ovvero inposizione dominante nella Bassa Val di Magra. L’altura sucui sorge questo insediamento medievale, attualmente de-nominata La Nuda o colle Torraccio (208 metri s.l.m.), èsituata a sud degli abitati di Falcinello e di Ponzano Su-periore ed è lambita ad est dal torrente Amola e ad ovestdal Belaso o canale Bivoneghi. Verso occidente il colle siaffaccia sulla porzione meridionale della pianura attraver-sata dal fiume Magra, antica sede della principale direttri-ce della via Francigena, nel tratto compreso tra i borghimedievali di Sarzana e di S. Stefano del Cerretola.

Le prime indagini archeologiche sul sito della Brinahanno avuto luogo nel 2000: da allora si sono succedute

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DATABASE, WEBGIS, STORIA ED ARCHEOLOGIA

una ricognizione intensiva e sette successive campagne discavo nell’ambito di una convenzione pluriennale stipula-ta tra la Soprintendenza ai Beni Archeologici della Ligu-ria, l’Università di Pisa, i Comuni di Sarzana e di SantoStefano Magra ed il C.A.I.

I risultati di queste ricerche, concentrate nella zonasommitale del rilievo, sono stati assai interessanti: oltrea portare alla luce il castello signorile, il cui utilizzo, ar-ticolato in varie fasi, è databile tra la fine dell’XI ed ilXIV secolo, sono stati raccolti documenti materiali siasulle fasi terminali di vita dell’insediamento, limitato adun presidio militare nella porzione meridionale del col-le (XV secolo), sia sulle sue preesistenze, contrassegnatedalla attestazione di un villaggio di capanne in materia-li deperibili (IX-inizi XI secolo) (cfr. BALDASSARRI et alii2003-2004; BALDASSARRI 2004; FRONDONI, MILANESE,BALDASSARRI 2008).

Figura 5. Planimetria delle strutture murarie appartenenti a di-versi periodi della storia del sito, con indicazione delle aree discavo – castello della Brina - SP (campagne 2001-2003, 2005-2007).

I principali problemi nell’organizzazione informatiz-zata dei dati archeologici per un insediamento pluristra-tificato come quello della Brina hanno riguardato in pri-mo luogo la trasformazione del sito nel tempo in quantoa topografia, cultura materiale e struttura sociale (villag-gio, castello, ridotto militare), e più in generale la gestionedel fattore cronologico legato sia alle caratteristiche deglielementi datanti (definibili con un grado di approssima-zione al massimo di 50-60 anni), sia al genere di evidenze,e talvolta di assenze, disponibili.

In modo particolare è stato necessario riflettere comeoperare di fronte ad eventuali gap temporali nelle traccearcheologiche senza il supporto di certi segni di abbando-no dell’area abitata. Ad esempio se il villaggio di capanneha mostrato una frequentazione fino ai primi decenni del

Mille ed il castello in pietra è documentato soltanto dalterzo quarto del secolo XI, è lecito inferire che l’uno si siatrasformato nell’altro nel periodo intermedio e senza solu-zione di continuità? Si tratterebbe di una ipotesi plausibi-le viste le caratteristiche dei contesti indagati (in maggiorparte giaciture secondarie o depositi poveri di materiali,per lo più contrassegnati da manufatti comuni e di lun-ga durata d’uso) e considerati gli interventi costruttivi delpieno Medioevo (strutture murarie in pietra e malta edifi-cate andando a ricercare direttamente la roccia di base) : siè dovuto però scegliere se strutturare il database e quindile query sulla base delle possibili ricostruzioni, o piutto-sto sulla scorta dei dati rilevati. In questo secondo caso, diconseguenza, decidere se rappresentare e come il vuoto diinformazioni certe tra gli inizi e la fine dell’XI secolo.

Il lavoro sulle fonti scritte relative alla Brina, d’altrocanto, ha comportato un vero e proprio “smontaggio” deldocumento in tante schede differenti quanti sono i datiutili presenti, al fine di consentire una corretta definizionedel modello e una facile immissione dei dati stessi.

Il processo di analisi ha tuttavia messo anche in lucetante “peculiarità” del dato storico, importanti al fine dellaconoscenza dell’insediamento, dell’economia, del popola-mento e dell’uso del suolo che non sono facili da standar-dizzare. Un esempio tipico è quello dell’investitura di unfeudo o addirittura di un feudo oblato (atto con cui unapersona cede beni o diritti di sua proprietà ad altra per-sona o ad un ente, riottenendoli sotto forma di beneficiofeudale), che di fatto duplica le relazioni di proprietà, datoche una corte può essere contemporaneamente di proprie-tà del vescovo di Luni e beneficio feudale di un vassallo. Unaltro esempio può essere dato da una cessione di beni po-sti in un medesimo luogo, ma di uso misto – campo, orto,selva, mulino – e a definizione giuridica varia - manso, li-vello: tutti dati utilissimi dal punto di vista del ricercatore,ma estremamente difficili da standardizzare.

Questo lavoro di “smontaggio” è piuttosto impegna-tivo ed è la conseguenza della pregnanza del documentioriginali, che molte volte racchiudono in sé una quanti-tà consistente di dati relativi a realtà e ad insediamentidiversi.

Riflessioni conclusiveCome si può facilmente comprendere da quanto espo-

sto, il lavoro è ancora in una fase transitoria, in cui i pro-blemi sono stati enucleati, ma le soluzioni definitive atten-dono ancora di essere trovate. Abbiamo tuttavia ritenutoimportante presentare il lavoro svolto fino ad ora comeuna formalizzazione del brainstorming che abbiamo por-tato avanti in questi mesi, certi che nel confronto con al-tre esperienze simili e con altri punti di vista sia più utileun’elencazione ragionata di punti interrogativi, che l’espo-sizione di un progetto ancora lungi dall’essere concluso edapportatore di nuovi risultati.

Ci sembra tuttavia di poter concludere, in maniera deltutto provvisoria, che il GIS appare sì sulla carta uno stru-mento utile a favorire il dialogo tra storia e archeologia,ma che una seria sperimentazione sui dati concreti si dimo-stra in primis efficace ad esaltare le differenze di approccioal territorio ed al popolamento tra le due discipline. Que-

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GEOGRAFIE DEL POPOLAMENTO: CASI DI STUDIO, METODI E TEORIE

Figura 6. La tabella mostra nel concreto il complesso lavoro di “smontaggio” dei documenti relativi al sito preso ad esempio insingole schede di informazione.

sto aspetto non può indurre che a riflettere seriamente sul-la loro complementarietà ai fini della ricostruzione stori-ca. In particolare è emerso in maniera molto chiara chel’uso differente del GIS ha prodotto una vera e propria la-cuna di strumenti concettuali e di soluzioni operative peri dati derivati dalle fonti scritte.

Tra gli altri elementi da ricordare in queste riflessionifinali volevamo inoltre sottolineare la necessità emersa diaffinare la metodologia di uso dei GIS applicati alle disci-pline storiche nel campo della gestione delle incertezze siaspaziali, che cronologiche, senza un’implementazione delquale si rischia di realizzare una cartografia semplicistica edi banalizzare le successive elaborazioni.

M.B. - P.M. - E.S.

* La parte dello lavoro informatico in corso riferitaal sito della Brina è oggetto di elaborazione della tesi dilaurea di Carla Margalef Bentabol, autrice delle figure nn.3,4,6, che si ringrazia per la collaborazione.

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