Un bullo per amico - isa7.gov.it · In mano non ha un coltello, ma un righello. Anch’io mi fermo,...

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Unbulloperamico INCIPITPAURA La creatura mi insegue. È un misto tra Frankenstein e uno zombie. E in mano ha un coltellaccio da macellaio. Tanto ti piglio!ringhia. Lo sai che ti piglio!Io corro, ma è come stare sopra un tapis roulant, di quelli da palestra: corri, corri e non arrivi mai da nessuna parte. Allimprovviso il mostro è sopra di me. Sta per uccidermi. Addio, mondo crudele! Voi due! Che state combinando?, la voce è quella della maestra Gianna. Non si corre nel corridoio!Il mostro, Gabriele Tardini della V° B, si ferma. In mano non ha un coltello, ma un righello. Anchio mi fermo, addosso alla maestra. Mi avete capito?, ammonisce lei col dito alzato. Per questa volta me la sono cavata. Ma la prossima? Gabriele mi perseguita. Andare a scuola, ormai, è diventatounproblema. RACCONTO Driin!Evvivaèsuonatalacampanella!Peroggiimieiproblemisonofiniti,finoa domanipotròrilassarmi.E'cosìognigiorno:quandoescodascuolalapaura diminuisce,mahosempreilpensierodiincontrarloalparco! Hodeciso,diròallamammachedevostudiarecosìstaremoincasa.Lamammaci hacreduto,ecomesecihacreduto.Hapresolatavoladastiro,ilferroavaporeesi èpiazzatanellamiacameretta.Guardandomidolcementepoimihadetto:-Cosa devistudiare,amoremio?Sevuoitiaiuto.-Aquelpuntosonostatocostrettoa prendereillibroeastudiaresulserio.Hopresoillibrodistoria,chiaramente,cheè lamiamateriapreferita.Almenoquello,datochemisonorovinatodasolo.La giornatapassainfrettae,finalmente,vadoaletto:èilmomentodellagiornatache preferisco. "Alparcooggisembratuttotranquillo,diGabrielenemmenol'ombra!Maeccololì! Appenamivedemivieneincontroridendoeconariafurba,miguardacomeper dire:-Oratiprendoetirompo!Siavvicinaemisfidaaunincontrodipugilato.Non sopiùcosafare!Tre-due-uno,via!Miattacca,iomidifendo,sonosfinito,nesto prendendodisantaragione.Midàunarafficadicolpi,cosìfortichemifacadere all'indietro.-Ahichemale!-sonolemieunicheparole.Civedoamalapena!Houn occhiogonfio,igomitirossiesbucciaticomelecipollechefannopiangeretantola miamamma.Ilnasomigocciola,melopuliscoconlamanoemiaccorgochenonè moccicoquellochecola,masangue.Orasìchesonoterrorizzato!Corroa

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Un bullo per amico

Un bullo per amico

INCIPIT PAURA

La creatura mi insegue. È un misto tra Frankenstein e uno zombie. E in mano ha uncoltellaccio da macellaio. “Tanto ti piglio!” ringhia. “Lo sai che ti piglio!” Io corro,ma è come stare sopra un tapis roulant, di quelli da palestra: corri, corri e non arrivimai da nessuna parte. All’improvviso il mostro è sopra di me. Sta per uccidermi.Addio, mondo crudele! “Voi due! Che state combinando?”, la voce è quella dellamaestra Gianna. “Non si corre nel corridoio!” Il mostro, Gabriele Tardini della V° B,si ferma. In mano non ha un coltello, ma un righello. Anch’io mi fermo, addosso allamaestra. “Mi avete capito?”, ammonisce lei col dito alzato. Per questa volta me lasono cavata. Ma la prossima? Gabriele mi perseguita. Andare a scuola, ormai, èdiventato un problema.

RACCONTO

Driin! Evviva è suonata la campanella! Per oggi i miei problemi sono finiti, fino a

domani potrò rilassarmi. E' così ogni giorno:quando esco da scuola la paura

diminuisce, ma ho sempre il pensiero di incontrarlo al parco!

Ho deciso, dirò alla mamma che devo studiare così staremo in casa. La mamma ci

ha creduto, e come se ci ha creduto. Ha preso la tavola da stiro, il ferro a vapore e si

è piazzata nella mia cameretta. Guardandomi dolcemente poi mi ha detto: - Cosa

devi studiare, amore mio? Se vuoi ti aiuto.- A quel punto sono stato costretto a

prendere il libro e a studiare sul serio. Ho preso il libro di storia, chiaramente, che è

la mia materia preferita. Almeno quello, dato che mi sono rovinato da solo. La

giornata passa in fretta e, finalmente, vado a letto: è il momento della giornata che

preferisco.

"Al parco oggi sembra tutto tranquillo, di Gabriele nemmeno l'ombra! Ma eccolo lì!

Appena mi vede mi viene incontro ridendo e con aria furba, mi guarda come per

dire: -Ora ti prendo e ti rompo! Si avvicina e mi sfida a un incontro di pugilato. Non

so più cosa fare! Tre-due-uno, via! Mi attacca, io mi difendo, sono sfinito, ne sto

prendendo di santa ragione. Mi dà una raffica di colpi, così forti che mi fa cadere

all'indietro. - Ahi che male!- sono le mie uniche parole. Ci vedo a malapena! Ho un

occhio gonfio, i gomiti rossi e sbucciati come le cipolle che fanno piangere tanto la

mia mamma. Il naso mi gocciola, me lo pulisco con la mano e mi accorgo che non è

moccico quello che cola, ma sangue. Ora sì che sono terrorizzato! Corro a

nascondermi in palestra: - Pidocchio, non puoi sfuggirmi! - mi grida la piccola

peste. Adesso è davanti alla porta e urla: - Ti schiaccio pidocchio!

Questa volta è la fine!…"

- Sveglia, svegliati Luca! E' già ora!

E' la mamma che mi chiama.

La maestra sgrida Gabriele e Luca che si rincorrono nel corridoio.

Il cuore che prima per la paura era saltato come un canguro nella mia gola, ora

ritorna nel petto e riprende a battere più lentamente: era solo un brutto sogno, anzi

un incubo! Accidenti a Gabriele, è riuscito a rovinare anche il momento più bello

della mia giornata. Ora non avrò mai più un attimo di pace.

Mi preparo lentamente, molto lentamente: vorrei poter non andare a scuola. La

mamma perde la pazienza e mi tira un urlo: - Sbrigatiii altrimenti mi fai fare tardi al

lavoro anche stamani! A malincuore finisco di prepararmi e, in un nano secondo,

sono davanti al cancello della scuola.

Drin, la campanella che annuncia l'entrata suona; io lo chiamo "suono della

tristezza".

Bene, sono entrato e non mi farò vedere da Gabriele, almeno ci provo. Oh no, sento

qualcuno dietro di me, spero che non sia Gabriele, il mostro guardiano.

Sto sudando freddo e le mie gambe sembrano diventate gelatina, tanto sono molli e

non ce la fanno a tenermi in piedi. Mi faccio coraggio e mi giro lentamente come

fossi al rallentatore: non ho nessuna fretta di vedere la morte in faccia.

- Tutto bene Luca? Sembra che tu sia appena sceso dalle montagne russe; traballi e

sei pallido come un pupazzo di neve.

- Tutto bene, grazie - rispondo con un filo di voce talmente sottile che sembra quello

di una ragnatela.

Oh, che sollievo! E' Adriano, il bidello che controlla i corridoi. Me ne vado in classe

senza che il mio persecutore mi veda.

Gabriele è un bambino della V B, molto più grande di me. E' alto, piuttosto robusto,

per non dire grasso; ha i capelli rasati quasi a zero che fanno sembrare la sua testa

una grossa palla pelosa. Nonostante la sua altezza, le sue gambe sono corte e

magre e sporgono dalla sua pancia come due cannucce piantate in un pompelmo.

A vederlo così, sembra innocuo,anzi ridicolo, ma i suoi occhi profondi e scuri come

una bottiglia gigante di coca-cola, diventano cupi e iniettati di sangue quando ti

guarda e ti minaccia.

La paura di Gabriele tormenta anche i sogni di Luca.

Ora che sono in classe sto pensando che, prima o poi, dovrò affrontare il mio

destino chiarendo le cose con lui. Mi pongo delle domande: Gabriele se la prende

con me perché sono più debole? Forse. Non so perché mi perseguita. Forse perché

è geloso? Quest'anno ho una bellissima bicicletta nuova. No, non può essere. Ha

iniziato a picchiarmi fin da quando ero in prima e lui in seconda. Mi minacciava ogni

giorno, perché voleva la mia merenda. - Dammi la merenda se no ti picchio! - mi

ripeteva tutte le mattine quando uscivamo in cortile durante la ricreazione. Ma poi lo

hanno messo a dieta e non me l'ha più chiesta. Ora non so perché mi perseguita:

magari si è offeso l'anno scorso quando i miei compagni l'hanno preso in giro?

Magari gli è venuto spontaneo prendersela con me, perché sono il più magrolino e il

più basso della classe? Fatto sta che la cosa va avanti ormai da due anni e io non

ne posso più. Oggi lo affronterò. Sembra facile a dirsi, ma l'idea già mi fa venire i

brividi e stimola il mio intestino. Accidenti, devo correre in bagno! No, non è

possibile.

- Chi c'è in bagno? -urlo disperato, ma nessuno mi risponde. Non resisto più, perciò

ho deciso di andare in quello delle femmine. Torno nel pianerottolo, ma c'è Marco, il

bidello del piano che mi sorveglia. Non posso andare nell'altro bagno, lui mi

vedrebbe, lo direbbe alla maestra e lei mi metterebbe in punizione. Ma la cosa

peggiore sarebbe che i miei compagni sentirebbero tutto, mi prenderebbero in giro

e mi chiamerebbero "femminuccia". No, ci rinuncio e torno nel bagno dei maschi. La

porta del bagno è ancora chiusa e, mentre aspetto, sento un pianto soffocato venire

da dentro.C'è qualcuno che piange, mi dico. Avrà bisogno d'aiuto? Provo a bussare,

ma nessuno mi risponde. Ora il pianto è ancora più forte e, ogni tanto, si sentono

dei singhiozzi disperati. Non posso più aspettare, la persona che è dentro potrebbe

essere caduta e potrebbe avere bisogno di aiuto.

Luca scopre l'animo gentile di Gabriele e non ha più paura di lui. Nasce una grandeamicizia.

Abbasso la maniglia e la porta si apre subito, senza nessuna resistenza. La luce è

spenta e i miei occhi si devono abituare al buio. C'è una persona rannicchiata dietro

la porta, ma non riesco a riconoscerla. Poi i miei occhi si fanno strada nell'oscurità

e lo riconosco: è lui, proprio lui,Gabriele Tardini della V B.

Vorrei ridergli in faccia, vendicarmi una volta per tutte, ma al contrario provo una

grande tristezza. Chissà che umiliazione sta provando in questo momento: farsi

vedere in lacrime proprio da me!

- Bisogno di aiuto? - gli chiedo con aria indifferente per non ferirlo ancora di più.

Gabriele riconosce la mia voce e si gira di scatto. Ora sì che i suoi occhi sembrano

iniettati di sangue. Vorrei non essere qui, in questo momento. Il mio primo istinto è

quello di fuggire, ma mi faccio forza anche perché le mie gambe non ne vogliono

proprio sapere di muoversi, non mi obbediscono più. Lui si avvicina a me: nei suoi

occhi però non c'è più cattiveria, ma tanta tristezza. Invece di insultarmi e di

minacciarmi, per la prima volta lui parla con me.

- Nessuno vuole essere mio amico - mi confida.

- Se vuoi avere degli amici, devi smetterla di spaventare gli altri e di fare il

prepotente- gli suggerisco.

- Io spavento gli altri perché così nessuno ha il coraggio di prendermi in giro.

- Perché dovrebbero prenderti in giro?

- Perché sono un ciccione, non vedi? Hai per caso mandato gli occhi in vacanza?

- No, io non vedo un ciccione davanti a me, ma solo un bambino con cui poter

parlare e giocare. Un amico, se tu lo vuoi.

- Dici davvero? Tu vorresti veramente essere mio amico?

- Certo, ma solo se cambi,se smetti di dare noia non solo a me, ma anche agli altri.

- Va bene, cercherò di cambiare, ma mi servirà anche il tuo aiuto.

- Ok. Vorrei abbracciarti, ma non posso.

- Perché? - mi chiede quasi deluso.

- Come perché - gli dico senza ormai più paura e cercando di rimanere serio -

perché sei un ciccione! Non vedi? Hai per caso mandato gli occhi in vacanza?

Per un attimo mi guarda con un aria tra il sorpreso e l'arrabbiato, poi io gli sorrido e

lui capisce e, abbracciandomi, mi solleva per aria come fossi un bambolotto.

- Mettimi giù e smetti di stringermi, altrimenti mi schiacci.

- Ok,dimenticavo che sei solo un pidocchio, amico mio - mi dice strizzandomi

l'occhio.

Finalmente tocco di nuovo terra. Mi sento felice; anche il mio intestino si è calmato

e non mi dà più problemi. Ci salutiamo battendo il cinque e usciamo dal bagno

dandoci appuntamento in giardino per l'ora di ricreazione.

Penso proprio che fra noi sia nata una grande amicizia che spero duri per tutta la

vita.