Tree magazine

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tree magazine

Transcript of Tree magazine

4 5

4 5

83 Cibo a km0

81 Piano urbanistico Verde

79 Lampade in bottiglia

71 Biofuel

69 Radio Mango

66 Car-sharing

53 Dossier fotovoltaico

49 Storia dei ri

fiuti

44 Cart

a e in

chiostr

i

36 A

frica

ni ne

l mon

do

28 C

arta

, plas

tica

e ve

tro

19 R

icilo

mob

ilia

17 S

ituaz

ione

ene

rget

ica

italia

na

13 A

ttent

ati a

Bag

hdad

11 P

eric

olo

petr

olio

9 O

ccup

y W

all S

tree

t

127 Come cam

biare la propria vita

117 Rimboschimento

113 Riutilizzo acque grigie

109 Ciclofficina di quartiere107 Slow-Food

100 Sezioni tematiche97 Christiania88 Orti pensili

85 Green Guerrilla RICICLO

SOCIETÀ

ENERGIA

For third world

Web & Movement Fuori dalla comunità Il carattere

Funky FoodDomus plus

La strada per chi vuole esplorare le nuove potenzialità della ricerca, le frontiere che l’uomo moderno tenta di infrangere e come integrare queste funzionalità alla propria vita di tutti i giorni

La strada pre chi vuole capire le dinamiche sociali, i moderni fraintendimenti, le tradizioni più antiche e le nouve caratteristiche della società moderna.

La strada pre chi vuole

personali e pubblici, come riutilizzare i materiali di scarto e come sfruttare i nostri scarti.

SOCIETÀ

RICICLO

ENERGIA

SEZIONI FISSE MONOTEMATICHE

3 STRADE PER UNA RIVISTA

Un modo diverso di mangiare, più responsabile e attento

Invenzioni progettate per migliorare la vita nel terzo mondo

Iniziative ambientali con il supporto di movimenti e social network

Domotica e innovazione per le case di ogni persona

Nouve possibilità di vita sociale all’interno Recensioni dei migliori libri del mese che trattano di temi ambientali o energeticiTREE

In questo numero:

Sviluppo

Scienza

Tecnica

Energia alternativa

Ecologia

Società

Life style

Riciclo

Pag. 9

Pag. 81

Pag. 17

Pag. 83

Pag. 19

Pag. 85

Pag. 28

Pag. 36

Pag. 44

Pag. 49

Pag. 53

Pag. 109

Pag. 71

Pag. 127

Pag. 113

Pag. 69

Pag. 117

Foto dal mondoTre doppie pagine con foto dal mondo dei nostri reporter

Piano urbanistica VerdeProgetti per città future che paiono sempre più prossime

Situazione energetica italianaEditoriale su come l’Italia utilizza le energie rinnovabili

Cibo a Km0Acquistare alimenti che vengono prodotti vicino alle nostre case

Riciclo mobiliaCoperative sul riciclo dei mobili delle abitazioni

Green GuerrillaL’attivismo ecologico nato in Inghilterra

Carta, plastica e vetroIl ciclo dei vari materiali che ogni giorno buttiamo

Africani nel mondoLa vita di un popolo sparso in ogni angolo del globo

Carta e inchiostriLo smaltimento della carta e degli inchiostri dopo l’utilizzo di ogni giorno

hanno sulla storia dell’uomo

Dossier fotovoltaicoInformazioni selezionate sulle nuove frontiere dell’energia solare

Dove sistemare la propria bicicletta in una città come milano

BiofuelDalle alghe il composto che rivoluzionerà le nostre automobili

Come cambiare la propria vitaEditoriale di chiusura sulla vita di ogni giorno

Pag. 66Car sharingUn ottimo modo per risparmiare negli spostamenti e nei carburanti

Riutilizzare le acque dei lavandini e della lavatrice domestica

Pag. 79Lampade in bottigliaLampade solari senza utilizzo di elettricità

Radio MangoLa radio che aiuta le foreste dell’indocina

RimboschimentoGli alberi tagliati per le cartiere verranno piantati ancora

Pag. 97Fuori dalla comunitàUltima comunità autogestita in Danimarca

Pag. 100

Pag. 107

Incontri internazionaliSe i summit mondiali possono cambiare il nostro futuro

Slow foodCarlo Petrini ci illustra come alimentarsi in maniere solidale

Pag. 88Orti pensiliSui tetti crescerà il nostro cibo di domani

83 Cibo a km0

81 Piano urbanistico Verde

79 Lampade in bottiglia

71 Biofuel

69 Radio Mango

66 Car-sharing

53 Dossier fotovoltaico

49 Storia dei ri

fiuti

44 Cart

a e in

chiostr

i

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frica

ni ne

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28 C

arta

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127 Come cam

biare la propria vita

117 Rimboschimento

113 Riutilizzo acque grigie

109 Ciclofficina di quartiere107 Slow-Food

100 Sezioni tematiche97 Christiania88 Orti pensili

85 Green Guerrilla RICICLO

SOCIETÀ

ENERGIA

For third world

Web & Movement Fuori dalla comunità Il carattere

Funky FoodDomus plus

La strada per chi vuole esplorare le nuove potenzialità della ricerca, le frontiere che l’uomo moderno tenta di infrangere e come integrare queste funzionalità alla propria vita di tutti i giorni

La strada pre chi vuole capire le dinamiche sociali, i moderni fraintendimenti, le tradizioni più antiche e le nouve caratteristiche della società moderna.

La strada pre chi vuole

personali e pubblici, come riutilizzare i materiali di scarto e come sfruttare i nostri scarti.

SOCIETÀ

RICICLO

ENERGIA

SEZIONI FISSE MONOTEMATICHE

3 STRADE PER UNA RIVISTA

Un modo diverso di mangiare, più responsabile e attento

Invenzioni progettate per migliorare la vita nel terzo mondo

Iniziative ambientali con il supporto di movimenti e social network

Domotica e innovazione per le case di ogni persona

Nouve possibilità di vita sociale all’interno Recensioni dei migliori libri del mese che trattano di temi ambientali o energeticiTREE

In questo numero:

Sviluppo

Scienza

Tecnica

Energia alternativa

Ecologia

Società

Life style

Riciclo

Pag. 9

Pag. 81

Pag. 17

Pag. 83

Pag. 19

Pag. 85

Pag. 28

Pag. 36

Pag. 44

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Pag. 53

Pag. 109

Pag. 71

Pag. 127

Pag. 113

Pag. 69

Pag. 117

Foto dal mondoTre doppie pagine con foto dal mondo dei nostri reporter

Piano urbanistica VerdeProgetti per città future che paiono sempre più prossime

Situazione energetica italianaEditoriale su come l’Italia utilizza le energie rinnovabili

Cibo a Km0Acquistare alimenti che vengono prodotti vicino alle nostre case

Riciclo mobiliaCoperative sul riciclo dei mobili delle abitazioni

Green GuerrillaL’attivismo ecologico nato in Inghilterra

Carta, plastica e vetroIl ciclo dei vari materiali che ogni giorno buttiamo

Africani nel mondoLa vita di un popolo sparso in ogni angolo del globo

Carta e inchiostriLo smaltimento della carta e degli inchiostri dopo l’utilizzo di ogni giorno

hanno sulla storia dell’uomo

Dossier fotovoltaicoInformazioni selezionate sulle nuove frontiere dell’energia solare

Dove sistemare la propria bicicletta in una città come milano

BiofuelDalle alghe il composto che rivoluzionerà le nostre automobili

Come cambiare la propria vitaEditoriale di chiusura sulla vita di ogni giorno

Pag. 66Car sharingUn ottimo modo per risparmiare negli spostamenti e nei carburanti

Riutilizzare le acque dei lavandini e della lavatrice domestica

Pag. 79Lampade in bottigliaLampade solari senza utilizzo di elettricità

Radio MangoLa radio che aiuta le foreste dell’indocina

RimboschimentoGli alberi tagliati per le cartiere verranno piantati ancora

Pag. 97Fuori dalla comunitàUltima comunità autogestita in Danimarca

Pag. 100

Pag. 107

Incontri internazionaliSe i summit mondiali possono cambiare il nostro futuro

Slow foodCarlo Petrini ci illustra come alimentarsi in maniere solidale

Pag. 88Orti pensiliSui tetti crescerà il nostro cibo di domani

8 9

OLIO SULLE COSTE CINESIFoto di Sally AnthonCosta sud cinese nel distretto di Fozhou

Secondo il China Daily la perdita coinvolge alcune piattaforme del giacimento Penglai 19-3 della ConocoPhillips, colosso petrolife-ro americano, quinto al mondo per capacità

Si tratta di una delle prime compagnie petro-lifere che hanno sottoscritto il famoso impe-gno per la protezione dell’ambiente: l’accor-do U.S. Climate Action Partnership (USCAP).La fuoriuscita di petrolio risale ad inizio di giugno di quest’anno e secondo l’autorità ci-nese, la State Oceanic Administration (SOA), ha interessato un’area marina pari a circa 840 km quadrati.Ovviamente lo stesso giornale minimizza dicendo che il disastro non ha niente di pa-ragonabile a quello del Golfo del Messico e che la compagnia, oltre ad essere già stata multata dall’autorità cinese per l’accaduto, ha provveduto a recuperare e ripulire l’area interessata.

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OLIO SULLE COSTE CINESIFoto di Sally AnthonCosta sud cinese nel distretto di Fozhou

Secondo il China Daily la perdita coinvolge alcune piattaforme del giacimento Penglai 19-3 della ConocoPhillips, colosso petrolife-ro americano, quinto al mondo per capacità

Si tratta di una delle prime compagnie petro-lifere che hanno sottoscritto il famoso impe-gno per la protezione dell’ambiente: l’accor-do U.S. Climate Action Partnership (USCAP).La fuoriuscita di petrolio risale ad inizio di giugno di quest’anno e secondo l’autorità ci-nese, la State Oceanic Administration (SOA), ha interessato un’area marina pari a circa 840 km quadrati.Ovviamente lo stesso giornale minimizza dicendo che il disastro non ha niente di pa-ragonabile a quello del Golfo del Messico e che la compagnia, oltre ad essere già stata multata dall’autorità cinese per l’accaduto, ha provveduto a recuperare e ripulire l’area interessata.

10 11

OCCUPY WALL STREETFoto di Michael WorthZuccotti Park, New York

Qualunque cosa pensiate delle proteste di Occupy Wall Street, voi allenati alle news dall’economia globale, dovete ammettere che la cosa comincia a fare un certo effet-to. Le massicce manifestazioni a New York, il gruppo di hacker Anonymous, i violenti pestaggi della polizia con arresti di massa, i camion WikiLeaks mentre il movimento arri-va anche da noi con manifestazioni a Roma contro la Banca d’Italia, sono forse la facciata “mediatica” della faccenda. Ammesso che il tutto sperabilmente non degeneri in violen-za il messaggio pero’ e’ gia’ gravido di serie conseguenze collaterali in quanto sintomo di un fenomeno non piu’ occultabile: il capitali-smo e’ nel pieno della sua piu’ pericolosa e patologica involuzione. Per questo Wall Street Italia da oggi avra’ in prima pagina il logo di Occupy Wall Street in alternanza alla testata: per enfatizzare con i nostri 500.000 utenti unici.

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OCCUPY WALL STREETFoto di Michael WorthZuccotti Park, New York

Qualunque cosa pensiate delle proteste di Occupy Wall Street, voi allenati alle news dall’economia globale, dovete ammettere che la cosa comincia a fare un certo effet-to. Le massicce manifestazioni a New York, il gruppo di hacker Anonymous, i violenti pestaggi della polizia con arresti di massa, i camion WikiLeaks mentre il movimento arri-va anche da noi con manifestazioni a Roma contro la Banca d’Italia, sono forse la facciata “mediatica” della faccenda. Ammesso che il tutto sperabilmente non degeneri in violen-za il messaggio pero’ e’ gia’ gravido di serie conseguenze collaterali in quanto sintomo di un fenomeno non piu’ occultabile: il capitali-smo e’ nel pieno della sua piu’ pericolosa e patologica involuzione. Per questo Wall Street Italia da oggi avra’ in prima pagina il logo di Occupy Wall Street in alternanza alla testata: per enfatizzare con i nostri 500.000 utenti unici.

12 13

KAMIKAZE ANTI-SCIITI

Foto di Noa WindsorBaghdad nei pressi del mercato sciita, Iraq

Lo Stato islamico in Iraq, ramo iracheno di al Qaeda, ha rivendicato online gli attentati compiuti giovedì 22 dicembre a Baghdad, che hanno provocato 63 morti, affermando che si tratta d’una campagna di contrasto ai piani egemonici dell’Iran sciita. Lo ha annun-ciato Site, il centro Usa per la sorveglianza dei siti islamici. «Lo Stato Islamico in Iraq sa dove e quando colpire e i mujaheddin non resteranno con le mani in mano mentre il pe-ricoloso progetto iraniano che sta per svelare il suo brutto volto», si è letto.Intanto un alktro kamikaze a bordo di un’au-tobomba ha ucciso, il 26 dicembre, almeno sei persone e ferito altre 30 facendosi esplo-dere fuori dal ministero dell’Interno iracheno, a Baghdad. Lo hanno riferito fonti di polizia e ospedaliere. L’ennesimo attacco è arrivato a soli quattro giorni dalla serie di attentati che giovedì 22 dicembre ha ucciso almeno 72 persone nella capitale irachena.

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KAMIKAZE ANTI-SCIITI

Foto di Noa WindsorBaghdad nei pressi del mercato sciita, Iraq

Lo Stato islamico in Iraq, ramo iracheno di al Qaeda, ha rivendicato online gli attentati compiuti giovedì 22 dicembre a Baghdad, che hanno provocato 63 morti, affermando che si tratta d’una campagna di contrasto ai piani egemonici dell’Iran sciita. Lo ha annun-ciato Site, il centro Usa per la sorveglianza dei siti islamici. «Lo Stato Islamico in Iraq sa dove e quando colpire e i mujaheddin non resteranno con le mani in mano mentre il pe-ricoloso progetto iraniano che sta per svelare il suo brutto volto», si è letto.Intanto un alktro kamikaze a bordo di un’au-tobomba ha ucciso, il 26 dicembre, almeno sei persone e ferito altre 30 facendosi esplo-dere fuori dal ministero dell’Interno iracheno, a Baghdad. Lo hanno riferito fonti di polizia e ospedaliere. L’ennesimo attacco è arrivato a soli quattro giorni dalla serie di attentati che giovedì 22 dicembre ha ucciso almeno 72 persone nella capitale irachena.

TRA ARTE E AMBIENTE

Ogni mese viene selezionata dal caporedattore l’installazione, la tela o la performance che riesce meglio a sintetizzate il binomio arte-cultura dell’ambiente.

L’installazione muove dal confronto/scontro tra l’ambiente e gli elemen-ti inquinanti, tra l’acqua e il petrolio,

-stiamo continuamente alla trasforma-zione che subisce l’ambiente a causa dell’inquinamento, non ultima la tra-gedia del Golfo del Messico, punto di

-ra si presenta come una grande onda nera, sospesa, immobile, che cerca di mantenere il suo moto e che invece, viene bloccato dal petrolio. Lo stesso,

-dola in una struttura, i cui elementi sono intesi come le diverse particelle che caratterizzano la struttura dell’ac-qua, particelle rivestite di sabbia nera, compromessa ormai dalla massa ole-osa. Tuttavia essa mantiene la propria forza, caratterizzata dal susseguirsi di sinuose curve, dal moto perpetuo, in-cessante, dall’alternarsi delle maree. E’ la scansione eterna del tempo che la fa liberare dall’inquinamento, processo lento al quale assistiamo impotenti or-mai da troppo

WATER VS OIL 2010

direttore responsabileStefano Boeri

co-editor and art directorMario Piazzacorrispondenti specialiAnna Foppiano, Konstantin Grcic, Stefano Mirti, Hans Ulrich Obrist, Matteo Poli, Alice Rawsthorn, Gianluigi Ricuperati, Lucia [email protected] centraleMaria Giulia Zuninoconsulente del direttoreFabrizio Gallanticaporedattore produzioneMia Pizziconsultente per le traduzioniJohn Footdesign editorAnniina Koivu

art editorPaola Nicolinonline editor

Anita Silvacontributing editorAlessia Pincinimanuals editorSalottobuonophoto editorGiovanna Silvaconsulente dell’art directorFabio Grazioli

caposervizioCarla Brusaferricaposervizio a.p.Elena Liberatoreweb site designGergely Agoston – aapa.itassistente del direttoreGabriella Orlandisegretaria di redazioneMonica GualacollaboratoriMaria Chiara Pastore

traduttoriDavid A. LowryHenry NeuteboonGabriele OropalloStephen Thornecorrezione bozzePietro Bisanti

Giancarlo Gerosaproduct managerCatia Vollero[/lang_it][lang_en]magazine founded byPiera Peroni, 1961editor in chiefStefano Boeri

co-editor and art directorMario Piazza

REDAZIONE

“ IO SONO ME PIÙ IL MIO AMBIENTE

E SE NON PRESERVO QUEST’ULTIMO

NON PRESERVO ME STESSO. ”

Che tempo fa? Che tempo farà? E’ quel che ogni giorno vien spiegato e previsto dai meteorologi. Qual è il clima, e cosa succede del clima, è invece una domanda del tutto diversa che verte, nel lungo periodo, sulle condizioni

di siccità, calore, inquinamento e vivibilità del nostro pianeta. Eppure moltissime persone confondono le due cose. L’anno scorso — dicono — ha piovuto poco e ha fatto molto caldo; ma quest’anno ha piovuto molto e siamo stati bene. Dunque — concludono — quelle dei climatologi sono balle. E se la pensa così anche un bravo giornalista come Pietro Calabrese, mi tocca di rispiegare tutto daccapo.L’indicatore più ovvio del riscaldamento climatico è che i ghiacciai si stanno scio-gliendo, con una velocità imprevista, dappertutto: in Asia, Africa, Europa, sulle Ande, ai Poli. Abbiamo poi misure precise della quantità crescente di anidride carbonica e di altri gas serra nell’atmosfera. Pertanto la disputa non è più sul ri-scaldamento del clima terrestre — il fatto è indubbio —ma sulle sue cause.

Chi dubita che la causa prima, primaria, «siamo noi», ricorda che i cicli di riscalda-mento e di raffreddamento della Terra sono sempre avvenuti, e quindi che posso-no soltanto dipendere da cause astronomiche. Sì, ma nel ciclo che stiamo vivendo sono entrate due nuove variabili: la società industriale, che è fortemente inquinan-te, e un gigantesco «salto» in popolazione. E l’entrata in gioco di questi due nuovi

degli studiosi ritiene che il riscaldamento in corso non appartiene alla naturale variabilità del clima.

Beninteso la scienza non è mai unanime. C’è ancora chi nega, per esempio, che il virus dell’Hiv sia la causa dell’Aids. Inoltre, e soprattutto, il problema del clima e dell’ambiente è davvero un macro- problema, tanto grande e complesso da non consentirci di stabilire chi sia un competente e chi no, chi abbia davvero voce in capitolo e chi no. Ma non c’è dubbio che la scienza nel suo complesso punti il dito su un malfare e strafare dell’uomo, su cause «antropiche». Ciò posto, a che punto siamo?

La buona notizia è che ci siamo liberati del «texano tossico», del nefasto ex presi-dente Bush, e che il suo successore Obama ha già fatto approvare dal Congres-so una severa legge anti-inquinamento che prevede una riduzione dei gas serra dell’83% entro il 2050. E l’America è un Paese che quando si mobilita, si mobilita sul serio.

I modelli econometrici hanno un valore di predizione necessariamente limitato, tanto più quando si tratta di prevedere il comportamento dei prezzi, da qui a qua-rant’anni. Se prestiamo fede ai più recenti esercizi degli economisti, tuttavia, meno

della Northwestern University, tagliare le emissioni del 50 per cento comportereb-be, negli Stati Uniti, un aumento generale del prezzi al consumo non superiore, in media, al 5 per cento. È vero, però, che, per arrivare ad un taglio globale del 50 per cento delle emissioni, i paesi industrializzati dovrebbero ridurre le loro (come ha già annunciato di voler fare Obama), dell’80 per cento. Ma anche questo taglio non avrebbe effetti drammatici, secondo il Pew Center on Global Climate Change: “Anche tagliare le emissioni dell’80 per cento nell’arco di quattro decenni avrebbe, nella gran parte dei casi, un effetto molto limitato sui consumatori”.

Lo stesso vale per l’Europa. La rivista New Scientist ha commissionato a Cambrid-ge Econometrics - una società di consulenza che fornisce regolarmente, sul cam-biamento climatico, modelli econometrici al governo britannico, ma a scadenza più ravvicinata - una previsione dell’impatto sui prezzi, per i consumatori inglesi, di un taglio delle emissioni, al 2050, dell’80 per cento, rispetto al 1990. I ricercatori ci sono arrivati, prendendo come riferimento l’esperienza storica.

Entra nel mondo della carta stampata nel 1972 collaborando con la Gazzetta del Popolo di Torino, occupandosi soprattutto del terrorismo nero degli anni di piombo. Proprio a causa dei suoi articoli sul terrorismo viene pedinato a lungo dal brigatista rosso Patrizio Peci in vista di un possibile attentato che poi fortunatamente non ebbe luogo. Nel 1981 passa a La Stampa di cui è inviato speciale, responsabile della politica interna e corrispondente dagli Stati Uniti d’America. Dal 1988 lavora per la Repubblica come corrispondente da Mosca.

ELSA MINOLICapo redattore

EDITORIALE

TRA ARTE E AMBIENTE

Ogni mese viene selezionata dal caporedattore l’installazione, la tela o la performance che riesce meglio a sintetizzate il binomio arte-cultura dell’ambiente.

L’installazione muove dal confronto/scontro tra l’ambiente e gli elemen-ti inquinanti, tra l’acqua e il petrolio,

-stiamo continuamente alla trasforma-zione che subisce l’ambiente a causa dell’inquinamento, non ultima la tra-gedia del Golfo del Messico, punto di

-ra si presenta come una grande onda nera, sospesa, immobile, che cerca di mantenere il suo moto e che invece, viene bloccato dal petrolio. Lo stesso,

-dola in una struttura, i cui elementi sono intesi come le diverse particelle che caratterizzano la struttura dell’ac-qua, particelle rivestite di sabbia nera, compromessa ormai dalla massa ole-osa. Tuttavia essa mantiene la propria forza, caratterizzata dal susseguirsi di sinuose curve, dal moto perpetuo, in-cessante, dall’alternarsi delle maree. E’ la scansione eterna del tempo che la fa liberare dall’inquinamento, processo lento al quale assistiamo impotenti or-mai da troppo

WATER VS OIL 2010

direttore responsabileStefano Boeri

co-editor and art directorMario Piazzacorrispondenti specialiAnna Foppiano, Konstantin Grcic, Stefano Mirti, Hans Ulrich Obrist, Matteo Poli, Alice Rawsthorn, Gianluigi Ricuperati, Lucia [email protected] centraleMaria Giulia Zuninoconsulente del direttoreFabrizio Gallanticaporedattore produzioneMia Pizziconsultente per le traduzioniJohn Footdesign editorAnniina Koivu

art editorPaola Nicolinonline editor

Anita Silvacontributing editorAlessia Pincinimanuals editorSalottobuonophoto editorGiovanna Silvaconsulente dell’art directorFabio Grazioli

caposervizioCarla Brusaferricaposervizio a.p.Elena Liberatoreweb site designGergely Agoston – aapa.itassistente del direttoreGabriella Orlandisegretaria di redazioneMonica GualacollaboratoriMaria Chiara Pastore

traduttoriDavid A. LowryHenry NeuteboonGabriele OropalloStephen Thornecorrezione bozzePietro Bisanti

Giancarlo Gerosaproduct managerCatia Vollero[/lang_it][lang_en]magazine founded byPiera Peroni, 1961editor in chiefStefano Boeri

co-editor and art directorMario Piazza

REDAZIONE

“ IO SONO ME PIÙ IL MIO AMBIENTE

E SE NON PRESERVO QUEST’ULTIMO

NON PRESERVO ME STESSO. ”

Che tempo fa? Che tempo farà? E’ quel che ogni giorno vien spiegato e previsto dai meteorologi. Qual è il clima, e cosa succede del clima, è invece una domanda del tutto diversa che verte, nel lungo periodo, sulle condizioni

di siccità, calore, inquinamento e vivibilità del nostro pianeta. Eppure moltissime persone confondono le due cose. L’anno scorso — dicono — ha piovuto poco e ha fatto molto caldo; ma quest’anno ha piovuto molto e siamo stati bene. Dunque — concludono — quelle dei climatologi sono balle. E se la pensa così anche un bravo giornalista come Pietro Calabrese, mi tocca di rispiegare tutto daccapo.L’indicatore più ovvio del riscaldamento climatico è che i ghiacciai si stanno scio-gliendo, con una velocità imprevista, dappertutto: in Asia, Africa, Europa, sulle Ande, ai Poli. Abbiamo poi misure precise della quantità crescente di anidride carbonica e di altri gas serra nell’atmosfera. Pertanto la disputa non è più sul ri-scaldamento del clima terrestre — il fatto è indubbio —ma sulle sue cause.

Chi dubita che la causa prima, primaria, «siamo noi», ricorda che i cicli di riscalda-mento e di raffreddamento della Terra sono sempre avvenuti, e quindi che posso-no soltanto dipendere da cause astronomiche. Sì, ma nel ciclo che stiamo vivendo sono entrate due nuove variabili: la società industriale, che è fortemente inquinan-te, e un gigantesco «salto» in popolazione. E l’entrata in gioco di questi due nuovi

degli studiosi ritiene che il riscaldamento in corso non appartiene alla naturale variabilità del clima.

Beninteso la scienza non è mai unanime. C’è ancora chi nega, per esempio, che il virus dell’Hiv sia la causa dell’Aids. Inoltre, e soprattutto, il problema del clima e dell’ambiente è davvero un macro- problema, tanto grande e complesso da non consentirci di stabilire chi sia un competente e chi no, chi abbia davvero voce in capitolo e chi no. Ma non c’è dubbio che la scienza nel suo complesso punti il dito su un malfare e strafare dell’uomo, su cause «antropiche». Ciò posto, a che punto siamo?

La buona notizia è che ci siamo liberati del «texano tossico», del nefasto ex presi-dente Bush, e che il suo successore Obama ha già fatto approvare dal Congres-so una severa legge anti-inquinamento che prevede una riduzione dei gas serra dell’83% entro il 2050. E l’America è un Paese che quando si mobilita, si mobilita sul serio.

I modelli econometrici hanno un valore di predizione necessariamente limitato, tanto più quando si tratta di prevedere il comportamento dei prezzi, da qui a qua-rant’anni. Se prestiamo fede ai più recenti esercizi degli economisti, tuttavia, meno

della Northwestern University, tagliare le emissioni del 50 per cento comportereb-be, negli Stati Uniti, un aumento generale del prezzi al consumo non superiore, in media, al 5 per cento. È vero, però, che, per arrivare ad un taglio globale del 50 per cento delle emissioni, i paesi industrializzati dovrebbero ridurre le loro (come ha già annunciato di voler fare Obama), dell’80 per cento. Ma anche questo taglio non avrebbe effetti drammatici, secondo il Pew Center on Global Climate Change: “Anche tagliare le emissioni dell’80 per cento nell’arco di quattro decenni avrebbe, nella gran parte dei casi, un effetto molto limitato sui consumatori”.

Lo stesso vale per l’Europa. La rivista New Scientist ha commissionato a Cambrid-ge Econometrics - una società di consulenza che fornisce regolarmente, sul cam-biamento climatico, modelli econometrici al governo britannico, ma a scadenza più ravvicinata - una previsione dell’impatto sui prezzi, per i consumatori inglesi, di un taglio delle emissioni, al 2050, dell’80 per cento, rispetto al 1990. I ricercatori ci sono arrivati, prendendo come riferimento l’esperienza storica.

Entra nel mondo della carta stampata nel 1972 collaborando con la Gazzetta del Popolo di Torino, occupandosi soprattutto del terrorismo nero degli anni di piombo. Proprio a causa dei suoi articoli sul terrorismo viene pedinato a lungo dal brigatista rosso Patrizio Peci in vista di un possibile attentato che poi fortunatamente non ebbe luogo. Nel 1981 passa a La Stampa di cui è inviato speciale, responsabile della politica interna e corrispondente dagli Stati Uniti d’America. Dal 1988 lavora per la Repubblica come corrispondente da Mosca.

ELSA MINOLICapo redattore

EDITORIALE

LA TERRA CON TRE GRADI IN PIÙ

COSÌ SARÀ SCONVOLTO IL PIANETA

Un pianeta che nella seconda metà del secolo si troverà in bilico sulla cata-strofe, con una popolazione vicina ai 9 miliardi di esseri umani e gli ecosi-stemi in ginocchio, non più in grado di fornire abbastanza acqua, cibo ed

energia. E’ lo scenario post Copenaghen: un mondo soffocato dai gas serra, più caldo di 3 gradi. Mentre le delegazioni dei 192 paesi che hanno partecipato alla conferenza sul clima salgono sull’aereo portando a casa un mini accordo teorico, senza i target per il taglio delle emissioni di anidride carbonica, è stata messa a punto una prima analisi, che Repubblica è in grado di anticipare, che proietta a

-ce per mostrare le conseguenze della resa di fronte alla minaccia climatica. Ecco cosa succederebbe se, continuando a bruciare petrolio e carbone e a tagliare foreste, permettessimo al global warming di crescere al di là di ogni controllo.

Il ritmo dei monsoni cambierà, gli uragani diventeranno più intensi e più frequenti, il livello dei mari crescerà spazzando via decine di città costiere e di isole (gli ar-

foresta pluviale amazzonica, la taiga cinese, la tundra siberiana e la tundra cana-dese saranno seriamente colpite.

Il Polo Nord diventerà presto navigabile d’estate. Un rialzo di 3 gradi della tempe-ratura media distruggerebbe un terzo dei ghiacciai tibetani in 40 anni. La popo-lazione mondiale sottoposta a un crescente stress idrico passerebbe dal miliardo attuale a 3,2 miliardi. E altri 200-600 milioni di persone si aggiungerebbero all’elen-co di chi non ha abbastanza cibo per sopravvivere.

specie. Spariranno il 15-40 per cento delle specie endemiche negli hot spot della biodiversità mondiale. In America latina rischia l’estinzione il 25 per cento delle specie arboree della savana. L’onda d’urto sulla qualità e sulla durata della vita sarebbe devastante. “Con un aumento di 3 gradi, 3,5 miliardi di persone nel mondo saranno a rischio di con-trarre la dengue e 2 miliardi a rischio malaria, una malattia che già oggi uccide 1 milione di persone l’anno”, precisa Roberto Bertollini, responsabile del settore cambiamenti climatici dell’Organizzazione mondiale di sanità. “Inoltre, a causa della carenza di acqua, aumenteranno le vittime della diarrea, che uccide 2,2 mi-lioni di persone l’anno, e della siccità, che moltiplicherà per sei il suo impatto. Nel nord America si prevede il 70 per cento di crescita dei giorni a rischio ozono. La Ue stima che nel continente ci saranno 86 mila morti in più all’anno: diventeranno frequenti le ondate di calore che in Europa hanno provocato 70 mila morti aggiun-tivi nell’estate del 2003”.

Anche in Italia l’impatto si annuncia pesante. “Se il livello del mare salisse di un metro nel 2100, l’Italia dovrebbe proteggere buona parte delle sue coste”, calcola Angelo Bonelli, presidente dei Verdi. “Da uno studio che abbiamo commissionato a un gruppo di ricercatori risulta che in Italia il 22,8 per cento delle coste è sogget-to a erosione: sono 1.733 chilometri”. A rischio risultano le coste dell’alto Adriatico

l’acqua potrebbe arrivare sino a Ferrara. In Toscana sarebbero in pericolo le coste

alla periferia di Pisa. Nel Lazio, Latina verrebbe sommersa e verso sud il Tirreno ruberebbe gran parte delle coste vicino al Golfo di Gaeta. Sul versante opposto, la Puglia vedrebbe sommergere Manfredonia e le coste che si snodano verso Bar-letta, mentre la Sardegna potrebbe dire addio alle coste del Golfo di Oristano, a parte della penisola del Sinis e allo Stagno di Cagliari. L’aumento del livello del

falde acquifere che comprometterebbe una parte importante delle risorse idriche, soprattutto in Puglia e Sicilia.

Di famiglia bellunese, si è laureato in giurisprudenza all’Università di Milano, esordisce nella professione giornalistica nel 1973, come praticante, al Corriere dei ragazzi. Lavora successivamente per il Corriere d’Informazione, Corriere della Sera, L’Europeo. Nel frattempo si laurea in Giurisprudenza alla Statale di Milano.Nel 1987 torna al Corriere della Sera come caporedattore dell’economia. Firma il giornale per sei anni intensi, caratterizzati tra l’altro dalle morti di due grandi vecchi del giornalismo italiano, Indro Montanelli e Tiziano Terzani, e dell’attentato mortale a Maria Grazia Cutuli, inviata in Afghanistan. Durante la direzione gestisce le notizie relative agli attentati dell’11 settembre 2001, si reca a New York per chiedere

tornare a scrivere articoli dopo undici anni di silenzio. Nel 1999 è stato tra i primi giornalisti a pubblicare il proprio indirizzo di posta elettronica in calce a un articolo.

TOMMASO CHIATTIVice redattore

Delegazioni di 192 paesi membri

AUMENTO DEL 5-8% DELLE ZONE DESERTICHE

DISTRUZIONE DELL’80% DELLE FORESTE AMAZZONICHE

Nella seconda metà del secolo la terra si troverà in pessime condizioni

+3

ONU

SCIOGLIMENTO DI UN TERZO DEI GHIACCIAI TIBETANI

DI SPECIE ANIMALI A RISCHIO ESTINZIONE

STRESS IDRICO PER 3,5 MILIARDI DI PERSONE

14

Africa

Asia

America

Europa

iLe responsabilità ambientali dei vari

luoghi della nostra terra

EDITORIALE

LA TERRA CON TRE GRADI IN PIÙ

COSÌ SARÀ SCONVOLTO IL PIANETA

Un pianeta che nella seconda metà del secolo si troverà in bilico sulla cata-strofe, con una popolazione vicina ai 9 miliardi di esseri umani e gli ecosi-stemi in ginocchio, non più in grado di fornire abbastanza acqua, cibo ed

energia. E’ lo scenario post Copenaghen: un mondo soffocato dai gas serra, più caldo di 3 gradi. Mentre le delegazioni dei 192 paesi che hanno partecipato alla conferenza sul clima salgono sull’aereo portando a casa un mini accordo teorico, senza i target per il taglio delle emissioni di anidride carbonica, è stata messa a punto una prima analisi, che Repubblica è in grado di anticipare, che proietta a

-ce per mostrare le conseguenze della resa di fronte alla minaccia climatica. Ecco cosa succederebbe se, continuando a bruciare petrolio e carbone e a tagliare foreste, permettessimo al global warming di crescere al di là di ogni controllo.

Il ritmo dei monsoni cambierà, gli uragani diventeranno più intensi e più frequenti, il livello dei mari crescerà spazzando via decine di città costiere e di isole (gli ar-

foresta pluviale amazzonica, la taiga cinese, la tundra siberiana e la tundra cana-dese saranno seriamente colpite.

Il Polo Nord diventerà presto navigabile d’estate. Un rialzo di 3 gradi della tempe-ratura media distruggerebbe un terzo dei ghiacciai tibetani in 40 anni. La popo-lazione mondiale sottoposta a un crescente stress idrico passerebbe dal miliardo attuale a 3,2 miliardi. E altri 200-600 milioni di persone si aggiungerebbero all’elen-co di chi non ha abbastanza cibo per sopravvivere.

specie. Spariranno il 15-40 per cento delle specie endemiche negli hot spot della biodiversità mondiale. In America latina rischia l’estinzione il 25 per cento delle specie arboree della savana. L’onda d’urto sulla qualità e sulla durata della vita sarebbe devastante. “Con un aumento di 3 gradi, 3,5 miliardi di persone nel mondo saranno a rischio di con-trarre la dengue e 2 miliardi a rischio malaria, una malattia che già oggi uccide 1 milione di persone l’anno”, precisa Roberto Bertollini, responsabile del settore cambiamenti climatici dell’Organizzazione mondiale di sanità. “Inoltre, a causa della carenza di acqua, aumenteranno le vittime della diarrea, che uccide 2,2 mi-lioni di persone l’anno, e della siccità, che moltiplicherà per sei il suo impatto. Nel nord America si prevede il 70 per cento di crescita dei giorni a rischio ozono. La Ue stima che nel continente ci saranno 86 mila morti in più all’anno: diventeranno frequenti le ondate di calore che in Europa hanno provocato 70 mila morti aggiun-tivi nell’estate del 2003”.

Anche in Italia l’impatto si annuncia pesante. “Se il livello del mare salisse di un metro nel 2100, l’Italia dovrebbe proteggere buona parte delle sue coste”, calcola Angelo Bonelli, presidente dei Verdi. “Da uno studio che abbiamo commissionato a un gruppo di ricercatori risulta che in Italia il 22,8 per cento delle coste è sogget-to a erosione: sono 1.733 chilometri”. A rischio risultano le coste dell’alto Adriatico

l’acqua potrebbe arrivare sino a Ferrara. In Toscana sarebbero in pericolo le coste

alla periferia di Pisa. Nel Lazio, Latina verrebbe sommersa e verso sud il Tirreno ruberebbe gran parte delle coste vicino al Golfo di Gaeta. Sul versante opposto, la Puglia vedrebbe sommergere Manfredonia e le coste che si snodano verso Bar-letta, mentre la Sardegna potrebbe dire addio alle coste del Golfo di Oristano, a parte della penisola del Sinis e allo Stagno di Cagliari. L’aumento del livello del

falde acquifere che comprometterebbe una parte importante delle risorse idriche, soprattutto in Puglia e Sicilia.

Di famiglia bellunese, si è laureato in giurisprudenza all’Università di Milano, esordisce nella professione giornalistica nel 1973, come praticante, al Corriere dei ragazzi. Lavora successivamente per il Corriere d’Informazione, Corriere della Sera, L’Europeo. Nel frattempo si laurea in Giurisprudenza alla Statale di Milano.Nel 1987 torna al Corriere della Sera come caporedattore dell’economia. Firma il giornale per sei anni intensi, caratterizzati tra l’altro dalle morti di due grandi vecchi del giornalismo italiano, Indro Montanelli e Tiziano Terzani, e dell’attentato mortale a Maria Grazia Cutuli, inviata in Afghanistan. Durante la direzione gestisce le notizie relative agli attentati dell’11 settembre 2001, si reca a New York per chiedere

tornare a scrivere articoli dopo undici anni di silenzio. Nel 1999 è stato tra i primi giornalisti a pubblicare il proprio indirizzo di posta elettronica in calce a un articolo.

TOMMASO CHIATTIVice redattore

Delegazioni di 192 paesi membri

AUMENTO DEL 5-8% DELLE ZONE DESERTICHE

DISTRUZIONE DELL’80% DELLE FORESTE AMAZZONICHE

Nella seconda metà del secolo la terra si troverà in pessime condizioni

+3

ONU

SCIOGLIMENTO DI UN TERZO DEI GHIACCIAI TIBETANI

DI SPECIE ANIMALI A RISCHIO ESTINZIONE

STRESS IDRICO PER 3,5 MILIARDI DI PERSONE

14

Africa

Asia

America

Europa

iLe responsabilità ambientali dei vari

luoghi della nostra terra

EDITORIALE

22 23

Risoluzione detta norme tecniche per la gestione fo-

restale sostenibile

Le industrie brasiliane che si occupano di commercio

di legname saranno tenute sottocchio dal governo del-

lo Stato sudamericano. E’ stata infatti recentemente

approvata dal Conselho Nacional do Meio Ambiente, il

corrispondente Ministero dell’Ambiente in Brasile, una

risoluzione che razionalizza i parametri tecnici e che

dunque impone ai commercianti di legname di attener-

-

ri di rendimento, standard e nomenclatura per specie

uguali per tutto l’immenso territorio Brasiliano. Questo

permetterà di integrare i dati e di avere un quadro più

uniforma e controllabile . Il Brasile sta infatti da tempo

mettendo in campo una nuova politica forestale che

mira a proteggere il polmone della terra.

Il principale obiettivo del documento è “stabilire

i parametri tecnici per la preparazione, la presentazio-

ne, l’esecuzione e la valutazione dei piani di gestio-

ne forestale sostenibile”, ma il documento si applica

solamente alle foreste naturali, non alle piantagioni di

legname.

Paulo Amaral, delI’Instituto do Homem e Meio Ambien-

te da Amazônia, commentando l’azione del Ministero

: « Tutto ciò è necessario per garantire le condizioni e

gli incentivi perché le persone abbandonino l’illegalità,

visto che esiste una grande offerta di prodotti forestali

illegali».

STOP AL LEGNO ILLEGALE: NUOVE NORME SALVA-FORESTA IN BRASILE

IL SAHARA ILLUMINA TUTTA L’EUROPAIl Sahara potrebbe illuminare le case di tutta Euro-pa. Dal deserto l’energia arriverebbe direttamente ai nostri contatori. Alcuni chilometri quadrati di pannelli solari nel deserto più esteso del mondo, infatti, ba-sterebbero a rifornire, senza inquinare, il fabbisogno energetico dell’Europa intera. Lo rivela uno studio presentato all’European Open Forum di Barcellona da Arnulf Jaeger-Walden, responsabile dell’Istituto Eu-ropeo per l’Energia. Secondo i suoi calcoli - scrive il

luce che cade sul Sahara per soddisfare tutti i nostri bisogni senza emissioni nocive.

Bioedilizia per le aree povere degli USA

Gli ecoattivisti si sono introdotti nella centrale «più inquinante al mondo». Il portavoce di Greenpeace chiede che «il governo australiano abbandoni il carbone». Arrestati alcuni manifestanti, poi rilasciati su cauzione Clima, cooperazione Ue-AustraliaLA PROTESTA. Per protestare contro la politica di contenimento delle emissioni del governo laburista di Canberra,14 attivisti di Greenpeace si sono introdotti all’alba di oggi in una delle maggiori centrali termoelettriche in Australia. Sette di essi hanno bloccato una draga per carbone incatenandosi alla struttura. L’IMPIANTO. La centrale a carbone di Hazelwood, nello stato di Victoria, ha una capacità di 1.600 megawatt e fornisce l’8% del mercato di elettricità del Paese. Secondo Greenpeace è una delle più inquinanti al mondo. Ogni anno emette 19 milioni

Blitz anti-carbone in Australia di tonnellate di gas serra. LA RICHIESTA. «Il governo australiano deve intervenire contro il cambiamento climatico abbandonando il carbone e deve investire in energia rinnovabile, per proteggere l’ambiente e creare centinaia di migliaia di posti di lavoro - ha detto il portavoce di Greenpeace Simon Roz - Lo schema di riduzione dell’inquinamento da gas serra annunciato dal governo non diminuirà le emissioni per decenni a venire»..GLI ARRESTI. Da quanto si apprende da un portavoce della centrale pare che non vi siano state interruzioni alla produzione ed che grazie all’intervento della polizia siano stati “liberati” i manifestanti. Con l’accusa di violazione di zona riservata sono scattate le manette ai polsi per alcuni di loro, che sono stati rilasciati su cauzione.

Architettura sostenibile e bioedilizia. La bioedilizia si fa strada negli Stati Uniti e investe l’ulteriore ruolo

statunitensi come il sud del Bronx e a New York. Si tratta di case eco-popolari mirate sia al nobile sco-po di aiutare le persone meno abbienti dando loro un tetto sotto il quale vivere, che all’altrettanto nobile obiettivo di salvaguardare l’ambiente abbattendo in tale modo le emissioni di CO2. Si tratta di una pratica ormai ampiamente diffusa sul territorio statunitense; nella stessa New York sono state aperte 128 unità all’interno di una struttura è stata progettata e conce-pita in base a criteri di massima sostenibilità ambien-

Miami sono in costruzione 145 appartamenti costituiti

-cate Leed, Leadership in Energy and Environmental Design, mentre a Chicago il progetto ‘Homes’ offre alloggi verdi a prezzi accessibili e destinati prima di tutto, a conclusione dei lavori, agli anziani. A favore della condizione sociale degli utenti delle future abi-tazioni va anche il risparmio energetico garantito da tutte queste abitazioni del 30% mediante l’utilizzo di elettrodomestici a basso consumo, illuminazione

-

Il 2011 si è concluso con il grande evento del MO-TORSHOW, rassegna internazionale che richiama grandi folle di appassionati al mondo dei motori.Anche quest’anno numerose le novità e i concept per innovativi mezzi di trasporto, anche numerosi modelli “green”. Questo è ormai un tema di elevato interes-se sia per i costruttori ma soprattutto per il pubblico sempre più desideroso di assistere alla rivoluzione in ottica ecologica delle quattroruote. A Elettric city, evento nell’evento by ENEL, si è svolta la rassegna dedicata alla presentazione delle novità relative ai motori elettrici. Questi mezzi stanno gua-dagnando sempre più interesse agli occhi del grande pubblico tant’è che, da una ricerca realizzata da Inte-ractive Market Research, il 67% degli italiani afferma di essere interessato all’acquisto di una auto elettrica. Espansione, Pulizia, Silenziosità e Innovazione, sono

le principali caratteristiche che si ricercano nei nuovi mezzi rispettosi dell’ambiente. Un intero padiglione presentava una sezione espositiva dedicata ad auto, prodotti e servizi correlati e, gradita al pubblico, un’a-rea test drive che ricreava la dimensione cittadina ur-bana dove si troveranno a operare i mezzi presentati. Ormai la mobilità sostenibile è pronta a diventare il main trend. Il percorso, ormai iniziato anni fa con le ibride come la Toyota Prius, ora è giunto ad un ribal-tamento concettuale straordinario grazie ad Audi che sta progettando la A1 e-tron, una interessante mac-china elettrica “aiutata” da un serbatoio di 10 litri di benzina, così da affrontare viaggi più lunghi, che sarà

invece il mercato delle “elettriche pure” numerose le novità: i mezzi a due ruote hanno visto la riproposi-zione del modello esposto da Smart che aveva già riscosso numerosi riconoscimenti positivi al Salone di Parigi. Completamente nuovo invece il modello

presentato da Peugeot, già disponibile dal 2011, E-Vivacity; Renault ha proposto il suo modello Twizy.Le grandi case automobilistiche hanno confermato un

ben chiaro il concetto proposto dai grandi marchi: la macchina elettrica è femminile. È concepita per esse-re una utility car, per fare shopping in centro e muo-versi in città. Tutto questo a causa dalle sue capacità tecnologiche relative soprattutto a esigenze di ricarica e autonomia.

ELETTRIC-CAR... C’E’ SPERANZA?

UL Environment sta lavorando per lo sviluppo di un nuovo standard per la produzione di telefoni cellu-lari che renderà più sostenibile ed a minor impatto ambientale l’intera industria. Si terrà conto dell’inte-ro ciclo di vita del cellulare, dalle materie prime allo

platinum. Considerando che attualmente circolano circa 5 miliardi di cellulari, più quelli prodotti giornal-

di produzione, risulta, oltre che necessario per un maggior grado di sicurezza, molto importante per la salvaguardia dell’ecosistema.In una ricerca del 2009 emerge che ci sarebbe un’ampia preferenza da parte dell’utenza nella scel-ta del proprio dispositivo mobile per quei telefoni che saranno etichettati come “dispositivi preferiti dall’am-biente”. Lo standard considererà l’intero ciclo di vita

Telefonia sostenibile-

za energetica, utilizzo di materiali riciclati e riduzione dei materiali di involucro da buttare, tra i fattori che

-ne.La suddivisione sarà fatta secondo fasce qualitative che vanno dall’argento, all’oro, al platino, così da ren-

la qualità dei prodotti ed il loro impatto sull’ambiente prima di procedere all’acquisto in modo da effettuare scelte consapevoli.

Finalmente possiamo assistere all’oro rosso che sostituisce, una volta tanto, l’oro nero. P

Conosciuti come “Poo-Gloos” (igloo-mangia-escre-menti) questi piccoli strumenti sono degli apparec-chi un po’ particolari a forma di igloo che servono

provenienti dagli scarichi cittadini. Fred Jaeger che rappresenta una delle aziende produttrici di questi piccoli “ripulitori”, col nome di Bio-Dome, afferma che a breve verrà presentato uno studio che dimo-strerà quanto è possibile risparmiare nel bilancio di

scarichi di piccole comunità rurali rappresenta un’im-

Il trattamento che viene applicato a questi scarichi prevede la disinfezione e la rimozione degli agenti in-quinanti pericolosi per la salute.

Igloo-Pulitori in azioneChi ha buona memoria ricorda bene la fortuna commerciale conquistata da imprenditori capa-ci ed intraprendenti, nell’agro nocerino sarnese, tra le pendici del Vesuvio ed i monti interni della Campania. Tra Napoli e Salerno.Terra estremamente fertile.Terra di pelati e di conserve alimentari.Si parlò di oro rosso. La varietà più preziosa era il celebre pomodoro di San Marzano.Diverse centinaia di chilometri più a nord, lun-go l’italico stivale, a Maccastorna, piccolo paese, di neanche 70 abitanti, in provincia di Lodi, hanno pensato bene di utilizzare gli scar-ti di lavorazione dei pomodori per produrre energia termica in discreti quantitativi.

L’ORO ROSSO E L’ENERGIA TERMICA

NOTIZIEIN LIBERTÀ

NOTIZIEIN LIBERTÀ

22 23

Risoluzione detta norme tecniche per la gestione fo-

restale sostenibile

Le industrie brasiliane che si occupano di commercio

di legname saranno tenute sottocchio dal governo del-

lo Stato sudamericano. E’ stata infatti recentemente

approvata dal Conselho Nacional do Meio Ambiente, il

corrispondente Ministero dell’Ambiente in Brasile, una

risoluzione che razionalizza i parametri tecnici e che

dunque impone ai commercianti di legname di attener-

-

ri di rendimento, standard e nomenclatura per specie

uguali per tutto l’immenso territorio Brasiliano. Questo

permetterà di integrare i dati e di avere un quadro più

uniforma e controllabile . Il Brasile sta infatti da tempo

mettendo in campo una nuova politica forestale che

mira a proteggere il polmone della terra.

Il principale obiettivo del documento è “stabilire

i parametri tecnici per la preparazione, la presentazio-

ne, l’esecuzione e la valutazione dei piani di gestio-

ne forestale sostenibile”, ma il documento si applica

solamente alle foreste naturali, non alle piantagioni di

legname.

Paulo Amaral, delI’Instituto do Homem e Meio Ambien-

te da Amazônia, commentando l’azione del Ministero

: « Tutto ciò è necessario per garantire le condizioni e

gli incentivi perché le persone abbandonino l’illegalità,

visto che esiste una grande offerta di prodotti forestali

illegali».

STOP AL LEGNO ILLEGALE: NUOVE NORME SALVA-FORESTA IN BRASILE

IL SAHARA ILLUMINA TUTTA L’EUROPAIl Sahara potrebbe illuminare le case di tutta Euro-pa. Dal deserto l’energia arriverebbe direttamente ai nostri contatori. Alcuni chilometri quadrati di pannelli solari nel deserto più esteso del mondo, infatti, ba-sterebbero a rifornire, senza inquinare, il fabbisogno energetico dell’Europa intera. Lo rivela uno studio presentato all’European Open Forum di Barcellona da Arnulf Jaeger-Walden, responsabile dell’Istituto Eu-ropeo per l’Energia. Secondo i suoi calcoli - scrive il

luce che cade sul Sahara per soddisfare tutti i nostri bisogni senza emissioni nocive.

Bioedilizia per le aree povere degli USA

Gli ecoattivisti si sono introdotti nella centrale «più inquinante al mondo». Il portavoce di Greenpeace chiede che «il governo australiano abbandoni il carbone». Arrestati alcuni manifestanti, poi rilasciati su cauzione Clima, cooperazione Ue-AustraliaLA PROTESTA. Per protestare contro la politica di contenimento delle emissioni del governo laburista di Canberra,14 attivisti di Greenpeace si sono introdotti all’alba di oggi in una delle maggiori centrali termoelettriche in Australia. Sette di essi hanno bloccato una draga per carbone incatenandosi alla struttura. L’IMPIANTO. La centrale a carbone di Hazelwood, nello stato di Victoria, ha una capacità di 1.600 megawatt e fornisce l’8% del mercato di elettricità del Paese. Secondo Greenpeace è una delle più inquinanti al mondo. Ogni anno emette 19 milioni

Blitz anti-carbone in Australia di tonnellate di gas serra. LA RICHIESTA. «Il governo australiano deve intervenire contro il cambiamento climatico abbandonando il carbone e deve investire in energia rinnovabile, per proteggere l’ambiente e creare centinaia di migliaia di posti di lavoro - ha detto il portavoce di Greenpeace Simon Roz - Lo schema di riduzione dell’inquinamento da gas serra annunciato dal governo non diminuirà le emissioni per decenni a venire»..GLI ARRESTI. Da quanto si apprende da un portavoce della centrale pare che non vi siano state interruzioni alla produzione ed che grazie all’intervento della polizia siano stati “liberati” i manifestanti. Con l’accusa di violazione di zona riservata sono scattate le manette ai polsi per alcuni di loro, che sono stati rilasciati su cauzione.

Architettura sostenibile e bioedilizia. La bioedilizia si fa strada negli Stati Uniti e investe l’ulteriore ruolo

statunitensi come il sud del Bronx e a New York. Si tratta di case eco-popolari mirate sia al nobile sco-po di aiutare le persone meno abbienti dando loro un tetto sotto il quale vivere, che all’altrettanto nobile obiettivo di salvaguardare l’ambiente abbattendo in tale modo le emissioni di CO2. Si tratta di una pratica ormai ampiamente diffusa sul territorio statunitense; nella stessa New York sono state aperte 128 unità all’interno di una struttura è stata progettata e conce-pita in base a criteri di massima sostenibilità ambien-

Miami sono in costruzione 145 appartamenti costituiti

-cate Leed, Leadership in Energy and Environmental Design, mentre a Chicago il progetto ‘Homes’ offre alloggi verdi a prezzi accessibili e destinati prima di tutto, a conclusione dei lavori, agli anziani. A favore della condizione sociale degli utenti delle future abi-tazioni va anche il risparmio energetico garantito da tutte queste abitazioni del 30% mediante l’utilizzo di elettrodomestici a basso consumo, illuminazione

-

Il 2011 si è concluso con il grande evento del MO-TORSHOW, rassegna internazionale che richiama grandi folle di appassionati al mondo dei motori.Anche quest’anno numerose le novità e i concept per innovativi mezzi di trasporto, anche numerosi modelli “green”. Questo è ormai un tema di elevato interes-se sia per i costruttori ma soprattutto per il pubblico sempre più desideroso di assistere alla rivoluzione in ottica ecologica delle quattroruote. A Elettric city, evento nell’evento by ENEL, si è svolta la rassegna dedicata alla presentazione delle novità relative ai motori elettrici. Questi mezzi stanno gua-dagnando sempre più interesse agli occhi del grande pubblico tant’è che, da una ricerca realizzata da Inte-ractive Market Research, il 67% degli italiani afferma di essere interessato all’acquisto di una auto elettrica. Espansione, Pulizia, Silenziosità e Innovazione, sono

le principali caratteristiche che si ricercano nei nuovi mezzi rispettosi dell’ambiente. Un intero padiglione presentava una sezione espositiva dedicata ad auto, prodotti e servizi correlati e, gradita al pubblico, un’a-rea test drive che ricreava la dimensione cittadina ur-bana dove si troveranno a operare i mezzi presentati. Ormai la mobilità sostenibile è pronta a diventare il main trend. Il percorso, ormai iniziato anni fa con le ibride come la Toyota Prius, ora è giunto ad un ribal-tamento concettuale straordinario grazie ad Audi che sta progettando la A1 e-tron, una interessante mac-china elettrica “aiutata” da un serbatoio di 10 litri di benzina, così da affrontare viaggi più lunghi, che sarà

invece il mercato delle “elettriche pure” numerose le novità: i mezzi a due ruote hanno visto la riproposi-zione del modello esposto da Smart che aveva già riscosso numerosi riconoscimenti positivi al Salone di Parigi. Completamente nuovo invece il modello

presentato da Peugeot, già disponibile dal 2011, E-Vivacity; Renault ha proposto il suo modello Twizy.Le grandi case automobilistiche hanno confermato un

ben chiaro il concetto proposto dai grandi marchi: la macchina elettrica è femminile. È concepita per esse-re una utility car, per fare shopping in centro e muo-versi in città. Tutto questo a causa dalle sue capacità tecnologiche relative soprattutto a esigenze di ricarica e autonomia.

ELETTRIC-CAR... C’E’ SPERANZA?

UL Environment sta lavorando per lo sviluppo di un nuovo standard per la produzione di telefoni cellu-lari che renderà più sostenibile ed a minor impatto ambientale l’intera industria. Si terrà conto dell’inte-ro ciclo di vita del cellulare, dalle materie prime allo

platinum. Considerando che attualmente circolano circa 5 miliardi di cellulari, più quelli prodotti giornal-

di produzione, risulta, oltre che necessario per un maggior grado di sicurezza, molto importante per la salvaguardia dell’ecosistema.In una ricerca del 2009 emerge che ci sarebbe un’ampia preferenza da parte dell’utenza nella scel-ta del proprio dispositivo mobile per quei telefoni che saranno etichettati come “dispositivi preferiti dall’am-biente”. Lo standard considererà l’intero ciclo di vita

Telefonia sostenibile-

za energetica, utilizzo di materiali riciclati e riduzione dei materiali di involucro da buttare, tra i fattori che

-ne.La suddivisione sarà fatta secondo fasce qualitative che vanno dall’argento, all’oro, al platino, così da ren-

la qualità dei prodotti ed il loro impatto sull’ambiente prima di procedere all’acquisto in modo da effettuare scelte consapevoli.

Finalmente possiamo assistere all’oro rosso che sostituisce, una volta tanto, l’oro nero. P

Conosciuti come “Poo-Gloos” (igloo-mangia-escre-menti) questi piccoli strumenti sono degli apparec-chi un po’ particolari a forma di igloo che servono

provenienti dagli scarichi cittadini. Fred Jaeger che rappresenta una delle aziende produttrici di questi piccoli “ripulitori”, col nome di Bio-Dome, afferma che a breve verrà presentato uno studio che dimo-strerà quanto è possibile risparmiare nel bilancio di

scarichi di piccole comunità rurali rappresenta un’im-

Il trattamento che viene applicato a questi scarichi prevede la disinfezione e la rimozione degli agenti in-quinanti pericolosi per la salute.

Igloo-Pulitori in azioneChi ha buona memoria ricorda bene la fortuna commerciale conquistata da imprenditori capa-ci ed intraprendenti, nell’agro nocerino sarnese, tra le pendici del Vesuvio ed i monti interni della Campania. Tra Napoli e Salerno.Terra estremamente fertile.Terra di pelati e di conserve alimentari.Si parlò di oro rosso. La varietà più preziosa era il celebre pomodoro di San Marzano.Diverse centinaia di chilometri più a nord, lun-go l’italico stivale, a Maccastorna, piccolo paese, di neanche 70 abitanti, in provincia di Lodi, hanno pensato bene di utilizzare gli scar-ti di lavorazione dei pomodori per produrre energia termica in discreti quantitativi.

L’ORO ROSSO E L’ENERGIA TERMICA

NOTIZIEIN LIBERTÀ

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24 25

Ricordate la campagna virale messa in moto da Gre-enpeace per protestare contro le scelte di packaging poco eco-friendly della Mattel? Quando i giochi di-ventano ecologici: la Barbie diventa ambientalista?La famosa casa produttrice di Barbie era stata accu-sata di intrattenere rapporti commerciali con aziende

delle foresti pluviali indonesiane, come il gruppo Asia Pulp and Paper.Greenpeace aveva pertanto attirato l’attenzione

della relazione di Barbie con Ken, che annunciava -

danzata, colpevole di essere amica dei deforestatori.

Ebbene, i fan della ‘bionda’ di plastica possono tirare un sospiro di sollievo perché pace è fatta tra le due icone della Mattel.La campagna “Barbie, ti mollo!” di Greenpeace, in-fatti, ha sortito gli effetti sperati portando l’azienda produttrice della bambola più famosa al mondo ad impegnarsi nello sviluppo di nuove politiche per l’ac-quisto della carta.

KEN E GREENPEACE CE L’HANNO FATTA! BARBIE

SCEGLIE UN PACKAGING PIU’ ECO-SOLIDALE

LA RUSSIA ESTENDE LA DURATA DEI VECCHI REATTORI COME QUELLI DI TIPO CHERNOBYL:

Vi ricordate la storia della Shell e del delta del Niger? È diventata tristemente celebre, tra l’altro, dopo che la giornalista e attivista canadese Naomi Klein le consacrò alcune pagine nel suo best-seller “No logo”. La storia parla di inquinamento e degrado ambientale da un lato, e dall’altro di violenza, di contestazioni soffocate nel sangue – il sangue della popolazione Ogoni e dello scrittore Ken Sar-Wiwa, giustiziato nel 1995 insieme ad altre persone che avevano manifestato contro la compagnia petrolifera Shell.Costretta dalle reazioni indignate della comunità internazionale e di varie organizzazioni ambientaliste e umanitarie, nel 2009 la Shell ha accettato di pagare un indennizzo di oltre 11 milioni di euro. Ma adesso un nuovo rapporto dell’Unep, l’agenzia ONU per

DANNI AMBIENTALI NEL DELTA DEL NIGER

l’ambiente, reso pubblico nel mese di agosto 2011, mostra che i danni arrecati all’ecosistema sono molto più gravi di quanto previsto: il recupero ecologico del territorio richiederà tra i 25 e i 30 anni e un investimento economico decisamente maggiore di quello pattuito.I danni ambientali sono causati soprattutto dalle

che consiste nel bruciare a cielo aperto il gas naturale

riguarda solo la Shell: è praticato anche da altre compagnie petrolifere che operano nella regione, tra cui il gruppo Eni.I punti chiave individuati dal rapporto Unep sono

non a rischio sono in realtà minacciate dalla contaminazione del sottosuolo; l’acqua “potabile” di cui fanno uso almeno 10 comunità Ogoni è

Notizie – preoccupanti – dalla Russia. Il direttore generale della Rosatom (l’agenzia russa per l’energia nucleare) Sergej Kirienko ha dichiarato la volontà della Russia di estendere la vita dei vecchi reattori nucleari dell’epoca sovietica a 45 anni. Tra questi, ben 11 reattori sono costruiti sullo stile di Chernobyl, e gli ingegneri nucleari sovietici concordavano sulla necessità di dismetterli dopo non più di 30 anni.L’elemento preoccupante sta nel fatto che questi vecchi reattori non possiedono alcune delle moderne tecnologie che li rendono più sicuri, come quelli generalmente diffusi in Europa, Stati Uniti o Giappone, e in caso di sismi – si veda il disastro di Fukushima – o altre calamità atmosferiche, hanno maggiori probabilità di andare incontro ad incidenti anche

gravi. La maggior parte degli esperti per la sicurezza nucleare internazionale ha espresso preoccupazione per la decisione della Russia. I reattori dell’epoca sovietica, infatti, non prevedono una struttura per il contenimento delle radiazioni in caso di perdite in seguito ad incidenti, struttura tipicamente utilizzata nei modelli occidentali nonché nelle moderne strutture russe.La mancanza di questa costruzione di contenimento causò, nell’incidente di Chernobyl del 1986, la diffusione delle radiazioni per centinaia di kilometri in tutta Europa. Si pensi che 4 degli 11 reattori sovietici in parola sono disposti entro un raggio di 80 km da San Pietroburgo, metropoli di più di 5 milioni di abitanti.

contaminata da alte percentuali di idrocarburi, mentre in un villaggio l’acqua dei pozzi è inquinata dal benzene; inoltre, le consistenti perdite dagli oleodotti hanno gravemente compromesso il ciclo vegetativo delle mangrovie, le cui radici costituiscono a loro volta l’ambiente necessario per la riproduzione di

di terreno potrà essere portata a termine entro cinque anni, per le zone acquitrinose popolate di mangrovie la previsione è di 30 anni.

Achim Steiner, direttore della Unep, oltre a esortare un intervento immediato e consistente, ha proposto soluzioni innovative e lungimiranti, come la costituzione nella regione Ogoni di un Centro di ricerca per il recupero ambientale, in modo che il ripristino e la salvaguardia dell’ecosistema del delta del Niger possano essere gestiti in futuro dalla stessa popolazione locale.

Il Marocco si pone alla testa dei paese africani per la tutela dell’ambiente: è quanto emerge dalle consulta-zioni effettuate in questi giorni e che porteranno, entro il mese di marzo, alla redazione di una Carta Ambien-te da parte dell’esecutivo.Istruzioni precise al Governo in merito alla questione sono state rilasciate dal sovrano Mohamed VI a più riprese, durante gli scorsi mesi e rientrano nell’ambi-to di un più ampio programma di tutela ambientale che passa anche per la riduzione dell’uso dei sacchi in polietilene a favore di altri imballaggi più ecologici.La svolta verde del Marocco, in realtà, non costitu-isce soltanto la necessaria risposta al problema dei cambiamenti climatici e alla necessità di fondare uno sviluppo che sia anche sostenibile, ma affonda le proprie motivazioni nello stesso Corano e nei precet-ti islamici che ne costituiscono il fondamento. L’esi-

stenza dell’individuo, infatti, viene qui precisato che debba essere dedicata alla preservazione della vita umana, alla protezione dell’ambiente e alla modera-zione nell’uso delle sue risorse. Di fatto, un piccolo breviario sulla sostenibilità che esprime la maggiore lungimiranza del passato riguardo alla tutela e al ri-spetto della natura.La questione è di interesse nazionale. E ciascuna delle 16 regioni del Marocco dovrà presto dotarsi di un osservatorio ad hoc in partenariato con le auto-rità centrali per monitorare la situazione e, insieme, proporre eventuali misure di tutela. In questo modo, scienziati, ricercatori, esponenti di varie ONG e della pubblica amministrazione, nonché privati cittadini e professionisti saranno coinvolti in maniera trasversale e a tutti i livelli per effettuare le necessarie proposte in un’ottica di ampio coinvolgimento della popolazione locale.

LA SVOLTA VERDE DEL MAROCCO

Si stima che, in tutto il mondo, vengano masticate oltre 500 tonnellate di gomme all’anno, la maggior

-costante per 5 lunghi anni, perché è questo il tempo medio che impiegano per biodegradarsi.La nuova frontiera per la risoluzione di questi fasti-diosi problemi è chiamata Rev 7: un chewing gum compostabile in grado di biodegradarsi in 30 giorni, trasformandosi in una sottile e innocua polverina. A differenza della tradizionale gomma, la quale è to-talmente e irrimediabilmente impermeabile, questa “cicca” si scioglie parzialmente con l’acqua, pur ri-manendo in parte immune per permetterle di essere masticata.

Tra qualche mese sarà quindi possibile navigare più velocemente con i telefonini ma a quale prezzo? For-se non tutti sanno che nell’ottobre scorso il governo

-

gli attuali limiti per gli impianti di telefonia mobile.Infatti nel nostro paese il valore limite di esposizione previsto dal DPCM 199/2003 per i campi ad alta fre-quenza delle onde elettromagnetiche non ionizzanti, emesse da antenne di stazioni radio base di operatori telefonici, è pari a 6 V/m. Secondo i tecnici sarebbe

per permettere alle diverse compagnie telefoniche di installare le nuove antenne per la tecnologia 4G.

Fino ad oggi i valori limite internazionali, imposti dagli standard normativi, ci proteggevano dalle radiazioni elettromagnetiche e dai conseguenti effetti anomali riscontrati su piante ed animali, sottoposti ad un con-tinuo bombardamento radioattivo grazie ad un valore

sulla base del picco massimo dei valori giornalieri.Con la nuova normativa, questo valore di 6 v/m è va-

media giornaliera. “Di conseguenza, come denuncia anche Giorgio Assennato -presidente dell‘AssoARPA (l’associazione che raduna tutte le Agenzie Regionali per l’Ambiente) – tutte le aeree di pertinenza ester-ne delle abitazioni come i balconi, terrazzi, giardini e cortili potranno essere sottoposti a valori di campo di gran lunga superiori“.

Finalmente un chewing gum biodegradabile in 30 giorni!

Elettrosmog, in arrivo 20.000 nuove antenne

valore del denaro per condividere qualcosa di molto diverso e privilegiando l’aspetto umano dell’ospita-lità”. Prodotti fatti in casa, assistenza, servizi come giardinaggio, riparazioni, insegnamenti, corsi, qual-siasi sia la vostra specialità che potete offrire, sarà scambiabile con un soggiorno in una delle mete pre-scelte!Il baratto è un’operazione di scambio bilaterale o mul-tilaterale di beni o servizi fra individui, imprese, enti e altro ancora senza uso di moneta ed è nato come la prima forma di scambio commerciale.E sullo scambio equo tra le parti prende vita l’iniziati-va della Settimana del Baratto, giunta quest’anno alla sua terza edizione. Ottima occasione per chi non vuo-le rinunciare ad una breve vacanza, per visitare l’Italia.

Finite le vacanze si torna spesso con la mente ai ricor-di dei bei momenti passati, del relax goduto e viene voglia di poter presto organizzare un nuovo viaggio!Il network di B & BPoi, l’entusiasmo si infrange ripensando alle spese sostenute e siamo costretti ad accantonare nel cas-setto il sogno di un nuovo viaggio. Allora perché non

-ne di scambio tra i gestori di molteplici B&B italiani aderenti all’iniziativa e quei viaggiatori che hanno qualcosa da offrire in cambio.Dopo il successo degli anni scorsi, dal 14 al 20 no-vembre 2011 torna la Settimana del Baratto: i bed and

che aderiranno all’iniziativa “baratteranno il soggiorno in cambio di beni o servizi svincolando gli ospiti dal

ARRIVA LA SETTIMANA DEL BARATTO

NOTIZIEIN LIBERTÀ

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24 25

Ricordate la campagna virale messa in moto da Gre-enpeace per protestare contro le scelte di packaging poco eco-friendly della Mattel? Quando i giochi di-ventano ecologici: la Barbie diventa ambientalista?La famosa casa produttrice di Barbie era stata accu-sata di intrattenere rapporti commerciali con aziende

delle foresti pluviali indonesiane, come il gruppo Asia Pulp and Paper.Greenpeace aveva pertanto attirato l’attenzione

della relazione di Barbie con Ken, che annunciava -

danzata, colpevole di essere amica dei deforestatori.

Ebbene, i fan della ‘bionda’ di plastica possono tirare un sospiro di sollievo perché pace è fatta tra le due icone della Mattel.La campagna “Barbie, ti mollo!” di Greenpeace, in-fatti, ha sortito gli effetti sperati portando l’azienda produttrice della bambola più famosa al mondo ad impegnarsi nello sviluppo di nuove politiche per l’ac-quisto della carta.

KEN E GREENPEACE CE L’HANNO FATTA! BARBIE

SCEGLIE UN PACKAGING PIU’ ECO-SOLIDALE

LA RUSSIA ESTENDE LA DURATA DEI VECCHI REATTORI COME QUELLI DI TIPO CHERNOBYL:

Vi ricordate la storia della Shell e del delta del Niger? È diventata tristemente celebre, tra l’altro, dopo che la giornalista e attivista canadese Naomi Klein le consacrò alcune pagine nel suo best-seller “No logo”. La storia parla di inquinamento e degrado ambientale da un lato, e dall’altro di violenza, di contestazioni soffocate nel sangue – il sangue della popolazione Ogoni e dello scrittore Ken Sar-Wiwa, giustiziato nel 1995 insieme ad altre persone che avevano manifestato contro la compagnia petrolifera Shell.Costretta dalle reazioni indignate della comunità internazionale e di varie organizzazioni ambientaliste e umanitarie, nel 2009 la Shell ha accettato di pagare un indennizzo di oltre 11 milioni di euro. Ma adesso un nuovo rapporto dell’Unep, l’agenzia ONU per

DANNI AMBIENTALI NEL DELTA DEL NIGER

l’ambiente, reso pubblico nel mese di agosto 2011, mostra che i danni arrecati all’ecosistema sono molto più gravi di quanto previsto: il recupero ecologico del territorio richiederà tra i 25 e i 30 anni e un investimento economico decisamente maggiore di quello pattuito.I danni ambientali sono causati soprattutto dalle

che consiste nel bruciare a cielo aperto il gas naturale

riguarda solo la Shell: è praticato anche da altre compagnie petrolifere che operano nella regione, tra cui il gruppo Eni.I punti chiave individuati dal rapporto Unep sono

non a rischio sono in realtà minacciate dalla contaminazione del sottosuolo; l’acqua “potabile” di cui fanno uso almeno 10 comunità Ogoni è

Notizie – preoccupanti – dalla Russia. Il direttore generale della Rosatom (l’agenzia russa per l’energia nucleare) Sergej Kirienko ha dichiarato la volontà della Russia di estendere la vita dei vecchi reattori nucleari dell’epoca sovietica a 45 anni. Tra questi, ben 11 reattori sono costruiti sullo stile di Chernobyl, e gli ingegneri nucleari sovietici concordavano sulla necessità di dismetterli dopo non più di 30 anni.L’elemento preoccupante sta nel fatto che questi vecchi reattori non possiedono alcune delle moderne tecnologie che li rendono più sicuri, come quelli generalmente diffusi in Europa, Stati Uniti o Giappone, e in caso di sismi – si veda il disastro di Fukushima – o altre calamità atmosferiche, hanno maggiori probabilità di andare incontro ad incidenti anche

gravi. La maggior parte degli esperti per la sicurezza nucleare internazionale ha espresso preoccupazione per la decisione della Russia. I reattori dell’epoca sovietica, infatti, non prevedono una struttura per il contenimento delle radiazioni in caso di perdite in seguito ad incidenti, struttura tipicamente utilizzata nei modelli occidentali nonché nelle moderne strutture russe.La mancanza di questa costruzione di contenimento causò, nell’incidente di Chernobyl del 1986, la diffusione delle radiazioni per centinaia di kilometri in tutta Europa. Si pensi che 4 degli 11 reattori sovietici in parola sono disposti entro un raggio di 80 km da San Pietroburgo, metropoli di più di 5 milioni di abitanti.

contaminata da alte percentuali di idrocarburi, mentre in un villaggio l’acqua dei pozzi è inquinata dal benzene; inoltre, le consistenti perdite dagli oleodotti hanno gravemente compromesso il ciclo vegetativo delle mangrovie, le cui radici costituiscono a loro volta l’ambiente necessario per la riproduzione di

di terreno potrà essere portata a termine entro cinque anni, per le zone acquitrinose popolate di mangrovie la previsione è di 30 anni.

Achim Steiner, direttore della Unep, oltre a esortare un intervento immediato e consistente, ha proposto soluzioni innovative e lungimiranti, come la costituzione nella regione Ogoni di un Centro di ricerca per il recupero ambientale, in modo che il ripristino e la salvaguardia dell’ecosistema del delta del Niger possano essere gestiti in futuro dalla stessa popolazione locale.

Il Marocco si pone alla testa dei paese africani per la tutela dell’ambiente: è quanto emerge dalle consulta-zioni effettuate in questi giorni e che porteranno, entro il mese di marzo, alla redazione di una Carta Ambien-te da parte dell’esecutivo.Istruzioni precise al Governo in merito alla questione sono state rilasciate dal sovrano Mohamed VI a più riprese, durante gli scorsi mesi e rientrano nell’ambi-to di un più ampio programma di tutela ambientale che passa anche per la riduzione dell’uso dei sacchi in polietilene a favore di altri imballaggi più ecologici.La svolta verde del Marocco, in realtà, non costitu-isce soltanto la necessaria risposta al problema dei cambiamenti climatici e alla necessità di fondare uno sviluppo che sia anche sostenibile, ma affonda le proprie motivazioni nello stesso Corano e nei precet-ti islamici che ne costituiscono il fondamento. L’esi-

stenza dell’individuo, infatti, viene qui precisato che debba essere dedicata alla preservazione della vita umana, alla protezione dell’ambiente e alla modera-zione nell’uso delle sue risorse. Di fatto, un piccolo breviario sulla sostenibilità che esprime la maggiore lungimiranza del passato riguardo alla tutela e al ri-spetto della natura.La questione è di interesse nazionale. E ciascuna delle 16 regioni del Marocco dovrà presto dotarsi di un osservatorio ad hoc in partenariato con le auto-rità centrali per monitorare la situazione e, insieme, proporre eventuali misure di tutela. In questo modo, scienziati, ricercatori, esponenti di varie ONG e della pubblica amministrazione, nonché privati cittadini e professionisti saranno coinvolti in maniera trasversale e a tutti i livelli per effettuare le necessarie proposte in un’ottica di ampio coinvolgimento della popolazione locale.

LA SVOLTA VERDE DEL MAROCCO

Si stima che, in tutto il mondo, vengano masticate oltre 500 tonnellate di gomme all’anno, la maggior

-costante per 5 lunghi anni, perché è questo il tempo medio che impiegano per biodegradarsi.La nuova frontiera per la risoluzione di questi fasti-diosi problemi è chiamata Rev 7: un chewing gum compostabile in grado di biodegradarsi in 30 giorni, trasformandosi in una sottile e innocua polverina. A differenza della tradizionale gomma, la quale è to-talmente e irrimediabilmente impermeabile, questa “cicca” si scioglie parzialmente con l’acqua, pur ri-manendo in parte immune per permetterle di essere masticata.

Tra qualche mese sarà quindi possibile navigare più velocemente con i telefonini ma a quale prezzo? For-se non tutti sanno che nell’ottobre scorso il governo

-

gli attuali limiti per gli impianti di telefonia mobile.Infatti nel nostro paese il valore limite di esposizione previsto dal DPCM 199/2003 per i campi ad alta fre-quenza delle onde elettromagnetiche non ionizzanti, emesse da antenne di stazioni radio base di operatori telefonici, è pari a 6 V/m. Secondo i tecnici sarebbe

per permettere alle diverse compagnie telefoniche di installare le nuove antenne per la tecnologia 4G.

Fino ad oggi i valori limite internazionali, imposti dagli standard normativi, ci proteggevano dalle radiazioni elettromagnetiche e dai conseguenti effetti anomali riscontrati su piante ed animali, sottoposti ad un con-tinuo bombardamento radioattivo grazie ad un valore

sulla base del picco massimo dei valori giornalieri.Con la nuova normativa, questo valore di 6 v/m è va-

media giornaliera. “Di conseguenza, come denuncia anche Giorgio Assennato -presidente dell‘AssoARPA (l’associazione che raduna tutte le Agenzie Regionali per l’Ambiente) – tutte le aeree di pertinenza ester-ne delle abitazioni come i balconi, terrazzi, giardini e cortili potranno essere sottoposti a valori di campo di gran lunga superiori“.

Finalmente un chewing gum biodegradabile in 30 giorni!

Elettrosmog, in arrivo 20.000 nuove antenne

valore del denaro per condividere qualcosa di molto diverso e privilegiando l’aspetto umano dell’ospita-lità”. Prodotti fatti in casa, assistenza, servizi come giardinaggio, riparazioni, insegnamenti, corsi, qual-siasi sia la vostra specialità che potete offrire, sarà scambiabile con un soggiorno in una delle mete pre-scelte!Il baratto è un’operazione di scambio bilaterale o mul-tilaterale di beni o servizi fra individui, imprese, enti e altro ancora senza uso di moneta ed è nato come la prima forma di scambio commerciale.E sullo scambio equo tra le parti prende vita l’iniziati-va della Settimana del Baratto, giunta quest’anno alla sua terza edizione. Ottima occasione per chi non vuo-le rinunciare ad una breve vacanza, per visitare l’Italia.

Finite le vacanze si torna spesso con la mente ai ricor-di dei bei momenti passati, del relax goduto e viene voglia di poter presto organizzare un nuovo viaggio!Il network di B & BPoi, l’entusiasmo si infrange ripensando alle spese sostenute e siamo costretti ad accantonare nel cas-setto il sogno di un nuovo viaggio. Allora perché non

-ne di scambio tra i gestori di molteplici B&B italiani aderenti all’iniziativa e quei viaggiatori che hanno qualcosa da offrire in cambio.Dopo il successo degli anni scorsi, dal 14 al 20 no-vembre 2011 torna la Settimana del Baratto: i bed and

che aderiranno all’iniziativa “baratteranno il soggiorno in cambio di beni o servizi svincolando gli ospiti dal

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20 21

Complice l’alta pressione sul nord d’Italia, Milano si è ritrovata sin dalle prime settimane di gennaio 2011 – come del resto buona parte dei comuni e delle pro-vincie della pianura padana - a dover fronteggiare un’emergenza inquinamento che appare quasi senza precedenti.Quotidianamente si supera sistematicamente la so-glia di allarme e ritorna l’esigenza inderogabile di tro-vare una soluzione seria e duratura al problema, an-che perché l’Europa minaccia di comminare una maxi multa a Milano.Al problema si aggiungono altri problemi. I verdi chie-dono l’elezione dei garanti per i referendum promossi sul tema, l’ecopass non funziona, la legge regionale che prevedeva blocchi domenicali e targhe alterne con lo smog oltre il livello di guardia non è più valida e, davanti ad una sostanziale assenza di regole che

si traduce in inazione, l’unica soluzione per ridur-re polvere sottili e smog al momento è sperare nel maltempo che potrebbe arrivare e ….risolvere parzial-mente la situazione! Il comitato Milanosimuove, chie-de un intervento d’emergenza ed indica alcune misure correttive di rapida applicazione. Dall’altra parte della barricata, il vice sindaco Riccardo De Corato, ribatte che l’aria di Milano è “in costante miglioramento” e che la procedura d’infrazione Ue vale per buona parte

Milano, smog record! Come funziona la geotermia?La temperatura del suolo aumenta man mano che si scende in profondità, in media ogni 100 metri la tem-peratura delle rocce cresce di +3° C. In alcune parti-colari zone questa caratteristica naturale del pianeta si accentua con temperature nel sottosuolo legger-mente più alte della media, ad esempio a causa di fe-nomeni vulcanici o tettonici. In queste zone calde l’e-nergia può essere facilmente recuperata anche basse profondità tramite la geotermia. I vapori provenienti dalle sorgenti d’acqua nel sottosuolo sono convogliati verso apposite turbine adibite alla produzione di ener-gia elettrica. Il calore sprigionato dai vapori può anche essere riutilizzato per il riscaldamento, le coltivazioni in serra e il termalismo.

Addio sacchetto di plastica... non ci man-cherai!

Uno studio afferma che sarà possibile che entro 50 anni alcune città siano libere dal fumo di sigaretta. Tra gli aumenti del prezzo e il divieto di fumo all’interno dei locali, il numero di tabagisti dovrebbe diminuire in maniera netta. Sarebbe una vittoria per uomo e ambiente: infatti secondo alcuni dati pubblicati dal Telegraph, noto giornale inglese, il tabacco ucciderebbe una persona ogni 6 secondi, ovvero 5,4 milioni di persone all’anno. Secondo una previsione di “scenari possibili”, il dimi-nuire di fumatori porterebbe addirittura alla presenza, nel 2050, di una Londra senza sigarette. Ci vorranno

le sigarette, ma il trend è già in atto!Non sembrano leggere i dati altrettanto positivamen-te, invece, le multinazionali del tabacco. Ma ormai

Addio sigarette, fra 50 anni? sembra che sempre più persone, consumatori di ta-bacco, prendano a cuore la loro salute e il benessere dell’ambiente.L’esempio di Londra è emblematico, ma con essa si parla della maggior parte delle città nei paesi svilup-pati, accomunate da un declino del numero dei fu-matori.Lo studio effettuato da Citigroup, pone dunque delle previsioni positive, anche se non va dimenticato che, a contrastare il progressivo abbandono della sigaret-ta, vi è la tendenza negativa che vede far uso di ta-bacco ad età sempre minore. Giovani che nonostante tutto sembrano incuranti delle ripercussioni che la si-

L’attenzione deve rimanere altissima; le campagne anti-fumo devono sempre più cercare di prevenerire l’approccio al tabagismo così da evitare di dover in-tervenire, poi, per aiutare un “fumatore incallito”.

Li usiamo tutti i giorni, sono necessari, sono utili, fondamentali per il processo di acquisto e quindi per sostenere l’economia anzi, essi stessi sono un econo-mia.... ma contemporaneamente sono tra i maggiori elementi inquinanti che utilizziamo quotidianamente in quantitativi smisurati.Secondo uno studio dell’ONU i sacchetti di materia-le plastico producono danni gravi all’ambiente: ogni anno uccidono 100.000 mammiferi marini e ne feri-scono un numero incalcolato danneggiando l’agricol-tura e la pesca. Essi hanno una vita brevissima, ma per la produzione sono necessari enormi quantitativi di petrolio (per produrne 200 mila tonnellate vengono bruciate 430 mila tonnellate di petrolio) e di altre so-stanze chimiche necessarie al processo di trasforma-

zione, oltre alle energie consumate per la lavorazione.

miliardi di sacchetti consumati annualmente in Euro-pa vengono importati per la maggioranza da paesi asiatici come Cina, Thailandia e Malesia (che oltre ad intaccare le economie nazionali, rappresentano un danno/pericolo in termini di mancato rispetto delle

-topagato...ecc.ecc) e che il 28% di questi sacchetti

anni (a seconda del tipo di plastica utilizzato - 200 -

nitivamente, distrutti dai raggi ultravioletti e dal calo-re o eliminati dal tempo e dagli agenti atmosferici (in

Nella terra dei canguri le bottigliette PET per l’acqua sono state bandite. In Italia, invece, si possono rici-clare e ricevere “bonus” da spendere al proprio su-permercato.

sacchetti di plastica, sebbene alcuni “furbetti” cerchi-no di vendere come biodegradabili buste che biode-gradabili non sono.L’Università di Canberra, in Australia, ha proibito inve-ce la vendita di acqua in bottiglia.Al suo posto, ci saranno distributori di acqua refrige-rata, liscia o gassata a prezzi inferiori rispetto a quella imbottigliata. In questo modo, oltre a salvaguardare l’ambiente, gli studenti potranno risparmiare qualche soldo.

Questa iniziativa, lanciata dal gruppo ambientalista “Do Something!” ha creato quindi un precedente che si spera diventi un modello per il resto del Paese. E in Italia? Nel nostro Paese non è ancora stato as-sunto nessun impegno di questo tipo, anche se c’è una certa attenzione ai tappi delle bottiglie di cui spesso si fa la raccolta per obiettivi diversi (dall’ac-quisto di carrozzine per i disabili a quello di macchine per la dialisi….) in quanto sono fatti di una plastica più pregiata che viene pagata al momento della sua raccolta/consegna nei centri di smaltimento.

Australia: bando alle bottigliette! In Italia, invece sconti se ricicli!

L’eolico è una tecnologia in grado di trasformare l’e-nergia cinetica del vento in energia elettrica. Il suo prin-cipio di funzionamento è tra i più antichi del mondo. Il vento è una delle principali fonti rinnovabili di energia, basti pensare ai mulini a vento o alla navigazione con imbarcazioni a vela. È però errato pensare che l’eolico

-no tipologie molto variegate di aerogeneratori. Alcuni

metri circa di altezza. Ve ne sono alcuni in commercio con potenze superiori ai 2-3 MW. Le stesse pale eo-liche possono essere molto lunghe, anche 40 metri. I moderni mulini a vento sono anche conosciuti con il nome comune di ‘pale eoliche’, le quali sono tuttavia soltanto una parte del sistema. Il nome più corretto è

EOLICO...TRA MILLE DUBBI E SCARSE INFORMAZIONI

quello di aerogeneratore. Una serie di aerogeneratori compone un impianto eolico o una Wind Farm.

“...Dalla canna al serbatoio: le nuove frontiere del biocar-burante... è migliore della canna da zucchero brasiliana... Recupera terreni marginali non utilizzati dall’agricoltura...” Queste le parole di alcuni quotidiani nazionali per an-nunciare i risultati eccezionali ottenuti da un gruppo di ricercatori piemontesi. Il loro lavoro potrebbe rivo-luzionare il mondo dei biocarburanti.La canna comune rappresenta il futuro dei biocarbu-ranti, in particolare dell’etanolo che può essere addi-zionato alla benzina. In Brasile l’etanolo ricavato dal-la canna da zucchero è una realtà da più di 30 anni: come impiantarla anche ai nostri climi, in modo da farla rendere? Invece di trasperire da noi una coltivazione estera, si è studiato (con successo) come ricavare biocarburan-te da una pianta tipica del nostro territorio.

Dalla canna la nuova benzina...

Trarre energia dalle biomasse consente d’eliminare gli scarti prodotti dalle attività agroforestali e contempo-raneamente produrre energia elettrica, riducendo la dipendenza dalle fonti di natura fossile come il pe-trolio.Energia pulita a tutti gli effetti.La combustione delle biomasse libera nell’ambiente la quantità di carbonio assimilata dalle piante durante la loro crescita e una quantità di zolfo e di ossidi di azoto nettamente in-feriore a quella rilasciata dai combustibili fossili. Le opere di riforestazione in zone semidesertiche per-mettono di recuperare terreni altrimenti abbandonati da destinare alla produzione di biomasse e indiretta-mente migliorare la qualità dell’aria che respiriamo.

ENERGIA PULITA A TUTTI GLI EFFETTIScoperto il pannello che funziona di notte a infrarossi. Boom solare in Italia: la nuova potenza fotovoltaica installata l’anno scorso sarebbe pari a 1.850 MW, con un incremento del 160% rispetto alla potenza entrata in esercizio nell’anno precedente (711 MW). La po-tenza complessiva degli impianti installati, se pure non ancora tutti collegati alla rete elettrica, potreb-

impianti. Già nel 2011 potrebbe essere già raggiunto il target di 8.000 MW previsto per il 2020. Intanto la ricerca non si ferma e propone soluzioni sostenibili sempre più interessanti. L’ultima scoperta è un pan-nello solare... che è attivo di notte!

Sia luce! E luce fu!-

ca e la canzone “Kick the plastic state of mind” sulle note di “Empire State of Minds” di Alicia Keys. Dall’Inghilterra arriva l’ultima novità in fatto di video e musica: un rap tutto dedicato all’agricoltura biologi-ca! Gli artisti Yeo Boyz e Lil’ Massey, a seguito di una

-ganic, hanno realizzato un video in cui mostrano che l’essere contadini non ha più nulla di obsoleto o poco trendy…Ebbene sì, l’ambientalismo è cambiato, non è più fatto di calzettoni e zappa, ma di giovani per i qua-li sinceramente il sudore del lavoro agricolo sembra davvero lontano ma che hanno comunque conquista-to il pubblico, tanto che la canzone “rurale” è super cliccata su Youtube e talmente richiesta che iTunes l’ha dovuto inserire nelle proprie suonerie scaricabili.

RAP BIOLOGICO

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20 21

Complice l’alta pressione sul nord d’Italia, Milano si è ritrovata sin dalle prime settimane di gennaio 2011 – come del resto buona parte dei comuni e delle pro-vincie della pianura padana - a dover fronteggiare un’emergenza inquinamento che appare quasi senza precedenti.Quotidianamente si supera sistematicamente la so-glia di allarme e ritorna l’esigenza inderogabile di tro-vare una soluzione seria e duratura al problema, an-che perché l’Europa minaccia di comminare una maxi multa a Milano.Al problema si aggiungono altri problemi. I verdi chie-dono l’elezione dei garanti per i referendum promossi sul tema, l’ecopass non funziona, la legge regionale che prevedeva blocchi domenicali e targhe alterne con lo smog oltre il livello di guardia non è più valida e, davanti ad una sostanziale assenza di regole che

si traduce in inazione, l’unica soluzione per ridur-re polvere sottili e smog al momento è sperare nel maltempo che potrebbe arrivare e ….risolvere parzial-mente la situazione! Il comitato Milanosimuove, chie-de un intervento d’emergenza ed indica alcune misure correttive di rapida applicazione. Dall’altra parte della barricata, il vice sindaco Riccardo De Corato, ribatte che l’aria di Milano è “in costante miglioramento” e che la procedura d’infrazione Ue vale per buona parte

Milano, smog record! Come funziona la geotermia?La temperatura del suolo aumenta man mano che si scende in profondità, in media ogni 100 metri la tem-peratura delle rocce cresce di +3° C. In alcune parti-colari zone questa caratteristica naturale del pianeta si accentua con temperature nel sottosuolo legger-mente più alte della media, ad esempio a causa di fe-nomeni vulcanici o tettonici. In queste zone calde l’e-nergia può essere facilmente recuperata anche basse profondità tramite la geotermia. I vapori provenienti dalle sorgenti d’acqua nel sottosuolo sono convogliati verso apposite turbine adibite alla produzione di ener-gia elettrica. Il calore sprigionato dai vapori può anche essere riutilizzato per il riscaldamento, le coltivazioni in serra e il termalismo.

Addio sacchetto di plastica... non ci man-cherai!

Uno studio afferma che sarà possibile che entro 50 anni alcune città siano libere dal fumo di sigaretta. Tra gli aumenti del prezzo e il divieto di fumo all’interno dei locali, il numero di tabagisti dovrebbe diminuire in maniera netta. Sarebbe una vittoria per uomo e ambiente: infatti secondo alcuni dati pubblicati dal Telegraph, noto giornale inglese, il tabacco ucciderebbe una persona ogni 6 secondi, ovvero 5,4 milioni di persone all’anno. Secondo una previsione di “scenari possibili”, il dimi-nuire di fumatori porterebbe addirittura alla presenza, nel 2050, di una Londra senza sigarette. Ci vorranno

le sigarette, ma il trend è già in atto!Non sembrano leggere i dati altrettanto positivamen-te, invece, le multinazionali del tabacco. Ma ormai

Addio sigarette, fra 50 anni? sembra che sempre più persone, consumatori di ta-bacco, prendano a cuore la loro salute e il benessere dell’ambiente.L’esempio di Londra è emblematico, ma con essa si parla della maggior parte delle città nei paesi svilup-pati, accomunate da un declino del numero dei fu-matori.Lo studio effettuato da Citigroup, pone dunque delle previsioni positive, anche se non va dimenticato che, a contrastare il progressivo abbandono della sigaret-ta, vi è la tendenza negativa che vede far uso di ta-bacco ad età sempre minore. Giovani che nonostante tutto sembrano incuranti delle ripercussioni che la si-

L’attenzione deve rimanere altissima; le campagne anti-fumo devono sempre più cercare di prevenerire l’approccio al tabagismo così da evitare di dover in-tervenire, poi, per aiutare un “fumatore incallito”.

Li usiamo tutti i giorni, sono necessari, sono utili, fondamentali per il processo di acquisto e quindi per sostenere l’economia anzi, essi stessi sono un econo-mia.... ma contemporaneamente sono tra i maggiori elementi inquinanti che utilizziamo quotidianamente in quantitativi smisurati.Secondo uno studio dell’ONU i sacchetti di materia-le plastico producono danni gravi all’ambiente: ogni anno uccidono 100.000 mammiferi marini e ne feri-scono un numero incalcolato danneggiando l’agricol-tura e la pesca. Essi hanno una vita brevissima, ma per la produzione sono necessari enormi quantitativi di petrolio (per produrne 200 mila tonnellate vengono bruciate 430 mila tonnellate di petrolio) e di altre so-stanze chimiche necessarie al processo di trasforma-

zione, oltre alle energie consumate per la lavorazione.

miliardi di sacchetti consumati annualmente in Euro-pa vengono importati per la maggioranza da paesi asiatici come Cina, Thailandia e Malesia (che oltre ad intaccare le economie nazionali, rappresentano un danno/pericolo in termini di mancato rispetto delle

-topagato...ecc.ecc) e che il 28% di questi sacchetti

anni (a seconda del tipo di plastica utilizzato - 200 -

nitivamente, distrutti dai raggi ultravioletti e dal calo-re o eliminati dal tempo e dagli agenti atmosferici (in

Nella terra dei canguri le bottigliette PET per l’acqua sono state bandite. In Italia, invece, si possono rici-clare e ricevere “bonus” da spendere al proprio su-permercato.

sacchetti di plastica, sebbene alcuni “furbetti” cerchi-no di vendere come biodegradabili buste che biode-gradabili non sono.L’Università di Canberra, in Australia, ha proibito inve-ce la vendita di acqua in bottiglia.Al suo posto, ci saranno distributori di acqua refrige-rata, liscia o gassata a prezzi inferiori rispetto a quella imbottigliata. In questo modo, oltre a salvaguardare l’ambiente, gli studenti potranno risparmiare qualche soldo.

Questa iniziativa, lanciata dal gruppo ambientalista “Do Something!” ha creato quindi un precedente che si spera diventi un modello per il resto del Paese. E in Italia? Nel nostro Paese non è ancora stato as-sunto nessun impegno di questo tipo, anche se c’è una certa attenzione ai tappi delle bottiglie di cui spesso si fa la raccolta per obiettivi diversi (dall’ac-quisto di carrozzine per i disabili a quello di macchine per la dialisi….) in quanto sono fatti di una plastica più pregiata che viene pagata al momento della sua raccolta/consegna nei centri di smaltimento.

Australia: bando alle bottigliette! In Italia, invece sconti se ricicli!

L’eolico è una tecnologia in grado di trasformare l’e-nergia cinetica del vento in energia elettrica. Il suo prin-cipio di funzionamento è tra i più antichi del mondo. Il vento è una delle principali fonti rinnovabili di energia, basti pensare ai mulini a vento o alla navigazione con imbarcazioni a vela. È però errato pensare che l’eolico

-no tipologie molto variegate di aerogeneratori. Alcuni

metri circa di altezza. Ve ne sono alcuni in commercio con potenze superiori ai 2-3 MW. Le stesse pale eo-liche possono essere molto lunghe, anche 40 metri. I moderni mulini a vento sono anche conosciuti con il nome comune di ‘pale eoliche’, le quali sono tuttavia soltanto una parte del sistema. Il nome più corretto è

EOLICO...TRA MILLE DUBBI E SCARSE INFORMAZIONI

quello di aerogeneratore. Una serie di aerogeneratori compone un impianto eolico o una Wind Farm.

“...Dalla canna al serbatoio: le nuove frontiere del biocar-burante... è migliore della canna da zucchero brasiliana... Recupera terreni marginali non utilizzati dall’agricoltura...” Queste le parole di alcuni quotidiani nazionali per an-nunciare i risultati eccezionali ottenuti da un gruppo di ricercatori piemontesi. Il loro lavoro potrebbe rivo-luzionare il mondo dei biocarburanti.La canna comune rappresenta il futuro dei biocarbu-ranti, in particolare dell’etanolo che può essere addi-zionato alla benzina. In Brasile l’etanolo ricavato dal-la canna da zucchero è una realtà da più di 30 anni: come impiantarla anche ai nostri climi, in modo da farla rendere? Invece di trasperire da noi una coltivazione estera, si è studiato (con successo) come ricavare biocarburan-te da una pianta tipica del nostro territorio.

Dalla canna la nuova benzina...

Trarre energia dalle biomasse consente d’eliminare gli scarti prodotti dalle attività agroforestali e contempo-raneamente produrre energia elettrica, riducendo la dipendenza dalle fonti di natura fossile come il pe-trolio.Energia pulita a tutti gli effetti.La combustione delle biomasse libera nell’ambiente la quantità di carbonio assimilata dalle piante durante la loro crescita e una quantità di zolfo e di ossidi di azoto nettamente in-feriore a quella rilasciata dai combustibili fossili. Le opere di riforestazione in zone semidesertiche per-mettono di recuperare terreni altrimenti abbandonati da destinare alla produzione di biomasse e indiretta-mente migliorare la qualità dell’aria che respiriamo.

ENERGIA PULITA A TUTTI GLI EFFETTIScoperto il pannello che funziona di notte a infrarossi. Boom solare in Italia: la nuova potenza fotovoltaica installata l’anno scorso sarebbe pari a 1.850 MW, con un incremento del 160% rispetto alla potenza entrata in esercizio nell’anno precedente (711 MW). La po-tenza complessiva degli impianti installati, se pure non ancora tutti collegati alla rete elettrica, potreb-

impianti. Già nel 2011 potrebbe essere già raggiunto il target di 8.000 MW previsto per il 2020. Intanto la ricerca non si ferma e propone soluzioni sostenibili sempre più interessanti. L’ultima scoperta è un pan-nello solare... che è attivo di notte!

Sia luce! E luce fu!-

ca e la canzone “Kick the plastic state of mind” sulle note di “Empire State of Minds” di Alicia Keys. Dall’Inghilterra arriva l’ultima novità in fatto di video e musica: un rap tutto dedicato all’agricoltura biologi-ca! Gli artisti Yeo Boyz e Lil’ Massey, a seguito di una

-ganic, hanno realizzato un video in cui mostrano che l’essere contadini non ha più nulla di obsoleto o poco trendy…Ebbene sì, l’ambientalismo è cambiato, non è più fatto di calzettoni e zappa, ma di giovani per i qua-li sinceramente il sudore del lavoro agricolo sembra davvero lontano ma che hanno comunque conquista-to il pubblico, tanto che la canzone “rurale” è super cliccata su Youtube e talmente richiesta che iTunes l’ha dovuto inserire nelle proprie suonerie scaricabili.

RAP BIOLOGICO

NOTIZIEIN LIBERTÀ

NOTIZIEIN LIBERTÀ

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Articolo di Illustrazioni a cura di Renata Lansecchi

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Articolo di Illustrazioni a cura di Renata Lansecchi

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riciclo complessivo in Italia riciclo nord Italia riciclo centro-sud Italia

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25.137

56.264

17.117

1.557

924

140.189

5.minuti

cartaDal punto di vista economico, il riciclaggio e’ sicuramente

meno costoso che l’incenerimento. Infatti, il costo dell’ince-nerimento di una tonnellata di rifiuti varia, a valle dei costi

di raccolta e secondo l’impianto, tra 96 e 192 euro/tonnellata, mentre il trattamento della carta straccia costa tra 64 e 96

euro/tonnellata (fonte: UFAFP, Ufficio Federale (svizzero) dell’Ambiente, delle Foreste e del Paesaggio)

.e’ ovvio che la carta riciclata non produce un pari peso di carta “nuova” (sicche’ per fare una tonnellata di carta

nuova ci vuole normalmente - e comunque in misura variabile a seconda degli impianti e del prodotto fabbricato - anche una certa percentuale di cellulosa fresca, proveniente da alberi), e che il procedimento ha i propri costi - economici,

energetici e di inquinamento. Tuttavia: la fonte indicata sopra sostiene, ad esempio, che nelle fabbriche che producono carta

per giornali da carta da giornali riciclata non si usa piu’ cellulosa proveniente da alberi.

il costo della materia prima riciclata e’ notevolmente piu’ basso di quello della pasta di legno, i relativi scarti possono essere utilizzati come combustibile cogeneratore del vapore

necessario al processo di fabbricazione.

Dopo due anni di ricer-che, nel dicembre del 1798, il francese Louis-

Nicolas Robert depositò un brevetto di una macchina per fare una carta lunghissima. Il brevetto fu acquistato da Di-dot Saint-Léger, proprietario della cartiera di Essonnes, con la promessa di una grossa somma prelevata dagli utili. Di-dot fece invece perfezionare il progetto dal cognato, tal Gam-ble, il quale a sua volta fuggì in Inghilterra, dove depositò il brevetto. Perfezionata ulte-riormente nel 1803, la nuova macchina diede il via alla pro-duzione industriale della carta.Durante la prima metà del XIX secolo i continui miglioramen-ti ridussero sempre più i costi di produzione, ma la limitata offerta della materia prima, gli stracci, impose la ricerca di nuove fonti. La sola introdu-zione della macchina a vapore raddoppiò la produzione nel

decennio 1850-1860. Furono fatti tentativi con l’ortica, la felce, il luppolo e il mais, ma nessuno dei surrogati riuscì a competere in qualità e costi con gli stracci.Nel 1844 un tessitore di Heini-cken, in Sassonia, di nome Fe-derico Gottlob Keller[7], depo-sitò un brevetto per una pasta preparata dal legno. Il tedesco Heinrich Voelter nel 1846 lo migliorò con l’invenzione di un

costituito da una grossa mola in gres che sminuzza il legno. Il prodotto ottenuto era me-diocre ma adatto ad un utilizzo nascente: la stampa periodica.

dopo il 1860 quando ad esso -

mento: quello chimico. I primi trattamenti furono con soda e potassa a caldo, seguiti da sbianca con cloro. Emicellulo-sa e lignina si sciolgono, men-tre la cellulosa rimane intatta.

Soda e potassa vennero pre-

opera in ambiente acido.Dal 1880 un nuovo procedi-mento al solfato permise di ottenere una carta molto ro-busta chiamata carta Kraft che rivoluzionerà il mondo dell’im-ballaggio.La carta offrì la possibilità di scrivere documenti persona-li e corrispondenza, non più come lusso riservato a pochi. La stessa classe impiegatizia può essere considerata nata dalla rivoluzione della carta così come dalla rivoluzione in-dustriale.Con la contemporanea inven-

della produzione di massa di matite, del processo di stampa rotativa, la carta ha avuto un peso notevole nell’economia e nella società dei paesi indu-strializzati.In sintesi il processo di fabbri-cazione consiste in vari stadi che portano alla formazione della carta a partire dal legno. I principali stadi sono:

-polamento (pulping)Sbiancamento (bleaching)Formazione del foglio e pres-satura

Essiccamento.Il legno è formato indicativa-mente da:Cellulosa (circa 45%)Emicellulosa (circa 30%)Lignina (circa 20%)Estraibili vari: terpeni, resine, acidi grassi (circa 5%).Cellulosa ed emicellulosa co-

che le tiene unite. Agli albori dell’industria cartaria si crea-vano i fogli manualmente, poi furono sviluppate macchine per la produzione in continuo della carta.

In Cina la tecnologia di fab-

bricazione della carta da cor-

teccia, stracci e reti da pesca

fu descritta per la prima volta

corte Ts’ai Lun. Nel 1986 a

Dunhuang (Gansu), scavi arche-

ologici in una tomba della prima

metà del II secolo a.C. portano

tracciata una mappa. Questo

ritrovamento lascia supporre

che la carta fosse già nota in

quell’epoca, retrodatando così

le prime fabbricazioni di circa

due secoli.[2] La diffusione della

tecnica al di fuori del paese fu

lenta; altri popoli avevano visto

la carta ma non riuscivano a

capire come venisse prodotta,

e i cinesi erano riluttanti a diffon-

derne il segreto.

Secondo la tradizione, la carta

fu prodotta per la prima volta

nel 105 da Ts’ai Lun, un eunuco

della corte cinese han dell’impe-

ratore Ho Ti. Il materiale usato

era probabilmente la corteccia

dell’albero del gelso da carta

(Brussonetia papyrifera), op-

in uno stampo di bastoncini di

bambù. La più antica carta co-

nosciuta di cui ci sia pervenuto

un campione fu fabbricata con

stracci intorno al 150. Per altri

cinquecento anni circa, l’arte

della fabbricazione della carta fu

introdotta in Giappone e, intor-

no al 750, nell’Asia centrale.

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riciclo complessivo in Italia riciclo nord Italia riciclo centro-sud Italia

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56.264

17.117

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cartaDal punto di vista economico, il riciclaggio e’ sicuramente

meno costoso che l’incenerimento. Infatti, il costo dell’ince-nerimento di una tonnellata di rifiuti varia, a valle dei costi

di raccolta e secondo l’impianto, tra 96 e 192 euro/tonnellata, mentre il trattamento della carta straccia costa tra 64 e 96

euro/tonnellata (fonte: UFAFP, Ufficio Federale (svizzero) dell’Ambiente, delle Foreste e del Paesaggio)

.e’ ovvio che la carta riciclata non produce un pari peso di carta “nuova” (sicche’ per fare una tonnellata di carta

nuova ci vuole normalmente - e comunque in misura variabile a seconda degli impianti e del prodotto fabbricato - anche una certa percentuale di cellulosa fresca, proveniente da alberi), e che il procedimento ha i propri costi - economici,

energetici e di inquinamento. Tuttavia: la fonte indicata sopra sostiene, ad esempio, che nelle fabbriche che producono carta

per giornali da carta da giornali riciclata non si usa piu’ cellulosa proveniente da alberi.

il costo della materia prima riciclata e’ notevolmente piu’ basso di quello della pasta di legno, i relativi scarti possono essere utilizzati come combustibile cogeneratore del vapore

necessario al processo di fabbricazione.

Dopo due anni di ricer-che, nel dicembre del 1798, il francese Louis-

Nicolas Robert depositò un brevetto di una macchina per fare una carta lunghissima. Il brevetto fu acquistato da Di-dot Saint-Léger, proprietario della cartiera di Essonnes, con la promessa di una grossa somma prelevata dagli utili. Di-dot fece invece perfezionare il progetto dal cognato, tal Gam-ble, il quale a sua volta fuggì in Inghilterra, dove depositò il brevetto. Perfezionata ulte-riormente nel 1803, la nuova macchina diede il via alla pro-duzione industriale della carta.Durante la prima metà del XIX secolo i continui miglioramen-ti ridussero sempre più i costi di produzione, ma la limitata offerta della materia prima, gli stracci, impose la ricerca di nuove fonti. La sola introdu-zione della macchina a vapore raddoppiò la produzione nel

decennio 1850-1860. Furono fatti tentativi con l’ortica, la felce, il luppolo e il mais, ma nessuno dei surrogati riuscì a competere in qualità e costi con gli stracci.Nel 1844 un tessitore di Heini-cken, in Sassonia, di nome Fe-derico Gottlob Keller[7], depo-sitò un brevetto per una pasta preparata dal legno. Il tedesco Heinrich Voelter nel 1846 lo migliorò con l’invenzione di un

costituito da una grossa mola in gres che sminuzza il legno. Il prodotto ottenuto era me-diocre ma adatto ad un utilizzo nascente: la stampa periodica.

dopo il 1860 quando ad esso -

mento: quello chimico. I primi trattamenti furono con soda e potassa a caldo, seguiti da sbianca con cloro. Emicellulo-sa e lignina si sciolgono, men-tre la cellulosa rimane intatta.

Soda e potassa vennero pre-

opera in ambiente acido.Dal 1880 un nuovo procedi-mento al solfato permise di ottenere una carta molto ro-busta chiamata carta Kraft che rivoluzionerà il mondo dell’im-ballaggio.La carta offrì la possibilità di scrivere documenti persona-li e corrispondenza, non più come lusso riservato a pochi. La stessa classe impiegatizia può essere considerata nata dalla rivoluzione della carta così come dalla rivoluzione in-dustriale.Con la contemporanea inven-

della produzione di massa di matite, del processo di stampa rotativa, la carta ha avuto un peso notevole nell’economia e nella società dei paesi indu-strializzati.In sintesi il processo di fabbri-cazione consiste in vari stadi che portano alla formazione della carta a partire dal legno. I principali stadi sono:

-polamento (pulping)Sbiancamento (bleaching)Formazione del foglio e pres-satura

Essiccamento.Il legno è formato indicativa-mente da:Cellulosa (circa 45%)Emicellulosa (circa 30%)Lignina (circa 20%)Estraibili vari: terpeni, resine, acidi grassi (circa 5%).Cellulosa ed emicellulosa co-

che le tiene unite. Agli albori dell’industria cartaria si crea-vano i fogli manualmente, poi furono sviluppate macchine per la produzione in continuo della carta.

In Cina la tecnologia di fab-

bricazione della carta da cor-

teccia, stracci e reti da pesca

fu descritta per la prima volta

corte Ts’ai Lun. Nel 1986 a

Dunhuang (Gansu), scavi arche-

ologici in una tomba della prima

metà del II secolo a.C. portano

tracciata una mappa. Questo

ritrovamento lascia supporre

che la carta fosse già nota in

quell’epoca, retrodatando così

le prime fabbricazioni di circa

due secoli.[2] La diffusione della

tecnica al di fuori del paese fu

lenta; altri popoli avevano visto

la carta ma non riuscivano a

capire come venisse prodotta,

e i cinesi erano riluttanti a diffon-

derne il segreto.

Secondo la tradizione, la carta

fu prodotta per la prima volta

nel 105 da Ts’ai Lun, un eunuco

della corte cinese han dell’impe-

ratore Ho Ti. Il materiale usato

era probabilmente la corteccia

dell’albero del gelso da carta

(Brussonetia papyrifera), op-

in uno stampo di bastoncini di

bambù. La più antica carta co-

nosciuta di cui ci sia pervenuto

un campione fu fabbricata con

stracci intorno al 150. Per altri

cinquecento anni circa, l’arte

della fabbricazione della carta fu

introdotta in Giappone e, intor-

no al 750, nell’Asia centrale.

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riciclo complessivo in Italia riciclo nord Italia riciclo centro-sud Italia

plasticaSono dette materie plastiche ,quei materiali artificiali con

struttura macromolecolare che in determinate condizioni di temperatura e pressione subiscono variazioni permanenti di

forma. Si dividono in termoplastici, termoindurenti ed elasto-meri. Le gomme, pur avendo chimicamente e tecnologicamente

molti aspetti in comune con le materie plastiche, non sono normalmente considerate tali.

Termoplastiche: sono dette termoplastiche quelle materie

sotto l’azione del calore.In questa fase possono essere modellate o formate in oggetti finiti e quindi per raffreddamento tornano ad essere rigide.

Termoindurenti: sono un gruppo di materie plastiche che, dopo una fase iniziale di rammollimento dovute al riscaldamento,

induriscono per effetto di reticolazione tridimensionale; nella fase di rammollimento per effetto combinato di calore e pressione risultano formabili. Se questi materiali vengono

ma si decompongono carbonizzandosi.

La plastica, intesa come nome generico di un gruppo di materie poli-

meriche, è uno dei materiali più comuni, ma anche più in-

tra quelli che si ritrovano nei

Le materie plastiche, infat-ti, non sono biodegradabili e possono resistere anche per centinaia di anni all’azione de-gli agenti atmosferici; molte di esse, inoltre, se incenerite ge-nerano sostanze estremamen-te tossiche, come la diossina. Per questo motivo il metodo

-gio, che però è possibile solo per alcuni tipi di plastica, e in ogni caso comporta costi e risultati variabili a seconda del materiale utilizzato.Le tipologie di plastica rici-clabile grazie alla raccolta dif-ferenziata sono 7, ciascuna

-tato anche sulla confezione del prodotto o dell’oggetto: PET, HDPE, PVC, LDPE, PP (poli-propilene), PS (polistirene) e

altri. I primi due tipi sono quelli più facilmente riciclabili e pro-prio per questo vengono utiliz-zati per la produzione di imbal-laggi per prodotti alimentari di largo consumo. In particolare, il PET (polietilene tereftalato) è il materiale comunemente utilizzato per le bottiglie di pla-stica e può essere riciclato con due metodi: quello meccanico è più economico, ma non per-mette di riutilizzare il materia-le per usi alimentari, mentre quello chimico è in grado di riportare i polimeri allo stato originale, scomponendoli in una serie di materie prime che possono successivamente es-sere usate per la produzione di nuovo PET.Questo secondo metodo è ap-plicabile anche al PVC ma, dati i suoi costi elevati, può essere preso in considerazione solo per grandi quantità di materia-le da riciclare.In generale, quello economico è il problema più rilevante nel riciclaggio della plastica: per alcuni materiali, specialmente quelli che si induriscono con il

calore (termoindurenti), il pro-cesso di lavorazione può avere un costo molto superiore alla produzione di nuova plastica. Esistono poi alcune materie plastiche, come il polipropile-ne, che possono essere rici-clate solo per un certo numero di volte (tipicamente 3 nel caso del PP) prima di diventare inu-tilizzabili.Le diversità nel trattamento tra i vari tipi di materiale plastico comportano la necessità di una rigida divisione delle ma-terie da riciclare, da effettuarsi in genere già nella fase della raccolta differenziata.Ad esempio, il polietilene o PVC, utilizzato per produrre i tappi delle bottiglie (oltre che componente principale dei sacchetti di plastica), dovreb-be essere separato dal PET, di cui sono composte le bottiglie stesse.Negli ultimi anni sono stati tut-tavia introdotti alcuni metodi

a seconda della materia di cui sono formati, per mezzo di detector elettronici a raggi X oppure di sistemi idraulici che distinguono i materiali in base alla loro densità.In generale, i tipi di plasti-ca riciclabile sono elencati sommariamente su raccolta-differenziata.com a queste pagine: Cosa si può riciclare e Regole e consigli per conferire

-scrizione più dettagliata la fa-remo in seguito, appena preso contatto con alcune aziende di smaltimento per fare un raf-fronto sui tipi di plastica effetti-vamente smaltibili.

Sviluppo storico

Di seguito vengono riportate alcune tappe dello sviluppo delle materie plastiche.

1855: il chimico Audemars pro-

duce in laboratorio il rayon

1860: lo statunitense John We-

sley Hyatt scopre la celluloide

1909: Leo Hendrik Baekeland

produce la bachelite

1920: il chimico tedesco Her-

mann Staudinger ipotizza la

struttura macromolecolare delle

materie plastiche

1926: Waldo Semon introduce

-

tesi del polivinilcloruro (PVC)

1928: viene sviluppato il polime-

tilmetacrilato (PMMA)

1935: Wallace Hume Carothers

della DuPont sintetizza il nylon

1937: vengono messe in com-

mercio le resine polistireniche

1938: viene sintetizzato il polite-

1941: viene prodotta la prima

1941: viene sintetizzato il poliu-

retano da William Hanford

1953: il chimico tedesco Karl

Ziegler sintetizza il polietilene

1954: il chimico italiano Giulio

Natta produce il polipropilene

isotattico (commercializzato con

il nome Moplen)

1963: Ziegler e Natta ottengono

il premio Nobel per la chimica

come riconoscimento dei loro

studi sui polimeri

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riciclo complessivo in Italia riciclo nord Italia riciclo centro-sud Italia

plasticaSono dette materie plastiche ,quei materiali artificiali con

struttura macromolecolare che in determinate condizioni di temperatura e pressione subiscono variazioni permanenti di

forma. Si dividono in termoplastici, termoindurenti ed elasto-meri. Le gomme, pur avendo chimicamente e tecnologicamente

molti aspetti in comune con le materie plastiche, non sono normalmente considerate tali.

Termoplastiche: sono dette termoplastiche quelle materie

sotto l’azione del calore.In questa fase possono essere modellate o formate in oggetti finiti e quindi per raffreddamento tornano ad essere rigide.

Termoindurenti: sono un gruppo di materie plastiche che, dopo una fase iniziale di rammollimento dovute al riscaldamento,

induriscono per effetto di reticolazione tridimensionale; nella fase di rammollimento per effetto combinato di calore e pressione risultano formabili. Se questi materiali vengono

ma si decompongono carbonizzandosi.

La plastica, intesa come nome generico di un gruppo di materie poli-

meriche, è uno dei materiali più comuni, ma anche più in-

tra quelli che si ritrovano nei

Le materie plastiche, infat-ti, non sono biodegradabili e possono resistere anche per centinaia di anni all’azione de-gli agenti atmosferici; molte di esse, inoltre, se incenerite ge-nerano sostanze estremamen-te tossiche, come la diossina. Per questo motivo il metodo

-gio, che però è possibile solo per alcuni tipi di plastica, e in ogni caso comporta costi e risultati variabili a seconda del materiale utilizzato.Le tipologie di plastica rici-clabile grazie alla raccolta dif-ferenziata sono 7, ciascuna

-tato anche sulla confezione del prodotto o dell’oggetto: PET, HDPE, PVC, LDPE, PP (poli-propilene), PS (polistirene) e

altri. I primi due tipi sono quelli più facilmente riciclabili e pro-prio per questo vengono utiliz-zati per la produzione di imbal-laggi per prodotti alimentari di largo consumo. In particolare, il PET (polietilene tereftalato) è il materiale comunemente utilizzato per le bottiglie di pla-stica e può essere riciclato con due metodi: quello meccanico è più economico, ma non per-mette di riutilizzare il materia-le per usi alimentari, mentre quello chimico è in grado di riportare i polimeri allo stato originale, scomponendoli in una serie di materie prime che possono successivamente es-sere usate per la produzione di nuovo PET.Questo secondo metodo è ap-plicabile anche al PVC ma, dati i suoi costi elevati, può essere preso in considerazione solo per grandi quantità di materia-le da riciclare.In generale, quello economico è il problema più rilevante nel riciclaggio della plastica: per alcuni materiali, specialmente quelli che si induriscono con il

calore (termoindurenti), il pro-cesso di lavorazione può avere un costo molto superiore alla produzione di nuova plastica. Esistono poi alcune materie plastiche, come il polipropile-ne, che possono essere rici-clate solo per un certo numero di volte (tipicamente 3 nel caso del PP) prima di diventare inu-tilizzabili.Le diversità nel trattamento tra i vari tipi di materiale plastico comportano la necessità di una rigida divisione delle ma-terie da riciclare, da effettuarsi in genere già nella fase della raccolta differenziata.Ad esempio, il polietilene o PVC, utilizzato per produrre i tappi delle bottiglie (oltre che componente principale dei sacchetti di plastica), dovreb-be essere separato dal PET, di cui sono composte le bottiglie stesse.Negli ultimi anni sono stati tut-tavia introdotti alcuni metodi

a seconda della materia di cui sono formati, per mezzo di detector elettronici a raggi X oppure di sistemi idraulici che distinguono i materiali in base alla loro densità.In generale, i tipi di plasti-ca riciclabile sono elencati sommariamente su raccolta-differenziata.com a queste pagine: Cosa si può riciclare e Regole e consigli per conferire

-scrizione più dettagliata la fa-remo in seguito, appena preso contatto con alcune aziende di smaltimento per fare un raf-fronto sui tipi di plastica effetti-vamente smaltibili.

Sviluppo storico

Di seguito vengono riportate alcune tappe dello sviluppo delle materie plastiche.

1855: il chimico Audemars pro-

duce in laboratorio il rayon

1860: lo statunitense John We-

sley Hyatt scopre la celluloide

1909: Leo Hendrik Baekeland

produce la bachelite

1920: il chimico tedesco Her-

mann Staudinger ipotizza la

struttura macromolecolare delle

materie plastiche

1926: Waldo Semon introduce

-

tesi del polivinilcloruro (PVC)

1928: viene sviluppato il polime-

tilmetacrilato (PMMA)

1935: Wallace Hume Carothers

della DuPont sintetizza il nylon

1937: vengono messe in com-

mercio le resine polistireniche

1938: viene sintetizzato il polite-

1941: viene prodotta la prima

1941: viene sintetizzato il poliu-

retano da William Hanford

1953: il chimico tedesco Karl

Ziegler sintetizza il polietilene

1954: il chimico italiano Giulio

Natta produce il polipropilene

isotattico (commercializzato con

il nome Moplen)

1963: Ziegler e Natta ottengono

il premio Nobel per la chimica

come riconoscimento dei loro

studi sui polimeri

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riciclo complessivo in Italia riciclo nord Italia riciclo centro-sud Italia

PET polietilentereftalato

PE (HDPE) Polietilene alta densità

PVC Cloruro di polivinile

PE (LDPE) Polietilene a bassa intensità

PP Polipropilene

PS Polistirolo

Tutte le altre resine

vetroSecondo Plinio il Vecchio

(nel suo trattato Natu-ralis Historia), il primo

utilizzo del vetro risale al III mil-lennio a.C. in Fenicia. Nel 2000 a.C. il vetro veniva impiegato in Egitto per produrre stoviglie, altri utensili e monili (detti perle di vetro). Intorno al 1000-500 a.C. risalgono piccoli vasi in vetro ritrovati in India e Cina.Nella metà del I secolo a.C. cir-ca fu sviluppata la tecnica del

che oggetti prima rari e costosi divenissero molto più comu-ni. Durante l’Impero Romano il vetro fu plasmato in molte forme, principalmente vasi e bottiglie. I primi vetri erano di colore verde a causa della pre-senza di impurità di ferro nella sabbia utilizzata.Nel V-VII secolo d.C. si svilup-pa l’uso del mosaico in vetro nell’arte bizantina. Oggetti in vetro risalenti ai secoli VII e VIII

sono stati rinvenuti sull’isola di Torcello, vicino a Venezia.Una svolta nella tecnica pro-duttiva si è avuta intorno all’anno 1000, quando nel nord Europa la soda fu sosti-tuita con la potassa, più facil-mente ottenibile dalla cenere di legno. Da questo momento i vetri del nord differirono signi-

-ri dell’area mediterranea, dove si è mantenuto l’impiego della soda.L’XI secolo vide l’emergere, in Germania, di una nuova tecni-ca per la produzione di lastre

le sfere in cilindri, tagliando questi ancora caldi e appiat-tendoli quindi in fogli. Questa tecnica fu poi perfezionata nel XIII secolo a Venezia (centro di produzione vetraria del XIV se-colo), dove furono sviluppate

commercio di stoviglie, spec-

chi ed altri oggetti di lusso. Alcuni vetrai veneziani si spo-starono in altre aree d’Europa diffondendo così l’industria del vetro. Fino al XII secolo il ve-tro drogato (cioè con impurità coloranti come metalli) non fu impiegato.Nel 1271 lo statuto chiamato Capitolare di Venezia tutelava la manifattura del vetro vene-ziano, proibendo che venisse-ro importati vetri dall’estero e negando ai vetrai stranieri la possibilità di operare a Vene-zia. Nel 1291 viene decretato il trasferimento delle vetrerie da Venezia all’isola di Murano, in

incendi.-

colo, si fa risalire l’invenzione degli occhiali con lenti in vetro quando i “cristalleri” della Se-renissima, per le lenti da vista, iniziarono a sostituire il berillo,

vetro. Al 1369 risale la produ-zione di specchi a Murano.Nel 1450 Angelo Barovier in-venta il “cristallo” a Murano, ottenendolo a partire dal vetro con l’aggiunta di sodio e man-ganese. Manifattura artigianale del vetro.Il processo di produzione Crown fu impiegato a partire

al XIX secolo. In questo pro-

circa 4 kg di massa vetrosa fusa all’estremità di una barra

di circa 1,5 metri di diametro. Il disco viene quindi tagliato in lastre. Nel XVII-XVIII secolo na-sce il cristallo di Boemia.Il vetro veneziano ebbe un co-sto elevato tra i secoli X e XIV,

-rono a mantenere segreta la tecnica.

Se il vetro è desing

La Coca-Cola è famosa per

i particolari contenitori che la

rendono facilmente distinguibi-

le rispetto alle altre confezioni

di bevande analcoliche; in par-

ticolare, le frequenti variazioni

promozionali nella decorazione

delle lattine in presenza di even-

ti, quali il Natale o eventi spon-

sorizzati dalla bevanda, hanno

reso queste ultime oggetto di

collezionismo. Le bottiglie con-

tour, comparse nel 1916, hanno

una forma particolare con mar-

chio registrato, probabilmente

ispirata alle curve anatomiche

dell’attrice Mae West che indos-

sava il particolare abito aderente

detto hobble skirt.

Il design del prototipo è stato

ideato nel 1915 da Earl R. Dean,

della Root Glass Company di

Terre Haute, Indiana, che po-

trebbero essersi ispirati alla for-

ma di un baccello di cacao.

Il prototipo venne scartato per-

ché inadatto alle macchine im-

bottigliatrici; tuttavia ispirò le for-

entrò in produzione nel 1916.

32

Da un punto di vista chimico, il termine vetro si riferisce a materiali che sono ottenuti tramite la solidificazione di un liquido non accompagnata da cristallizzazione. I vetri sono quindi solidi amorfi, assimilabili a liquidi sottoraffreddati

attriti interni che ne mantengono inalteratala forma per un tempo lunghissimo.

In linea teorica, i vetri potrebbero essere ottenuti a partire da qualunque liquido, attraverso un rapido raffreddamento,

per cui le strutture cristalline non hanno il tempo di formar-

Alcuni di questi materiali sono: l’ossido di silicio (SiO2), il diossido di germanio (GeO2), l’anidride borica (B2O3), l’anidri-

de fosforica (P2O5) e l’anidride arsenica (As2O5).

Nel linguaggio comune (e nella seguente trattazione), il ter-

solamente ai vetri costituiti prevalentemente da ossido.

33

riciclo complessivo in Italia riciclo nord Italia riciclo centro-sud Italia

PET polietilentereftalato

PE (HDPE) Polietilene alta densità

PVC Cloruro di polivinile

PE (LDPE) Polietilene a bassa intensità

PP Polipropilene

PS Polistirolo

Tutte le altre resine

vetroSecondo Plinio il Vecchio

(nel suo trattato Natu-ralis Historia), il primo

utilizzo del vetro risale al III mil-lennio a.C. in Fenicia. Nel 2000 a.C. il vetro veniva impiegato in Egitto per produrre stoviglie, altri utensili e monili (detti perle di vetro). Intorno al 1000-500 a.C. risalgono piccoli vasi in vetro ritrovati in India e Cina.Nella metà del I secolo a.C. cir-ca fu sviluppata la tecnica del

che oggetti prima rari e costosi divenissero molto più comu-ni. Durante l’Impero Romano il vetro fu plasmato in molte forme, principalmente vasi e bottiglie. I primi vetri erano di colore verde a causa della pre-senza di impurità di ferro nella sabbia utilizzata.Nel V-VII secolo d.C. si svilup-pa l’uso del mosaico in vetro nell’arte bizantina. Oggetti in vetro risalenti ai secoli VII e VIII

sono stati rinvenuti sull’isola di Torcello, vicino a Venezia.Una svolta nella tecnica pro-duttiva si è avuta intorno all’anno 1000, quando nel nord Europa la soda fu sosti-tuita con la potassa, più facil-mente ottenibile dalla cenere di legno. Da questo momento i vetri del nord differirono signi-

-ri dell’area mediterranea, dove si è mantenuto l’impiego della soda.L’XI secolo vide l’emergere, in Germania, di una nuova tecni-ca per la produzione di lastre

le sfere in cilindri, tagliando questi ancora caldi e appiat-tendoli quindi in fogli. Questa tecnica fu poi perfezionata nel XIII secolo a Venezia (centro di produzione vetraria del XIV se-colo), dove furono sviluppate

commercio di stoviglie, spec-

chi ed altri oggetti di lusso. Alcuni vetrai veneziani si spo-starono in altre aree d’Europa diffondendo così l’industria del vetro. Fino al XII secolo il ve-tro drogato (cioè con impurità coloranti come metalli) non fu impiegato.Nel 1271 lo statuto chiamato Capitolare di Venezia tutelava la manifattura del vetro vene-ziano, proibendo che venisse-ro importati vetri dall’estero e negando ai vetrai stranieri la possibilità di operare a Vene-zia. Nel 1291 viene decretato il trasferimento delle vetrerie da Venezia all’isola di Murano, in

incendi.-

colo, si fa risalire l’invenzione degli occhiali con lenti in vetro quando i “cristalleri” della Se-renissima, per le lenti da vista, iniziarono a sostituire il berillo,

vetro. Al 1369 risale la produ-zione di specchi a Murano.Nel 1450 Angelo Barovier in-venta il “cristallo” a Murano, ottenendolo a partire dal vetro con l’aggiunta di sodio e man-ganese. Manifattura artigianale del vetro.Il processo di produzione Crown fu impiegato a partire

al XIX secolo. In questo pro-

circa 4 kg di massa vetrosa fusa all’estremità di una barra

di circa 1,5 metri di diametro. Il disco viene quindi tagliato in lastre. Nel XVII-XVIII secolo na-sce il cristallo di Boemia.Il vetro veneziano ebbe un co-sto elevato tra i secoli X e XIV,

-rono a mantenere segreta la tecnica.

Se il vetro è desing

La Coca-Cola è famosa per

i particolari contenitori che la

rendono facilmente distinguibi-

le rispetto alle altre confezioni

di bevande analcoliche; in par-

ticolare, le frequenti variazioni

promozionali nella decorazione

delle lattine in presenza di even-

ti, quali il Natale o eventi spon-

sorizzati dalla bevanda, hanno

reso queste ultime oggetto di

collezionismo. Le bottiglie con-

tour, comparse nel 1916, hanno

una forma particolare con mar-

chio registrato, probabilmente

ispirata alle curve anatomiche

dell’attrice Mae West che indos-

sava il particolare abito aderente

detto hobble skirt.

Il design del prototipo è stato

ideato nel 1915 da Earl R. Dean,

della Root Glass Company di

Terre Haute, Indiana, che po-

trebbero essersi ispirati alla for-

ma di un baccello di cacao.

Il prototipo venne scartato per-

ché inadatto alle macchine im-

bottigliatrici; tuttavia ispirò le for-

entrò in produzione nel 1916.

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Da un punto di vista chimico, il termine vetro si riferisce a materiali che sono ottenuti tramite la solidificazione di un liquido non accompagnata da cristallizzazione. I vetri sono quindi solidi amorfi, assimilabili a liquidi sottoraffreddati

attriti interni che ne mantengono inalteratala forma per un tempo lunghissimo.

In linea teorica, i vetri potrebbero essere ottenuti a partire da qualunque liquido, attraverso un rapido raffreddamento,

per cui le strutture cristalline non hanno il tempo di formar-

Alcuni di questi materiali sono: l’ossido di silicio (SiO2), il diossido di germanio (GeO2), l’anidride borica (B2O3), l’anidri-

de fosforica (P2O5) e l’anidride arsenica (As2O5).

Nel linguaggio comune (e nella seguente trattazione), il ter-

solamente ai vetri costituiti prevalentemente da ossido.

37

Africaè mondoReportage di Jhon Mc Nam

In 40 anni 500 miliardi di dollari sono stati inviati in Africa sotto forma di aiuti. Solo nel 2010 in Africa sono arri-vati (da aiuti bilaterali) 29.3 miliardi di dollari di cui 26.5

nell’Africa Sub-Sahariana, il 6.4% in più rispetto al 2009. Che cosa ne è stato se ancora oggi il 72% della popola-zione dell’area vive con meno di 2 dollari al giorno? Che cosa ne è stato se la media dell’aspettativa di vita è 54

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Africaè mondoReportage di Jhon Mc Nam

In 40 anni 500 miliardi di dollari sono stati inviati in Africa sotto forma di aiuti. Solo nel 2010 in Africa sono arri-vati (da aiuti bilaterali) 29.3 miliardi di dollari di cui 26.5

nell’Africa Sub-Sahariana, il 6.4% in più rispetto al 2009. Che cosa ne è stato se ancora oggi il 72% della popola-zione dell’area vive con meno di 2 dollari al giorno? Che cosa ne è stato se la media dell’aspettativa di vita è 54

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anni? E se l’Africa rimane uno dei continenti più poveri (sebbene il più ricco di risorse) e la malnutrizione, le

uscire da una condizione a volte disperata?

Se ancora oggi nella lista elaborata dalla World Bank tra i 44 Paesi compresi nell’elenco di quelli a più bas-so Indice di sviluppo umano solo 7 non fanno par-te dell’Africa Sub-Sahariana, allora vuol dire che c’è qualcosa che non ha funzionato. E che continua a non funzionare.

La domanda se la sono posta al 4th High Level Forum on Aid Effectiveness che quest’anno si è svolto in Co-rea. È ben chiaro ormai che il raggiungimento degli 8 Obiettivi del Millennio non saranno rispettati. Almeno

non entro il 2015, data limite che i 191 Stati mem-bri dell’ONU si erano dati nel 2000, per concertare e mettere in atto azioni tese a: eliminare fame e povertà, assicurare l’istruzione primaria universale, promuo-vere la parità dei sessi, ridurre la mortalità infantile, migliorare la salute materna, combattere l’HIV/AIDS, la malaria e altre malattie, garantire la sostenibilità ambientale, sviluppare un partenariato mondiale per lo sviluppo. Certo, darsi una scadenza certa e degli obiettivi precisi è servito a controllarne gli sviluppi e a spingere all’attuazione di programmi concreti. Ma non è bastato.

Già l’Accra Agenda for Action seguita all’incontro del 2008, aveva insistito sulla necessità di “prendere provvedimenti coraggiosi per riformare le modalità di

aiuto e di attuazione della spesa”. “I Paesi in via di

impegnati ad assumersi la responsabilità del proprio futuro, i donatori a coordinarsi meglio tra di loro ed entrambi a rendere conto gli uni agli altri e ai citta-dini”. Prima ancora c’era stata la Dichiarazione di Parigi (2005) e proprio per dare la misura di quanto fatto nell’arco degli ultimi 5 anni è stata pubblicata un’analisi comprensiva di dati e crifre. Nella stessa si ammette: “I risultati sono preoccupanti. A livello glo-

– coordinamento della cooperazione tecnica (misura voluta per far sì che i donatori coordinassero i loro

A sinistra la cantante Skin durante un esibizione.A destra Bi Kidude, la più famosa voce africana.

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anni? E se l’Africa rimane uno dei continenti più poveri (sebbene il più ricco di risorse) e la malnutrizione, le

uscire da una condizione a volte disperata?

Se ancora oggi nella lista elaborata dalla World Bank tra i 44 Paesi compresi nell’elenco di quelli a più bas-so Indice di sviluppo umano solo 7 non fanno par-te dell’Africa Sub-Sahariana, allora vuol dire che c’è qualcosa che non ha funzionato. E che continua a non funzionare.

La domanda se la sono posta al 4th High Level Forum on Aid Effectiveness che quest’anno si è svolto in Co-rea. È ben chiaro ormai che il raggiungimento degli 8 Obiettivi del Millennio non saranno rispettati. Almeno

non entro il 2015, data limite che i 191 Stati mem-bri dell’ONU si erano dati nel 2000, per concertare e mettere in atto azioni tese a: eliminare fame e povertà, assicurare l’istruzione primaria universale, promuo-vere la parità dei sessi, ridurre la mortalità infantile, migliorare la salute materna, combattere l’HIV/AIDS, la malaria e altre malattie, garantire la sostenibilità ambientale, sviluppare un partenariato mondiale per lo sviluppo. Certo, darsi una scadenza certa e degli obiettivi precisi è servito a controllarne gli sviluppi e a spingere all’attuazione di programmi concreti. Ma non è bastato.

Già l’Accra Agenda for Action seguita all’incontro del 2008, aveva insistito sulla necessità di “prendere provvedimenti coraggiosi per riformare le modalità di

aiuto e di attuazione della spesa”. “I Paesi in via di

impegnati ad assumersi la responsabilità del proprio futuro, i donatori a coordinarsi meglio tra di loro ed entrambi a rendere conto gli uni agli altri e ai citta-dini”. Prima ancora c’era stata la Dichiarazione di Parigi (2005) e proprio per dare la misura di quanto fatto nell’arco degli ultimi 5 anni è stata pubblicata un’analisi comprensiva di dati e crifre. Nella stessa si ammette: “I risultati sono preoccupanti. A livello glo-

– coordinamento della cooperazione tecnica (misura voluta per far sì che i donatori coordinassero i loro

A sinistra la cantante Skin durante un esibizione.A destra Bi Kidude, la più famosa voce africana.

38 39

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40 41

sforzi per sostenere la capacità di raggiungimento degli obiettivi di sviluppo) – è stato raggiunto. Tuttavia è importante notare che notevoli progressi sono stati fatti per il raggiungimento degli altri obiettivi”. (Qui, il Report completo).Per l’Africa Sub-Sahariana dunque, i temi chiave in-dividuati per incrementare lo sviluppo locale sono:

-glianza di genere, la capacità di inviare aiuti concreti in situazioni particolari, aiuti per il commercio e coo-perazione.

esamina la situazione attuale e ancora una volta si rafforzano gli impegni tra Stati e donors. “Povertà e

ineguaglianza rimangono i problemi principali […] e il nostro successo dipende dai risultati e dall’impat-to dei nostri sforzi congiunti nell’utilizzo degli aiuti”. Si è – ancora – insistito sulla necessità di accelerare

-giungere quegli 8 Obiettivi che così ambiziosamente erano stati dichiarati all’inizio del nuovo Millennio. E per rendere fattibili gli impegni è importante – si legge nel documento – che ci sia trasparenza tra i donors, condivisione e accesso alle informazioni, compresa l’implementazione di pubblicazioni e dati online.Il coordinamento è un fattore indispensabile per evi-tare l’utilizzo ‘inconsistente’ e infruttuoso del denaro, soprattutto – è stato detto – nelle aree che vivono

ambientali.

Anche il raccordo con gli investitori privati è stato se--

vestimenti raggiungano anche le parti più povere della

soltanto le multinazionali e le grandi aziende che ve-dono in quei Paesi una fonte di guadagno.

Afroamericani alla fermata di un autobus nella periferia di New york

A sinistra una ragazza mostra una sua foto in cui mostra le sue condizioni passate di malnutrizione.

A destra un bambino del Congo nelle mani degli assistenti umanitari.

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sforzi per sostenere la capacità di raggiungimento degli obiettivi di sviluppo) – è stato raggiunto. Tuttavia è importante notare che notevoli progressi sono stati fatti per il raggiungimento degli altri obiettivi”. (Qui, il Report completo).Per l’Africa Sub-Sahariana dunque, i temi chiave in-dividuati per incrementare lo sviluppo locale sono:

-glianza di genere, la capacità di inviare aiuti concreti in situazioni particolari, aiuti per il commercio e coo-perazione.

esamina la situazione attuale e ancora una volta si rafforzano gli impegni tra Stati e donors. “Povertà e

ineguaglianza rimangono i problemi principali […] e il nostro successo dipende dai risultati e dall’impat-to dei nostri sforzi congiunti nell’utilizzo degli aiuti”. Si è – ancora – insistito sulla necessità di accelerare

-giungere quegli 8 Obiettivi che così ambiziosamente erano stati dichiarati all’inizio del nuovo Millennio. E per rendere fattibili gli impegni è importante – si legge nel documento – che ci sia trasparenza tra i donors, condivisione e accesso alle informazioni, compresa l’implementazione di pubblicazioni e dati online.Il coordinamento è un fattore indispensabile per evi-tare l’utilizzo ‘inconsistente’ e infruttuoso del denaro, soprattutto – è stato detto – nelle aree che vivono

ambientali.

Anche il raccordo con gli investitori privati è stato se--

vestimenti raggiungano anche le parti più povere della

soltanto le multinazionali e le grandi aziende che ve-dono in quei Paesi una fonte di guadagno.

Afroamericani alla fermata di un autobus nella periferia di New york

A sinistra una ragazza mostra una sua foto in cui mostra le sue condizioni passate di malnutrizione.

A destra un bambino del Congo nelle mani degli assistenti umanitari.

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Nuova vita alla

CARTALa carta è talmente importante per scrivere che non po-tremmo farne a meno, eppure è stata inventata diversi millenni dopo l’invenzione della scrittura. Allora su cosa scrivevano gli uomini prima dell’invenzione della carta? Alcune decine di migliaia di anni fa, gli uomini primitivi cominciarono a tracciare graffiti e a dipingere scene di caccia su rocce e sulle pareti di caverne. Essi incidevano anche delle tacche su bastoni, conchiglie, ossa e sassi. Sembra che essi si servissero di questi segni per contare cose come giorni, i mesi lunari, gli animali che allevavano.

Articolo a cura di Matteo Giovani

I prodotti di baseper la fabbricazione della carta sono d’origine vegetale: piante conifere e latifoglie; inoltre vengono utilizzate anche resti di piante annuali (in particolare graminacee) e i residui di

prodotti di recupero come: carta, cartoni e stracci che subiscono trattamenti diversi (disinchiostrazione, sgrassagio, decolorazione) in funzione del loro stato.La cellulosa che è ricavata in particolare dagli alberi ad alto fusto. Il legname utilizzato dall’industria cartaria proviene da foreste gestite con criteri che mirano a migliorarne la qualità e la quantità, salvaguardando nel frattempo la fertilità del suolo.

Gli ultimi datiforniti dalla FAO dimostrano che il 56% del legname raccolto è utilizzato come legname da combustione e viene usato

questa percentuale nei paesi in via di sviluppo arriva ad essere l’80% del legname raccolto. La prima operazionerelativa alla lavorazione del legname, è eseguita sul luogo d’origine della pianta e consiste nella scortecciatura; il legno viene poi spezzettato a tronchetti e quindi sminuzzato; in seguito i minuzzoli vengono cotti in una soluzione acquosa detta “liscivio” a temperatura e pressione elevata in particolari bollitori; e durante questa fase il legno viene disintegrato: la lignina, infatti, viene attaccata dalla soluzione e si isolano le cellulose ancora grezze.

L’ assortimento in cui la cellulosa viene passata

estratto il liscivio esausto la cellulosa è mescolata con liscivio nuovo. Finita la serie di liscivi, la cellulosa viene lavata, raccolta in tini e dispersa in acqua, e quindi passata attraverso i vagli che fermano le impurità ed i residui di minuzzolo lasciando così passare solo

La cellulosa dopo questa fase si può considerare pronta: è cellulosa naturale, in altre parole cellulosa grezza, caratterizzata da un colore brunastro.

L’imbianchimentopuò essere fatto con vari sistemi, ma il tipo più diffuso è il trattamento con il cloro o coi suoi derivati e dopo l’imbianchimento, la cellulosa viene ripetutamente lavata per togliere le tracce di prodotti chimici impiegati nell’imbianchimento. A questo punto se è la cartiera stessa che ha eseguito il trattamento, la cellulosa passa

viene disidratata ed essiccata, tagliata in fogli e confezionata in balle.

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Nuova vita alla

CARTALa carta è talmente importante per scrivere che non po-tremmo farne a meno, eppure è stata inventata diversi millenni dopo l’invenzione della scrittura. Allora su cosa scrivevano gli uomini prima dell’invenzione della carta? Alcune decine di migliaia di anni fa, gli uomini primitivi cominciarono a tracciare graffiti e a dipingere scene di caccia su rocce e sulle pareti di caverne. Essi incidevano anche delle tacche su bastoni, conchiglie, ossa e sassi. Sembra che essi si servissero di questi segni per contare cose come giorni, i mesi lunari, gli animali che allevavano.

Articolo a cura di Matteo Giovani

I prodotti di baseper la fabbricazione della carta sono d’origine vegetale: piante conifere e latifoglie; inoltre vengono utilizzate anche resti di piante annuali (in particolare graminacee) e i residui di

prodotti di recupero come: carta, cartoni e stracci che subiscono trattamenti diversi (disinchiostrazione, sgrassagio, decolorazione) in funzione del loro stato.La cellulosa che è ricavata in particolare dagli alberi ad alto fusto. Il legname utilizzato dall’industria cartaria proviene da foreste gestite con criteri che mirano a migliorarne la qualità e la quantità, salvaguardando nel frattempo la fertilità del suolo.

Gli ultimi datiforniti dalla FAO dimostrano che il 56% del legname raccolto è utilizzato come legname da combustione e viene usato

questa percentuale nei paesi in via di sviluppo arriva ad essere l’80% del legname raccolto. La prima operazionerelativa alla lavorazione del legname, è eseguita sul luogo d’origine della pianta e consiste nella scortecciatura; il legno viene poi spezzettato a tronchetti e quindi sminuzzato; in seguito i minuzzoli vengono cotti in una soluzione acquosa detta “liscivio” a temperatura e pressione elevata in particolari bollitori; e durante questa fase il legno viene disintegrato: la lignina, infatti, viene attaccata dalla soluzione e si isolano le cellulose ancora grezze.

L’ assortimento in cui la cellulosa viene passata

estratto il liscivio esausto la cellulosa è mescolata con liscivio nuovo. Finita la serie di liscivi, la cellulosa viene lavata, raccolta in tini e dispersa in acqua, e quindi passata attraverso i vagli che fermano le impurità ed i residui di minuzzolo lasciando così passare solo

La cellulosa dopo questa fase si può considerare pronta: è cellulosa naturale, in altre parole cellulosa grezza, caratterizzata da un colore brunastro.

L’imbianchimentopuò essere fatto con vari sistemi, ma il tipo più diffuso è il trattamento con il cloro o coi suoi derivati e dopo l’imbianchimento, la cellulosa viene ripetutamente lavata per togliere le tracce di prodotti chimici impiegati nell’imbianchimento. A questo punto se è la cartiera stessa che ha eseguito il trattamento, la cellulosa passa

viene disidratata ed essiccata, tagliata in fogli e confezionata in balle.

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Derivato dai coloranti utilizzati in pasticceria, è atossico, biodegradabile e soprattutto si sbianca facilmente, così da favorire il riciclo della carta. Si chiama Ink-no-ink ed è il primo inchiostro ecologico per la stampa usa e getta. È derivato dai coloranti utilizzati in pasticceria, quindi è atossico, ma è anche biodegradabile e facilmente disinchiostrabile. Per questo può essere usato per la stampa delle confezioni di alimenti e bevande e ha un impatto ambientale del 68 per cento inferiore rispetto agli inchiostri tradizionali. Uno dei limiti principali all’uso di carta riciclata è dato dal fatto che spesso non è abbastanza bianca. Ma se la carta da riciclare è stampata con un inchiostro poco resistente, si può sbiancare con maggiore facilità, ottenendo dunque una carta riciclata più bianca. In questo modo si riduce il consumo di legno per la produzione di nuova carta. La spinta a

documenti stampati viene infatti gettata dopo poche ore.

Ink-No-Ink

GialloY

NeroK

34% 21% 2% 13% 8% 8%

Internet Fotografia non classificataPresentazioniScrittura fogli prova

dove viene utilizzato l’inchiostro

Oltre alla pasta di cellulosa, un altro prodotto che può essere “estratto” dal-la lavorazione del legno, ed in partico-lare dalla lavorazione del legno tenero, chiaro ed esente da odori, è la pasta-legno: questa si divide in pasta mec-canica, meccanochimica, semichimi-ca. Se il legno d’origine è chiaro, non è necessario l’imbianchimento, altrimenti la pastalegno deve essere sbiancata; il trattamento è analogo a quello utiliz-

zato per la cellulosa ma non possono essere utilizzati il cloro ed i suoi deri-vati. Per quanto riguarda i materiali di recupero, abbiamo visto che vengono considerati tali la cartaccia, il cartone e gli stracci. La cartaccia deve essere disinchiostrata, decolorata e spazzo-lata, ed in seguito a questi trattamen-ti si considera pronta per l’impasto, e lo stesso trattamento è riservato per il cartone. Mentre per quanto riguarda gli stracci, questi subiscono, dapprima l’estrazione della polvere e dei materiali estranei quali possono essere bottoni o cerniere, poi subiscono trattamenti chimici per togliere i residui grassi, in-

e la pasta subirà anch’essa trattamenti d’imbianchimento analoghi a quelli su-biti dalla cellulosa.L’impasto per la carta è formato nor-malmente da: pasta di cellulosa, pasta-legno, che per altro può anche essere assente, cariche e collanti, oltre che di coloranti se si procede alla produzione di carta colorata. Se la carta venisse fatta solo di cellulosa, infatti, non sa-rebbe utilizzabile per scrivere e stam-pare e avrebbe un aspetto pressoché traslucido, non uniforme; per conferirle un aspetto opaco e permettere quindi la scrittura e la stampa, nell’impasto della carta vanno messe delle sostan-ze d’origine minerale o sintetica che le

NUOVESOLUZIONI

Fibre di cellulosa naturale da cui proviene il materiale basico della carta

CARTA & INCHIOSTRO

CianoC

MagentaM

10 mila tonnellate di inchiostro consumato

annualmente

conferiscono l’aspetto caratteristico, accentuando anche: il grado di bianco,

poter utilizzare la carta per la stampa e la scrittura è necessario trattarla in modo da evitare che l’inchiostro span-da, e per conferirle questa proprietà è necessario aggiungere delle colle nell’impasto.Per quanto riguarda la fase di fabbri-cazione della carta questa avviene in apposite macchine, dette “macchine continue”, in quanto funzionano senza interruzio-ne giorno e notte e, e sono formate da una serie d’organi collegati tra loro. Se-condo il ciclo di formazione della car-ta, l’impasto, molto diluito, esce dalla

formazione, costituito da una rete me-

ad un nastro trasportatore sempre in movimento. La poltiglia si distribuisce uniformemente sul telo, e l’acqua scola attraverso le maglie della rete, a questo

-ciano e cominciano a formare un nastro compatto. Al di sotto del telo sono si-tuati appositi cassoni che aspirano al-

-te della macchina, il telo metallico torna indietro, il foglio di carta si stacca e comincia a passare attraverso una lun-ga serie di cilindri rotanti che hanno lo scopo di formare il foglio, sgocciolarlo, pressarlo, tenderlo, seccarlo, lisciarlo,

-bine. A seconda dell’impiego, i rotoli, possono essere sottoposti ad ulteriori operazioni quali la patinatura e la ca-

del foglio perfettamente livellata e luci-da. Le macchine continue più moderne hanno dispositivi di collatura, lisciatura, patinatura e calandratura che possono essere inseriti nel ciclo di lavoro soltan-to all’occorrenza. Una volta pronto, il rotolo di carta vie-ne tagliato per mezzo di coltelli circolari e le singole strisce sono ribobinate se la carta serve in bobina, altrimenti un dispositivo particolare taglia la carta in formato (foglio steso). Le carte pregiate destinate alla stampa di qualità vengo-no confezionate in bancali, avvolti in carta impermeabile o di fogli plastici, e sigillati per conservare lo stato igro-metrico.

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Derivato dai coloranti utilizzati in pasticceria, è atossico, biodegradabile e soprattutto si sbianca facilmente, così da favorire il riciclo della carta. Si chiama Ink-no-ink ed è il primo inchiostro ecologico per la stampa usa e getta. È derivato dai coloranti utilizzati in pasticceria, quindi è atossico, ma è anche biodegradabile e facilmente disinchiostrabile. Per questo può essere usato per la stampa delle confezioni di alimenti e bevande e ha un impatto ambientale del 68 per cento inferiore rispetto agli inchiostri tradizionali. Uno dei limiti principali all’uso di carta riciclata è dato dal fatto che spesso non è abbastanza bianca. Ma se la carta da riciclare è stampata con un inchiostro poco resistente, si può sbiancare con maggiore facilità, ottenendo dunque una carta riciclata più bianca. In questo modo si riduce il consumo di legno per la produzione di nuova carta. La spinta a

documenti stampati viene infatti gettata dopo poche ore.

Ink-No-Ink

GialloY

NeroK

34% 21% 2% 13% 8% 8%

Internet Fotografia non classificataPresentazioniScrittura fogli prova

dove viene utilizzato l’inchiostro

Oltre alla pasta di cellulosa, un altro prodotto che può essere “estratto” dal-la lavorazione del legno, ed in partico-lare dalla lavorazione del legno tenero, chiaro ed esente da odori, è la pasta-legno: questa si divide in pasta mec-canica, meccanochimica, semichimi-ca. Se il legno d’origine è chiaro, non è necessario l’imbianchimento, altrimenti la pastalegno deve essere sbiancata; il trattamento è analogo a quello utiliz-

zato per la cellulosa ma non possono essere utilizzati il cloro ed i suoi deri-vati. Per quanto riguarda i materiali di recupero, abbiamo visto che vengono considerati tali la cartaccia, il cartone e gli stracci. La cartaccia deve essere disinchiostrata, decolorata e spazzo-lata, ed in seguito a questi trattamen-ti si considera pronta per l’impasto, e lo stesso trattamento è riservato per il cartone. Mentre per quanto riguarda gli stracci, questi subiscono, dapprima l’estrazione della polvere e dei materiali estranei quali possono essere bottoni o cerniere, poi subiscono trattamenti chimici per togliere i residui grassi, in-

e la pasta subirà anch’essa trattamenti d’imbianchimento analoghi a quelli su-biti dalla cellulosa.L’impasto per la carta è formato nor-malmente da: pasta di cellulosa, pasta-legno, che per altro può anche essere assente, cariche e collanti, oltre che di coloranti se si procede alla produzione di carta colorata. Se la carta venisse fatta solo di cellulosa, infatti, non sa-rebbe utilizzabile per scrivere e stam-pare e avrebbe un aspetto pressoché traslucido, non uniforme; per conferirle un aspetto opaco e permettere quindi la scrittura e la stampa, nell’impasto della carta vanno messe delle sostan-ze d’origine minerale o sintetica che le

NUOVESOLUZIONI

Fibre di cellulosa naturale da cui proviene il materiale basico della carta

CARTA & INCHIOSTRO

CianoC

MagentaM

10 mila tonnellate di inchiostro consumato

annualmente

conferiscono l’aspetto caratteristico, accentuando anche: il grado di bianco,

poter utilizzare la carta per la stampa e la scrittura è necessario trattarla in modo da evitare che l’inchiostro span-da, e per conferirle questa proprietà è necessario aggiungere delle colle nell’impasto.Per quanto riguarda la fase di fabbri-cazione della carta questa avviene in apposite macchine, dette “macchine continue”, in quanto funzionano senza interruzio-ne giorno e notte e, e sono formate da una serie d’organi collegati tra loro. Se-condo il ciclo di formazione della car-ta, l’impasto, molto diluito, esce dalla

formazione, costituito da una rete me-

ad un nastro trasportatore sempre in movimento. La poltiglia si distribuisce uniformemente sul telo, e l’acqua scola attraverso le maglie della rete, a questo

-ciano e cominciano a formare un nastro compatto. Al di sotto del telo sono si-tuati appositi cassoni che aspirano al-

-te della macchina, il telo metallico torna indietro, il foglio di carta si stacca e comincia a passare attraverso una lun-ga serie di cilindri rotanti che hanno lo scopo di formare il foglio, sgocciolarlo, pressarlo, tenderlo, seccarlo, lisciarlo,

-bine. A seconda dell’impiego, i rotoli, possono essere sottoposti ad ulteriori operazioni quali la patinatura e la ca-

del foglio perfettamente livellata e luci-da. Le macchine continue più moderne hanno dispositivi di collatura, lisciatura, patinatura e calandratura che possono essere inseriti nel ciclo di lavoro soltan-to all’occorrenza. Una volta pronto, il rotolo di carta vie-ne tagliato per mezzo di coltelli circolari e le singole strisce sono ribobinate se la carta serve in bobina, altrimenti un dispositivo particolare taglia la carta in formato (foglio steso). Le carte pregiate destinate alla stampa di qualità vengo-no confezionate in bancali, avvolti in carta impermeabile o di fogli plastici, e sigillati per conservare lo stato igro-metrico.

48

Da più di 250 anni la famiglia Cima è impegnata nella produzione della carta, il

e si riferisce a Giuseppe Cima che prese in gestione una cartiera di proprietà del

marchese Serponti a Rancio di Lecco. In seguito è documentata l’attività di Giosuè

Bonacina, sempre a Lecco.

Marchio del Gruppo Cartorama – tra i leader in Italia nel licensing di prodotti in carta e articoli cartotecnici, nonché zaini, astucci e accessori scuola, Re-pap è la novità sostenibile nel mondo della carta poiché composta per l’80% di Carbonato di Calcio (CaCO) e per una piccola percentuale, il 20%, da resine atossiche (polietilene ad alta in-tensità). In questo caso il Carbonato di Calcio proviene dal calcare recuperato da cave e utilizzato dall’industria edile. Una carta resistente e durevole, oltre che impermeabile, grazie alla combina-zione del processo di polverizzazione del Carbonato stesso e del polietilene che agisce da legante. Una carta che è inoltre morbida, liscia, di un bianco bril-lante, performante come una pellicola ma senza l’utilizzo di sostanze derivate dal petrolio.Sostenibile anche nel processo di pro-duzione nel quale non vengono utiliz-zati né acqua né agenti tossici. Repap non contiene cloro né acidi ed comple-tamente tree-free, in quanto creata dal-la pietra. Può essere inoltre riciclata in altra carta Repap, in materiali plastici, in materiali per l’industria edile, per l’in-dustria metallurgica, per l’agricoltura, e per la fabbricazione del vetro.A foglio o bobina, Repap è prodotta e venduta in una gamma completa di grammature, con svariate destinazioni d’uso: per il business, stampe inkjet, pieghevoli e cataloghi, manuali e istru-zioni, calendari, guide, bigliettini da vi-sita, brochure. Per la casa, stampa in-

volantini, biglietti di auguri.

REPAP

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Da più di 250 anni la famiglia Cima è impegnata nella produzione della carta, il

e si riferisce a Giuseppe Cima che prese in gestione una cartiera di proprietà del

marchese Serponti a Rancio di Lecco. In seguito è documentata l’attività di Giosuè

Bonacina, sempre a Lecco.

Marchio del Gruppo Cartorama – tra i leader in Italia nel licensing di prodotti in carta e articoli cartotecnici, nonché zaini, astucci e accessori scuola, Re-pap è la novità sostenibile nel mondo della carta poiché composta per l’80% di Carbonato di Calcio (CaCO) e per una piccola percentuale, il 20%, da resine atossiche (polietilene ad alta in-tensità). In questo caso il Carbonato di Calcio proviene dal calcare recuperato da cave e utilizzato dall’industria edile. Una carta resistente e durevole, oltre che impermeabile, grazie alla combina-zione del processo di polverizzazione del Carbonato stesso e del polietilene che agisce da legante. Una carta che è inoltre morbida, liscia, di un bianco bril-lante, performante come una pellicola ma senza l’utilizzo di sostanze derivate dal petrolio.Sostenibile anche nel processo di pro-duzione nel quale non vengono utiliz-zati né acqua né agenti tossici. Repap non contiene cloro né acidi ed comple-tamente tree-free, in quanto creata dal-la pietra. Può essere inoltre riciclata in altra carta Repap, in materiali plastici, in materiali per l’industria edile, per l’in-dustria metallurgica, per l’agricoltura, e per la fabbricazione del vetro.A foglio o bobina, Repap è prodotta e venduta in una gamma completa di grammature, con svariate destinazioni d’uso: per il business, stampe inkjet, pieghevoli e cataloghi, manuali e istru-zioni, calendari, guide, bigliettini da vi-sita, brochure. Per la casa, stampa in-

volantini, biglietti di auguri.

REPAP

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Breve storiadei ri�uti

5.000 a.c. - 700 a.c.Età antica 100 d.c. - 600 d.c.Roma antica e imperiale 1800 d.c. - 2000 d.c.Epoca moderna

700 a.c. - 100 d.c.Età classica ellenica 1300 d.c. - 1800 d.c.Rinascimento600 d.c. - 1300 d.c.Medioevo Età contemporanea

Centro riciclaggio

Vedelago

99%di rifiutiriciclati

Il centro ritira i rifiuti da un gruppo di comuni affiliati trasportandoli da tutte le strutture che comprende

ITALIA

FRANCIA

BELGIO

AUSTRIA

GERMANIA

52 €

78 €

149 €

291 €

340 €

64di materiale riciclato in

%

italia+4,6%

Accia

io 28

,500 Plastica 0,834

Alluminio 2,200

Vetro 2,390

Legno 2,700

Carta 4,200

Fatturato del ricicloin miliardi di euro

le pile riciclate coprono ildel fabbisogno di piombodel nostro paese

Qualsiasi sostanza od oggetto di cui il detentore si dis� o abbia l'intenzione di disfarsi

RIFIUTO:

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Breve storiadei ri�uti

5.000 a.c. - 700 a.c.Età antica 100 d.c. - 600 d.c.Roma antica e imperiale 1800 d.c. - 2000 d.c.Epoca moderna

700 a.c. - 100 d.c.Età classica ellenica 1300 d.c. - 1800 d.c.Rinascimento600 d.c. - 1300 d.c.Medioevo Età contemporanea

Centro riciclaggio

Vedelago

99%di rifiutiriciclati

Il centro ritira i rifiuti da un gruppo di comuni affiliati trasportandoli da tutte le strutture che comprende

ITALIA

FRANCIA

BELGIO

AUSTRIA

GERMANIA

52 €

78 €

149 €

291 €

340 €

64di materiale riciclato in

%

italia+4,6%

Accia

io 28

,500 Plastica 0,834

Alluminio 2,200

Vetro 2,390

Legno 2,700

Carta 4,200

Fatturato del ricicloin miliardi di euro

le pile riciclate coprono ildel fabbisogno di piombodel nostro paese

Qualsiasi sostanza od oggetto di cui il detentore si dis� o abbia l'intenzione di disfarsi

RIFIUTO:

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COME FUNZIONA IL SOLE

La nostra stella più vicina ci assicurerà vità e prosperità per altri 5 miliardi di anni

INTERVISTE A CONFRONTO TRA ESPERTI

Solaicx, futuro, ambizione e mercato.

ENERGIA SOLARE ANCHE DI NOTTE

Una grande scoperta del MIT che ha innescato la prossima rivoluzione so-lare. La scienza che copia la natura: la fotosintesi come “sistema di deposito di energia”.

ITALIA SOTTO IL SOLE

Gli ultimi dati su come cambia il no-stro e le potenzialità di una fonte puli-ta non ancora compresa.

Dossier

IL  SOLE

L’ENER

GIA

SO

LARE C

I SALV

ERÀ

IL  SOLEIl Sole è la stella madre del sistema solare, attorno alla quale orbitano gli otto pianeti principali, I pianeti nani, i loro satelliti, innumerevoli altri corpi minori e la polvere diffusa per lo spazio, che forma il mezzo interplanetario. La massa del Sole rappresenta da sola il 99,8% della mas-sa complessiva del sistema solare.

I pannelli solari fotovoltaici sono una delle componenti che fanno parte di un

più ampio impianto, il quale serve a trasformare l’energia del sole in energia.Questo impianto non è composto solo dai

pannelli solari fotovoltaici, sebbene essi rappresentino la parte più visibile e più

attiva, ma include anche un inverter, senza il quale non si potrebbe generare corrente alternata dalla corrente continua prodotta;

dei cavi di collegamento e dei quadri elettrici.

Nel primo cerchio vengono rappresentate le zone dove i raggi solari arrivano più potenti, nel secondo lo sfruttamento del solare nelle varie regioni; le zone più irra-diate dal sole sono anche quelle che sfruttano meno il loro vantaggio.

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COME FUNZIONA IL SOLE

La nostra stella più vicina ci assicurerà vità e prosperità per altri 5 miliardi di anni

INTERVISTE A CONFRONTO TRA ESPERTI

Solaicx, futuro, ambizione e mercato.

ENERGIA SOLARE ANCHE DI NOTTE

Una grande scoperta del MIT che ha innescato la prossima rivoluzione so-lare. La scienza che copia la natura: la fotosintesi come “sistema di deposito di energia”.

ITALIA SOTTO IL SOLE

Gli ultimi dati su come cambia il no-stro e le potenzialità di una fonte puli-ta non ancora compresa.

Dossier

IL  SOLE

L’ENER

GIA

SO

LARE C

I SALV

ERÀ

IL  SOLEIl Sole è la stella madre del sistema solare, attorno alla quale orbitano gli otto pianeti principali, I pianeti nani, i loro satelliti, innumerevoli altri corpi minori e la polvere diffusa per lo spazio, che forma il mezzo interplanetario. La massa del Sole rappresenta da sola il 99,8% della mas-sa complessiva del sistema solare.

I pannelli solari fotovoltaici sono una delle componenti che fanno parte di un

più ampio impianto, il quale serve a trasformare l’energia del sole in energia.Questo impianto non è composto solo dai

pannelli solari fotovoltaici, sebbene essi rappresentino la parte più visibile e più

attiva, ma include anche un inverter, senza il quale non si potrebbe generare corrente alternata dalla corrente continua prodotta;

dei cavi di collegamento e dei quadri elettrici.

Nel primo cerchio vengono rappresentate le zone dove i raggi solari arrivano più potenti, nel secondo lo sfruttamento del solare nelle varie regioni; le zone più irra-diate dal sole sono anche quelle che sfruttano meno il loro vantaggio.

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meno calde, che appaiono più scure e sono a volte visibili an-che a occhio nudo (guardando attraverso un paio di occhialini con appositi filtri o un’altra pro-tezione adeguata, naturalmen-te...): sono le macchie solari. Queste macchie si trovano negli strati più bassi dell’atmosfera e ci appaiono quasi nere per contrasto rispetto alla luminosità della fotosfera; molto spesso si presentano a coppie, con pola-rità magnetica opposta nei due emisferi separati dal equatore. Le interpretazioni che si danno oggi a questo fenomeno sono le-gate alle loro caratteristiche ma-gnetiche. In un periodo di circa 11 anni le macchie passano da un valore massimo a un valore minimo per poi ripetere il ciclo; durante questo periodo oltre che osservare uno spostamento in latitudine del punto di forma-zione delle macchie si ha anche un cambiamento di polarità che si ripete appunto ogni 11 anni. Non si sa bene in che modo le macchie influenzino la nostra vita ma ad esempio le ricezio-ni radio a lunga distanza sono molto migliori negli anni in cui le macchie solari sono più grandi e numerose.Vi sono poi alcune parti del sole che non sono molto conosciute, perché osservando direttamente la nostra stella non si notano: sono infatti molto meno luminose del disco centrale (che è quello che vediamo ogni giorno), e quindi sono come “surclassate” dalla sua luce. Sono in partico-lare la cromosfera e la corona, che circondano il sole, costituite rispettivamente da gas incande-scenti e da gas elettricamente carichi. Il momento migliore per osservarle è proprio durante un’eclissi totale, nel momento in cui l’ombra della luna copre il disco centrale del sole: allo-ra la cromosfera appare come un sottile alone rosa, mentre la corona, più estesa ma ancora meno luminosa, si rivela di co-lore bianco. Sempre le eclissi possono essere un’occasione favorevole per osservare le pro-tuberanze: sono vere e proprie lingue di fuoco che partono dalla superficie del sole e sono scagliate verso l’alto, arrivando anche a 40.000 chilometri di altezza.

Tutta energiaLa quantità di energia che il sole emette nel cosmo è immensa: in un solo secondo più di quanta l’umanità ne abbia finora consu-mato in tutta la sua storia! E la parte di tale energia che arriva sulla terra, per quanto piccola, è in realtà tutt’altro che trascu-

rabile: ogni metro quadrato della superficie terrestre riceve, sotto forma di luce e calore, cir-ca 1000 watt, cioè il consumo di un comune elettrodomestico come un ferro da stiro. Natural-mente, poi, un conto è misurare l’energia che ci arriva dalla no-stra stella, un altro (purtroppo) è riuscire ad “acchiapparla” per servirsene: se fosse possibile, molti problemi che oggi ci assil-lano non

Foto della NasaI brillamenti delle stelle creano delle spettacolari protuberanze solari ed

emettono fasci di vento solare molto energetico; sopra la nascita di una

stella delle dimensioni del sole

come  

funziona  il  

sole

come  

funziona  il  

sole

come  

funziona  il  

sole

Nascita di una stellaIl sole esiste da circa 5 miliardi di anni, e funziona come una spe-cie di gigantesco motore: nella sua parte più interna, migliaia di chilometri sotto la superficie che noi possiamo osservare, e con temperature di milioni di gradi, avvengono reazioni nucleari che trasformano l’idrogeno in elio, liberando quantità enormi di energia: l’idrogeno quindi va diminuendo nel tempo, men-tre aumenta l’elio, e quando di idrogeno non ce ne sarà più a sufficienza, il sole comincerà a fondere anche i nuclei di elio; quando finirà anche questo la nostra stella diventerà una va-riabile e non troverà mai una si-tuazione di stabilità. Dopo aver raggiunto dimensioni gigante-sche, tanto da inghiottire la terra nel suo globo, tornerà a rimpic-ciolire e comincerà a pulsare. Infine avrà un ultimo sussulto: sembrerà esplodere e apparirà per breve tempo molto luminosa e lancerà nello spazio una pic-cola porzione della sua atmo-sfera. Il resto della sua materia a causa della forza di gravità collasserà al centro facendola diventare luminosissima. In que-

sto momento la sua massa sarà raccolta in volume un milione di volte più piccolo di quello attuale. Tuttavia,

almeno per ora, non è il caso di preoccuparsi: l’idrogeno presen-te nel sole durerà infatti almeno

per altri 5 miliardi di anni, non preoccupiamoci..La maggior parte delle informa-zioni sulla storia passata e futura del nostro sole non le abbiamo ricavate direttamente, ma ci siamo basati sui “frammenti di vita “ delle altre stelle, osser-vandone nascere una, morire un’altra e cercando di trovare dei criteri che potessero predire cosa sarebbe successo al nostro sistema in un lontano futuro. Si è scoperto così come varia la vita di una stella al variare della sua massa... È stato detto che il sole avrà una vita di circa 10.000 milioni di anni: ebbene, l’idro-

geno di una stella con dieci volte la massa del sole può durare solo 10 milioni di anni. Insom-ma, più grande è la stella, più si consuma in fretta: non ci si può aspettare quindi dei sistemi pla-netari simili al nostro... in così poco tempo (poco, astronomi-camente parlando, si intende!) i pianeti non arrivano neanche a raffreddarsi e restano delle sfere di magma praticamente fino alla fine della loro stella.

Raggi nel cosmo Quindi l’esistenza della vita sui pianeti richiede una certa stabi-lità e soprattutto un lungo tempo per potersi evolvere.Il sole, questa enorme e podero-sa fornace, per quanto impres-sionante non è che una delle miliardi di stelle che popolano il nostro universo, e tutto som-mato è anche fra le più piccole: molte delle stelle che vediamo ogni notte, e che ci appaiono come puntini magari insignifi-canti, sono in realtà molto più grandi e potenti del sole. Se da qualche parte nel cosmo do-vessero esistere altre forme di vita, molto probabilmente non conoscerebbero il sole, che da grande distanza è solo una stella debolissima, superata da auten-tici “giganti” molto più grandi e

luminosi.Se da terra il sole ci appare molto più grande e luminoso delle altre stelle è dunque, na-turalmente, per una questione di distanza: rispetto alle lontanan-ze quasi inimmaginabili che esi-stono fra i corpi celesti, in effetti, noi siamo davvero a un “tiro di schioppo” dalla nostra stella. Tradotto in soldoni, però, anche questo tiro di schioppo non è che sia una bazzecola: si tratta pur sempre, infatti, di 149.000.000 (centoquarantanove milioni) di chilometri. Una distanza che già di per sé va oltre la nostra

immaginazione: la stessa luce che dal sole parte per raggiun-gere la terra impiega otto mi-nuti per compiere il suo tragitto, pur viaggiando alla bellezza di 300.000 chilometri al secondo. Quindi, per usare una tipica unità di misura adoperata dagli astronomi, possiamo dire che il sole dista dalla terra otto minuti-luce: tanto per fare un esempio, la seconda stella più vicina alla terra è Proxima Centauri, che dista quattro anni-luce...

Vita quotidianaLa “vita quotidiana” della nostra stella, per quanto nell’universo esistano situazioni molto più sconvolgenti e imprevedibili, è tutt’altro che pacifica: la sua superficie assomiglia, fatte le dovute proporzioni, a quella di un fluido in ebollizione, con la differenza che qui le bolle non sono di acqua, ma di fuoco, e sono grandi ognuna molti chilo-metri. Inoltre sulla superficie, la cui temperatura media è di oltre 5.000 gradi, esistono delle aree

Il Sole, la stella da cui il nostro pianeta terra riceve la luce e il calore che per-mettono l’esistenza della vita, è un’enorme sfera infuocata, con un diametro di 1.400.000 chilometri: il diametro terrestre è di “solo” 12.700 chilometri, il che significa che nel Sole troverebbero posto qualcosa come 1.300.000 Terre! Una enorme palla di fuoco, dunque, composta quasi interamente di due gas, idrogeno ed elio, sebbene in piccole tracce siano presenti anche tutti gli altri elementi chimici che si trovano sul nostro pianeta.

Germania – 9785 MWSpagna – 3386 MWGiappone – 2633 MWStati Uniti – 1650 MWItalia – 1167 MWRep. Ceca – 465 MW

Articolo di Fabrizio Farina

BEST COUNTRY

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meno calde, che appaiono più scure e sono a volte visibili an-che a occhio nudo (guardando attraverso un paio di occhialini con appositi filtri o un’altra pro-tezione adeguata, naturalmen-te...): sono le macchie solari. Queste macchie si trovano negli strati più bassi dell’atmosfera e ci appaiono quasi nere per contrasto rispetto alla luminosità della fotosfera; molto spesso si presentano a coppie, con pola-rità magnetica opposta nei due emisferi separati dal equatore. Le interpretazioni che si danno oggi a questo fenomeno sono le-gate alle loro caratteristiche ma-gnetiche. In un periodo di circa 11 anni le macchie passano da un valore massimo a un valore minimo per poi ripetere il ciclo; durante questo periodo oltre che osservare uno spostamento in latitudine del punto di forma-zione delle macchie si ha anche un cambiamento di polarità che si ripete appunto ogni 11 anni. Non si sa bene in che modo le macchie influenzino la nostra vita ma ad esempio le ricezio-ni radio a lunga distanza sono molto migliori negli anni in cui le macchie solari sono più grandi e numerose.Vi sono poi alcune parti del sole che non sono molto conosciute, perché osservando direttamente la nostra stella non si notano: sono infatti molto meno luminose del disco centrale (che è quello che vediamo ogni giorno), e quindi sono come “surclassate” dalla sua luce. Sono in partico-lare la cromosfera e la corona, che circondano il sole, costituite rispettivamente da gas incande-scenti e da gas elettricamente carichi. Il momento migliore per osservarle è proprio durante un’eclissi totale, nel momento in cui l’ombra della luna copre il disco centrale del sole: allo-ra la cromosfera appare come un sottile alone rosa, mentre la corona, più estesa ma ancora meno luminosa, si rivela di co-lore bianco. Sempre le eclissi possono essere un’occasione favorevole per osservare le pro-tuberanze: sono vere e proprie lingue di fuoco che partono dalla superficie del sole e sono scagliate verso l’alto, arrivando anche a 40.000 chilometri di altezza.

Tutta energiaLa quantità di energia che il sole emette nel cosmo è immensa: in un solo secondo più di quanta l’umanità ne abbia finora consu-mato in tutta la sua storia! E la parte di tale energia che arriva sulla terra, per quanto piccola, è in realtà tutt’altro che trascu-

rabile: ogni metro quadrato della superficie terrestre riceve, sotto forma di luce e calore, cir-ca 1000 watt, cioè il consumo di un comune elettrodomestico come un ferro da stiro. Natural-mente, poi, un conto è misurare l’energia che ci arriva dalla no-stra stella, un altro (purtroppo) è riuscire ad “acchiapparla” per servirsene: se fosse possibile, molti problemi che oggi ci assil-lano non

Foto della NasaI brillamenti delle stelle creano delle spettacolari protuberanze solari ed

emettono fasci di vento solare molto energetico; sopra la nascita di una

stella delle dimensioni del sole

come  

funziona  il  

sole

come  

funziona  il  

sole

come  

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sole

Nascita di una stellaIl sole esiste da circa 5 miliardi di anni, e funziona come una spe-cie di gigantesco motore: nella sua parte più interna, migliaia di chilometri sotto la superficie che noi possiamo osservare, e con temperature di milioni di gradi, avvengono reazioni nucleari che trasformano l’idrogeno in elio, liberando quantità enormi di energia: l’idrogeno quindi va diminuendo nel tempo, men-tre aumenta l’elio, e quando di idrogeno non ce ne sarà più a sufficienza, il sole comincerà a fondere anche i nuclei di elio; quando finirà anche questo la nostra stella diventerà una va-riabile e non troverà mai una si-tuazione di stabilità. Dopo aver raggiunto dimensioni gigante-sche, tanto da inghiottire la terra nel suo globo, tornerà a rimpic-ciolire e comincerà a pulsare. Infine avrà un ultimo sussulto: sembrerà esplodere e apparirà per breve tempo molto luminosa e lancerà nello spazio una pic-cola porzione della sua atmo-sfera. Il resto della sua materia a causa della forza di gravità collasserà al centro facendola diventare luminosissima. In que-

sto momento la sua massa sarà raccolta in volume un milione di volte più piccolo di quello attuale. Tuttavia,

almeno per ora, non è il caso di preoccuparsi: l’idrogeno presen-te nel sole durerà infatti almeno

per altri 5 miliardi di anni, non preoccupiamoci..La maggior parte delle informa-zioni sulla storia passata e futura del nostro sole non le abbiamo ricavate direttamente, ma ci siamo basati sui “frammenti di vita “ delle altre stelle, osser-vandone nascere una, morire un’altra e cercando di trovare dei criteri che potessero predire cosa sarebbe successo al nostro sistema in un lontano futuro. Si è scoperto così come varia la vita di una stella al variare della sua massa... È stato detto che il sole avrà una vita di circa 10.000 milioni di anni: ebbene, l’idro-

geno di una stella con dieci volte la massa del sole può durare solo 10 milioni di anni. Insom-ma, più grande è la stella, più si consuma in fretta: non ci si può aspettare quindi dei sistemi pla-netari simili al nostro... in così poco tempo (poco, astronomi-camente parlando, si intende!) i pianeti non arrivano neanche a raffreddarsi e restano delle sfere di magma praticamente fino alla fine della loro stella.

Raggi nel cosmo Quindi l’esistenza della vita sui pianeti richiede una certa stabi-lità e soprattutto un lungo tempo per potersi evolvere.Il sole, questa enorme e podero-sa fornace, per quanto impres-sionante non è che una delle miliardi di stelle che popolano il nostro universo, e tutto som-mato è anche fra le più piccole: molte delle stelle che vediamo ogni notte, e che ci appaiono come puntini magari insignifi-canti, sono in realtà molto più grandi e potenti del sole. Se da qualche parte nel cosmo do-vessero esistere altre forme di vita, molto probabilmente non conoscerebbero il sole, che da grande distanza è solo una stella debolissima, superata da auten-tici “giganti” molto più grandi e

luminosi.Se da terra il sole ci appare molto più grande e luminoso delle altre stelle è dunque, na-turalmente, per una questione di distanza: rispetto alle lontanan-ze quasi inimmaginabili che esi-stono fra i corpi celesti, in effetti, noi siamo davvero a un “tiro di schioppo” dalla nostra stella. Tradotto in soldoni, però, anche questo tiro di schioppo non è che sia una bazzecola: si tratta pur sempre, infatti, di 149.000.000 (centoquarantanove milioni) di chilometri. Una distanza che già di per sé va oltre la nostra

immaginazione: la stessa luce che dal sole parte per raggiun-gere la terra impiega otto mi-nuti per compiere il suo tragitto, pur viaggiando alla bellezza di 300.000 chilometri al secondo. Quindi, per usare una tipica unità di misura adoperata dagli astronomi, possiamo dire che il sole dista dalla terra otto minuti-luce: tanto per fare un esempio, la seconda stella più vicina alla terra è Proxima Centauri, che dista quattro anni-luce...

Vita quotidianaLa “vita quotidiana” della nostra stella, per quanto nell’universo esistano situazioni molto più sconvolgenti e imprevedibili, è tutt’altro che pacifica: la sua superficie assomiglia, fatte le dovute proporzioni, a quella di un fluido in ebollizione, con la differenza che qui le bolle non sono di acqua, ma di fuoco, e sono grandi ognuna molti chilo-metri. Inoltre sulla superficie, la cui temperatura media è di oltre 5.000 gradi, esistono delle aree

Il Sole, la stella da cui il nostro pianeta terra riceve la luce e il calore che per-mettono l’esistenza della vita, è un’enorme sfera infuocata, con un diametro di 1.400.000 chilometri: il diametro terrestre è di “solo” 12.700 chilometri, il che significa che nel Sole troverebbero posto qualcosa come 1.300.000 Terre! Una enorme palla di fuoco, dunque, composta quasi interamente di due gas, idrogeno ed elio, sebbene in piccole tracce siano presenti anche tutti gli altri elementi chimici che si trovano sul nostro pianeta.

Germania – 9785 MWSpagna – 3386 MWGiappone – 2633 MWStati Uniti – 1650 MWItalia – 1167 MWRep. Ceca – 465 MW

Articolo di Fabrizio Farina

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Un cittadino che volesse installare pannelli solari a chi si deve rivolgere? Al Comune, all’azienda installatrice o a un altro soggetto?E’ consigliabile rivolgersi alle aziende installatrici di pannelli solari, chiedendo, se del caso, più preventivi. Negli ultimi anni, tali aziende si sono specializzate nella fornitura di impianti chiavi in mano ossia seguono anche gli aspetti burocratici/procedurali per la richiesta degli incentivi.

Che tipi di incentivi vi sono per la promozione della produzione di energia solare?Occorre fare una distinzione tra il solare termico (produzione di energia termica) e il fotovoltaico (produzione di energia elettrica).Per il solare termico è possibile usufruire della cosiddetta detrazione del 55% dall’imposta lorda sul reddito, prorogata al 31/12/2011 dalla recente legge sulla stabilità 2011 (legge n. 220 del 13 dicembre u.s.). A seguito dell’istallazione su edifici già esistenti (sono quindi escluse le nuove costruzioni) di impianti con pannelli solari termici è possibile portare in detrazione dall’imposta lorda sul reddito il 55% delle spese sostenute. Tale detrazione deve essere ripartita in 10 quote annue di pari importo.La documentazione da  produrre ai fini della richiesta dell’agevolazione fiscale s*i compone di: asseverazione di un tecnico abilitato attestante il rispetto dei requisiti richiesti dalla normativa; Scheda informativa semplificata sull’intervento realizzato (allegato F disponibile sul sito dell’ENEA) da compilare

a video(on line, ndr) e da inviare all’ENEA (http://efficienzaenergetica.acs.enea.it/invio.htm)Per il solare fotovoltaico è possibile accedere al Conto Energia. Gli impianti fotovoltaici possono essere posti su edifici esistenti o istallati a terra. La recente normativa riconosce un incentivo maggiore per gli impianti collocati sugli edifici esistenti. Al titolare dell’impianto fotovoltaico - che si ricorda deve essere collegato alla rete elettrica e deve essere dotato di contatori che contabilizzino l’energia prodotta, immessa in rete e consumata - è riconosciuto per venti anni un incentivo per ogni kWh di energia prodotta. L’importo dell’incentivo varia a seconda della taglia dell’impianto e della tecnologia utilizzata. Per una maggiore completezza dell’informazione invito a leggere l’art. 8 (“Incentivazione della produzione di energia elettrica mediante conversione fotovoltaica della fonte solare”, ndr) Decreto 6 agosto 2010.

A cosa deve stare attento il cittadino? Deve richiedere certificazioni particolari per i pannelli, anche ai fini dell’ottenimento degli incentivi?I pannelli per il solare termico devono essere certificati UNI EN 12975 e UNI EN 12976. Sono inoltre ammessi alla detrazione e sono equiparati a detti collettori anche tutti i pannelli certificati in base alle norme europee EN 12975 e EN 12976 in un Paese dell’Unione Europea o della Svizzera.I pannelli per il solare fotovoltaico devono essere certificati CEI EN 61215 e CEI

EN 6164-6.

Dal punto di vista burocratico, quali sono le maggiori difficoltà?Le maggiori difficoltà si incontrano per la realizzazione degli impianti con pannelli fotovoltaici. Come detto (cfr risposta n. 2, ndr), l’impianto deve essere collegato alla rete elettrica. La connessione alla rete deve essere richiesta al gestore della rete locale, il quale, dopo aver verificato la capacità della rete ad assorbire l’energia, comunica il punto di allacciamento alla rete e il relativo preventivo dei costi.È importante, quindi, verificare che l’installatore curi anche questo aspetto.

Per il 2011, sono stati rivisti gli incentivi. Le variazioni in cosa consistono?Per il solare termico la novità è che quanto speso nel 2011 sarà detraibile al 55% in 10 anni, anziché in 5 come in precedenza. Tutto il resto rimane inalterato.Per il solare fotovoltaico, sostanzialmente, sono stati rivisti al ribasso gli incentivi del Conto Energia previsti per gli impianti entrati in esercizio dopo il 31 dicembre 2010. Secondo gli estensori del

decreto, tale revisione tiene conto della riduzione dei costi di istallazione prevista per i prossimi anni. Restano praticamente invariate le modalità di accesso all’incentivo.

Pannelli solari: quali sono e come ottenere gli incentivi. Intervista

ad Ivano Olivetti (ENEA) Pannelli solari, quali sono e come ottenere

le sovvenzioni pubbliche. Per approfondire e capirne di più

abbiamo intervistato Ivano Olivetti tecnico ENEA esperto di

efficienza energetica ed energie rinnovabili nonché docente.

Intervista di Mario Cenci a Ivano Olivetti

COME INCENTIVARE LA CRESCITA ENERGETICA

Quali sono le tendenze generali che avete notato nel settore del solare nel loro insieme?L’obiettivo generale di tutta l’industria dell’energia solare ora è quello di ridurre i costi. Questo è quello che vediamo nei mercati di tutto il mondo oggi. E guardando nel corso del tempo che passa, l’industria sta riducendo drasticamente i costi. Questo succede anche quando si prendono in considerazione alcune significative sfide, come la carenza di Polysilicon e le altre carenze che sono nate come diretta conseguenza di un mercato cresciuto dal 35%, 40%, e il 50% un anno hanno, causando penurie che da alcuni sono state interpretare come pretesto per un aumento dei costi. Eppure, perché l’efficienza della produzione, l’efficienza di conversione e le economie di scala, l’industria è stata in grado di tenere testa su qualsiasi aumento dei costi e devo dirlo che lo ha fatto e lo sta facendo anche molto bene.

Come prevedi l’industria dell’energia solare fra dieci o venti anni?Ho un parere molto distorto. Secondo me nulla potrà fermare questo mercato in modo da continuare a crescere di un ritmo pari al 30% -50% all’anno per il prossimo futuro. Non abbiamo nemmeno sfiorato la superficie del mercato totale di energia elettrica. Tocchiamo forse il 0.001% del mercato totale. Sicuramente il solare non è destinato a sostituire tutte le forme di produzione di elettricità, ma ci sono innumerevoli applicazioni dove è possibile impiegarlo. Sono stato coinvolto sin dall’inizio della mia carriera con i telefoni cellulari. Mi ricordo che nei

primi giorni di mercato dei telefoni cellulari era molto piccolo. Così come nel solare nel settore della telefonia una riduzione dei costi e una maggiore efficienza sono arrivate ad un punto in cui l’intera industria è esplosa. Vedo quindi l’esatto parallelo con il fotovoltaico. Siamo un industria in fase embrionale che sta lavorando sui costi e una migliore efficienza e una volta raggiunto questo punto, si tratta solo di andare avanti.

Avete un piano di come rilanciare il mercato a questo punto quando sarà raggiunto?Io penso che ci stiamo già avvicinando al momento. Ci sono ancora alcuni ostacoli da superare come la burocrazia. Ma mantenere gli stessi tassi di crescita del passato, quando l’industria del solare era estremamente piccola, risulta essere sempre più facile. Sono sicuro che il prezzo dell’energia elettrica e delle diverse fonti di alimentazione ora disponibili possono variare da località a località. E l’energia solare sta prendendo molto più piede in alcuni settori rispetto ad altri.Infatti! Non solo gli incentivi dei governi, ma anche l’atteggiamento dei governi verso il solare sta migliorando e questo avrà un grande impatto sulla velocità di espansione su larga scala.

John Sedgwick è il co-fondatore e vice Presidente della Solaicx, una società che produce wafer di silicio per l’industria solare del fotovoltaico, fornendo i produttori di pannelli solari di tutto il mondo. Solaicx iniziò la produzione nel loro nuovo stabilimento di Portland, nell’Oregon, alla fine del 2007. Mentre l’attuale capacità degli impianti è di 40 MW.

IL FUTURO DEL SOLARE

Intervista di Giovanni Capra a John Sedgwick

Un impianto solare termico è composto sempre almeno dalle seguenti unità:-uno o più collettori che cedono il calore del sole al fluido; ne esistono di vari tipi, dalla semplice lastra di rame percorsa da una serpentina e pitturata di vernice nera, al pannello selettivo trattato con biossido di titanio (TINOX), all’assor-bitore sottovuoto. Nei primi due casi l’assorbitore è protetto da un vetro temperato, che può essere prismatico.un serbatoio di accumulo del fluido.

Esistono tre tipi di impianti:a circolazione naturale: in questo tipo il fluido è l’acqua stes-sa che riscaldandosi sale per convezione in un serbatoio di accumulo (boiler), che deve essere posto più in alto del pan-nello, dal quale viene distribuito alle utenze domestiche; il circuito è aperto, in quanto l’acqua che viene consumata vie-ne sostituita dall’afflusso esterno. Questo impianto ha per pregio la semplicità ma è caratterizzato da una elevata di-spersione termica, a scapito della efficienza.

Nelle pagine le tre diverse tipologie di centrali termo solari

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Un cittadino che volesse installare pannelli solari a chi si deve rivolgere? Al Comune, all’azienda installatrice o a un altro soggetto?E’ consigliabile rivolgersi alle aziende installatrici di pannelli solari, chiedendo, se del caso, più preventivi. Negli ultimi anni, tali aziende si sono specializzate nella fornitura di impianti chiavi in mano ossia seguono anche gli aspetti burocratici/procedurali per la richiesta degli incentivi.

Che tipi di incentivi vi sono per la promozione della produzione di energia solare?Occorre fare una distinzione tra il solare termico (produzione di energia termica) e il fotovoltaico (produzione di energia elettrica).Per il solare termico è possibile usufruire della cosiddetta detrazione del 55% dall’imposta lorda sul reddito, prorogata al 31/12/2011 dalla recente legge sulla stabilità 2011 (legge n. 220 del 13 dicembre u.s.). A seguito dell’istallazione su edifici già esistenti (sono quindi escluse le nuove costruzioni) di impianti con pannelli solari termici è possibile portare in detrazione dall’imposta lorda sul reddito il 55% delle spese sostenute. Tale detrazione deve essere ripartita in 10 quote annue di pari importo.La documentazione da  produrre ai fini della richiesta dell’agevolazione fiscale s*i compone di: asseverazione di un tecnico abilitato attestante il rispetto dei requisiti richiesti dalla normativa; Scheda informativa semplificata sull’intervento realizzato (allegato F disponibile sul sito dell’ENEA) da compilare

a video(on line, ndr) e da inviare all’ENEA (http://efficienzaenergetica.acs.enea.it/invio.htm)Per il solare fotovoltaico è possibile accedere al Conto Energia. Gli impianti fotovoltaici possono essere posti su edifici esistenti o istallati a terra. La recente normativa riconosce un incentivo maggiore per gli impianti collocati sugli edifici esistenti. Al titolare dell’impianto fotovoltaico - che si ricorda deve essere collegato alla rete elettrica e deve essere dotato di contatori che contabilizzino l’energia prodotta, immessa in rete e consumata - è riconosciuto per venti anni un incentivo per ogni kWh di energia prodotta. L’importo dell’incentivo varia a seconda della taglia dell’impianto e della tecnologia utilizzata. Per una maggiore completezza dell’informazione invito a leggere l’art. 8 (“Incentivazione della produzione di energia elettrica mediante conversione fotovoltaica della fonte solare”, ndr) Decreto 6 agosto 2010.

A cosa deve stare attento il cittadino? Deve richiedere certificazioni particolari per i pannelli, anche ai fini dell’ottenimento degli incentivi?I pannelli per il solare termico devono essere certificati UNI EN 12975 e UNI EN 12976. Sono inoltre ammessi alla detrazione e sono equiparati a detti collettori anche tutti i pannelli certificati in base alle norme europee EN 12975 e EN 12976 in un Paese dell’Unione Europea o della Svizzera.I pannelli per il solare fotovoltaico devono essere certificati CEI EN 61215 e CEI

EN 6164-6.

Dal punto di vista burocratico, quali sono le maggiori difficoltà?Le maggiori difficoltà si incontrano per la realizzazione degli impianti con pannelli fotovoltaici. Come detto (cfr risposta n. 2, ndr), l’impianto deve essere collegato alla rete elettrica. La connessione alla rete deve essere richiesta al gestore della rete locale, il quale, dopo aver verificato la capacità della rete ad assorbire l’energia, comunica il punto di allacciamento alla rete e il relativo preventivo dei costi.È importante, quindi, verificare che l’installatore curi anche questo aspetto.

Per il 2011, sono stati rivisti gli incentivi. Le variazioni in cosa consistono?Per il solare termico la novità è che quanto speso nel 2011 sarà detraibile al 55% in 10 anni, anziché in 5 come in precedenza. Tutto il resto rimane inalterato.Per il solare fotovoltaico, sostanzialmente, sono stati rivisti al ribasso gli incentivi del Conto Energia previsti per gli impianti entrati in esercizio dopo il 31 dicembre 2010. Secondo gli estensori del

decreto, tale revisione tiene conto della riduzione dei costi di istallazione prevista per i prossimi anni. Restano praticamente invariate le modalità di accesso all’incentivo.

Pannelli solari: quali sono e come ottenere gli incentivi. Intervista

ad Ivano Olivetti (ENEA) Pannelli solari, quali sono e come ottenere

le sovvenzioni pubbliche. Per approfondire e capirne di più

abbiamo intervistato Ivano Olivetti tecnico ENEA esperto di

efficienza energetica ed energie rinnovabili nonché docente.

Intervista di Mario Cenci a Ivano Olivetti

COME INCENTIVARE LA CRESCITA ENERGETICA

Quali sono le tendenze generali che avete notato nel settore del solare nel loro insieme?L’obiettivo generale di tutta l’industria dell’energia solare ora è quello di ridurre i costi. Questo è quello che vediamo nei mercati di tutto il mondo oggi. E guardando nel corso del tempo che passa, l’industria sta riducendo drasticamente i costi. Questo succede anche quando si prendono in considerazione alcune significative sfide, come la carenza di Polysilicon e le altre carenze che sono nate come diretta conseguenza di un mercato cresciuto dal 35%, 40%, e il 50% un anno hanno, causando penurie che da alcuni sono state interpretare come pretesto per un aumento dei costi. Eppure, perché l’efficienza della produzione, l’efficienza di conversione e le economie di scala, l’industria è stata in grado di tenere testa su qualsiasi aumento dei costi e devo dirlo che lo ha fatto e lo sta facendo anche molto bene.

Come prevedi l’industria dell’energia solare fra dieci o venti anni?Ho un parere molto distorto. Secondo me nulla potrà fermare questo mercato in modo da continuare a crescere di un ritmo pari al 30% -50% all’anno per il prossimo futuro. Non abbiamo nemmeno sfiorato la superficie del mercato totale di energia elettrica. Tocchiamo forse il 0.001% del mercato totale. Sicuramente il solare non è destinato a sostituire tutte le forme di produzione di elettricità, ma ci sono innumerevoli applicazioni dove è possibile impiegarlo. Sono stato coinvolto sin dall’inizio della mia carriera con i telefoni cellulari. Mi ricordo che nei

primi giorni di mercato dei telefoni cellulari era molto piccolo. Così come nel solare nel settore della telefonia una riduzione dei costi e una maggiore efficienza sono arrivate ad un punto in cui l’intera industria è esplosa. Vedo quindi l’esatto parallelo con il fotovoltaico. Siamo un industria in fase embrionale che sta lavorando sui costi e una migliore efficienza e una volta raggiunto questo punto, si tratta solo di andare avanti.

Avete un piano di come rilanciare il mercato a questo punto quando sarà raggiunto?Io penso che ci stiamo già avvicinando al momento. Ci sono ancora alcuni ostacoli da superare come la burocrazia. Ma mantenere gli stessi tassi di crescita del passato, quando l’industria del solare era estremamente piccola, risulta essere sempre più facile. Sono sicuro che il prezzo dell’energia elettrica e delle diverse fonti di alimentazione ora disponibili possono variare da località a località. E l’energia solare sta prendendo molto più piede in alcuni settori rispetto ad altri.Infatti! Non solo gli incentivi dei governi, ma anche l’atteggiamento dei governi verso il solare sta migliorando e questo avrà un grande impatto sulla velocità di espansione su larga scala.

John Sedgwick è il co-fondatore e vice Presidente della Solaicx, una società che produce wafer di silicio per l’industria solare del fotovoltaico, fornendo i produttori di pannelli solari di tutto il mondo. Solaicx iniziò la produzione nel loro nuovo stabilimento di Portland, nell’Oregon, alla fine del 2007. Mentre l’attuale capacità degli impianti è di 40 MW.

IL FUTURO DEL SOLARE

Intervista di Giovanni Capra a John Sedgwick

Un impianto solare termico è composto sempre almeno dalle seguenti unità:-uno o più collettori che cedono il calore del sole al fluido; ne esistono di vari tipi, dalla semplice lastra di rame percorsa da una serpentina e pitturata di vernice nera, al pannello selettivo trattato con biossido di titanio (TINOX), all’assor-bitore sottovuoto. Nei primi due casi l’assorbitore è protetto da un vetro temperato, che può essere prismatico.un serbatoio di accumulo del fluido.

Esistono tre tipi di impianti:a circolazione naturale: in questo tipo il fluido è l’acqua stes-sa che riscaldandosi sale per convezione in un serbatoio di accumulo (boiler), che deve essere posto più in alto del pan-nello, dal quale viene distribuito alle utenze domestiche; il circuito è aperto, in quanto l’acqua che viene consumata vie-ne sostituita dall’afflusso esterno. Questo impianto ha per pregio la semplicità ma è caratterizzato da una elevata di-spersione termica, a scapito della efficienza.

Nelle pagine le tre diverse tipologie di centrali termo solari

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Articolo di Marina Gioli

Grazie ad un catalizzatore crea-to da un chimico del MIT, Daniel Nocera, la luce del sole potreb-be trasformare facilmente l’ac-qua in idrogeno. Se il processo potesse essere scalato, questo renderebbe l’energia solare la fonte dominante e potenziale di energia per tutto il mondo. “Io vado a mostrarvi qualcosa che ancora nessuno finora ha di-mostrato” ha affermato Daniel Nocera, professore di chimica al MIT parlando davanti ad un auditorium colmo di scienzia-ti, ricercatori e funzionari del governo USA. L’intero processo è basato sulla ricreazione del processo di fotosintesi: “Questo è il futuro. Abbiamo così ricreato una foglia di una pianta”.Un balzo rivoluzionario potreb-be trasformare l’utilizzo ora solo marginale dell‘energia solare ad una delle principali fonti di energia rinnovabile e non. Così i ricercatori del MIT hanno su-

perato un importante ostacolo nell’utilizzo dell’energia solare: l’immagazzinamento di energia durante l’uso anche quando il sole non brilla. Daniel Nocera ci descriverà il rivoluzionario nuo-vo processo per immagazzinare l’energia solare.Fino ad ora l’energia solare è stata un’ottima fonte energeti-ca ma solo per i giorni di sole perché l’immagazzinamento di energia supplementare per suo utilizzo successivo è stata ecces-sivamente onerosa e gravemen-te insufficiente. Con l’annuncio fatto ieri dal MIT si è riusciti ad ottenere una raccolta estrema-mente efficiente e a basso costo di energia solare. Così questa scoperta potrebbe sbloccare la più potente fonte di energia non tossica, abbondante, illimitata e senza emissioni di CO2: il sole.

Immaginarsi il domani“Questo è il Nirvana di ciò che abbiamo immaginato per anni” ha spiegato Daniel Nocera,

professore, ricercatore del MIT e autore del documento che de-scrive l’esperimento e la ricerca compiuta. “L’utilizzo dell’energia solare è sempre stata limitata e lontana da essere una soluzione -totale-. Ora invece si può se-riamente pensare ad un utilizzo dell’energia solare illimitato.”Quello che ha voluto dimostra-re Daniel Nocera è stata una reazione chimica che genera ossigeno dall’acqua come fan-no molto piante verdi durante la fotosintesi. Si è raggiunti così un risultato che potrebbe avere pro-fonde implicazioni per l’intera industria energetica mondiale. L’esperimento effettuato con l’au-silio di un catalizzatore ha volu-to muovere il primo e più difficile passo nella divisione dell’acqua per produrre facilmente idroge-no.Ma il punto è che questo pro-cesso, ritiene Nocera, potrebbe contribuire a superare i princi-pali ostacoli che impediscono un utilizzo efficiente dell’energia so-lare che questa possa diventare una fonte di energia rinnovabile

Aperto a Boston nel 1861 dal geologo William Barton Rogers, che ne fu il primo rettore, il MIT, in un primo momento dedicato alla ricerca applicata all’industria, si è sviluppato in 5 scuole e 32 dipartimenti organiz-zando corsi di laurea e di specializzazione post-lau-rea.La scuola di scienze comprende corsi di laurea in bio-logia, chimica, matematica, fisica, scienze della terra, meteorologia e astronomia.Il MIT gode ormai di una notevole reputazione per la qualità dell’insegnamento e della ricerca; fu tra le prime scuole a usare i laboratori nell’insegnamento, a sviluppare la professione di ingegnere chimico, a or-ganizzare corsi in ingegneria aeronautica ed elettrica e in fisica applicata. Tra le strutture di cui può disporre oggi vi sono cinque acceleratori ad alta energia, un re-attore nucleare e più di 70 programmi interdisciplinari e laboratori, comprendenti il Center for Cancer Rese-arch, il Computer Science and Artificial Intelligence Laboratory, il Center for International Studies, il Media Laboratory (noto come Media Lab), il Research Labo-ratory of Electronics, il Center for Cognitive Science e l’International Financial Services Research Center.Il Computer Science and Artificial Intelligence Labo-ratory (detto CSAIL) deriva dall’unione, avvenuta nel 2003, fra l’Artificial Intelligence Laboratory e il Labo-ratory for Computer Science (il vecchio Project MAC). Lo CSAIL ospita, tra l’altro, il W3C, ossia il World Wide Web Consortium, fondato da Tim Berners-Lee, ed è ubicato nello Stata Center, disegnato dall’Archi-tetto Frank Gehry.La casa editrice MIT Press svolge un’intensa attività, pubblicando opere di linguistica, architettura, urbani-stica e scienze.Al MIT si trovano alcuni dei complessi tecnologici più all’avanguardia del mondo, tra cui un laboratorio di intelligenza artificiale e un keyserver OpenPGP.

SOLE + ACQUA = IDROGENO

MASSACHUSETTS INSTITUTE OF TECHNOLOGY

+=H1

FOTOSINTESI  

ARTIFICIALENocera ha ricevuto un B.S. laurea in Chimica (magna cum laude) presso la Rutgers University nel 1979. Ha conseguito un dottorato di ricerca laurea in Chimica presso il California Institute of Technology nel 1984, dopo aver lavorato con il professor Harry B. Grigio studiando la spettroscopia, elettrochimica e fotochimica di polinucleari metallo-metallo complessi legati. Si è unito al corpo docente della Michigan State University nel 1984 come assistente alla cattedra, e divenne professore alla MSU nel 1990. Si trasferisce a Massachusetts Institute of Technology come un professore di chimica nel 1997. Attualmente è l’Henry Dreyfus professore di Energia e Professore di Chimica presso il MIT.Nocera ei suoi ricercatori hanno ricevuto l’attenzione dei media all’inizio del

2007 quando ha dichiarato che una migliore comprensione del processo di fotosintesi potrebbe portare allo stoccaggio economico dell’energia solare come combustibile chimico.Ha poi annunciato che il suo gruppo aveva sviluppato un anodo electrocatalyst altamente efficiente (fosfato di cobalto) per l’utilizzo in elettrolisi dell’acqua utilizzando materiali poco costosi. Il suo lavoro su centri di fotosintesi artificiale intorno i meccanismi di base della conversione di energia in biologia e chimica, in particolare nella teoria del trasferimento di protoni accoppiati di elettroni. Egli è anche il direttore del progetto Solar Revolution al MIT, che cerca di creare innovazioni nella scissione dell’acqua fotocatalitici.

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Articolo di Marina Gioli

Grazie ad un catalizzatore crea-to da un chimico del MIT, Daniel Nocera, la luce del sole potreb-be trasformare facilmente l’ac-qua in idrogeno. Se il processo potesse essere scalato, questo renderebbe l’energia solare la fonte dominante e potenziale di energia per tutto il mondo. “Io vado a mostrarvi qualcosa che ancora nessuno finora ha di-mostrato” ha affermato Daniel Nocera, professore di chimica al MIT parlando davanti ad un auditorium colmo di scienzia-ti, ricercatori e funzionari del governo USA. L’intero processo è basato sulla ricreazione del processo di fotosintesi: “Questo è il futuro. Abbiamo così ricreato una foglia di una pianta”.Un balzo rivoluzionario potreb-be trasformare l’utilizzo ora solo marginale dell‘energia solare ad una delle principali fonti di energia rinnovabile e non. Così i ricercatori del MIT hanno su-

perato un importante ostacolo nell’utilizzo dell’energia solare: l’immagazzinamento di energia durante l’uso anche quando il sole non brilla. Daniel Nocera ci descriverà il rivoluzionario nuo-vo processo per immagazzinare l’energia solare.Fino ad ora l’energia solare è stata un’ottima fonte energeti-ca ma solo per i giorni di sole perché l’immagazzinamento di energia supplementare per suo utilizzo successivo è stata ecces-sivamente onerosa e gravemen-te insufficiente. Con l’annuncio fatto ieri dal MIT si è riusciti ad ottenere una raccolta estrema-mente efficiente e a basso costo di energia solare. Così questa scoperta potrebbe sbloccare la più potente fonte di energia non tossica, abbondante, illimitata e senza emissioni di CO2: il sole.

Immaginarsi il domani“Questo è il Nirvana di ciò che abbiamo immaginato per anni” ha spiegato Daniel Nocera,

professore, ricercatore del MIT e autore del documento che de-scrive l’esperimento e la ricerca compiuta. “L’utilizzo dell’energia solare è sempre stata limitata e lontana da essere una soluzione -totale-. Ora invece si può se-riamente pensare ad un utilizzo dell’energia solare illimitato.”Quello che ha voluto dimostra-re Daniel Nocera è stata una reazione chimica che genera ossigeno dall’acqua come fan-no molto piante verdi durante la fotosintesi. Si è raggiunti così un risultato che potrebbe avere pro-fonde implicazioni per l’intera industria energetica mondiale. L’esperimento effettuato con l’au-silio di un catalizzatore ha volu-to muovere il primo e più difficile passo nella divisione dell’acqua per produrre facilmente idroge-no.Ma il punto è che questo pro-cesso, ritiene Nocera, potrebbe contribuire a superare i princi-pali ostacoli che impediscono un utilizzo efficiente dell’energia so-lare che questa possa diventare una fonte di energia rinnovabile

Aperto a Boston nel 1861 dal geologo William Barton Rogers, che ne fu il primo rettore, il MIT, in un primo momento dedicato alla ricerca applicata all’industria, si è sviluppato in 5 scuole e 32 dipartimenti organiz-zando corsi di laurea e di specializzazione post-lau-rea.La scuola di scienze comprende corsi di laurea in bio-logia, chimica, matematica, fisica, scienze della terra, meteorologia e astronomia.Il MIT gode ormai di una notevole reputazione per la qualità dell’insegnamento e della ricerca; fu tra le prime scuole a usare i laboratori nell’insegnamento, a sviluppare la professione di ingegnere chimico, a or-ganizzare corsi in ingegneria aeronautica ed elettrica e in fisica applicata. Tra le strutture di cui può disporre oggi vi sono cinque acceleratori ad alta energia, un re-attore nucleare e più di 70 programmi interdisciplinari e laboratori, comprendenti il Center for Cancer Rese-arch, il Computer Science and Artificial Intelligence Laboratory, il Center for International Studies, il Media Laboratory (noto come Media Lab), il Research Labo-ratory of Electronics, il Center for Cognitive Science e l’International Financial Services Research Center.Il Computer Science and Artificial Intelligence Labo-ratory (detto CSAIL) deriva dall’unione, avvenuta nel 2003, fra l’Artificial Intelligence Laboratory e il Labo-ratory for Computer Science (il vecchio Project MAC). Lo CSAIL ospita, tra l’altro, il W3C, ossia il World Wide Web Consortium, fondato da Tim Berners-Lee, ed è ubicato nello Stata Center, disegnato dall’Archi-tetto Frank Gehry.La casa editrice MIT Press svolge un’intensa attività, pubblicando opere di linguistica, architettura, urbani-stica e scienze.Al MIT si trovano alcuni dei complessi tecnologici più all’avanguardia del mondo, tra cui un laboratorio di intelligenza artificiale e un keyserver OpenPGP.

SOLE + ACQUA = IDROGENO

MASSACHUSETTS INSTITUTE OF TECHNOLOGY

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FOTOSINTESI  

ARTIFICIALENocera ha ricevuto un B.S. laurea in Chimica (magna cum laude) presso la Rutgers University nel 1979. Ha conseguito un dottorato di ricerca laurea in Chimica presso il California Institute of Technology nel 1984, dopo aver lavorato con il professor Harry B. Grigio studiando la spettroscopia, elettrochimica e fotochimica di polinucleari metallo-metallo complessi legati. Si è unito al corpo docente della Michigan State University nel 1984 come assistente alla cattedra, e divenne professore alla MSU nel 1990. Si trasferisce a Massachusetts Institute of Technology come un professore di chimica nel 1997. Attualmente è l’Henry Dreyfus professore di Energia e Professore di Chimica presso il MIT.Nocera ei suoi ricercatori hanno ricevuto l’attenzione dei media all’inizio del

2007 quando ha dichiarato che una migliore comprensione del processo di fotosintesi potrebbe portare allo stoccaggio economico dell’energia solare come combustibile chimico.Ha poi annunciato che il suo gruppo aveva sviluppato un anodo electrocatalyst altamente efficiente (fosfato di cobalto) per l’utilizzo in elettrolisi dell’acqua utilizzando materiali poco costosi. Il suo lavoro su centri di fotosintesi artificiale intorno i meccanismi di base della conversione di energia in biologia e chimica, in particolare nella teoria del trasferimento di protoni accoppiati di elettroni. Egli è anche il direttore del progetto Solar Revolution al MIT, che cerca di creare innovazioni nella scissione dell’acqua fotocatalitici.

Nella pagina precedente in alto a sinistra una fusione a freddo controllata nel centro di ricerche del Massachusetts. Nella pagina a destra in alto Daniel G. Nocera nel suo laboratorio e a fianco il logo e la sede del MIT, Massachusetts institute of technology.A sinistra Daniel G. Nocera e il suo team di ricercatori e lo schema sull’applicazione domestica della fotosintesi artificiale. Sopra il cenro di sperimentazione sull’energia pulita con condensatore di idrogeno.

dominante. L’energia solare ha un potenziale unico per gene-rare grandi quantità di energia pulita non contribuendo al ri-scaldamento globale.Ma senza un strumento a basso costo per immagazzinare questa energia, l’energia solare non può sostituire i combustibili fos-sili su larga scala ed in modo ef-ficiente. Nocera sarebbe riuscito così ad utilizzare la luce del sole per dividere le molecole dell’ac-qua, per utilizzarla poi sotto for-

ma di combustibile a idrogeno che in seguito potrebbe essere bruciato in un generatore o ri-combinato con l’ossigeno in una cella a combustibile.

Fotosintesi domesticaAncora più ambizioso sarebbe la reazione potesse essere uti-lizzata per dividere le molecole dell’acqua partendo dall’acqua di mare.Ispirato dal processo di foto-sintesi delle piante, Nocera e Matthew Kanan (borsista postdottorato nel laboratorio di Nocera), hanno sviluppato un processo senza precedenti che permetterà all’energia solare di essere utilizzata per dividere l’acqua in idrogeno e ossigeno e ricombinato all’interno di una cella a combustibile, producen-do energia elettrica per casa o per auto senza creare emis-sioni di CO2 sia di giorno che di notte. La componente chiave per Nocera e Kanan del nuovo processo è un catalizzatore che produce ossigeno dall’acqua ed un altro prezioso catalizzatore che estrae idrogeno. Il nuovo

catalizzatore consiste in metallo di cobalto, del fosfato ed un elet-trodo posti in acqua.Quando l’energia elettrica pro-veniente da una cella fotovoltai-ca, da una turbina eolica o da qualsiasi altra fonte di energia, sull’elettrodo si forma un sottile film producendo ossigeno sot-toforma di gas. Combinato poi con un altro catalizzatore, come per esempio il platino, in grado di produrre idrogeno dall’ac-qua, il sistema è in grado di du-

plicare la divisione degli atomi che compongono la molecola dell’acqua come si verifica du-rante il processo di fotosintesi.Immagazzinare l’energia pro-veniente dal sole simulando un processo che sia simile alla fo-tosintesi, gli scienziati lo hanno cercato di fare sin dai primi anni 1970. In particolare, essi hanno cercato di replicare il modo in cui le piante verdi riescano ad scindere le molecole dell’acqua. Gli esperimenti riuscirono ma solo utilizzando alte temperatu-re, soluzioni alcaline pericolose, o rare e costose tecnologie come catalizzatori al platino. Il cataliz-zatore di Nocera invece è eco-nomico e utilizza una tempera-tura ambiente e senza sostanze caustiche, le stesse semplici con-dizioni riscontrate nelle piante.Il nuovo catalizzatore funziona a temperatura ambiente e pH dell’acqua neutro; “è facile da controllare”, spiega Nocera. “Per questo nel momento in cui si va ad applicare per far la-vorare il processo, è così facile da attuare. E’ un passo gigante per l’energia pulita, la luce del

sole infatti è quella che offre il maggiore potenziale rispetto a qualsiasi altra fonte di energia per risolvere i problemi di fabbi-sogno energetico.1 ora di sole che colpisce l’inte-ro globo offrirebbe abbastanza luce per ricoprire il fabbisogno di energia del pianeta per un anno. James Barber, leader nello studio della fotosintesi che non è stato coinvolto nella ricerca am-mette che “Si tratta di una gran-de scoperta con enormi impli-cazione per la futura prosperità di tutta l’umanità.” Ernst Chain, biochimico presso l’Imperial College di Londra “L’importanza della loro scoperta non può es-sere sopravvalutata, poiché apre la porta per lo sviluppo di nuove tecnologie per la produzione di energia, riducendo così la no-stra dipendenza dai combustibili fossili e affrontando il problema globale del cambiamento clima-tico”.Nocera vede 2 modi per trarre vantaggio dalla sua conquista:Desalinizzare l’Acqua di Mare e Produrre Idrogeno

In primo luogo, un pannello foto-voltaico convenzionale che cat-tura la luce del sole per produrre energia elettrica; a sua volta, l’elettricità sarebbe spedita ad un dispositivo chiamato uno “electrolyzer”, che sarebbe il ca-

talizzatori che divide le molecole d’acqua.Dalla foglia artificiale di Michael GrätzelMichael Grätzel, tuttavia, un professore di chimica e inge-gneria chimica presso l’Ecole Polytechnique Fédérale di Lo-sanna, in Svizzera, fu una del-le prime persone a cui Nocera spiegò l’esperimento con il suo nuovo catalizzatore. “Era così eccitato”, spiega Grätzel. “Lui mi ha portato ad un ristorante e

ha acquistato un enorme costosa bottiglia di vino”.Nel 1991, Grätzel inventò un promettente nuovo tipo di cel-la solare. Essa si avvale di un colorante contenente rutenio, che agisce in modo molto simi-

le alla clorofilla in una pianta, assorbendo la luce, e rilascian-do elettroni. Nella cella solare di Grätzel gli elettroni vengono poi raccolti da un film di biossi-do di titanio e diretto attraverso un circuito esterno, generando elettricità. Grätzel ora pensa che egli possa integrare la sua cella solare molto facilmente al catalizzatore di Nocera in un unico dispositivo che utilizzereb-be l’energia solare per dividere l’acqua. Le tinture solari di per

sé, quando vengono esposte alla luce, sono in grado di generare la tensione necessaria al sistema. “Il colorante agisce come un filo molecolare che conduce elettroni a distanza”, spiega Grätzel.

Nella pagina precedente in alto a sinistra una fusione a freddo controllata nel centro di ricerche del Massachusetts. Nella pagina a destra in alto Daniel G. Nocera nel suo laboratorio e a fianco il logo e la sede del MIT, Massachusetts institute of technology.A sinistra Daniel G. Nocera e il suo team di ricercatori e lo schema sull’applicazione domestica della fotosintesi artificiale. Sopra il cenro di sperimentazione sull’energia pulita con condensatore di idrogeno.

dominante. L’energia solare ha un potenziale unico per gene-rare grandi quantità di energia pulita non contribuendo al ri-scaldamento globale.Ma senza un strumento a basso costo per immagazzinare questa energia, l’energia solare non può sostituire i combustibili fos-sili su larga scala ed in modo ef-ficiente. Nocera sarebbe riuscito così ad utilizzare la luce del sole per dividere le molecole dell’ac-qua, per utilizzarla poi sotto for-

ma di combustibile a idrogeno che in seguito potrebbe essere bruciato in un generatore o ri-combinato con l’ossigeno in una cella a combustibile.

Fotosintesi domesticaAncora più ambizioso sarebbe la reazione potesse essere uti-lizzata per dividere le molecole dell’acqua partendo dall’acqua di mare.Ispirato dal processo di foto-sintesi delle piante, Nocera e Matthew Kanan (borsista postdottorato nel laboratorio di Nocera), hanno sviluppato un processo senza precedenti che permetterà all’energia solare di essere utilizzata per dividere l’acqua in idrogeno e ossigeno e ricombinato all’interno di una cella a combustibile, producen-do energia elettrica per casa o per auto senza creare emis-sioni di CO2 sia di giorno che di notte. La componente chiave per Nocera e Kanan del nuovo processo è un catalizzatore che produce ossigeno dall’acqua ed un altro prezioso catalizzatore che estrae idrogeno. Il nuovo

catalizzatore consiste in metallo di cobalto, del fosfato ed un elet-trodo posti in acqua.Quando l’energia elettrica pro-veniente da una cella fotovoltai-ca, da una turbina eolica o da qualsiasi altra fonte di energia, sull’elettrodo si forma un sottile film producendo ossigeno sot-toforma di gas. Combinato poi con un altro catalizzatore, come per esempio il platino, in grado di produrre idrogeno dall’ac-qua, il sistema è in grado di du-

plicare la divisione degli atomi che compongono la molecola dell’acqua come si verifica du-rante il processo di fotosintesi.Immagazzinare l’energia pro-veniente dal sole simulando un processo che sia simile alla fo-tosintesi, gli scienziati lo hanno cercato di fare sin dai primi anni 1970. In particolare, essi hanno cercato di replicare il modo in cui le piante verdi riescano ad scindere le molecole dell’acqua. Gli esperimenti riuscirono ma solo utilizzando alte temperatu-re, soluzioni alcaline pericolose, o rare e costose tecnologie come catalizzatori al platino. Il cataliz-zatore di Nocera invece è eco-nomico e utilizza una tempera-tura ambiente e senza sostanze caustiche, le stesse semplici con-dizioni riscontrate nelle piante.Il nuovo catalizzatore funziona a temperatura ambiente e pH dell’acqua neutro; “è facile da controllare”, spiega Nocera. “Per questo nel momento in cui si va ad applicare per far la-vorare il processo, è così facile da attuare. E’ un passo gigante per l’energia pulita, la luce del

sole infatti è quella che offre il maggiore potenziale rispetto a qualsiasi altra fonte di energia per risolvere i problemi di fabbi-sogno energetico.1 ora di sole che colpisce l’inte-ro globo offrirebbe abbastanza luce per ricoprire il fabbisogno di energia del pianeta per un anno. James Barber, leader nello studio della fotosintesi che non è stato coinvolto nella ricerca am-mette che “Si tratta di una gran-de scoperta con enormi impli-cazione per la futura prosperità di tutta l’umanità.” Ernst Chain, biochimico presso l’Imperial College di Londra “L’importanza della loro scoperta non può es-sere sopravvalutata, poiché apre la porta per lo sviluppo di nuove tecnologie per la produzione di energia, riducendo così la no-stra dipendenza dai combustibili fossili e affrontando il problema globale del cambiamento clima-tico”.Nocera vede 2 modi per trarre vantaggio dalla sua conquista:Desalinizzare l’Acqua di Mare e Produrre Idrogeno

In primo luogo, un pannello foto-voltaico convenzionale che cat-tura la luce del sole per produrre energia elettrica; a sua volta, l’elettricità sarebbe spedita ad un dispositivo chiamato uno “electrolyzer”, che sarebbe il ca-

talizzatori che divide le molecole d’acqua.Dalla foglia artificiale di Michael GrätzelMichael Grätzel, tuttavia, un professore di chimica e inge-gneria chimica presso l’Ecole Polytechnique Fédérale di Lo-sanna, in Svizzera, fu una del-le prime persone a cui Nocera spiegò l’esperimento con il suo nuovo catalizzatore. “Era così eccitato”, spiega Grätzel. “Lui mi ha portato ad un ristorante e

ha acquistato un enorme costosa bottiglia di vino”.Nel 1991, Grätzel inventò un promettente nuovo tipo di cel-la solare. Essa si avvale di un colorante contenente rutenio, che agisce in modo molto simi-

le alla clorofilla in una pianta, assorbendo la luce, e rilascian-do elettroni. Nella cella solare di Grätzel gli elettroni vengono poi raccolti da un film di biossi-do di titanio e diretto attraverso un circuito esterno, generando elettricità. Grätzel ora pensa che egli possa integrare la sua cella solare molto facilmente al catalizzatore di Nocera in un unico dispositivo che utilizzereb-be l’energia solare per dividere l’acqua. Le tinture solari di per

sé, quando vengono esposte alla luce, sono in grado di generare la tensione necessaria al sistema. “Il colorante agisce come un filo molecolare che conduce elettroni a distanza”, spiega Grätzel.

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Le celle di Grätzel (o celle fotoelettrochimiche, in inglese dye-sensitized solar cell – DSSc o DSC) sono delle celle fotovoltaiche che, al contrario delle controparti al silicio, sfrut-tano un principio fisico simile a quello della fotosintesi clorofillia-na, profondamente diverso da quello delle celle fotovoltaiche al silicio.In queste, infatti, quando viene assorbito un fotone nella zona svuotata, si crea una coppia elettrone/lacuna che si separa immediatamente a causa della differenza di potenziale presen-te nella zona svuotata. In questo modo si forma una fotocorrente che verrà poi sfruttata adegua-tamente.La cella di Grätzel, invece, ha una struttura a sandwich: due vetrini conduttori, che fungono da elettrodi, sono separati da uno strato di TiO2, dal materiale attivo e dalla soluzione elettroli-tica.Il materiale attivo è costituito da un colorante (dye) che trasferi-sce elettroni al TiO2 in seguito all’assorbimento di un fotone. Per quanto concerne il dye, qualsiasi tipo di frutta va bene, purché abbia i giusti gruppi chi-mici per legarsi al TiO2. Come dye sono state utilizzate mole-cole estratte dal succo di more e lamponi.Il TiO2 è un nanomateriale uti-lizzato come base su cui si ag-ganciano un grande numero di molecole di colorante. Per mi-gliorare il rendimento, si scalda lo strato di TiO2 in un forno per formare una struttura porosa e aumentare quindi enormemente la superficie cui si può attac-care il colorante, aumentando così l’area attiva. Si forma così una matrice che si sviluppa nel-le tre dimensioni, aumentando il numero di molecole per unità di area della superficie di una cella.Invece la soluzione elettrolitica, in genere a base di iodio (I2) e ioduro di potassio (KI), ha il compito di permettere il traspor-to della buca formatasi contem-poraneamente all’emissione

dell’elettrone quando la mole-cola di colorante viene colpita da un fotone, in direzione del contro-elettrodo. In questo modo viene restituito al colorante l’e-lettrone perso attraverso l’ossi-dazione e il ciclo si può quindi ripetere indefinitamente.Quando la cella è in funzione, la luce solare entra attraverso l’elettrodo trasparente supe-riore, colpendo il dye deposto sulla superficie di TiO2. I fotoni che colpiscono il colovrante con sufficiente energia per essere as-sorbiti creano uno stato eccitato della molecola del dye, da cui un elettrone può essere “inietta-to” direttamente nella banda di conduzione del TiO2 e da lì si

muove per un gradiente di dif-fusione chimica verso l’anodo. Nel frattempo, la molecola del colorante ha perso un elettrone e la molecola si decomporrà se non viene fornito un altro elettro-ne. Quindi il dye ne strappa uno dallo ioduro (I−) nella soluzione elettrolitica, ossidandolo in un triioduro (I3-).Questa reazione avviene piutto-sto velocemente se paragonata al tempo che impiega l’elettrone iniettato nel TiO2 per ricombi-narsi con la molecola di colo-rante ossidata. In questo modo si evita la reazione di ricombi-nazione tra colorante ossidato ed elettrone che abbasserebbe fortemente l’efficienza della cel-

la solare. Il triioduro quindi re-cupera il suo elettrone mancante diffondendo verso il fondo della cella, dove il contro-elettrodo reintroduce gli elettroni dopo che sono passati attraverso il cir-cuito esterno.Quindi il TiO2 funge da accetto-re di elettroni, il colorante orga-nico è la pompa elettrochimica mentre la soluzione elettrolitica agisce come donatore di elet-troni.Questo principio è assolutamen-te analogo al fenomeno della fotosintesi clorofilliana: infatti in essa la clorofilla ricopre il ruo-lo del materiale attivo, il CO2 è l’accettore di elettroni, mentre l’acqua è il donatore.

Sunnybag ha iniziato la produzione in serie di borse fotovoltaiche a Novembre: ad oggi si tratta dell’unico produttore di borse a tracolla con integrato un mini impianto fotovoltaico per caricare dispositivi elettronici portatili come i telefoni cellulari, lettori MP3 e PDA. Con questa linea di borse Sunnybag affronta in modo creativo l’importante questione della dipendenza generalizzata da risorse energe-tiche non rinnovabili offrendo ai consumatori un’alternativa sostenibile.Con l’integrazione di tecnologia solare flessibile con una potenza di 3 Watt, Sun-nybag si pone l’obiettivo di creare interesse verso i consumatori di energie rin-novabili integrando il prodotto nella vita quotidiana delle persone. Sunnybag ha cercato di sviluppare una borsa solare che sia anche in grado di caricare un dispositivo mobile nelle giornate nuvolose.

Il campo delle celle solari organiche comprende tutti quei dispositivi la cui parte fotoattiva è basata sui composti organici del carbonio. La struttura base di una cella organica è semplice: essa è detta “a sandwich” ed è composta da un substrato, generalmente vetro ma anche plastica flessibile, e da una o più sottilissime pellicole, che contengono i materiali fotoattivi, frapposte tra due elettrodi conduttivi. Le celle organiche più efficienti, ispirandosi al processo di fotosintesi clorofilliana, utilizzano una miscela di materiali in cui un pigmento assorbe la radiazione solare e gli altri componenti estraggono la carica per produrre elettricità. La gamma di pigmenti che possono essere impiegati include quelli a base vegetale, come le antocianine derivate dai frutti di bosco, i polimeri e le molecole sintetizzate in modo da massimizzare l’assorbimento dello spettro solare.

Nella pagina a fianco Michael Grätzel con una delle sue celle solari organiche brevettate, in alto una borsa Sunnybag che catalizza l’energia solare per caricare piccoli dispositivi. A fianco una cella solare in produzione industriale applicata ad uso domestico.

CELLULE SOLARI

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Le celle di Grätzel (o celle fotoelettrochimiche, in inglese dye-sensitized solar cell – DSSc o DSC) sono delle celle fotovoltaiche che, al contrario delle controparti al silicio, sfrut-tano un principio fisico simile a quello della fotosintesi clorofillia-na, profondamente diverso da quello delle celle fotovoltaiche al silicio.In queste, infatti, quando viene assorbito un fotone nella zona svuotata, si crea una coppia elettrone/lacuna che si separa immediatamente a causa della differenza di potenziale presen-te nella zona svuotata. In questo modo si forma una fotocorrente che verrà poi sfruttata adegua-tamente.La cella di Grätzel, invece, ha una struttura a sandwich: due vetrini conduttori, che fungono da elettrodi, sono separati da uno strato di TiO2, dal materiale attivo e dalla soluzione elettroli-tica.Il materiale attivo è costituito da un colorante (dye) che trasferi-sce elettroni al TiO2 in seguito all’assorbimento di un fotone. Per quanto concerne il dye, qualsiasi tipo di frutta va bene, purché abbia i giusti gruppi chi-mici per legarsi al TiO2. Come dye sono state utilizzate mole-cole estratte dal succo di more e lamponi.Il TiO2 è un nanomateriale uti-lizzato come base su cui si ag-ganciano un grande numero di molecole di colorante. Per mi-gliorare il rendimento, si scalda lo strato di TiO2 in un forno per formare una struttura porosa e aumentare quindi enormemente la superficie cui si può attac-care il colorante, aumentando così l’area attiva. Si forma così una matrice che si sviluppa nel-le tre dimensioni, aumentando il numero di molecole per unità di area della superficie di una cella.Invece la soluzione elettrolitica, in genere a base di iodio (I2) e ioduro di potassio (KI), ha il compito di permettere il traspor-to della buca formatasi contem-poraneamente all’emissione

dell’elettrone quando la mole-cola di colorante viene colpita da un fotone, in direzione del contro-elettrodo. In questo modo viene restituito al colorante l’e-lettrone perso attraverso l’ossi-dazione e il ciclo si può quindi ripetere indefinitamente.Quando la cella è in funzione, la luce solare entra attraverso l’elettrodo trasparente supe-riore, colpendo il dye deposto sulla superficie di TiO2. I fotoni che colpiscono il colovrante con sufficiente energia per essere as-sorbiti creano uno stato eccitato della molecola del dye, da cui un elettrone può essere “inietta-to” direttamente nella banda di conduzione del TiO2 e da lì si

muove per un gradiente di dif-fusione chimica verso l’anodo. Nel frattempo, la molecola del colorante ha perso un elettrone e la molecola si decomporrà se non viene fornito un altro elettro-ne. Quindi il dye ne strappa uno dallo ioduro (I−) nella soluzione elettrolitica, ossidandolo in un triioduro (I3-).Questa reazione avviene piutto-sto velocemente se paragonata al tempo che impiega l’elettrone iniettato nel TiO2 per ricombi-narsi con la molecola di colo-rante ossidata. In questo modo si evita la reazione di ricombi-nazione tra colorante ossidato ed elettrone che abbasserebbe fortemente l’efficienza della cel-

la solare. Il triioduro quindi re-cupera il suo elettrone mancante diffondendo verso il fondo della cella, dove il contro-elettrodo reintroduce gli elettroni dopo che sono passati attraverso il cir-cuito esterno.Quindi il TiO2 funge da accetto-re di elettroni, il colorante orga-nico è la pompa elettrochimica mentre la soluzione elettrolitica agisce come donatore di elet-troni.Questo principio è assolutamen-te analogo al fenomeno della fotosintesi clorofilliana: infatti in essa la clorofilla ricopre il ruo-lo del materiale attivo, il CO2 è l’accettore di elettroni, mentre l’acqua è il donatore.

Sunnybag ha iniziato la produzione in serie di borse fotovoltaiche a Novembre: ad oggi si tratta dell’unico produttore di borse a tracolla con integrato un mini impianto fotovoltaico per caricare dispositivi elettronici portatili come i telefoni cellulari, lettori MP3 e PDA. Con questa linea di borse Sunnybag affronta in modo creativo l’importante questione della dipendenza generalizzata da risorse energe-tiche non rinnovabili offrendo ai consumatori un’alternativa sostenibile.Con l’integrazione di tecnologia solare flessibile con una potenza di 3 Watt, Sun-nybag si pone l’obiettivo di creare interesse verso i consumatori di energie rin-novabili integrando il prodotto nella vita quotidiana delle persone. Sunnybag ha cercato di sviluppare una borsa solare che sia anche in grado di caricare un dispositivo mobile nelle giornate nuvolose.

Il campo delle celle solari organiche comprende tutti quei dispositivi la cui parte fotoattiva è basata sui composti organici del carbonio. La struttura base di una cella organica è semplice: essa è detta “a sandwich” ed è composta da un substrato, generalmente vetro ma anche plastica flessibile, e da una o più sottilissime pellicole, che contengono i materiali fotoattivi, frapposte tra due elettrodi conduttivi. Le celle organiche più efficienti, ispirandosi al processo di fotosintesi clorofilliana, utilizzano una miscela di materiali in cui un pigmento assorbe la radiazione solare e gli altri componenti estraggono la carica per produrre elettricità. La gamma di pigmenti che possono essere impiegati include quelli a base vegetale, come le antocianine derivate dai frutti di bosco, i polimeri e le molecole sintetizzate in modo da massimizzare l’assorbimento dello spettro solare.

Nella pagina a fianco Michael Grätzel con una delle sue celle solari organiche brevettate, in alto una borsa Sunnybag che catalizza l’energia solare per caricare piccoli dispositivi. A fianco una cella solare in produzione industriale applicata ad uso domestico.

CELLULE SOLARI

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e  in  italia?

Il mercato fotovoltaico ita-liano, che ormai rivaleg-gia con quello degli altri Paesi di punta (come Ger-mania, Giappone, Stati Uniti e Spagna), si pre-senta come promettente e strategico per investitori e produttori direttamente coinvolti nel settore.Grazie al decreto 5 mag-gio 2011 sono state defi-nite le regole per l’avvio del 4° Conto Energia che

avrà il compito di accom-pagnare il mercato fo-tovoltaico italiano verso la piena maturità. Rag-giunta questa condizione, prevista dal dispositivo di legge nel limite massimo temporale del 2016, non sarà economicamente più necessario incentivarne lo sviluppo.Peraltro, gli ostacoli di na-tura politica e burocratica sembrano essersi ulterior-

mente ridotti, aspetto che dovrebbe poter conferma-re una crescita robusta e fluida del mercato, com-plice l’impegno rinnovato dei suoi attori principali, quali società elettriche, distributori, aziende, in-stallatori, progettisti e gli stessi utenti.

Un po’ di storia e di dati sul fotovoltaico in ItaliaIl Decreto che ha dato ini-

zio a questo sistema di in-centivazione è datato 28 luglio 2005.La prima fase (1° Conto Energia) è stata caratte-rizzata principalmente da due gravi limiti: una potenza massima ammis-sibile all’incentivazione di 85 MWp/anno e un’ec-cessiva burocratizzazio-ne, che ha anche prodotto situazioni di speculazione specialmente per gli im-

pianti FV di grande taglia.Nonostante ciò, i risultati ottenuti sono stati signifi-cativi del grande interesse delle aziende e dei citta-dini verso questa nuova tecnologia, tanto che le domande ricevute sono state nettamente superiori alle aspettative e, soprat-tutto, alla potenza massi-ma incentivabile.

Dati e statistiche del paese del sole, uno dei più sviluppati nel settore fotovoltaico ma meno pubblicizzatiArticolo di Simone Girolami

Anno 2009

Anno 2010

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e  in  italia?

Il mercato fotovoltaico ita-liano, che ormai rivaleg-gia con quello degli altri Paesi di punta (come Ger-mania, Giappone, Stati Uniti e Spagna), si pre-senta come promettente e strategico per investitori e produttori direttamente coinvolti nel settore.Grazie al decreto 5 mag-gio 2011 sono state defi-nite le regole per l’avvio del 4° Conto Energia che

avrà il compito di accom-pagnare il mercato fo-tovoltaico italiano verso la piena maturità. Rag-giunta questa condizione, prevista dal dispositivo di legge nel limite massimo temporale del 2016, non sarà economicamente più necessario incentivarne lo sviluppo.Peraltro, gli ostacoli di na-tura politica e burocratica sembrano essersi ulterior-

mente ridotti, aspetto che dovrebbe poter conferma-re una crescita robusta e fluida del mercato, com-plice l’impegno rinnovato dei suoi attori principali, quali società elettriche, distributori, aziende, in-stallatori, progettisti e gli stessi utenti.

Un po’ di storia e di dati sul fotovoltaico in ItaliaIl Decreto che ha dato ini-

zio a questo sistema di in-centivazione è datato 28 luglio 2005.La prima fase (1° Conto Energia) è stata caratte-rizzata principalmente da due gravi limiti: una potenza massima ammis-sibile all’incentivazione di 85 MWp/anno e un’ec-cessiva burocratizzazio-ne, che ha anche prodotto situazioni di speculazione specialmente per gli im-

pianti FV di grande taglia.Nonostante ciò, i risultati ottenuti sono stati signifi-cativi del grande interesse delle aziende e dei citta-dini verso questa nuova tecnologia, tanto che le domande ricevute sono state nettamente superiori alle aspettative e, soprat-tutto, alla potenza massi-ma incentivabile.

Dati e statistiche del paese del sole, uno dei più sviluppati nel settore fotovoltaico ma meno pubblicizzatiArticolo di Simone Girolami

Anno 2009

Anno 2010

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Il car sharing, (conosciuto anche come “auto condivisa”, “condi-visione dell’automobile” o “passavettura”) è un servizio che per-mette di utilizzare un’automobile su prenotazione, prelevandola e riportandola in un parcheggio vicino al proprio domicilio, e pa-

gando in ragione dell’utilizzo fatto. Questo servizio viene utilizzato all’interno di politiche di Mobilità sostenibile, per favorire il passag-gio dal possesso del mezzo all’uso dello stesso (cioè all’accesso al servizio di mobilità), in modo da consentire di rinunciare all’automo-

L’auto, in questo modo, passa dall’ambito dei beni di consumo a quello dei servizi.Tipicamente si tratta di un servizio commerciale erogato da appo-site aziende, spesso con l’appoggio di associazioni ambientaliste ed enti locali.Il car sharing si distingue dal car pooling. Anche se i due termini vengono a volte impropriamente considerati sinonimi, i due con-cetti sono diversi: nel car pooling più persone viaggiano insieme nella stessa auto, che normalmente è di proprietà di uno dei viag-giatori, e dividono tra loro le spese di viaggio e manutenzione. Il car sharing, invece, può essere assimilato a un autonoleggio a ore con automobili parcheggiate in più punti della città.Quando si possiede un’auto privata, gran parte dei costi relativi sono tendenzialmente indipendenti dall’utilizzo che se ne fa: ac-quisto, manutenzione, assicurazione, tasse. Chi possiede un’auto tende spesso a percepire solo i “costi vivi” (carburante, pedaggi, sosta) o al massimo quelli relativi all’usura (gomme, freni, ecc.),

sottovalutare il costo dell’utilizzo dell’auto, e quindi ad utilizzarla più di quanto sia opportuno anche dal punto di vista del proprio bilancio individuale o familiare.Il possesso di un’automobile implica, oltretutto, il costo di acqui-sto e la svalutazione al momento della vendita, oltre agli ovvi rischi di furto o danneggiamento.L’auto condivisa rende invece i costi relativi all’uso dell’auto preva-

Un servizio di auto condivisa è conveniente in particolare in aree urbane densamente popolate, dove:- è possibile soddisfare gran parte delle proprie esigenze di mobi-lità usando il trasporto pubblico o la mobilità non

Articolo di Maddalena Torri

Il servizio che permette di utilizzare un’automobile su preno-tazione, prelevandola e riportandola in un parcheggio vicino al proprio domicilio, e pagando in ragione dell’utilizzo fatto.

TRASPORTO COLLETTIVO

CAR SHARING

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Il car sharing, (conosciuto anche come “auto condivisa”, “condi-visione dell’automobile” o “passavettura”) è un servizio che per-mette di utilizzare un’automobile su prenotazione, prelevandola e riportandola in un parcheggio vicino al proprio domicilio, e pa-

gando in ragione dell’utilizzo fatto. Questo servizio viene utilizzato all’interno di politiche di Mobilità sostenibile, per favorire il passag-gio dal possesso del mezzo all’uso dello stesso (cioè all’accesso al servizio di mobilità), in modo da consentire di rinunciare all’automo-

L’auto, in questo modo, passa dall’ambito dei beni di consumo a quello dei servizi.Tipicamente si tratta di un servizio commerciale erogato da appo-site aziende, spesso con l’appoggio di associazioni ambientaliste ed enti locali.Il car sharing si distingue dal car pooling. Anche se i due termini vengono a volte impropriamente considerati sinonimi, i due con-cetti sono diversi: nel car pooling più persone viaggiano insieme nella stessa auto, che normalmente è di proprietà di uno dei viag-giatori, e dividono tra loro le spese di viaggio e manutenzione. Il car sharing, invece, può essere assimilato a un autonoleggio a ore con automobili parcheggiate in più punti della città.Quando si possiede un’auto privata, gran parte dei costi relativi sono tendenzialmente indipendenti dall’utilizzo che se ne fa: ac-quisto, manutenzione, assicurazione, tasse. Chi possiede un’auto tende spesso a percepire solo i “costi vivi” (carburante, pedaggi, sosta) o al massimo quelli relativi all’usura (gomme, freni, ecc.),

sottovalutare il costo dell’utilizzo dell’auto, e quindi ad utilizzarla più di quanto sia opportuno anche dal punto di vista del proprio bilancio individuale o familiare.Il possesso di un’automobile implica, oltretutto, il costo di acqui-sto e la svalutazione al momento della vendita, oltre agli ovvi rischi di furto o danneggiamento.L’auto condivisa rende invece i costi relativi all’uso dell’auto preva-

Un servizio di auto condivisa è conveniente in particolare in aree urbane densamente popolate, dove:- è possibile soddisfare gran parte delle proprie esigenze di mobi-lità usando il trasporto pubblico o la mobilità non

Articolo di Maddalena Torri

Il servizio che permette di utilizzare un’automobile su preno-tazione, prelevandola e riportandola in un parcheggio vicino al proprio domicilio, e pagando in ragione dell’utilizzo fatto.

TRASPORTO COLLETTIVO

CAR SHARING

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Il bike sharing (traducibile come “condivisione della bicicletta”, talvolta indicato come servizio di biciclette pubbliche) è uno degli strumenti di mobilità sostenibile a disposizione delle amministrazioni pubbliche che intendono aumentare l’utilizzo dei mezzi di trasporto pubblici (autobus, tram e metropolitane), integrandoli tra loro (trasporto intermodale) e integrandoli dall’utilizzo delle biciclette condivise per i viaggi di prossimità dove il mezzo pubblico non arriva o non può arrivare. È quindi una possibile soluzione al problema dell’”ultimo chilometro”, cioè quel tratto di percorso che separa

dell’utente.Il bike sharing prevede che siano installate delle stazioni in diversi punti della città dove collocare le biciclette. Le biciclette sono bloccate e sono utilizzabili dopo averle sbloccate o con una chiave o con una tessera contactless (RFID).Il servizio non è quindi generalmente usufruibile da tutti ma richiede una registrazione per la consegna delle chiavi o della tessera: in questo modo si scoraggiano i furti poiché si è a conoscenza di chi ha utilizzato la bicicletta in quel momento.

in un’altra stazione o obbligatoriamente nella medesima stazione di partenza (in base al sistema).Generalmente la prima mezz’ora o ora è gratuita, poi il servizio è a pagamento e più usi la bicicletta (e quindi non la condividi) più il costo aumenta; questi sistemi possono prevedere anche abbonamenti mensili o annuali. Esistono anche sistemi, installati soprattutto nelle città più piccole, completamente gratuiti (salvo il pagamento di una cauzione per la tessera o la chiave).Il servizio è generalmente attivo 24 ore su 24 anche se ci sono sistemi vincolati ad un orario.Molti dei servizi su abbonamento funzionano grazie a partenariati pubblici e privati. Parecchie città europee, tra le quali Lione, Parigi, Londra, Barcellona e Stoccolma, hanno preso accordi con compagnie pubblicitarie che forniscono il comune con migliaia di biciclette a titolo gratuito (o sottocosto). In cambio alle agenzie pubblicitarie viene permesso di apporre della pubblicità sia sulle biciclette che in altri punti della città.

Nel resto dell’Europa, tra le iniziative di questo tipo di maggior successo vi è il Vélib’, la rete di bike sharing a Parigi e il Bicing di Barcellona. Dal luglio 2010 è attiva anche a Londra una rete di bici condivise.

Le città dotate di condivisione di biciclette in Italia

metropolitane (Milano, Roma, Torino), sia nelle grandi città (Brescia, Bari), sia in paesi piccoli (ad esempio Marcon, Trani).Nella zona centro-occidentale della provincia di Torino dal 20 settembre 2008 è attivo il sistema BiciinComune, coordinato dal Patto Territoriale Zona Ovest di Torino e con all’attivo 22 stazioni di

Rivoli, Venaria Reale, Alpignano e Druento, che raggiungono un bacino di utenza di quasi 200.000

le biciclette in uno qualunque dei comuni aderenti e in una qualsiasi stazione, anche se diversa dal

Oltre che per le caratteristiche e la grandezza dei territori serviti i servizi di bike sharing si differenziano tra loro per vari aspetti quali la capillarità delle stazioni, i piani tariffari, le modalità di utilizzo e di restituzione dei mezzi forniti e la loro tipologia. È particolarmente interessante in questo senso il servizio di Genova, effettuato a mezzo di biciclette elettriche che aiutano a superare i numerosi dislivelli

Le maggiori aziende che hanno installato le reti di condivisione di biciclette in Italia sono C’entro in bici (sistema a chiave) e Bicincittà (sistema a tessera

alla multinazionale americana della pubblicità Clear

Il bike sharing di Milano, con 118 stazioni attive al 22 agosto 2011, è il sistema più esteso ed utilizzato d’Italia e l’8° nell’Unione europea per numero di biciclette disponibili; ai primi posti anche per numero di biciclette per abitante (circa 1 ogni 563 abitanti, considerando quest’ultimo parametro batte Londra che dispone di una bicicletta ogni 1.250 abitanti). In termini di estensione del servizio di condivisione di biciclette è superato rispettivamente da Parigi, Londra, Barcellona, Lione, Bruxelles, Siviglia e Tolosa.

2011, estenderà il servizio sino a 200 stazioni e 3.650 biciclette, all’interno di un progetto che prevede almeno 300 stazioni e 5.000 biciclette nel capoluogo

di 3.500-5.000 biciclette al giorno, il 7 luglio 2011 si sono raggiunti 2 milioni di prelievi dall’attivazione del

1. Simbolo del parcheggio riservato al carpooling2. Applicazione per I-phone che permette di trovare parcheggio per il car-sharing3. La tessera dell’abbonamento di veicoli in città4. Corsia per automobili elettriche5. Veicoli nella provincia di Milano6. Il servizio di bike-sharing di Barcellona

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motorizzata;- la densità della popolazione consente di coprire un numeroso bacino di utenza con ciascun parcheggio, mantenendo modesta la distanza tra il parcheggio e l’abitazione degli utenti.- il possesso di un’auto scarsamente utilizzata ha costi elevati, soprattutto se rapportati alla percorrenza (ga-rage, assicurazione, revisioni, ecc.).

ottiene con tale servizio, i Comuni (di concerto con le aziende di trasporto pubblico locale) tendono in gene-re a favorirne l’uso, con importanti agevolazioni quali, ad esempio:- l’uso delle corsie preferenziali e l’accesso gratuito alle ZTL;- la sosta gratuita in centro;- la possibilità di circolare anche in periodi di limitazio-

-lazione per superamento delle soglie inquinanti, ecc.).I servizi di molte città italiane sono consorziati nel cir-cuito nazionale Iniziativa Car Sharing (ICS), organo del Ministero dell’Ambiente, che ne garantisce l’o-mogeneità delle apparecchiature e l’interoperabilità dei servizi. Ogni abbonato al servizio in una delle città aderenti al circuito può usare i servizi delle altre città del circuito. Altre città offrono un servizio di auto con-divisa, seppur non integrato nel circuito nazionale.I servizi aderenti al circuito unico nazionale contano complessivamente, al dicembre 2009, circa 15.000 utenti), 573 auto e 383 parcheggi, per una media di circa 26 utenti per ogni auto. Aderiscono al servizio le seguenti città:- Emilia-Romagna: Bologna (e provincia), Modena-Carpi, Parma.- Lazio: Roma.- Liguria: Genova e Savona.- Lombardia: Milano e provincia, Monza, Brescia.- Piemonte: Torino e provincia.- Sicilia: Palermo.- Toscana: Firenze ed area metropolitana (Scandicci, Sesto Fiorentino);- Veneto: Verona, Vicenza, Padova e Venezia.Globalmente, le città aderenti al circuito di ICS sono: Alessandria, Bari, Bologna, Brescia, Firenze, Genova, Livorno, Mantova, Milano, Modena, Novara, Padova, Palermo, Parma, Perugia, Pescara, Reggio Emilia, Roma, Scandicci, Sesto Fiorentino, Taranto, Torino, Venezia, Viareggio.A livello provinciale si hanno invece le province di Bo-logna, Milano, Napoli, Rimini.In Italia e nel mondo i servizi di car sharing stanno ra-pidamente evolvendo verso nuovi modelli di utilizzo, basati su auto elettriche e senza il vincolo del parcheg-

-teressanti, si segnalano:- Il Progetto Car2go, ad oggi attivo in Germania, Isra-ele e Stati Uniti. Offre il notevole vantaggio di poter ef-fettuare spostamenti di sola andata, lasciando l’auto in un punto diverso da quello di partenza. Il pagamento per il servizio viene calcolato in base ai minuti di utiliz-zo, indipendentemente dai chilometri percorsi.- Il Progetto Autolib, in fase di preparazione a Parigi,

-che da disseminare in città, anche in questo caso con la possibilità di lasciare l’auto in un parcheggio diverso da quello di partenza.Il Van Sharing è una metodologia di distribuzione delle merci in ambito urbano basata sulla condivisione di

-mente al sistema di car sharing, dedicato alla mobilità

realizzabili implementando un servizio di van sharing.Tra le più interessanti esperienze in Italia, si citano:- Bologna: il Progetto VanSharing sarà costituito da una piattaforma software e da 30 mezzi a basso im-patto che potranno utilizzare apposite aree dedicate

per il carico delle merci;- Torino: come nel caso del car sharing, gli operatori avranno diverse agevolazioni a livello di accessibilità al centro città (sosta gratuita, accesso alla ZTL, corsie preferenziali, libera circolazione con targhe alterne). Po-tranno inoltre usare i veicoli del servizio car sharing di Torino. Anche la struttura tariffaria sarà analoga a quella del car-sharing.Il car pooling (dalla lingua inglese, traducibile in italia-no come auto di gruppo o concarreggio) è una mo-dalità di trasporto che consiste nella condivisione di

principale di ridurre i costi del trasporto. È uno degli ambiti di intervento della mobilità sostenibile.Uno o più dei soggetti coinvolti mettono a disposi-zione il proprio veicolo, eventualmente alternandosi nell’utilizzo, mentre gli altri contribuiscono con ade-guate somme di denaro a coprire una parte delle spe-se sostenute dagli autisti. Tale modalità di trasporto è diffusa in ambienti lavorativi o universitari, dove di-

versi soggetti, che percorrono la medesima tratta nella stessa fascia oraria, spontaneamente si accordano per viaggiare insieme.La pratica del condividere l’auto è maggiormente dif-fusa nei paesi del nord Europa e negli Stati Uniti dove

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Il bike sharing (traducibile come “condivisione della bicicletta”, talvolta indicato come servizio di biciclette pubbliche) è uno degli strumenti di mobilità sostenibile a disposizione delle amministrazioni pubbliche che intendono aumentare l’utilizzo dei mezzi di trasporto pubblici (autobus, tram e metropolitane), integrandoli tra loro (trasporto intermodale) e integrandoli dall’utilizzo delle biciclette condivise per i viaggi di prossimità dove il mezzo pubblico non arriva o non può arrivare. È quindi una possibile soluzione al problema dell’”ultimo chilometro”, cioè quel tratto di percorso che separa

dell’utente.Il bike sharing prevede che siano installate delle stazioni in diversi punti della città dove collocare le biciclette. Le biciclette sono bloccate e sono utilizzabili dopo averle sbloccate o con una chiave o con una tessera contactless (RFID).Il servizio non è quindi generalmente usufruibile da tutti ma richiede una registrazione per la consegna delle chiavi o della tessera: in questo modo si scoraggiano i furti poiché si è a conoscenza di chi ha utilizzato la bicicletta in quel momento.

in un’altra stazione o obbligatoriamente nella medesima stazione di partenza (in base al sistema).Generalmente la prima mezz’ora o ora è gratuita, poi il servizio è a pagamento e più usi la bicicletta (e quindi non la condividi) più il costo aumenta; questi sistemi possono prevedere anche abbonamenti mensili o annuali. Esistono anche sistemi, installati soprattutto nelle città più piccole, completamente gratuiti (salvo il pagamento di una cauzione per la tessera o la chiave).Il servizio è generalmente attivo 24 ore su 24 anche se ci sono sistemi vincolati ad un orario.Molti dei servizi su abbonamento funzionano grazie a partenariati pubblici e privati. Parecchie città europee, tra le quali Lione, Parigi, Londra, Barcellona e Stoccolma, hanno preso accordi con compagnie pubblicitarie che forniscono il comune con migliaia di biciclette a titolo gratuito (o sottocosto). In cambio alle agenzie pubblicitarie viene permesso di apporre della pubblicità sia sulle biciclette che in altri punti della città.

Nel resto dell’Europa, tra le iniziative di questo tipo di maggior successo vi è il Vélib’, la rete di bike sharing a Parigi e il Bicing di Barcellona. Dal luglio 2010 è attiva anche a Londra una rete di bici condivise.

Le città dotate di condivisione di biciclette in Italia

metropolitane (Milano, Roma, Torino), sia nelle grandi città (Brescia, Bari), sia in paesi piccoli (ad esempio Marcon, Trani).Nella zona centro-occidentale della provincia di Torino dal 20 settembre 2008 è attivo il sistema BiciinComune, coordinato dal Patto Territoriale Zona Ovest di Torino e con all’attivo 22 stazioni di

Rivoli, Venaria Reale, Alpignano e Druento, che raggiungono un bacino di utenza di quasi 200.000

le biciclette in uno qualunque dei comuni aderenti e in una qualsiasi stazione, anche se diversa dal

Oltre che per le caratteristiche e la grandezza dei territori serviti i servizi di bike sharing si differenziano tra loro per vari aspetti quali la capillarità delle stazioni, i piani tariffari, le modalità di utilizzo e di restituzione dei mezzi forniti e la loro tipologia. È particolarmente interessante in questo senso il servizio di Genova, effettuato a mezzo di biciclette elettriche che aiutano a superare i numerosi dislivelli

Le maggiori aziende che hanno installato le reti di condivisione di biciclette in Italia sono C’entro in bici (sistema a chiave) e Bicincittà (sistema a tessera

alla multinazionale americana della pubblicità Clear

Il bike sharing di Milano, con 118 stazioni attive al 22 agosto 2011, è il sistema più esteso ed utilizzato d’Italia e l’8° nell’Unione europea per numero di biciclette disponibili; ai primi posti anche per numero di biciclette per abitante (circa 1 ogni 563 abitanti, considerando quest’ultimo parametro batte Londra che dispone di una bicicletta ogni 1.250 abitanti). In termini di estensione del servizio di condivisione di biciclette è superato rispettivamente da Parigi, Londra, Barcellona, Lione, Bruxelles, Siviglia e Tolosa.

2011, estenderà il servizio sino a 200 stazioni e 3.650 biciclette, all’interno di un progetto che prevede almeno 300 stazioni e 5.000 biciclette nel capoluogo

di 3.500-5.000 biciclette al giorno, il 7 luglio 2011 si sono raggiunti 2 milioni di prelievi dall’attivazione del

1. Simbolo del parcheggio riservato al carpooling2. Applicazione per I-phone che permette di trovare parcheggio per il car-sharing3. La tessera dell’abbonamento di veicoli in città4. Corsia per automobili elettriche5. Veicoli nella provincia di Milano6. Il servizio di bike-sharing di Barcellona

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motorizzata;- la densità della popolazione consente di coprire un numeroso bacino di utenza con ciascun parcheggio, mantenendo modesta la distanza tra il parcheggio e l’abitazione degli utenti.- il possesso di un’auto scarsamente utilizzata ha costi elevati, soprattutto se rapportati alla percorrenza (ga-rage, assicurazione, revisioni, ecc.).

ottiene con tale servizio, i Comuni (di concerto con le aziende di trasporto pubblico locale) tendono in gene-re a favorirne l’uso, con importanti agevolazioni quali, ad esempio:- l’uso delle corsie preferenziali e l’accesso gratuito alle ZTL;- la sosta gratuita in centro;- la possibilità di circolare anche in periodi di limitazio-

-lazione per superamento delle soglie inquinanti, ecc.).I servizi di molte città italiane sono consorziati nel cir-cuito nazionale Iniziativa Car Sharing (ICS), organo del Ministero dell’Ambiente, che ne garantisce l’o-mogeneità delle apparecchiature e l’interoperabilità dei servizi. Ogni abbonato al servizio in una delle città aderenti al circuito può usare i servizi delle altre città del circuito. Altre città offrono un servizio di auto con-divisa, seppur non integrato nel circuito nazionale.I servizi aderenti al circuito unico nazionale contano complessivamente, al dicembre 2009, circa 15.000 utenti), 573 auto e 383 parcheggi, per una media di circa 26 utenti per ogni auto. Aderiscono al servizio le seguenti città:- Emilia-Romagna: Bologna (e provincia), Modena-Carpi, Parma.- Lazio: Roma.- Liguria: Genova e Savona.- Lombardia: Milano e provincia, Monza, Brescia.- Piemonte: Torino e provincia.- Sicilia: Palermo.- Toscana: Firenze ed area metropolitana (Scandicci, Sesto Fiorentino);- Veneto: Verona, Vicenza, Padova e Venezia.Globalmente, le città aderenti al circuito di ICS sono: Alessandria, Bari, Bologna, Brescia, Firenze, Genova, Livorno, Mantova, Milano, Modena, Novara, Padova, Palermo, Parma, Perugia, Pescara, Reggio Emilia, Roma, Scandicci, Sesto Fiorentino, Taranto, Torino, Venezia, Viareggio.A livello provinciale si hanno invece le province di Bo-logna, Milano, Napoli, Rimini.In Italia e nel mondo i servizi di car sharing stanno ra-pidamente evolvendo verso nuovi modelli di utilizzo, basati su auto elettriche e senza il vincolo del parcheg-

-teressanti, si segnalano:- Il Progetto Car2go, ad oggi attivo in Germania, Isra-ele e Stati Uniti. Offre il notevole vantaggio di poter ef-fettuare spostamenti di sola andata, lasciando l’auto in un punto diverso da quello di partenza. Il pagamento per il servizio viene calcolato in base ai minuti di utiliz-zo, indipendentemente dai chilometri percorsi.- Il Progetto Autolib, in fase di preparazione a Parigi,

-che da disseminare in città, anche in questo caso con la possibilità di lasciare l’auto in un parcheggio diverso da quello di partenza.Il Van Sharing è una metodologia di distribuzione delle merci in ambito urbano basata sulla condivisione di

-mente al sistema di car sharing, dedicato alla mobilità

realizzabili implementando un servizio di van sharing.Tra le più interessanti esperienze in Italia, si citano:- Bologna: il Progetto VanSharing sarà costituito da una piattaforma software e da 30 mezzi a basso im-patto che potranno utilizzare apposite aree dedicate

per il carico delle merci;- Torino: come nel caso del car sharing, gli operatori avranno diverse agevolazioni a livello di accessibilità al centro città (sosta gratuita, accesso alla ZTL, corsie preferenziali, libera circolazione con targhe alterne). Po-tranno inoltre usare i veicoli del servizio car sharing di Torino. Anche la struttura tariffaria sarà analoga a quella del car-sharing.Il car pooling (dalla lingua inglese, traducibile in italia-no come auto di gruppo o concarreggio) è una mo-dalità di trasporto che consiste nella condivisione di

principale di ridurre i costi del trasporto. È uno degli ambiti di intervento della mobilità sostenibile.Uno o più dei soggetti coinvolti mettono a disposi-zione il proprio veicolo, eventualmente alternandosi nell’utilizzo, mentre gli altri contribuiscono con ade-guate somme di denaro a coprire una parte delle spe-se sostenute dagli autisti. Tale modalità di trasporto è diffusa in ambienti lavorativi o universitari, dove di-

versi soggetti, che percorrono la medesima tratta nella stessa fascia oraria, spontaneamente si accordano per viaggiare insieme.La pratica del condividere l’auto è maggiormente dif-fusa nei paesi del nord Europa e negli Stati Uniti dove

RADIO MANGO Radio Fx-089 retròFabbricato:

Alambok (Malesia)

Impiegati:

200 al mese

Famiglie coinvolte:

136 al mese

Alberi salvati:

23 per Km

Costo:

180 euro

2

Radio Fx-069 ThreeBallFabbricato: Myang (Malesia)

Impiegati: 280 al mese

Famiglie coinvolte: 198 al mese

Alberi salvati: 36 per Km2

Radio Fx-09 modern

Fabbricato:

Pania (Malesia)

Impiegati:

178 al mese

Famiglie coinvolte:

102 al mese

Alberi salvati:

15 per Km

Costo:

150 euro

2

Radio Fx-069 ThreeBall MaxiFabbricato: Myang (Malesia)

Impiegati: 350 al mese

Famiglie coinvolte: 241 al mese

Costo: 220 euro

Alberi salvati: 47 per Km2

Foreste mondiali

Foreste indonesiane

Foreste destinate al

commercio

Foreste destinate

all’industria

Foreste recuperate

Mappa indonesiana

+12% aumento forza

lavoro

+23% aumento aspettativa

di vita

+7% aumento stipendio

medio indonesiano

RADIO MANGO Radio Fx-089 retròFabbricato:

Alambok (Malesia)

Impiegati:

200 al mese

Famiglie coinvolte:

136 al mese

Alberi salvati:

23 per Km

Costo:

180 euro

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Radio Fx-069 ThreeBallFabbricato: Myang (Malesia)

Impiegati: 280 al mese

Famiglie coinvolte: 198 al mese

Alberi salvati: 36 per Km2

Radio Fx-09 modern

Fabbricato:

Pania (Malesia)

Impiegati:

178 al mese

Famiglie coinvolte:

102 al mese

Alberi salvati:

15 per Km

Costo:

150 euro

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Radio Fx-069 ThreeBall MaxiFabbricato: Myang (Malesia)

Impiegati: 350 al mese

Famiglie coinvolte: 241 al mese

Costo: 220 euro

Alberi salvati: 47 per Km2

Foreste mondiali

Foreste indonesiane

Foreste destinate al

commercio

Foreste destinate

all’industria

Foreste recuperate

Mappa indonesiana

+12% aumento forza

lavoro

+23% aumento aspettativa

di vita

+7% aumento stipendio

medio indonesiano

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Mettete lealghe nei vostriserbatoi

Alcuni scienziati dell‘Idaho National Laboratory hanno lavorato per un anno e mezzo su un innovativo processo di conversione della biomassa, paglia o residui colturali, in biocarburanti liquidi ad un rendimento di gran lunga superiore rispetto all’utilizzo delle attuali tecnologie per estrarre etanolo dalla cellulosa. Inoltre secondo l’INL il nuovo processo sarebbe neutrale al carbonio. La “bio-syntrolysis” è nuova la denominazione di tutta quella serie vertiginosa di tecnologie in fase di sviluppo per una produzione efficace ed economicamente soste-nibile di etanolo da biomassa. I ricercatori spiegano che rimangono ostacoli tecnici, ma i modelli recenti hanno dimostrato che la tecnica è potenzialmente migliore ri-spetto ai processi dell’utilizzo dei biocarburanti di oggi.

Articolo di Riccardo Ubaldi

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Mettete lealghe nei vostriserbatoi

Alcuni scienziati dell‘Idaho National Laboratory hanno lavorato per un anno e mezzo su un innovativo processo di conversione della biomassa, paglia o residui colturali, in biocarburanti liquidi ad un rendimento di gran lunga superiore rispetto all’utilizzo delle attuali tecnologie per estrarre etanolo dalla cellulosa. Inoltre secondo l’INL il nuovo processo sarebbe neutrale al carbonio. La “bio-syntrolysis” è nuova la denominazione di tutta quella serie vertiginosa di tecnologie in fase di sviluppo per una produzione efficace ed economicamente soste-nibile di etanolo da biomassa. I ricercatori spiegano che rimangono ostacoli tecnici, ma i modelli recenti hanno dimostrato che la tecnica è potenzialmente migliore ri-spetto ai processi dell’utilizzo dei biocarburanti di oggi.

Articolo di Riccardo Ubaldi

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Butanolo e AlgheLa società attualmente ha in mano gran parte del mo-nopolio del mercato attuale di butanolo. Anche se più di 200 aziende hanno considerato le alghe come base per la produzione di biocarburanti. “Siamo in prima linea su questa tecnologia. Ci sono altre società che hanno parlato di cambiare utilizzare le microalghe per produrre biocombustibile avanzato, ma il nostro me-todo è unico”, afferma Nathan Danielsono di DuPont. Ecco perché la società è stata in grado di vincere uno dei bandi promosso dal DOE’s Advanced Research Projects Agency-Energy (ARPA-E).Parte delle società che utilizzavano le alghe per pro-durre biodiesel non sono ancora decollate spiega Nikesh Parekh, amministratore delegato Bio Archi-tecture Lab (BAL), partner della DuPont nel proget-to. “I nostri fondatori vengono dal Giappone, e per loro le alghe sono un elemento molto più famigliare”. Coltivare alghe in una grande fattoria su larga scala probabilmente si scontra con la dura opposizione di ecologisti come Mike Graham, specializzato in alghe alla California State University associato alla Moss Landing Marine Laboratories. Che afferma comunque che tale attività nonostante la giusta scelta dei ceppi di alghe rimane piuttosto rischiosa e costosa.

Società come Maine Seaweed Co., raccolgono qual-cosa come migliaia di tonnellate di alghe ogni anno lungo la costa degli Stati Uniti, ma la DuPont con il BAL sperano in una propria azienda agricola. Parekh,

spiega che è interessato alla produzione di butanolo dalle alghe perché è un biocarburante e materia prima ecologicamente sostenibile. Per questo: “Una delle

del mare è quello di mantenerne una certa quantità sul fondo se non si vuole avere un impatto ambientale negativo”, afferma Parekh. “Per questo è necessario che le coltiviamo in nostri stabilimenti”. Ma per colti-

di biomassa critica per creare butanolo è necessario un forte incentivo dal governo degli USA.Inoltre la chiave per la produzione di butanolo dalle al-ghe si trova in un microbo progettato dal BAL che vive ed utilizza le alghe come fonte di cibo producendo etanolo. Parekh continua: “Siamo stati davvero i primi a creare questo microbo che prende lo zucchero dalla biomassa di alghe ed è in grado di produrre etanolo come sottoprodotto”. Per questo ora il BAL prevede di lavorare con gli ingegneri genetici della DuPont per

perfezionare ulteriormente il microbo e programmar-lo alla produzione di butanolo. ‘Può sembrare facile sulla carta”, afferma Parekh. Già la Du Pont afferma di essere riuscita ad estrarre zucchero da mais e con-vertirlo in butanolo in laboratorio, ma il processo deve essere ancora scalato.Il BAL avrebbe già teoricamente localizzato una zona off-shore in Cile potenzialmente destinata alla colti-vazione delle alghe. Della scelta del sito sarà anche determinante la scelta delle alghe. DuPont stima che se solo il 2,5% delle coste d’America fossero utilizza-te per la crescita di alghe queste potrebbero produrre 27 miliardi di litri di biocarburante l’anno. Ora le due aziende prevedono di iniziare a lavorare in partnership nei primi mesi del 2010 sovvenzionati dal bando AR-PA-E. Anche se non si aspettano che il prodotto sia inizialmente vicino e pronto per il mercato, esse spe-rano di meglio valutare se sarà possibile continuare la ricerca su questa pista o abbandonarla.

poche stazioni di servizio per pochi veicoliLa più grande rivoluzione della tecnologia di biosintrolisi riguarda l’elettrolisi ad alta temperatura, un processo che proviene da un programma di studio sui reattori nucleari e che potrebbe essere usato anche per produrre idrogeno (ambito in cui Hawkes studiava). Il salto dalla ricerca dell’idrogeno per i biocarburanti da biomassa è accaduto quando Hawkes ha pensato di sottoporre proprio della biomassa alla fonte di calore e al processo di elettrolisi ad alte temperature. “Riteniamo già che ognuna di queste tecnologie sia individualmente testata, ma nessuno le ha mai collegate insieme per realizzare un unico

in commercio e alcuni impianti di gas di sintesi per trasformare in combustibile liquido ma che utilizzano in principio carbone. Se una fonte rinnovabile sostituisse il carbone, come l’energia idroelettrica, il processo diverrebbe ad impatto al carbonio zero, e il biocarburante derivante avrebbe emissioni pressoché nulle.”“Non c’è bisogno di alcuna grande scoperta, ma vi è la necessità di sviluppare materiali ed elettrolizzatori come solo la volontà del mettere tutte le fonti diverse insieme,” afferma Steve Herring, ricercatore presso l’INL. “Il costo previsto del carburante sarebbe stato di 0,6 $ per litro alla produzione, il che non è più conveniente rispetto alla benzina di oggi. Ma il vantaggio principale è che il combustibile è di origine nazionale, basse emissioni di carbonio, ed è disponibile ad un prezzo più che prevedibile”, continua Herring ha detto.

Approfondimento di Stefano Macchi

di sintesi, coltivazione in vitro di alghe e un distributore di biodiesel.

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Butanolo e AlgheLa società attualmente ha in mano gran parte del mo-nopolio del mercato attuale di butanolo. Anche se più di 200 aziende hanno considerato le alghe come base per la produzione di biocarburanti. “Siamo in prima linea su questa tecnologia. Ci sono altre società che hanno parlato di cambiare utilizzare le microalghe per produrre biocombustibile avanzato, ma il nostro me-todo è unico”, afferma Nathan Danielsono di DuPont. Ecco perché la società è stata in grado di vincere uno dei bandi promosso dal DOE’s Advanced Research Projects Agency-Energy (ARPA-E).Parte delle società che utilizzavano le alghe per pro-durre biodiesel non sono ancora decollate spiega Nikesh Parekh, amministratore delegato Bio Archi-tecture Lab (BAL), partner della DuPont nel proget-to. “I nostri fondatori vengono dal Giappone, e per loro le alghe sono un elemento molto più famigliare”. Coltivare alghe in una grande fattoria su larga scala probabilmente si scontra con la dura opposizione di ecologisti come Mike Graham, specializzato in alghe alla California State University associato alla Moss Landing Marine Laboratories. Che afferma comunque che tale attività nonostante la giusta scelta dei ceppi di alghe rimane piuttosto rischiosa e costosa.

Società come Maine Seaweed Co., raccolgono qual-cosa come migliaia di tonnellate di alghe ogni anno lungo la costa degli Stati Uniti, ma la DuPont con il BAL sperano in una propria azienda agricola. Parekh,

spiega che è interessato alla produzione di butanolo dalle alghe perché è un biocarburante e materia prima ecologicamente sostenibile. Per questo: “Una delle

del mare è quello di mantenerne una certa quantità sul fondo se non si vuole avere un impatto ambientale negativo”, afferma Parekh. “Per questo è necessario che le coltiviamo in nostri stabilimenti”. Ma per colti-

di biomassa critica per creare butanolo è necessario un forte incentivo dal governo degli USA.Inoltre la chiave per la produzione di butanolo dalle al-ghe si trova in un microbo progettato dal BAL che vive ed utilizza le alghe come fonte di cibo producendo etanolo. Parekh continua: “Siamo stati davvero i primi a creare questo microbo che prende lo zucchero dalla biomassa di alghe ed è in grado di produrre etanolo come sottoprodotto”. Per questo ora il BAL prevede di lavorare con gli ingegneri genetici della DuPont per

perfezionare ulteriormente il microbo e programmar-lo alla produzione di butanolo. ‘Può sembrare facile sulla carta”, afferma Parekh. Già la Du Pont afferma di essere riuscita ad estrarre zucchero da mais e con-vertirlo in butanolo in laboratorio, ma il processo deve essere ancora scalato.Il BAL avrebbe già teoricamente localizzato una zona off-shore in Cile potenzialmente destinata alla colti-vazione delle alghe. Della scelta del sito sarà anche determinante la scelta delle alghe. DuPont stima che se solo il 2,5% delle coste d’America fossero utilizza-te per la crescita di alghe queste potrebbero produrre 27 miliardi di litri di biocarburante l’anno. Ora le due aziende prevedono di iniziare a lavorare in partnership nei primi mesi del 2010 sovvenzionati dal bando AR-PA-E. Anche se non si aspettano che il prodotto sia inizialmente vicino e pronto per il mercato, esse spe-rano di meglio valutare se sarà possibile continuare la ricerca su questa pista o abbandonarla.

poche stazioni di servizio per pochi veicoliLa più grande rivoluzione della tecnologia di biosintrolisi riguarda l’elettrolisi ad alta temperatura, un processo che proviene da un programma di studio sui reattori nucleari e che potrebbe essere usato anche per produrre idrogeno (ambito in cui Hawkes studiava). Il salto dalla ricerca dell’idrogeno per i biocarburanti da biomassa è accaduto quando Hawkes ha pensato di sottoporre proprio della biomassa alla fonte di calore e al processo di elettrolisi ad alte temperature. “Riteniamo già che ognuna di queste tecnologie sia individualmente testata, ma nessuno le ha mai collegate insieme per realizzare un unico

in commercio e alcuni impianti di gas di sintesi per trasformare in combustibile liquido ma che utilizzano in principio carbone. Se una fonte rinnovabile sostituisse il carbone, come l’energia idroelettrica, il processo diverrebbe ad impatto al carbonio zero, e il biocarburante derivante avrebbe emissioni pressoché nulle.”“Non c’è bisogno di alcuna grande scoperta, ma vi è la necessità di sviluppare materiali ed elettrolizzatori come solo la volontà del mettere tutte le fonti diverse insieme,” afferma Steve Herring, ricercatore presso l’INL. “Il costo previsto del carburante sarebbe stato di 0,6 $ per litro alla produzione, il che non è più conveniente rispetto alla benzina di oggi. Ma il vantaggio principale è che il combustibile è di origine nazionale, basse emissioni di carbonio, ed è disponibile ad un prezzo più che prevedibile”, continua Herring ha detto.

Approfondimento di Stefano Macchi

di sintesi, coltivazione in vitro di alghe e un distributore di biodiesel.

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I cianobatteri sono dei batteri Gram negativi che oltre a contenere

una serie di elementi foto sintetici accessori, che consentono una rapida capacità di adattamento a qualsiasi fonte luminosa. Oggi ne conosciamo circa cento specie e tutte effettuano una fotosintesi ossigenica. Una caratteristica unica di questi batteri, è la loro capacità di acquisire l’azoto atmosferico.

diatomee. Oggi se ne conoscono qualche migliaia di specie e sappiamo

numerosi altri pigmenti capaci di catturare diverse bande luminose. Tutte le specie di diatomee conosciute posseggono una parete esterna molto resistente, costituita da silicio che viene chiamata frustula. Questa è costituita da due diverse parete che si incastrano a mo’ di scatole sovrapponendosi.

Sono note molte specie diverse, oltre seimila, e possono essere unicellulari, multicellulari o coloniali. Si distinguono anche per essere

pigmenti fotosintetici delle alghe verdi sono gli stessi delle piante

b, e sono organizzati in organi detti cloroplasti. In aggiunta a questi pigmenti, anche queste alghe posseggono altre soluzioni alternative per captare diverse onde di colore dei raggi luminosi.

Molto si è discusso su un aspetto di questa tipologia di alga: molti ritengono che sia indice di acqua di buona qualità, altri invece che questa tesi sia infondata. Sicuramente l’alga verde puntiforme si presenta come una miriade di piccole macchie colorate che invadono in maniera lenta e costante gli arredi dell’acquario. La colorazione può variare dal verde al verde scuro.

Alghe verdi

delle cosiddette alghe rosse. In ambito marino il numero sale vertiginosamente. Si caratterizzano per la presenza di pigmenti fotosintetici non comuni, in quanto

diversi altri elementi fotosintetici. Tra le loro caratteristiche particolari bisogna rilevare l’assenza del movimento in quanto questo tipo di

Queste alghe prediligono acqua calcarea, con elevata quantità di nitrati e fosfati. Sono alghe rosse e solitamente ci appaiono con una

anche diversi centimetri. Assumono una colorazione grigiastra e sono molto tenaci, prediligendo le zone

fonte luminosa. Non a caso spesso aggrediscono piante che hanno raggiunto questa posizione.

Alghe a barba

ZeaChemL’azienda ha avviato la realizzazione di un impianto pilota per la produzione di biocarburanti che trasfor-merà le materie prime cellulosiche in etanolo attraver-so un nuovo approccio che utilizza i microbi prove-nienti dalle interiora di termiti. L’azienda dichiara che la resa dell’etanolo dagli zuccheri provenienti dalla

rese di altri processi di produzione di biocarburanti. ZeaChem afferma che processo ha anche la possibi-lità di produrre dalla cellulosa materie plastiche.L’impianto della ZeaChem negli USA arriverà a pro-durre qualcosa come 1 milione di litri di etanolo ogni anno. L’azienda utilizza un approccio ibrido, come combinazione di processi biologici. La ZeaChem uti-lizza un acido per rompere le complesse molecole di

cellulosa in zuccheri. Successivamente, invece di far-lo fermentare in etanolo utilizzando lieviti lieviti, come è solito fare, la società fa uso di batteri contenuti nell’intestino di termiti per trasformare lo zucchero in acido acetico, che poi combinato con l’idrogeno for-ma etanolo. “È un po’ complicato rispetto ai processi convenzionali ma vi è un elevato potenziale di rendi-mento”, afferma Jim McMillan dell’US Department of Energy’s National Renewable Energy Laboratory.Convertire gli zuccheri in acido acetico e poi in eta-nolo, non produce CO2, ottimizzando il processo. Come risultato, questo metodo ha il potenziale per

non è tutt’oro quel che luccica nei nuovi impianti della ZeaChem. Nella produzione di etanolo da cellulosa, la materia prima viene in genere pretrattata separan-dola dalla lignina. La lignina può essere tipicamente

bruciata per produrre calore accelerando la fermen-tazione dello zucchero e in altri processi. Jim Imbler della ZeaChem spiega che l’azienda ha raggiunto un rendimento in laboratorio di 550 litri di etanolo per tonnellata di cellulosa, il 35% in più rispetto al ren-dimento di un qualsiasi processo concorrente. L’im-

la produzione di un altro prodotto potenziale, produrre propanolo, materia prima per la plastica. ZeaChem è solo la prima di una lunga serie di società che punta-no alla produzione di biocarburanti da cellulosa.

Coskataaltra società del settore è anch’essa in fase di svi-luppo di un processo ibrido biologico. Le sue materie

Nella pagina una delle specie usate con

scala.

74 75

I cianobatteri sono dei batteri Gram negativi che oltre a contenere

una serie di elementi foto sintetici accessori, che consentono una rapida capacità di adattamento a qualsiasi fonte luminosa. Oggi ne conosciamo circa cento specie e tutte effettuano una fotosintesi ossigenica. Una caratteristica unica di questi batteri, è la loro capacità di acquisire l’azoto atmosferico.

diatomee. Oggi se ne conoscono qualche migliaia di specie e sappiamo

numerosi altri pigmenti capaci di catturare diverse bande luminose. Tutte le specie di diatomee conosciute posseggono una parete esterna molto resistente, costituita da silicio che viene chiamata frustula. Questa è costituita da due diverse parete che si incastrano a mo’ di scatole sovrapponendosi.

Sono note molte specie diverse, oltre seimila, e possono essere unicellulari, multicellulari o coloniali. Si distinguono anche per essere

pigmenti fotosintetici delle alghe verdi sono gli stessi delle piante

b, e sono organizzati in organi detti cloroplasti. In aggiunta a questi pigmenti, anche queste alghe posseggono altre soluzioni alternative per captare diverse onde di colore dei raggi luminosi.

Molto si è discusso su un aspetto di questa tipologia di alga: molti ritengono che sia indice di acqua di buona qualità, altri invece che questa tesi sia infondata. Sicuramente l’alga verde puntiforme si presenta come una miriade di piccole macchie colorate che invadono in maniera lenta e costante gli arredi dell’acquario. La colorazione può variare dal verde al verde scuro.

Alghe verdi

delle cosiddette alghe rosse. In ambito marino il numero sale vertiginosamente. Si caratterizzano per la presenza di pigmenti fotosintetici non comuni, in quanto

diversi altri elementi fotosintetici. Tra le loro caratteristiche particolari bisogna rilevare l’assenza del movimento in quanto questo tipo di

Queste alghe prediligono acqua calcarea, con elevata quantità di nitrati e fosfati. Sono alghe rosse e solitamente ci appaiono con una

anche diversi centimetri. Assumono una colorazione grigiastra e sono molto tenaci, prediligendo le zone

fonte luminosa. Non a caso spesso aggrediscono piante che hanno raggiunto questa posizione.

Alghe a barba

ZeaChemL’azienda ha avviato la realizzazione di un impianto pilota per la produzione di biocarburanti che trasfor-merà le materie prime cellulosiche in etanolo attraver-so un nuovo approccio che utilizza i microbi prove-nienti dalle interiora di termiti. L’azienda dichiara che la resa dell’etanolo dagli zuccheri provenienti dalla

rese di altri processi di produzione di biocarburanti. ZeaChem afferma che processo ha anche la possibi-lità di produrre dalla cellulosa materie plastiche.L’impianto della ZeaChem negli USA arriverà a pro-durre qualcosa come 1 milione di litri di etanolo ogni anno. L’azienda utilizza un approccio ibrido, come combinazione di processi biologici. La ZeaChem uti-lizza un acido per rompere le complesse molecole di

cellulosa in zuccheri. Successivamente, invece di far-lo fermentare in etanolo utilizzando lieviti lieviti, come è solito fare, la società fa uso di batteri contenuti nell’intestino di termiti per trasformare lo zucchero in acido acetico, che poi combinato con l’idrogeno for-ma etanolo. “È un po’ complicato rispetto ai processi convenzionali ma vi è un elevato potenziale di rendi-mento”, afferma Jim McMillan dell’US Department of Energy’s National Renewable Energy Laboratory.Convertire gli zuccheri in acido acetico e poi in eta-nolo, non produce CO2, ottimizzando il processo. Come risultato, questo metodo ha il potenziale per

non è tutt’oro quel che luccica nei nuovi impianti della ZeaChem. Nella produzione di etanolo da cellulosa, la materia prima viene in genere pretrattata separan-dola dalla lignina. La lignina può essere tipicamente

bruciata per produrre calore accelerando la fermen-tazione dello zucchero e in altri processi. Jim Imbler della ZeaChem spiega che l’azienda ha raggiunto un rendimento in laboratorio di 550 litri di etanolo per tonnellata di cellulosa, il 35% in più rispetto al ren-dimento di un qualsiasi processo concorrente. L’im-

la produzione di un altro prodotto potenziale, produrre propanolo, materia prima per la plastica. ZeaChem è solo la prima di una lunga serie di società che punta-no alla produzione di biocarburanti da cellulosa.

Coskataaltra società del settore è anch’essa in fase di svi-luppo di un processo ibrido biologico. Le sue materie

Nella pagina una delle specie usate con

scala.

76 77

1. Logo dell’iniziativa per un carburante più rispettoso dell’ambiente2. Automobile alimentata da biodiesel3. La pasta di alghe prima della centrifuga

5. Bob Tysen nell’archivio delle specie6. La reazione chimica sprigiona idrogeno dalle alghe7. Una centrale di biocarburante8. Campi destinati al biodiesel negli USA9. Vegetali cresciuti unicamente per le biomasse10. Motori per aereoplani di linea alimentati a biocarburante

MINACCIA AI POLMONI DELLA TERRA

alghe producono nettamente maggiori emissioni di gas ad effetto serra e utilizzano più acqua nella loro produzione rispetto ad altre fonti per biocarburanti. Bioreattori ultravelocima soprattutto ancora adesso in stagni all’aperto dove possono assorbire facilmente CO2 dall’atmosfe-

ricercatori consigliano come sia maggiormente soste-nibile coltivare alghe direttamente nelle vicinanze di

che emettono pesanti quantità di preziosa CO2, in questo modo le alghe possono facilmente da un lato

assorbire nutrimento come fosforo e azoto, dall’altro utilizzare la CO2 a completamento della gamma dei nutrimenti delle alghe. Andres Clarens, unodei ricer-catori che ha condotto lo studio avverte, “Se si decide di andare avanti con le alghe come fonte di combu-stibile, è importante riuscire a comprendere i modi in cui è possibile coltivare e produrre biocarburante con il minor impatto e la soluzione sta nell’unire la coltiva-zione di alghe con le operazioni di trattamento delle

-mente da chi ne produce”.

1 2 3

4

5

6 7

8

9 10

producendo gas di sintesi, un mix di monossido di carbonio e idrogeno. Il gas di sintesi viene poi digerito da batteri anaerobici che convertono il gas diretta-mente a etanolo.Wesley Bolsen, di Coskata, afferma che l’azienda sta ottenendo rendimenti di 400 litri di etanolo per ogni tonnellata di trucioli di legno utiliz-zato nell’impianto pilota. Mascoma, un’altra società del settore biocarburanti cellulosici con sede in Liba-no, sta puntando all’utilizzo di microbi geneticamente

-mentare direttamente gli zuccheri in etanolo senza ne-cessità di utilizzare costosi enzimi. Secondo Michael

Ladisch, di Mascoma, il limite di produzione, ancora teorico è di 400 litri di biocarburante per tonnellata di materia prima, ma avendo microbi che svolgono en-trambe le attività di rottura della molecola di cellulosa e fermentazione, Mascoma è in grado di ridurre i costi del processo convenzionale del 20-30%. “C’è spazio per più di un vincitore nel settore dei biocarburanti di terza e quarta generazione“, afferma Ladisch. “L’o-biettivo per tutti ora è di arrivare ad un costo simile a quello della benzina e via via più basso man mano.I biocarburanti prodotti dalle alghe certamente pro-mettono ottimi rendimenti. E già diverse compagnie

petrolifere sembrano scommettere sulle alghe per sviluppare una parte dei combustibili sostenibili del futuro. Un nuovo studio pubblicato sulla rivista Envi-ronmental Science & Technology, dai ricercatori della University of Virginia ha calcolato come l’impatto am-bientale dei biocarburanti dalle alghe possa diventare facilmente superiore rispetto ai biocarburanti di prima generazione estratti da soia o mais. Uno studio che rivela interessanti aspetti, rischi ma anche rimedi per realmente trasformare il settore dei combustibili.A completare l’analisi del ciclo di vita del biocarbu-rante dalle alghe, i ricercatori hanno scoperto che le

ll Borneo, in Malesia, ospita una delle foreste piu’ grandi al mondo. Proprio qui e’ in atto una inesorabile sostituzione di vegetazione forestale con piantagioni di palme per la produzione di olio. La produzione di olio di palma e’ cresciuta in maniera esponenziale, raggiungendo i 35 milioni di tonnellate e, nella sola Malesia le piantagioni di palme rappresentano il 13% del territorio mentre nel 1974 ricoprivano solo l’1%. L’aumento di queste piantagioni, ai danni delle foreste, sta avendo un nuovo impulso negli ultimi anni, da quando l’olio di

perche’ piu’ economico sia perche’ considerato, erroneamente, piu’ rispettoso dell’ambiente.Lo studio pubblicato sulla rivista Proceedings of National Academy of Science rivela come le palme da olio siano potenzialmente piu’ inquinanti della vegetazione delle foreste che sostituiscono. I risultati sono frutto di una campagna di misure svolta durante l’estate 2007 nella foresta del Borneo, in cui per la prima volta, sono state effettuate misure di emissioni di composti in atmosfera sia in piena giungla che in un’area adiacente, trasformata in piantagione di palma da olio. La missione capitanata da Nick Hewitt dell’Universita’ di Lancaster ha visto la partecipazione di altre otto universita’ ed istituti di ricerca inglesi e statunitensi e, con uno strumento sviluppato nei propri laboratori per le misure di ossidi di azoto, di un team del Centro di Eccellenza CETEMPS dell’Universita’ di L’Aquila diretto da Piero Di Carlo.

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1. Logo dell’iniziativa per un carburante più rispettoso dell’ambiente2. Automobile alimentata da biodiesel3. La pasta di alghe prima della centrifuga

5. Bob Tysen nell’archivio delle specie6. La reazione chimica sprigiona idrogeno dalle alghe7. Una centrale di biocarburante8. Campi destinati al biodiesel negli USA9. Vegetali cresciuti unicamente per le biomasse10. Motori per aereoplani di linea alimentati a biocarburante

MINACCIA AI POLMONI DELLA TERRA

alghe producono nettamente maggiori emissioni di gas ad effetto serra e utilizzano più acqua nella loro produzione rispetto ad altre fonti per biocarburanti. Bioreattori ultravelocima soprattutto ancora adesso in stagni all’aperto dove possono assorbire facilmente CO2 dall’atmosfe-

ricercatori consigliano come sia maggiormente soste-nibile coltivare alghe direttamente nelle vicinanze di

che emettono pesanti quantità di preziosa CO2, in questo modo le alghe possono facilmente da un lato

assorbire nutrimento come fosforo e azoto, dall’altro utilizzare la CO2 a completamento della gamma dei nutrimenti delle alghe. Andres Clarens, unodei ricer-catori che ha condotto lo studio avverte, “Se si decide di andare avanti con le alghe come fonte di combu-stibile, è importante riuscire a comprendere i modi in cui è possibile coltivare e produrre biocarburante con il minor impatto e la soluzione sta nell’unire la coltiva-zione di alghe con le operazioni di trattamento delle

-mente da chi ne produce”.

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producendo gas di sintesi, un mix di monossido di carbonio e idrogeno. Il gas di sintesi viene poi digerito da batteri anaerobici che convertono il gas diretta-mente a etanolo.Wesley Bolsen, di Coskata, afferma che l’azienda sta ottenendo rendimenti di 400 litri di etanolo per ogni tonnellata di trucioli di legno utiliz-zato nell’impianto pilota. Mascoma, un’altra società del settore biocarburanti cellulosici con sede in Liba-no, sta puntando all’utilizzo di microbi geneticamente

-mentare direttamente gli zuccheri in etanolo senza ne-cessità di utilizzare costosi enzimi. Secondo Michael

Ladisch, di Mascoma, il limite di produzione, ancora teorico è di 400 litri di biocarburante per tonnellata di materia prima, ma avendo microbi che svolgono en-trambe le attività di rottura della molecola di cellulosa e fermentazione, Mascoma è in grado di ridurre i costi del processo convenzionale del 20-30%. “C’è spazio per più di un vincitore nel settore dei biocarburanti di terza e quarta generazione“, afferma Ladisch. “L’o-biettivo per tutti ora è di arrivare ad un costo simile a quello della benzina e via via più basso man mano.I biocarburanti prodotti dalle alghe certamente pro-mettono ottimi rendimenti. E già diverse compagnie

petrolifere sembrano scommettere sulle alghe per sviluppare una parte dei combustibili sostenibili del futuro. Un nuovo studio pubblicato sulla rivista Envi-ronmental Science & Technology, dai ricercatori della University of Virginia ha calcolato come l’impatto am-bientale dei biocarburanti dalle alghe possa diventare facilmente superiore rispetto ai biocarburanti di prima generazione estratti da soia o mais. Uno studio che rivela interessanti aspetti, rischi ma anche rimedi per realmente trasformare il settore dei combustibili.A completare l’analisi del ciclo di vita del biocarbu-rante dalle alghe, i ricercatori hanno scoperto che le

ll Borneo, in Malesia, ospita una delle foreste piu’ grandi al mondo. Proprio qui e’ in atto una inesorabile sostituzione di vegetazione forestale con piantagioni di palme per la produzione di olio. La produzione di olio di palma e’ cresciuta in maniera esponenziale, raggiungendo i 35 milioni di tonnellate e, nella sola Malesia le piantagioni di palme rappresentano il 13% del territorio mentre nel 1974 ricoprivano solo l’1%. L’aumento di queste piantagioni, ai danni delle foreste, sta avendo un nuovo impulso negli ultimi anni, da quando l’olio di

perche’ piu’ economico sia perche’ considerato, erroneamente, piu’ rispettoso dell’ambiente.Lo studio pubblicato sulla rivista Proceedings of National Academy of Science rivela come le palme da olio siano potenzialmente piu’ inquinanti della vegetazione delle foreste che sostituiscono. I risultati sono frutto di una campagna di misure svolta durante l’estate 2007 nella foresta del Borneo, in cui per la prima volta, sono state effettuate misure di emissioni di composti in atmosfera sia in piena giungla che in un’area adiacente, trasformata in piantagione di palma da olio. La missione capitanata da Nick Hewitt dell’Universita’ di Lancaster ha visto la partecipazione di altre otto universita’ ed istituti di ricerca inglesi e statunitensi e, con uno strumento sviluppato nei propri laboratori per le misure di ossidi di azoto, di un team del Centro di Eccellenza CETEMPS dell’Universita’ di L’Aquila diretto da Piero Di Carlo.

una luminosità che è equiva-lente a una lampadina da 55 watt, luce elettrica, secondo la Fondazione MyShelter. La candeggina impedisce la for-mazione di muffe in modo che le lampadine possono durare

Anche se la bottiglia solare funziona solo durante il giorno, può soddisfare le esigenze di molte delle persone a Manila, -nelle Filippine e in altre città- dove le case sono così vicine che ben poca luce solare può

Di conseguenza, le case sono scure anche durante il giorno. I residenti descrivono come la bottiglia solare, ha reso la loro vita differente.

VantaggiLe lampadine-bottiglia solare sono la sostenibilità e sicurez-za, a confronto con le candele o difettosi collegamenti elettri-ci: pericoli potenziali d’incen-dio. Le lampadine sono anche poco costose (sia come pro-duzione che d’installazione) e, naturalmente, non hanno costi di esercizio durante l’uso.

ARRIVA LA LUCE...SENZA

ELETTRICITà

Così semplice come sembra, una bottiglia di plastica riempita

tipi di candeggina, potrebbe servire come una lampadina per alcune delle milioni di persone che vivono senza elettricità.

La bottiglia solareCon queste migliaia di bottiglie di plastica accatastate in una stazione di riciclo di Taizhou city, nella provincia cinese orientale dello Zhejiang, si po-trebbero illuminare altrettante case. Una delle più recenti e innovative proposte in fatto di riciclo ed ecosostenibilità coivolge infatti proprio le bot-tiglie di bibite e acqua mine-rale vuote che normalmente

riempirle d’acqua mista a qual-che cucchiaio di candeggina per trasformarle in potenziali lampade a energia solare da utilizzare nelle case più pove-re del mondo, dove l’elettricità non arriva. Prima di tutto, si incastrano in un foro ricavato

-mangano esposte per un terzo alla luce del Sole. I raggi col-piranno la parte esterna e da qui la luce si diffonderà per ri-frazione alla parte sottostante, illuminando l’abitazione come farebbe una lampadina di 55 watt. Ideate da una studentes-sa del MIT (Massachusetts In-stitute of Technology) le Solar Bottle Bulb (lampade a botti-glie solari) stanno rischiarando le case in lamiera delle favelas

-

che in pieno giorno, per man-

buio pesto.Un litro di Luce, dalle bottiglie di plastica Così semplice come sembra, una bottiglia di plastica riempi-

-cata e alcuni tipi di candeggi-na, potrebbe servire come una lampadina per alcune delle milioni di persone che vivono senza elettricità.

Le ricerche del MITOriginariamente sviluppato dagli studenti del MIT, “la bot-tiglia solare” viene ora distribu-ita dalla Fondazione MyShelter alle abitazioni, in tutte le Filip-pine. L’obiettivo della fonda-zione è quello di utilizzare que-sta fonte alternativa di luce per illuminare un milione di abita-zioni nel paese entro il 2012.

bottiglie d’acqua durante il giorno, delle buche sono ta-gliate nei tetti in metallo delle case, e una bottiglia viene in-serita e sigillata in ogni foro in modo che la sua metà inferiore

-

L’acqua chiara disperde la luce in tutte le direzioni attraverso la rifrazione, che può fornire

Dall’alto verso il basso: una bottiglia già inserita in una tegola. Applicazione alla tettoia delle

colpita dalla luce solare. I ragazzi del MIT preparano le bottiglie con l’ammoniaca in una baraccopoli di Manila.

64

For third world

Articolo di Luca Monti

12 milioni di abitanti delle favelas potranno servirsi di luce in bottiglia entro la fine del 2012

Dona anche tu un po’ di luce

una luminosità che è equiva-lente a una lampadina da 55 watt, luce elettrica, secondo la Fondazione MyShelter. La candeggina impedisce la for-mazione di muffe in modo che le lampadine possono durare

Anche se la bottiglia solare funziona solo durante il giorno, può soddisfare le esigenze di molte delle persone a Manila, -nelle Filippine e in altre città- dove le case sono così vicine che ben poca luce solare può

Di conseguenza, le case sono scure anche durante il giorno. I residenti descrivono come la bottiglia solare, ha reso la loro vita differente.

VantaggiLe lampadine-bottiglia solare sono la sostenibilità e sicurez-za, a confronto con le candele o difettosi collegamenti elettri-ci: pericoli potenziali d’incen-dio. Le lampadine sono anche poco costose (sia come pro-duzione che d’installazione) e, naturalmente, non hanno costi di esercizio durante l’uso.

ARRIVA LA LUCE...SENZA

ELETTRICITà

Così semplice come sembra, una bottiglia di plastica riempita

tipi di candeggina, potrebbe servire come una lampadina per alcune delle milioni di persone che vivono senza elettricità.

La bottiglia solareCon queste migliaia di bottiglie di plastica accatastate in una stazione di riciclo di Taizhou city, nella provincia cinese orientale dello Zhejiang, si po-trebbero illuminare altrettante case. Una delle più recenti e innovative proposte in fatto di riciclo ed ecosostenibilità coivolge infatti proprio le bot-tiglie di bibite e acqua mine-rale vuote che normalmente

riempirle d’acqua mista a qual-che cucchiaio di candeggina per trasformarle in potenziali lampade a energia solare da utilizzare nelle case più pove-re del mondo, dove l’elettricità non arriva. Prima di tutto, si incastrano in un foro ricavato

-mangano esposte per un terzo alla luce del Sole. I raggi col-piranno la parte esterna e da qui la luce si diffonderà per ri-frazione alla parte sottostante, illuminando l’abitazione come farebbe una lampadina di 55 watt. Ideate da una studentes-sa del MIT (Massachusetts In-stitute of Technology) le Solar Bottle Bulb (lampade a botti-glie solari) stanno rischiarando le case in lamiera delle favelas

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che in pieno giorno, per man-

buio pesto.Un litro di Luce, dalle bottiglie di plastica Così semplice come sembra, una bottiglia di plastica riempi-

-cata e alcuni tipi di candeggi-na, potrebbe servire come una lampadina per alcune delle milioni di persone che vivono senza elettricità.

Le ricerche del MITOriginariamente sviluppato dagli studenti del MIT, “la bot-tiglia solare” viene ora distribu-ita dalla Fondazione MyShelter alle abitazioni, in tutte le Filip-pine. L’obiettivo della fonda-zione è quello di utilizzare que-sta fonte alternativa di luce per illuminare un milione di abita-zioni nel paese entro il 2012.

bottiglie d’acqua durante il giorno, delle buche sono ta-gliate nei tetti in metallo delle case, e una bottiglia viene in-serita e sigillata in ogni foro in modo che la sua metà inferiore

-

L’acqua chiara disperde la luce in tutte le direzioni attraverso la rifrazione, che può fornire

Dall’alto verso il basso: una bottiglia già inserita in una tegola. Applicazione alla tettoia delle

colpita dalla luce solare. I ragazzi del MIT preparano le bottiglie con l’ammoniaca in una baraccopoli di Manila.

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For third world

Articolo di Luca Monti

12 milioni di abitanti delle favelas potranno servirsi di luce in bottiglia entro la fine del 2012

Dona anche tu un po’ di luce

80 81

un anno fa, la più grande area dismessa della città, l’ex aeroporto di Tempelhof (300 ha), senza progetti approvati e in attesa degli esiti dei concorsi interna-zionali. Più di un milione dei suoi citta-dini l’hanno ringraziato scoprendo un parco non ancora parco, nel senso più tradizionale del termine.Londra ha voluto presentare il suo Par-co Olimpico senza neanche un par-cheggio per le automobili, puntando tutto su un ben calibrato servizio di tra-sporto pubblico. La città di Francofor-te, tra l’altro anche partneriata con Mi-lano, ha recuperato il suo ring interno,

la sua vasta cintura agricola, attraverso

un apposito Piano della Cintura verde capace di collegare sia interventi di na-tura pubblica che privata. L’elenco po-trebbe continuare ma bastano poche esperienze per capire come oggi sia arrivato il tempo di agire, delle azioni e delle realizzazioni strutturali, commisu-rate al tessuto urbano milanese, specie in riferimento al suo delicato rapporto con il vasto territorio che lo circonda.Se non fosse per l’appuntamento del 2015 l’obbligo di agire si potrebbe pre-sentare anche in secondo piano, ma la vicinanza di un appuntamento mondia-le non concede alcuna proroga. Il refe-rendum sul verde ha fatto capire senza alcuna possibilità di equivoco che cosa

desiderano i cittadini: più alberi in città, più spazi verdi e spazi gioco in città, più possibilità di passeggiate in città e an-che più opportunità nel partecipare nel-le scelte future degli interventi sul ver-de. Questo plebiscito per Milano, ossia per migliorare la qualità quotidiana di chi vive in città, non ci può far dimen-ticare, come tra l’altro l’amico France-sco Borella ha ricordato molto bene su queste pagine, come sia indispensabile la riconnessione dei sistemi dei parchi territoriali e dei grandi sistemi ambien-tali come la Valle del Lambro, la Valle dell’Olona e non per ultimo il Parco Agricolo Sud Milano.

Nella pagina precedente:Progetto per citylife Milano.Energy Hill, colline fuori dalle città per produrre energia pulita.Sintesi geometrica per parchi pubblici.Abitazioni sui tetti dei grandi palazzi.In questa pagina:Ottawa, una delle città più pulite del mondo.Singapore rinasce tra i parchi.Central Park a New York.In basso:Rendering per il nuovo quartiere di Londra totalmente ecosostenibile.

NEL MONDO CRESCONO CITTà VERDI

A -

pre la stessa: come rende-re la città più vivibile, più verde, più attrattiva e più accogliente, senza perdere

in termini di disponibilità, di spazio, di -

zione economica-produttiva. La paura che una maggiore qualità ambientale potesse danneggiare l’organismo pro-duttivo della città sembra ancora A dire

rendere la città più vivibile, più verde, più attrattiva e più accogliente, senza perdere in termini di disponibilità, di

competizione economica-produttiva. La paura che una maggiore qualità ambientale potesse danneggiare l’or-ganismo produttivo della città sembra ancora esistere anche se da tempo é contraddetta dai fatti sia nella città stessa che da altre metropoli e non solo europee.Per Milano, città europea per eccel-lenza, (piccola, ma determinante per il suo hinterland; compatta, ma piena di spazi interstiziali di notevole bellezza a sorpresa; industriale, ma già ampia-mente convertita e trasformata; ben infrastrutturata, ma ancora troppo con-centrata sullo spostamento individuale automobilistico; attraente, ma solo per chi supera un certo reddito di base) e oltretutto all’inizio di una nuova stagio-ne Politica – Amministrativa deve porsi degli obiettivi molto ambiziosi. A dire il

rendere la città più vivibile, più verde, più attrattiva e più accogliente, senza perdere in termini di disponibilità, di

competizione economica-produttiva. La paura che una maggiore qualità ambientale potesse danneggiare l’or-ganismo produttivo della città sembra

la stessa: come rendere la città più vi-vibile, più verde, più attrattiva e più ac-cogliente, senza perdere in termini di disponibilità, di spazio, di funzionalità

-ca-produttiva. La paura che una mag-giore qualità ambientale potesse dan-neggiare l’organismo produttivo della città sembra ancora esistere anche se da tempo é contraddetta dai fatti sia nella città stessa che da altre metropoli e non solo europee.Per Milano, città europea per eccel-lenza, (piccola, ma determinante per il suo hinterland; compatta, ma piena di spazi interstiziali di notevole bellezza a sorpresa; industriale, ma già ampia-mente convertita e trasformata; ben infrastrutturata, ma ancora troppo con-centrata sullo spostamento individuale

automobilistico; attraente, ma solo per chi supera un certo reddito di base) e oltretutto all’inizio di una nuova stagio-ne Politica – Amministrativa deve porsi degli obiettivi molto ambiziosi anche per tornare nella centralità del dibattito europeo sulle SmartCity, per ora prese sul serio solo da Genova e Torino.Il sindaco di New York ha puntato tutto sul Piano dell’apparente contraddizio-ne: chiamandolo Greener and Greater NYPlan, aumentando il verde conte-

-cazione urbanistica (a oggi sono stati piantati 495.215 alberi sul milione pre-

ha voluto aprire alla cittadinanza, più di

Articolo di Maddalena Torri

-vibile, più verde, più attrattiva e più accogliente, senza perdere in termini di disponibilità, di spazio, di funzio-

economica-produttiva. La paura che

potesse danneggiare l’organismo produttivo della città sembra ancora

-traddetta dai fatti sia nella città stes-sa che da altre metropoli e non solo europee.Per Milano, città europea per eccel-

lenza, (piccola, ma determinante per il suo hinterland; compatta, ma piena di spazi interstiziali di notevole bel-lezza a sorpresa; industriale, ma già ampiamente convertita e trasforma-ta; ben infrastrutturata, ma ancora troppo concentrata sullo sposta-mento individuale automobilistico; attraente, ma solo per chi supera un certo reddito di base) e oltretutto all’inizio di una nuova stagione Politi-ca – Amministrativa deve porsi degli obiettivi molto ambiziosi anche per tornare nella centralità del dibattito europeo sulle SmartCity.

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un anno fa, la più grande area dismessa della città, l’ex aeroporto di Tempelhof (300 ha), senza progetti approvati e in attesa degli esiti dei concorsi interna-zionali. Più di un milione dei suoi citta-dini l’hanno ringraziato scoprendo un parco non ancora parco, nel senso più tradizionale del termine.Londra ha voluto presentare il suo Par-co Olimpico senza neanche un par-cheggio per le automobili, puntando tutto su un ben calibrato servizio di tra-sporto pubblico. La città di Francofor-te, tra l’altro anche partneriata con Mi-lano, ha recuperato il suo ring interno,

la sua vasta cintura agricola, attraverso

un apposito Piano della Cintura verde capace di collegare sia interventi di na-tura pubblica che privata. L’elenco po-trebbe continuare ma bastano poche esperienze per capire come oggi sia arrivato il tempo di agire, delle azioni e delle realizzazioni strutturali, commisu-rate al tessuto urbano milanese, specie in riferimento al suo delicato rapporto con il vasto territorio che lo circonda.Se non fosse per l’appuntamento del 2015 l’obbligo di agire si potrebbe pre-sentare anche in secondo piano, ma la vicinanza di un appuntamento mondia-le non concede alcuna proroga. Il refe-rendum sul verde ha fatto capire senza alcuna possibilità di equivoco che cosa

desiderano i cittadini: più alberi in città, più spazi verdi e spazi gioco in città, più possibilità di passeggiate in città e an-che più opportunità nel partecipare nel-le scelte future degli interventi sul ver-de. Questo plebiscito per Milano, ossia per migliorare la qualità quotidiana di chi vive in città, non ci può far dimen-ticare, come tra l’altro l’amico France-sco Borella ha ricordato molto bene su queste pagine, come sia indispensabile la riconnessione dei sistemi dei parchi territoriali e dei grandi sistemi ambien-tali come la Valle del Lambro, la Valle dell’Olona e non per ultimo il Parco Agricolo Sud Milano.

Nella pagina precedente:Progetto per citylife Milano.Energy Hill, colline fuori dalle città per produrre energia pulita.Sintesi geometrica per parchi pubblici.Abitazioni sui tetti dei grandi palazzi.In questa pagina:Ottawa, una delle città più pulite del mondo.Singapore rinasce tra i parchi.Central Park a New York.In basso:Rendering per il nuovo quartiere di Londra totalmente ecosostenibile.

NEL MONDO CRESCONO CITTà VERDI

A -

pre la stessa: come rende-re la città più vivibile, più verde, più attrattiva e più accogliente, senza perdere

in termini di disponibilità, di spazio, di -

zione economica-produttiva. La paura che una maggiore qualità ambientale potesse danneggiare l’organismo pro-duttivo della città sembra ancora A dire

rendere la città più vivibile, più verde, più attrattiva e più accogliente, senza perdere in termini di disponibilità, di

competizione economica-produttiva. La paura che una maggiore qualità ambientale potesse danneggiare l’or-ganismo produttivo della città sembra ancora esistere anche se da tempo é contraddetta dai fatti sia nella città stessa che da altre metropoli e non solo europee.Per Milano, città europea per eccel-lenza, (piccola, ma determinante per il suo hinterland; compatta, ma piena di spazi interstiziali di notevole bellezza a sorpresa; industriale, ma già ampia-mente convertita e trasformata; ben infrastrutturata, ma ancora troppo con-centrata sullo spostamento individuale automobilistico; attraente, ma solo per chi supera un certo reddito di base) e oltretutto all’inizio di una nuova stagio-ne Politica – Amministrativa deve porsi degli obiettivi molto ambiziosi. A dire il

rendere la città più vivibile, più verde, più attrattiva e più accogliente, senza perdere in termini di disponibilità, di

competizione economica-produttiva. La paura che una maggiore qualità ambientale potesse danneggiare l’or-ganismo produttivo della città sembra

la stessa: come rendere la città più vi-vibile, più verde, più attrattiva e più ac-cogliente, senza perdere in termini di disponibilità, di spazio, di funzionalità

-ca-produttiva. La paura che una mag-giore qualità ambientale potesse dan-neggiare l’organismo produttivo della città sembra ancora esistere anche se da tempo é contraddetta dai fatti sia nella città stessa che da altre metropoli e non solo europee.Per Milano, città europea per eccel-lenza, (piccola, ma determinante per il suo hinterland; compatta, ma piena di spazi interstiziali di notevole bellezza a sorpresa; industriale, ma già ampia-mente convertita e trasformata; ben infrastrutturata, ma ancora troppo con-centrata sullo spostamento individuale

automobilistico; attraente, ma solo per chi supera un certo reddito di base) e oltretutto all’inizio di una nuova stagio-ne Politica – Amministrativa deve porsi degli obiettivi molto ambiziosi anche per tornare nella centralità del dibattito europeo sulle SmartCity, per ora prese sul serio solo da Genova e Torino.Il sindaco di New York ha puntato tutto sul Piano dell’apparente contraddizio-ne: chiamandolo Greener and Greater NYPlan, aumentando il verde conte-

-cazione urbanistica (a oggi sono stati piantati 495.215 alberi sul milione pre-

ha voluto aprire alla cittadinanza, più di

Articolo di Maddalena Torri

-vibile, più verde, più attrattiva e più accogliente, senza perdere in termini di disponibilità, di spazio, di funzio-

economica-produttiva. La paura che

potesse danneggiare l’organismo produttivo della città sembra ancora

-traddetta dai fatti sia nella città stes-sa che da altre metropoli e non solo europee.Per Milano, città europea per eccel-

lenza, (piccola, ma determinante per il suo hinterland; compatta, ma piena di spazi interstiziali di notevole bel-lezza a sorpresa; industriale, ma già ampiamente convertita e trasforma-ta; ben infrastrutturata, ma ancora troppo concentrata sullo sposta-mento individuale automobilistico; attraente, ma solo per chi supera un certo reddito di base) e oltretutto all’inizio di una nuova stagione Politi-ca – Amministrativa deve porsi degli obiettivi molto ambiziosi anche per tornare nella centralità del dibattito europeo sulle SmartCity.

le bombe (Non) uccidonobreve manuale per i guerriglieri della natura: ovvero come costruirebombe di semi.

sono necessari:1. Pagine di giornale2. una manciata di semi3. acqua4.concime o terra

- chiudere la pagina attorno alla terra e bagnare con acqua

- unire la terra, i semi e il concime sopra una pagina di giornale

- lanciare la bomba sul terreno pubblico, la natura farà il resto

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George Monbiot

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Prima di ogni attacco perlustrare bene la zona d’interesse con una macchina, capire se è sorvegliata e facilmente abbandonabile

Preparati delle scuse per le forze dell’ordine, potresti sempre dire che stai portando i fiori per un cane investito nelle vicinanze

nei giorni successivi è meglio reclutare qualche anziano del posto per innaffiare le vostre piantine

RIP

Più conosco gli uominipiù amo i cani.

Primo maggio 2000Il primo maggio 2000 Reclaim the Streets organizzò una manifestazione di massa di Guerrilla Gardening presso la piazza del Parlamento a Londra. Dopo una parata carnevalesca con tanto di band di samba, e un raduno di ciclisti partito da Hyde Park, qualche migliaio di "giardinieri" occuparono la piazza piantando fiori e ortaggi. Fu eretto un maypole, attorno al quale danzarono molti dei manifestanti.

Pure Genius!!Un esempio di guerrilla gardening ebbe luogo nel maggio 1996, quando circa 500 attivisti affiliati a The Land is Ours occuparono circa 13 acri di terreno abbandonato, appartenente alla Guinness, sulle rive del Tamigi nel Wandsworth. La loro azione voleva sottolineare quello che loro descrissero come "Il terrificante spreco della terra urbana.

nella Bibbia e, sempre su Wiki-pedia, si fa riferimento a ”due celebrati giardinieri di questo genere, attivi prima del conio del termine Guerrilla garde-ning: Gerald Winstanley e The Diggers (gli zappatori) nel Sur-rey England, nel 1649, e John Chapman soprannominato >seme di mela nell’Ohio, USA, nel 1801”.Dopo questa breve ricostru-zione storica, è interessante osservare cos’è diventato il guerrilla gardening ora. Un modo per produrre cibo per i lavoratori delle piantagioni di banane Tacamiche nell’Hon-duras, che hanno fatto cresce-re illegalmente degli ortaggi sulla piantagione abbandona-ta, invece di lasciare la terra con la chiusura della pianta-gione.

George MonbiotSpesso il “verde cittadino” è abbandonato in condizioni imbarazzantiUn gesto politi-co, come racconta Urban Ac-tivism, un blog che raccoglie spunti di attivismo per il mi-glioramento della vita in am-biente urbano. Dopo l’espe-rienza newyorkese della Green Guerrilla “i giardinieri coltivano e gestiscono autonomamente gli spazi verdi occupati, non solo coltivando, ma anche or-ganizzando iniziative coinvol-gendo il quartiere e le scuole elementari, aggiungendo al Guerrilla Gardening un’impor-tante funzione sociale e cultu-rale”.Quando l’azione dei singoli si unisce, assistiamo invece ad eventi di grande impatto, come nel maggio 1996, quan-

con “The Land is Ours” (la terra è nostra), tra cui George Monbiot, giornalista ambienta-lista di “The Guardian”, hanno occupato circa 13 acri di terre-no abbandonato, appartenen-te alla Guinness, sulle rive del Tamigi nel Wandsworth, la par-te sud di Londra. La loro azio-

ne voleva sottolineare quello che loro descrissero come “il

urbana, la mancanza di case popolari, e il deterioramento dell’ambiente urbano”.O come quando, il Primo Mag-gio del 2000, Reclaim the Stre-ets, un collettivo di attivisti che sostengono l’idea che gli spazi pubblici siano di proprietà col-lettiva, organizzò un attacco di massa di Guerrilla Gardening presso la piazza del Parlamen-to a Londra, con tanto di para-ta carnevalesca accompagna-ta da band di Samba mentre qualche migliaio di “giardinieri” occuparono la piazza piantan-

Lo stesso vaso un po’ più ver-de...Una lunga storia insom-ma che approda in Italia con qualche ritardo, ma che vede già i suoi ferventi sostenitori, e vanta un attacco collettivo a Torino nel 2007, ad opera del gruppo Badili badala (in pie-montese “bighellone”) nell’am-bito del meetup amici di Bep-pe Grillo Torino.Andate a farvi un giro sul web, troverete guerrillagardening.it. E’ un sito molto animato con tanto di consigli e idee su come realizzare una “bomba di semi”, preparare “il primo attacco” e curare le proprie piantine nei giorni successivi, ma anche su come salvare le piante spontanee. Perché “a volte, più importante di pian-tumare nuove piante è scovare gli alberelli che nascono spon-taneamente”.

Lasciate che Londra

germogli

Con guerrilla gardening si intende una forma di giardinaggio politico, una forma di azione non violenta diretta, praticata soprattutto da gruppi ambientalisti. Questi movimenti sono solitamente legati alla permacultura o alle problematiche riguardanti i diritti della terra

Iniziativa MondialeSembra proprio che l’inizio del nuovo millennio abbia segnato la popolarità di una parola, “guerriglia”, proprio in un periodo storico in cui di guerriglie, oramai, se ne ve-dono ben poche. Si sa però che la ricontestualizzazione è caratteristica della modernità. Così si sente parlare sempre più spesso di guerrilla mar-keting, termine con il quale si intende la promozione pubbli-citaria non convenzionale che utilizza creativamente i mezzi di comunicazione, il passa pa-rola e le potenzialità dei social network.Ma non è quello che interessa a noi, perché in questo caso stiamo per parlare di “Guerri-glia Gardening”. Liberiamoci subito da equivoci, vista la premessa fatta: non si tratta di una nuova tecnica di promo-zione di un marchio di fertiliz-zanti, né di attrezzi di giardi-naggio, bensì, di “una forma di giardinaggio politico, di azione non violenta diretta, praticata soprattutto da gruppi ambien-

Wikipedia, che evidenzia an-che come questi movimenti siano legati alla permacultura o alle problematiche inerenti ai diritti della terra.

In EuropaMa come funziona pratica-mente? Molto semplice. Si individua un pezzo di terra ab-

bandonato, magari in un’area cittadina che avrebbe proprio bisogno di un po’ di verde. Poi ci si arma di pale e badili e si parte con l’azione/attacco. Lo scopo è quello di rimodellare

le zone dimesse della città.Vi sono gruppi di giardinieri guerriglieri che agiscono di notte, in segreto, e poi maga-ri pubblicano sul web le prove

-sioni. Ve ne sono altri invece che lavorano più apertamente, cercando di coinvolgere le co-munità locali.

Il logo dei Guerrilla Gardening”Qualcuno ha det-to che i guerriglieri del verde fanno di notte quello che le amministrazioni comunali do-vrebbero fare di giorno … ed è verissimo”, si legge sul blog i

proprio da questa matrice cul-turale che nasce il movimento.

quando Liz Christy e il suo gruppo Green Guerrilla, nella area di Bowery Houston a New York, trasformano un derelitto lotto privato in un giardino.Dopo trent’anni questo spazio è ancora ben tenuto grazie alla cura di alcuni volontari e alla protezione del dipartimento parchi di New York.Ma del guerrilla gardening pare addirittura vi sia traccia

Dall’alto a sinistra: Donne piantano platani ad Oslo, partecipando ad un iniziativa diurna. Sacchetti distribuiti contenenti bombe di semi da gettare nella città. Un giardino spontaneo sulle rive del Tamigi, dopo aver piantato le persone occupano l’area per proteggere il loro seminato.

64

Web & Movement

Articolo di Adriano Costa

le bombe (Non) uccidonobreve manuale per i guerriglieri della natura: ovvero come costruirebombe di semi.

sono necessari:1. Pagine di giornale2. una manciata di semi3. acqua4.concime o terra

- chiudere la pagina attorno alla terra e bagnare con acqua

- unire la terra, i semi e il concime sopra una pagina di giornale

- lanciare la bomba sul terreno pubblico, la natura farà il resto

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Prima di ogni attacco perlustrare bene la zona d’interesse con una macchina, capire se è sorvegliata e facilmente abbandonabile

Preparati delle scuse per le forze dell’ordine, potresti sempre dire che stai portando i fiori per un cane investito nelle vicinanze

nei giorni successivi è meglio reclutare qualche anziano del posto per innaffiare le vostre piantine

RIP

Più conosco gli uominipiù amo i cani.

Primo maggio 2000Il primo maggio 2000 Reclaim the Streets organizzò una manifestazione di massa di Guerrilla Gardening presso la piazza del Parlamento a Londra. Dopo una parata carnevalesca con tanto di band di samba, e un raduno di ciclisti partito da Hyde Park, qualche migliaio di "giardinieri" occuparono la piazza piantando fiori e ortaggi. Fu eretto un maypole, attorno al quale danzarono molti dei manifestanti.

Pure Genius!!Un esempio di guerrilla gardening ebbe luogo nel maggio 1996, quando circa 500 attivisti affiliati a The Land is Ours occuparono circa 13 acri di terreno abbandonato, appartenente alla Guinness, sulle rive del Tamigi nel Wandsworth. La loro azione voleva sottolineare quello che loro descrissero come "Il terrificante spreco della terra urbana.

nella Bibbia e, sempre su Wiki-pedia, si fa riferimento a ”due celebrati giardinieri di questo genere, attivi prima del conio del termine Guerrilla garde-ning: Gerald Winstanley e The Diggers (gli zappatori) nel Sur-rey England, nel 1649, e John Chapman soprannominato >seme di mela nell’Ohio, USA, nel 1801”.Dopo questa breve ricostru-zione storica, è interessante osservare cos’è diventato il guerrilla gardening ora. Un modo per produrre cibo per i lavoratori delle piantagioni di banane Tacamiche nell’Hon-duras, che hanno fatto cresce-re illegalmente degli ortaggi sulla piantagione abbandona-ta, invece di lasciare la terra con la chiusura della pianta-gione.

George MonbiotSpesso il “verde cittadino” è abbandonato in condizioni imbarazzantiUn gesto politi-co, come racconta Urban Ac-tivism, un blog che raccoglie spunti di attivismo per il mi-glioramento della vita in am-biente urbano. Dopo l’espe-rienza newyorkese della Green Guerrilla “i giardinieri coltivano e gestiscono autonomamente gli spazi verdi occupati, non solo coltivando, ma anche or-ganizzando iniziative coinvol-gendo il quartiere e le scuole elementari, aggiungendo al Guerrilla Gardening un’impor-tante funzione sociale e cultu-rale”.Quando l’azione dei singoli si unisce, assistiamo invece ad eventi di grande impatto, come nel maggio 1996, quan-

con “The Land is Ours” (la terra è nostra), tra cui George Monbiot, giornalista ambienta-lista di “The Guardian”, hanno occupato circa 13 acri di terre-no abbandonato, appartenen-te alla Guinness, sulle rive del Tamigi nel Wandsworth, la par-te sud di Londra. La loro azio-

ne voleva sottolineare quello che loro descrissero come “il

urbana, la mancanza di case popolari, e il deterioramento dell’ambiente urbano”.O come quando, il Primo Mag-gio del 2000, Reclaim the Stre-ets, un collettivo di attivisti che sostengono l’idea che gli spazi pubblici siano di proprietà col-lettiva, organizzò un attacco di massa di Guerrilla Gardening presso la piazza del Parlamen-to a Londra, con tanto di para-ta carnevalesca accompagna-ta da band di Samba mentre qualche migliaio di “giardinieri” occuparono la piazza piantan-

Lo stesso vaso un po’ più ver-de...Una lunga storia insom-ma che approda in Italia con qualche ritardo, ma che vede già i suoi ferventi sostenitori, e vanta un attacco collettivo a Torino nel 2007, ad opera del gruppo Badili badala (in pie-montese “bighellone”) nell’am-bito del meetup amici di Bep-pe Grillo Torino.Andate a farvi un giro sul web, troverete guerrillagardening.it. E’ un sito molto animato con tanto di consigli e idee su come realizzare una “bomba di semi”, preparare “il primo attacco” e curare le proprie piantine nei giorni successivi, ma anche su come salvare le piante spontanee. Perché “a volte, più importante di pian-tumare nuove piante è scovare gli alberelli che nascono spon-taneamente”.

Lasciate che Londra

germogli

Con guerrilla gardening si intende una forma di giardinaggio politico, una forma di azione non violenta diretta, praticata soprattutto da gruppi ambientalisti. Questi movimenti sono solitamente legati alla permacultura o alle problematiche riguardanti i diritti della terra

Iniziativa MondialeSembra proprio che l’inizio del nuovo millennio abbia segnato la popolarità di una parola, “guerriglia”, proprio in un periodo storico in cui di guerriglie, oramai, se ne ve-dono ben poche. Si sa però che la ricontestualizzazione è caratteristica della modernità. Così si sente parlare sempre più spesso di guerrilla mar-keting, termine con il quale si intende la promozione pubbli-citaria non convenzionale che utilizza creativamente i mezzi di comunicazione, il passa pa-rola e le potenzialità dei social network.Ma non è quello che interessa a noi, perché in questo caso stiamo per parlare di “Guerri-glia Gardening”. Liberiamoci subito da equivoci, vista la premessa fatta: non si tratta di una nuova tecnica di promo-zione di un marchio di fertiliz-zanti, né di attrezzi di giardi-naggio, bensì, di “una forma di giardinaggio politico, di azione non violenta diretta, praticata soprattutto da gruppi ambien-

Wikipedia, che evidenzia an-che come questi movimenti siano legati alla permacultura o alle problematiche inerenti ai diritti della terra.

In EuropaMa come funziona pratica-mente? Molto semplice. Si individua un pezzo di terra ab-

bandonato, magari in un’area cittadina che avrebbe proprio bisogno di un po’ di verde. Poi ci si arma di pale e badili e si parte con l’azione/attacco. Lo scopo è quello di rimodellare

le zone dimesse della città.Vi sono gruppi di giardinieri guerriglieri che agiscono di notte, in segreto, e poi maga-ri pubblicano sul web le prove

-sioni. Ve ne sono altri invece che lavorano più apertamente, cercando di coinvolgere le co-munità locali.

Il logo dei Guerrilla Gardening”Qualcuno ha det-to che i guerriglieri del verde fanno di notte quello che le amministrazioni comunali do-vrebbero fare di giorno … ed è verissimo”, si legge sul blog i

proprio da questa matrice cul-turale che nasce il movimento.

quando Liz Christy e il suo gruppo Green Guerrilla, nella area di Bowery Houston a New York, trasformano un derelitto lotto privato in un giardino.Dopo trent’anni questo spazio è ancora ben tenuto grazie alla cura di alcuni volontari e alla protezione del dipartimento parchi di New York.Ma del guerrilla gardening pare addirittura vi sia traccia

Dall’alto a sinistra: Donne piantano platani ad Oslo, partecipando ad un iniziativa diurna. Sacchetti distribuiti contenenti bombe di semi da gettare nella città. Un giardino spontaneo sulle rive del Tamigi, dopo aver piantato le persone occupano l’area per proteggere il loro seminato.

64

Web & Movement

Articolo di Adriano Costa

84

Articolo di Ann Penta

Otto italiani su dieci ritengo-no infatti che le etichette dei prodotti dovrebbero avere una sorta di “contachilometri” che misuri le emissioni di gas ad effetto serra. La qualità (com-ponenti, provenienza, denomi-nazione d’origine) da sola ora non basta più, molto meglio se quello che si mangia è anche eco-sostenibil. E’ quanto risulta da una analisi della Coldiretti basata sul rap-porto Eurobarometro sull’atti-tudine dei consumatori euro-pei al consumo ecologico.Gli italiani - sottolinea la Col-diretti - si dimostrano più in-teressati al “contachilometri” ecologico in etichetta rispetto alla media dei cittadini euro-pei che pur mostrano, con il 72%, una grande sensibilità per rendere obbligatoria que-sta indicazione del consumo di anidride carbonica (CO2) in etichetta. Ben il 37% dei consumatori italiani ritengo-no inoltre che la distribuzione commerciale dovrebbe forni-re maggiori informazioni sui prodotti sostenibili dal punto di vista ambientale ai quali se-condo il 25% dovrebbe essere addirittura dedicato un angolo apposito all’interno dei negozi mentre il 15% ritiene che deb-bano essere comunque resi più visibili sugli scaffali. Coldiretti ha quindi avviato una mobilitazione per arrivare all’introduzione dell’obbligo di indicare in etichetta la prove-nienza di cibi in vendita alla disponibilità di spazi adeguati

nella distribuzione commer-ciale, dove poter acquistare alimenti locali che non devono essere trasportati per lunghe distanze, dai mercati degli agricoltori di campagna ami-ca dove si vendono prodotti

primo circuito a chilometri zero di ristoranti, gelaterie, osterie e snack bar.

Vicino a casa propriaL’impatto dei prodotti alimen-tari sull’ambiente è infatti mol-to importante per la decisione di acquisto di oltre la metà degli italiani (54%) che gli at-tribuiscono un valore doppio rispetto alla marca. Sempre secondo la Coldiretti con-sumando prodotti locali e di stagione e facendo attenzio-ne agli imballaggi, una fami-glia può arrivare ad abbattere

di anidride carbonica (CO2) l’anno. E’ stato infatti calco-lato ad esempio che il vino dall’Australia per giungere sul-le tavole italiane deve percorre oltre 16mila chilometri con un consumo di 9,4 chili di petro-lio e l’emissione di 29,3 chili di anidride carbonica mentre le prugne dal Cile che devono volare 12mila chilometri con un consumo di 7,1 kg di pe-trolio che liberano 22 chili di anidride carbonica e la carne argentina viaggia per 11mila bruciando 6,7 chili di petrolio e liberando 20,8 chili di anidri-de carbonica attraverso il tra-sporto con mezzi aerei.Più spazio negli scaffali dei

centri commerciali e nei mer-catini delle piazze ai cibi locali “a chilometri zero”, sostenibili dal punto di vista ambientale perché non fanno consuma-re carburante necessario al trasporto e contribuiscono a ridurre l’inquinamento atmo-sferico ma garantiscono an-che condizioni di genuinità e freschezza uniche non essen-do soggetta ai lunghi tempi di viaggio dei prodotti importati. Lo rende noto la Coldiretti nel commentare con soddisfa-zione il voto favorevole della Camera alla conversione del decreto-legge.

Contachilometrisu “Interventi urgenti in agri-coltura” che contiene nor-me per favorire la presenza di prodotti agricoli regionali nella moderna distribuzione,

del provvedimento si aprirà la possibilità di assicurare ai pro-dotti alimentari legati al territo-rio il giusto spazio di vendita sugli scaffali dei supermerca-ti, nell’interesse delle imprese agricole e dei consumatori. In Italia - rivela la Coldiretti - se-condo i dati divulgati dall’I-spettorato Repressione Frodi sulla base dei risultati di una vasta attività di controllo sugli scaffali di vendita della distri-buzione commerciale quasi un frutto su quattro è straniero e la volontà di valorizzare la pro-duzione locale.

Consumatori italiani sempre più attenti ed esigenti sul cibo. In tanti vorrebbero l’etichetta

ora non basta più, molto meglio

mangia è anche eco-sostenibile

GLI ITALIANI AMANO IL CIBO

A KM ZERO

A sinistra: un chiaro esempio di prodotti provenienti direttamente

dal territorio limitrofo. A destra: un pezzo di terra

coltivato di una fattoria nei pressi di Varese.

Funky Food

84

Articolo di Ann Penta

Otto italiani su dieci ritengo-no infatti che le etichette dei prodotti dovrebbero avere una sorta di “contachilometri” che misuri le emissioni di gas ad effetto serra. La qualità (com-ponenti, provenienza, denomi-nazione d’origine) da sola ora non basta più, molto meglio se quello che si mangia è anche eco-sostenibil. E’ quanto risulta da una analisi della Coldiretti basata sul rap-porto Eurobarometro sull’atti-tudine dei consumatori euro-pei al consumo ecologico.Gli italiani - sottolinea la Col-diretti - si dimostrano più in-teressati al “contachilometri” ecologico in etichetta rispetto alla media dei cittadini euro-pei che pur mostrano, con il 72%, una grande sensibilità per rendere obbligatoria que-sta indicazione del consumo di anidride carbonica (CO2) in etichetta. Ben il 37% dei consumatori italiani ritengo-no inoltre che la distribuzione commerciale dovrebbe forni-re maggiori informazioni sui prodotti sostenibili dal punto di vista ambientale ai quali se-condo il 25% dovrebbe essere addirittura dedicato un angolo apposito all’interno dei negozi mentre il 15% ritiene che deb-bano essere comunque resi più visibili sugli scaffali. Coldiretti ha quindi avviato una mobilitazione per arrivare all’introduzione dell’obbligo di indicare in etichetta la prove-nienza di cibi in vendita alla disponibilità di spazi adeguati

nella distribuzione commer-ciale, dove poter acquistare alimenti locali che non devono essere trasportati per lunghe distanze, dai mercati degli agricoltori di campagna ami-ca dove si vendono prodotti

primo circuito a chilometri zero di ristoranti, gelaterie, osterie e snack bar.

Vicino a casa propriaL’impatto dei prodotti alimen-tari sull’ambiente è infatti mol-to importante per la decisione di acquisto di oltre la metà degli italiani (54%) che gli at-tribuiscono un valore doppio rispetto alla marca. Sempre secondo la Coldiretti con-sumando prodotti locali e di stagione e facendo attenzio-ne agli imballaggi, una fami-glia può arrivare ad abbattere

di anidride carbonica (CO2) l’anno. E’ stato infatti calco-lato ad esempio che il vino dall’Australia per giungere sul-le tavole italiane deve percorre oltre 16mila chilometri con un consumo di 9,4 chili di petro-lio e l’emissione di 29,3 chili di anidride carbonica mentre le prugne dal Cile che devono volare 12mila chilometri con un consumo di 7,1 kg di pe-trolio che liberano 22 chili di anidride carbonica e la carne argentina viaggia per 11mila bruciando 6,7 chili di petrolio e liberando 20,8 chili di anidri-de carbonica attraverso il tra-sporto con mezzi aerei.Più spazio negli scaffali dei

centri commerciali e nei mer-catini delle piazze ai cibi locali “a chilometri zero”, sostenibili dal punto di vista ambientale perché non fanno consuma-re carburante necessario al trasporto e contribuiscono a ridurre l’inquinamento atmo-sferico ma garantiscono an-che condizioni di genuinità e freschezza uniche non essen-do soggetta ai lunghi tempi di viaggio dei prodotti importati. Lo rende noto la Coldiretti nel commentare con soddisfa-zione il voto favorevole della Camera alla conversione del decreto-legge.

Contachilometrisu “Interventi urgenti in agri-coltura” che contiene nor-me per favorire la presenza di prodotti agricoli regionali nella moderna distribuzione,

del provvedimento si aprirà la possibilità di assicurare ai pro-dotti alimentari legati al territo-rio il giusto spazio di vendita sugli scaffali dei supermerca-ti, nell’interesse delle imprese agricole e dei consumatori. In Italia - rivela la Coldiretti - se-condo i dati divulgati dall’I-spettorato Repressione Frodi sulla base dei risultati di una vasta attività di controllo sugli scaffali di vendita della distri-buzione commerciale quasi un frutto su quattro è straniero e la volontà di valorizzare la pro-duzione locale.

Consumatori italiani sempre più attenti ed esigenti sul cibo. In tanti vorrebbero l’etichetta

ora non basta più, molto meglio

mangia è anche eco-sostenibile

GLI ITALIANI AMANO IL CIBO

A KM ZERO

A sinistra: un chiaro esempio di prodotti provenienti direttamente

dal territorio limitrofo. A destra: un pezzo di terra

coltivato di una fattoria nei pressi di Varese.

Funky Food

88 89

NUOVE FRONTIEREColtivazione idroponica e alimentazione sociale

Per coltivazione idroponica s’intende

una delle tecniche di coltivazione fuori

suolo: la terra è sostituita da un substrato inerte (argilla espansa, perlite, vermiculite,

ecc.). La pianta viene irrigata con una soluzione nutritiva composta dall’acqua e dai composti (per lo più inorganici) necessari ad apportare tutti gli elementi necessari assunti normalmente con la nutrizione minerale. La tecnica è altrimenti conosciuta con il termine di Idrocoltura. La coltura idroponica consente produzioni controllate sia dal punto di vista qualitativo sia igienico-sanitario durante tutto l’anno.

Intervista a Luca Incrocci

L’agricoltura che fa a meno della terra. Come far crescere insalata e pomodori nell’Antartide e a Chernobyl

Articolo di Fausto Bernino

Intervista di Augusto Redine

88 89

NUOVE FRONTIEREColtivazione idroponica e alimentazione sociale

Per coltivazione idroponica s’intende

una delle tecniche di coltivazione fuori

suolo: la terra è sostituita da un substrato inerte (argilla espansa, perlite, vermiculite,

ecc.). La pianta viene irrigata con una soluzione nutritiva composta dall’acqua e dai composti (per lo più inorganici) necessari ad apportare tutti gli elementi necessari assunti normalmente con la nutrizione minerale. La tecnica è altrimenti conosciuta con il termine di Idrocoltura. La coltura idroponica consente produzioni controllate sia dal punto di vista qualitativo sia igienico-sanitario durante tutto l’anno.

Intervista a Luca Incrocci

L’agricoltura che fa a meno della terra. Come far crescere insalata e pomodori nell’Antartide e a Chernobyl

Articolo di Fausto Bernino

Intervista di Augusto Redine

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Le piante sono coltivate in un substrato inerte sterile di crescita, come la lana di roccia, argilla, perlite, vermiculite e alimentati con una miscela di acqua e nutrienti. Il principio è fondamentale, le piante che sono coltivate in terreni devono sviluppare continuamente il loro apparato radicale in cerca di acqua e sostanze nutritive così la maggior parte di energia della pianta viene impiegata per lo sviluppo radicale e limita la sua crescita superiore. Con idroponica, l’acqua, nutrienti ed aria è somministrata direttamente alla pianta, liberandola da

radici e busto. Somministrando tutte le sostanze nutritive, l’aria e l’acqua che si può desiderare, le piante crescono molto più veloci e con una resa ottimale equivalente al 100%.La chiave del vostro successo per una ottima coltivazione idroponica è dovuta alla luce, aria e soluzione nutritiva. La soluzione nutritiva è, in altre parole, acqua con nutrimenti. Essa deve contenere tutti gli elementi minerali necessari per la crescita delle piante e devono essere nelle giuste proporzioni. Nulla può essere lasciato al caso. Fortunatamente, abbiamo una vasta gamma di fertilizanti idroponica disponibili ed è semplicemente una questione di scelta del prodotto più adatto alle vostre esigenze.

Consigli utili per una buona riuscita nella coltivazione idroponicaPer un buon inizio bisogna assolutamente inserire nel serbatoio del sistema un’acqua di qualità. Bisogna controllare l’acqua del rubinetto con un misuratore di EC e TDS. Se il valore supera i

Inoltre la quantità di ossigeno presente nell’acqua è molto importante per la piante e vi suggeriamo di usare una pompa ossigenatrice.Un’altro consiglio è quello di somministrare alla piante, oltre ai classici fertilizzanti N-P-K dei booster ricchi di vitamine e microelementi in grado di arricchire il ciclo vitale delle piante stesse. Un booster molto usato in idroponica è il biobizz bio-heaven, ricco di aminoacidi naturali in grado di dare una marcia

ai classici fertilizzanti bloom, anche un booster in grado di far

Ricordatevi che il ph e l’ec della soluzione dovrebbe essere misurato giornalmente e che la soluzione dovrebbe essere sostituita 1 volta ogni 2 settimane.

canico permette alla vasca di decantazione di scaricare ad intervalli regolari l’acqua ne-

cessaria ad irrigare le aiuole di coltivazione. Inoltre ogni im-pianto acquaponico è un vero e proprio ecosistema autosuf-

direttamente vedere nelle foto dell’impianto realizzato in Ken-

viene fatta prosperare una pianta acquatica, il giacinto d’acqua, che ha il duplice com-

l’acqua e di fornire nutrimento ai pesci i quali, con le loro de-iezioni, forniscono nutrimento alle piante che prosperano nelle aiuole di coltivazione. Le realizzazioni di Hughey inse-gnano che è davvero possibile costruire impianti di coltivazio-ne acquaponica a basso costo e facilmente realizzabili anche ad uso domestico.

Impatto ambientale

Come avrai notato, negli ul-timi tempi si parla sempre di più del concetto di vita so-stenibile. Sempre più gente cerca un modo per ridurre in

impatto ambientale: cerca di usare di meno l’auto, mangia meno carne, indossa sì, abiti alla moda, ma sostenibili. Se consideriamo i nostri casi in-dividuali, siamo sempre più consapevoli dell’impatto che abbiamo sul nostro pianeta e sui nostri simili.Ma quanto è realmente so-stenibile il nostro stile di vita? Se prendiamo il concetto di stile di vita sostenibile al di là di un approccio stretto ed

“I proprietari di

abitazioni solo in

America applicano

qualcosa come

decine di milioni

di chilogrammi di

fertilizzanti e pesticidi

nei propri giardini

Giardini volantiSemplici regole e suggerimenti per crearea una col-tivazione idroponica in casa. Come sistemare i vasi, come munirsi di una corretta pompa per l’acqua e come procurarsi un adeguato ossigenatore per ogni tipo di pianta

Articolo di Piero Giorgietto

Metodi di produzioneDa sempre mi sono interessato ai metodi di produzione di cibo non convenzionali, da buon appassionato di fantascienza il termine “coltura idroponica“ mi è sempre stato familiare, l’i-dea di una piccola serra a casa in cui coltivare le mie verdure tutto l’anno, senza utilizzare la madre terra come strato su cui far crescere le mie piantine, mi ha sempre intrigato e così ho fatto pure qualche piccolo esperimento e modestamente devo dire con discreti risultati. Trovando interessante l’argo-mento delle coltivazioni idro-poniche o indoor, ho sempre frequentato siti e blog inerenti all’argomento, con il passare del tempo mi sono reso conto che questo metodo di coltiva-zione è tutt’altro che un giocat-

valido strumento di sviluppo economico e tecnologico.Agricoltura Idroponica e Ac-quaponica a ConfrontoNelle mie varie peregrinazio-ni in rete, per dissetare la mia sete di sapere, mi sono sem-pre imbattuto anche in un altro termine che si accompagna all’idroponica, l’acquaponica. L’acquaponica è una metodo

-nato e complesso rispetto alla coltivazione idroponica, nella quale ci si occupa principal-mente di far prosperare i vege-tali in un ambiente controllato. Nella coltivazione acquaponi-ca invece entra in gioco un al-tro elemento, la vita animale. In un tradizionale impianto idro-ponico abbiamo un serbatoio in cui è contenuta la sostanza nutritiva per la crescita delle coltivazioni, delle vasche dove vengono alloggiate le piantine ed un circuito di irrigazione chiuso che consente all’acqua arricchita con le sostanza nu-tritive necessarie di compiere un ciclo avanti e indietro tra il serbatoio e le vasche di colti-vazione.

In un impianto acquaponico il serbatoio con la sostanza nutritiva è sostituito da un ac-quario con pesci d’acqua dol-ce (commestibili) come carpe, trote, pesci gatto o tilapie. Gli ospiti dell’acquario, con le loro

deiezioni producono il fertiliz-zante che viene poi utilizzato per far crescere le piante. Il principio di base è estrema-mente semplice e avrei volu-to già da tempo realizzare un piccolo impianto sperimentale domestico ma ho sempre tro-vato poca documentazione in merito all’argomento e quel-la poca che trovavo, con mio sommo sgomento, imponeva costi di realizzo abbastanza proibitivi per un privato. Un giorno però, come San Paolo sulla via di Damasco, lasciate-mi passare il paragone evan-gelico, sono rimasto folgorato da questo sito FastOnLine.org , la risposta a tutte le domande che avevo e a cui non trovavo risposte o le risposte che ave-vo trovato aumentavano solo la mia frustrazione.Realizzare un Impianto Dome-stico di Coltivazione Acquapo-nicaIn questo sito si parla della realizzazione di un allegro si-gnore americano, Travis W. Hughey, il quale ha realizzato con materiali di recupero un impianto di coltura acquapo-

funzionante con materiali di re-cupero, redigendo un manuale

come è realizzato e composto il suo piccolo impianto, costi-tuito da una vasca di quasi 100 litri, due aiuole ed una picco-la cisterna di decantazione, il tutto ricavato da alcuni fusti di plastica, alcuni tubi ed una piccola pompa per l’acqua.

Materiali idoneiA prima vista potrebbe sem-brare che questo impianto acquaponico, se pur interes-sante e completo, rappresenti solo un esercizio hobbistico molto ben realizzato e ben do-cumentato, ma per fortuna non

è così infatti, leggendo più at-tentamente le informazioni nel sito si troverà un’interessante

al luglio del 2006, in cui viene documentata la realizzazione di un impianto, costruito sem-pre da Hughey, in Kenya in cui sono presenti ben 36 aiuole di coltivazione ed una vasca di qualche migliaio di litri che ospita un centinaio di pesci, tutto l’impianto è stato realiz-zato sempre con materiali di recupero, vecchi bidoni, assi di legno e mattoni.Un cosa da notare è che in tutti questi impianti di coltivazione acquaponica non è presente alcuna parte o componente elettronica, un sistema mec-

“Non avrai più

pensieri e soprattutto

ti convincerai che

non è il caso di usare

i pesticidi

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Le piante sono coltivate in un substrato inerte sterile di crescita, come la lana di roccia, argilla, perlite, vermiculite e alimentati con una miscela di acqua e nutrienti. Il principio è fondamentale, le piante che sono coltivate in terreni devono sviluppare continuamente il loro apparato radicale in cerca di acqua e sostanze nutritive così la maggior parte di energia della pianta viene impiegata per lo sviluppo radicale e limita la sua crescita superiore. Con idroponica, l’acqua, nutrienti ed aria è somministrata direttamente alla pianta, liberandola da

radici e busto. Somministrando tutte le sostanze nutritive, l’aria e l’acqua che si può desiderare, le piante crescono molto più veloci e con una resa ottimale equivalente al 100%.La chiave del vostro successo per una ottima coltivazione idroponica è dovuta alla luce, aria e soluzione nutritiva. La soluzione nutritiva è, in altre parole, acqua con nutrimenti. Essa deve contenere tutti gli elementi minerali necessari per la crescita delle piante e devono essere nelle giuste proporzioni. Nulla può essere lasciato al caso. Fortunatamente, abbiamo una vasta gamma di fertilizanti idroponica disponibili ed è semplicemente una questione di scelta del prodotto più adatto alle vostre esigenze.

Consigli utili per una buona riuscita nella coltivazione idroponicaPer un buon inizio bisogna assolutamente inserire nel serbatoio del sistema un’acqua di qualità. Bisogna controllare l’acqua del rubinetto con un misuratore di EC e TDS. Se il valore supera i

Inoltre la quantità di ossigeno presente nell’acqua è molto importante per la piante e vi suggeriamo di usare una pompa ossigenatrice.Un’altro consiglio è quello di somministrare alla piante, oltre ai classici fertilizzanti N-P-K dei booster ricchi di vitamine e microelementi in grado di arricchire il ciclo vitale delle piante stesse. Un booster molto usato in idroponica è il biobizz bio-heaven, ricco di aminoacidi naturali in grado di dare una marcia

ai classici fertilizzanti bloom, anche un booster in grado di far

Ricordatevi che il ph e l’ec della soluzione dovrebbe essere misurato giornalmente e che la soluzione dovrebbe essere sostituita 1 volta ogni 2 settimane.

canico permette alla vasca di decantazione di scaricare ad intervalli regolari l’acqua ne-

cessaria ad irrigare le aiuole di coltivazione. Inoltre ogni im-pianto acquaponico è un vero e proprio ecosistema autosuf-

direttamente vedere nelle foto dell’impianto realizzato in Ken-

viene fatta prosperare una pianta acquatica, il giacinto d’acqua, che ha il duplice com-

l’acqua e di fornire nutrimento ai pesci i quali, con le loro de-iezioni, forniscono nutrimento alle piante che prosperano nelle aiuole di coltivazione. Le realizzazioni di Hughey inse-gnano che è davvero possibile costruire impianti di coltivazio-ne acquaponica a basso costo e facilmente realizzabili anche ad uso domestico.

Impatto ambientale

Come avrai notato, negli ul-timi tempi si parla sempre di più del concetto di vita so-stenibile. Sempre più gente cerca un modo per ridurre in

impatto ambientale: cerca di usare di meno l’auto, mangia meno carne, indossa sì, abiti alla moda, ma sostenibili. Se consideriamo i nostri casi in-dividuali, siamo sempre più consapevoli dell’impatto che abbiamo sul nostro pianeta e sui nostri simili.Ma quanto è realmente so-stenibile il nostro stile di vita? Se prendiamo il concetto di stile di vita sostenibile al di là di un approccio stretto ed

“I proprietari di

abitazioni solo in

America applicano

qualcosa come

decine di milioni

di chilogrammi di

fertilizzanti e pesticidi

nei propri giardini

Giardini volantiSemplici regole e suggerimenti per crearea una col-tivazione idroponica in casa. Come sistemare i vasi, come munirsi di una corretta pompa per l’acqua e come procurarsi un adeguato ossigenatore per ogni tipo di pianta

Articolo di Piero Giorgietto

Metodi di produzioneDa sempre mi sono interessato ai metodi di produzione di cibo non convenzionali, da buon appassionato di fantascienza il termine “coltura idroponica“ mi è sempre stato familiare, l’i-dea di una piccola serra a casa in cui coltivare le mie verdure tutto l’anno, senza utilizzare la madre terra come strato su cui far crescere le mie piantine, mi ha sempre intrigato e così ho fatto pure qualche piccolo esperimento e modestamente devo dire con discreti risultati. Trovando interessante l’argo-mento delle coltivazioni idro-poniche o indoor, ho sempre frequentato siti e blog inerenti all’argomento, con il passare del tempo mi sono reso conto che questo metodo di coltiva-zione è tutt’altro che un giocat-

valido strumento di sviluppo economico e tecnologico.Agricoltura Idroponica e Ac-quaponica a ConfrontoNelle mie varie peregrinazio-ni in rete, per dissetare la mia sete di sapere, mi sono sem-pre imbattuto anche in un altro termine che si accompagna all’idroponica, l’acquaponica. L’acquaponica è una metodo

-nato e complesso rispetto alla coltivazione idroponica, nella quale ci si occupa principal-mente di far prosperare i vege-tali in un ambiente controllato. Nella coltivazione acquaponi-ca invece entra in gioco un al-tro elemento, la vita animale. In un tradizionale impianto idro-ponico abbiamo un serbatoio in cui è contenuta la sostanza nutritiva per la crescita delle coltivazioni, delle vasche dove vengono alloggiate le piantine ed un circuito di irrigazione chiuso che consente all’acqua arricchita con le sostanza nu-tritive necessarie di compiere un ciclo avanti e indietro tra il serbatoio e le vasche di colti-vazione.

In un impianto acquaponico il serbatoio con la sostanza nutritiva è sostituito da un ac-quario con pesci d’acqua dol-ce (commestibili) come carpe, trote, pesci gatto o tilapie. Gli ospiti dell’acquario, con le loro

deiezioni producono il fertiliz-zante che viene poi utilizzato per far crescere le piante. Il principio di base è estrema-mente semplice e avrei volu-to già da tempo realizzare un piccolo impianto sperimentale domestico ma ho sempre tro-vato poca documentazione in merito all’argomento e quel-la poca che trovavo, con mio sommo sgomento, imponeva costi di realizzo abbastanza proibitivi per un privato. Un giorno però, come San Paolo sulla via di Damasco, lasciate-mi passare il paragone evan-gelico, sono rimasto folgorato da questo sito FastOnLine.org , la risposta a tutte le domande che avevo e a cui non trovavo risposte o le risposte che ave-vo trovato aumentavano solo la mia frustrazione.Realizzare un Impianto Dome-stico di Coltivazione Acquapo-nicaIn questo sito si parla della realizzazione di un allegro si-gnore americano, Travis W. Hughey, il quale ha realizzato con materiali di recupero un impianto di coltura acquapo-

funzionante con materiali di re-cupero, redigendo un manuale

come è realizzato e composto il suo piccolo impianto, costi-tuito da una vasca di quasi 100 litri, due aiuole ed una picco-la cisterna di decantazione, il tutto ricavato da alcuni fusti di plastica, alcuni tubi ed una piccola pompa per l’acqua.

Materiali idoneiA prima vista potrebbe sem-brare che questo impianto acquaponico, se pur interes-sante e completo, rappresenti solo un esercizio hobbistico molto ben realizzato e ben do-cumentato, ma per fortuna non

è così infatti, leggendo più at-tentamente le informazioni nel sito si troverà un’interessante

al luglio del 2006, in cui viene documentata la realizzazione di un impianto, costruito sem-pre da Hughey, in Kenya in cui sono presenti ben 36 aiuole di coltivazione ed una vasca di qualche migliaio di litri che ospita un centinaio di pesci, tutto l’impianto è stato realiz-zato sempre con materiali di recupero, vecchi bidoni, assi di legno e mattoni.Un cosa da notare è che in tutti questi impianti di coltivazione acquaponica non è presente alcuna parte o componente elettronica, un sistema mec-

“Non avrai più

pensieri e soprattutto

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i pesticidi

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L’agricoltura verticale una soluzione possibile. Perché in base alle proiezioni entro circa 50 anni, l’80% della popolazione della terra vivrà in città, il problema sarà che

può essere utilizzata per le coltivazioni di colture agricole sarà già in uso e dove il 15% di quella terra è stata già danneggiata da pratiche agricole che impoveriscono il terreno irrimediabilmente. Per queste persone che vivono nelle città, l’agricoltura verticale potrà aiutare a soddisfare realmente i loro bisogni.Un approccio nuovo di agricoltura deve essere inventato e che utilizzi tecnologie avanzate e sostenibili. Le fattorie o aziende agricole verticale dovranno essere più che

costruzione e manutenzione) immaginandoci così grandi

centri urbani delle metropoli di tutto il mondo. L’agricoltura verticale è una soluzione

interessante e se attuata con successo offre in primis una grande promessa di rinnovamento architettonico urbano, in secundis una produzione sostenibile di una grande varietà di alimentari freschi (considerando una produzione che dura l’intero anno).

provenire anche da un graduale e sistematico abbandono di certe aree agricole in cui gli ecosistemi si sono danneggiati con il passare del tempo grazie ad un agricoltura sempre più intensiva. E nelle zone temperate e tropicali la ri-crescita delle foreste di latifoglie potrebbe nuovamente svolgere il ruolo di polmone verde invertendo le attuali tendenze al cambiamento climatico globale. L’agricoltura verticale può essere un nuovo modi di aiutarci a fermare l’uso di pesticidi, erbicidi e fertilizzanti a base di petrolio. Oltre a considerare l’importante vantaggio della vicinanza dei prodotti agricoli ai suoi diretti consumatori ovviando al

lusso dei lunghi trasporti che devono sottostare all’aumento continuo dei prezzi del petrolio.Il concetto di coltivazione agricola indoor non è nuova, dal momento che sempre maggiore è la produzione di ortaggi in serre, dai pomodori ad una grande varietà di erbe e altri prodotti. La novità risiede nell’urgente necessità per l’agricoltura verticale di dover sfamare 3 miliardi di persone in aggiunta alle attuali. Massicce inondazioni, siccità prolungate ed uragani oltre a monsoni sempre più squilibrati stanno distruggendo milioni di tonnellate di preziose colture.Ciò che viene proposto differisce radicalmente dall’attuale produzione agricola in serre al chiuso dove già una grande varietà di prodotti vengono coltivati. La proposta riguarda una singola unità agricola verticale che può occupare un isolato di una grande metropoli alta circa 30 piani e che utilizza le tecnologie attualmente disponibili sarebbe in grado di fornire abbastanza calorie (2000 calorie al giorno per persona) per soddisfare il fabbisogno di 50000 persone. Per costruire un’azienda agricola verticale con una resa

dalle radiazioni. La tecnica idroponica assomiglia più a un processo industriale che a una produzione agricola. I semi vengono depositati in vassoi di polistirolo, dopo la germinazione le piantine passano nelle serre. Qui sono coltivate con le

materiali come perlite o lana di roccia. Micro-irrigatori controllati da computer forniscono acqua e sali minerali: l’irrigazione ha

ore, ma a terra occorrerebbe il doppio di acqua.

Cosa può dirci sulla serra a ciclo chiuso?La serra a ciclo chiuso, la più recente innovazione dell’agricoltura idroponica, adottata in Italia, ha eliminato l’unico impatto negativo che questa tecnica aveva sull’ambiente.

viene somministrata di regola una soluzione in dosi un po’ più abbondanti di quella strettamente necessaria, spiega Accursio Venezia dell’Istituto sperimentale di orticultura di Pontecagnano (Salerno). Prima, questo surplus di soluzione nutritiva andava

recuperata e riutilizzata. Le équipe italiane salernitana e pisana hanno messo a punto tecnologie pulite, sicure e anche economiche.

Ma com’è il sapore dei prodotti dell’agricoltura senza terra? “E’ impossibile distinguere il pomodoro idroponico da quello coltivato in terra. Possiamo testimoniarlo noi che ne abbiamo assaggiati tanti”, osserva Pardossi. Con la tecnica idroponica si producono anche rose e piante ornamentali. E per profumo e

prova? La produzione ha avuto un chiaro successo in Olanda, il Agricoltura verticaleAgricoltura Verticale, il futuro della agricoltura? L’innovativo modello per un’architettura sostenibile urbana che potrebbe rivoluzionare l’economia, la politica e la società attuale

Articolo di Rodolfo Mutti

E’ possibile far crescere verdura e frutta non contaminate nella zona radioattiva di Cernobyl (dove i bambini hanno bisogno di una dieta anticancro), pomodori e meloni nell’Africa infestata dalle termiti, insalata fresca nelle basi dell’Antartide, carote e fragole nelle astronavi durante i futuri lunghi viaggi interplanetari, e negli insediamenti umani su Marte? La risposta è sì: l’impresa rientra nelle capacità dell’agricoltura senza terra o idroponica, che in greco sta per ‘coltivazione in acqua’. Questa tecnica si è rivelata molto utile anche per compiti non estremi, cioè in gara con la normale agricoltura sulle zolle. L’idroponica garantisce produzioni più ricche, costi minori, qualità controllata, risparmio di acqua e rispetto per l’ambiente. E’ diffusa soprattutto in paesi, come l’Olanda, in cui vigono norme draconiane per impedire l’inquinamento delle falde idriche.

L’agricoltura senza terra non è più una contraddizione in termini: i vegetali nascono e crescono anche dove la terra manca oppure è incoltivabile fornendo alle piante una soluzione nutritiva bilanciata. Dev’essere composta di acqua, sali a base di azoto, fosforo, potassio, magnesio. E di microelementi (ferro, manganese, zinco, rame), assorbiti in quantità molto piccole ma indispensabili per lo sviluppo delle piante, spiega Alberto Pardossi del Dipartimento di Biologia delle Piante all’Università di Pisa. Durante la seconda guerra mondiale, i marine mangiavano lattuga fresca in zone aride, dal clima ostile. Sembrava una smisurata esibizione della tecnologia americana,

dagli anni 30.

Com’è migliorato l’impianto, è vero che la sperimentazione offre una vasta gamma di possibilità?Oggi il sistema è molto più evoluto. L’équipe pisana, insieme con l’Enea, ha realizzato un modulo di coltivazione fuori suolo per la base antartica italiana di Baia Terra Nova e sta preparando un progetto per far crescere vegetali in condizioni di microgravità. Gli esperti del dipartimento allestiranno una serra attrezzata nell’area di Cernobyl; si pensa di utilizzare acqua estratta a grandissima profondità, e perciò non contaminata

individualista, possiamo facil-mente vedere quante siano le strette relazioni tra ambiente ed esseri viventi. Lasciandoci coinvolgere nelle nostre comu-nità, parlando con i nostri vici-ni, sostenendo gruppi locali e re-immaginando il luogo in cui viviamo, possiamo rendere so-stenibile non solo il nostro stile di vita ma anche le nostre stra-de, i quartieri, le città, i paesi,

chissà, forse potremmo anche fare amicizia con persone che lo stanno già facendo.

Per fare in modo che la nostra comunità diventi sempre più sostenibile, bisogna innan-zitutto essere parte di essa. Comincia a parlare con i tuoi vicini di casa, scopri che cosa c’è di nuovo intorno a te e fatti coinvolgere. Questa sembra una cosa ovvia, ma i giorni in cui abbiamo mille cose da sbrigare, spesso non prevedo-no del tempo libero per restare in contatto con la propria co-munità.

Impegni concretiFare shopping e comprare beni di prima necessità a livello locale non solo può contribuire a ridurre i chilometri che per-corriamo ogni volta con i nostri spostamenti, ma contribuisce anche a mantenere attivo il cir-colo dei beni di consumo all’in-terno della comunità. Inoltre è un ottimo modo per conoscere i propri vicini. Ripensa: quan-do è stata l’ultima volta che hai scambiato due chiacchiere con la persona che ha coltiva-to i pomodori che mangi ogni giorno? [Vedi anche la nostra GuidaLimitare l’uso dell’automobile può essere uno degli ottimi si-stemi per ridurre il tuo impatto ecologico sull’ambiente, ma c’è dell’altro. Quando andiamo a piedi, in bicicletta o prendia-mo il treno o l’autobus, anche noi contribuiamo a rendere più facile per gli altri fare la stes-sa cosa e può essere un buon modo per incontrare gente.E’ molto più facile catturare l’attenzione di uno sconosciu-to e fare la sua conoscenza quando non si è circondati da una tonnellata di metallo e si cammina ad una media di 70

km/h. Si può anche aiutare gli altri con la creazione di pro-getti che offrono alternative, si chiama car sharing: hai mai pensato di suggerire un’auto comunitaria (car club) o un pe-dibus (walking bus) per portare i bambini a scuola? [Vedi an-che la nostra Guida: Mobilità Sostenibile: 10 Modi e + per rendere sostenibile il tuo lavo-ro e l’ambiente dove lavori]Le persone sono sempre più incuriosite da uno stile di vita sostenibile. Se vai in bici al lavoro, pratichi la raccolta dif-ferenziata, acquisti cibi biolo-gici, spiegare agli altri il perché delle tue scelte. Se la gente è interessata a provare in prima persona, mostra come fare. Si potrebbe anche fare un ulterio-re passo avanti e organizzare serate informative, utilizzando

gruppi di discussione.

Si potrebbe cominciare a por-re domande alle persone che vivono nella nostra città: se

sull’impatto che ha sull’am-biente, è più facile che essa si attivi per cercare le risposte alle domande. Ricorda però

molto sottile tra il parlare e il predicazione; bisogna sempre sapere quando è il momento di lasciar cadere certi discorsi e tornare a parlare di sport.Si può anche andare avanti da soli, ma perché non cercare di scoprire i gruppi ambientali presenti nella tua zona? Molti gruppi nazionali per la salva-guardia dell’ambiente hanno anche delle dislocazioni locali. Sono sempre più numerosi i gruppi locali specializzati che

della sostenibilità.Ma non si deve solo pensa-re in termini di associazioni “verdi”. Pensano in termini di sostenibilità sempre più nume-rose organizzazioni locali che danno particolare attenzione a questioni ambientali. Quindi, se sei un membro di un grup-po religioso, un genitore o un insegnante coinvolto in gruppi di preghiera o anche se si un membro di un club sportivo, perché non prendi in consi-derazione i passi avanti che si possono fare insieme?La politica nazionale e quella internazionale possono essere

sulle istituzioni che esercitano il potere? La politica locale può essere molto più accessibile e meno intimidatoria. È molto

“spesso i guai

ambientali

ricadono in modo

sproporzionato

sui poveri e gli

emarginati

Pion

ieri

nost

rani

Luca incrocci è uno dei più affermati ingenieri di colture alternati-ve italiano, insegna da ormai sette anni biodiversità all’università

bioingenieria di tutto il mondo e i suoi seminari transoceanici re-gistrano un tutto esaurito.

92 93

L’agricoltura verticale una soluzione possibile. Perché in base alle proiezioni entro circa 50 anni, l’80% della popolazione della terra vivrà in città, il problema sarà che

può essere utilizzata per le coltivazioni di colture agricole sarà già in uso e dove il 15% di quella terra è stata già danneggiata da pratiche agricole che impoveriscono il terreno irrimediabilmente. Per queste persone che vivono nelle città, l’agricoltura verticale potrà aiutare a soddisfare realmente i loro bisogni.Un approccio nuovo di agricoltura deve essere inventato e che utilizzi tecnologie avanzate e sostenibili. Le fattorie o aziende agricole verticale dovranno essere più che

costruzione e manutenzione) immaginandoci così grandi

centri urbani delle metropoli di tutto il mondo. L’agricoltura verticale è una soluzione

interessante e se attuata con successo offre in primis una grande promessa di rinnovamento architettonico urbano, in secundis una produzione sostenibile di una grande varietà di alimentari freschi (considerando una produzione che dura l’intero anno).

provenire anche da un graduale e sistematico abbandono di certe aree agricole in cui gli ecosistemi si sono danneggiati con il passare del tempo grazie ad un agricoltura sempre più intensiva. E nelle zone temperate e tropicali la ri-crescita delle foreste di latifoglie potrebbe nuovamente svolgere il ruolo di polmone verde invertendo le attuali tendenze al cambiamento climatico globale. L’agricoltura verticale può essere un nuovo modi di aiutarci a fermare l’uso di pesticidi, erbicidi e fertilizzanti a base di petrolio. Oltre a considerare l’importante vantaggio della vicinanza dei prodotti agricoli ai suoi diretti consumatori ovviando al

lusso dei lunghi trasporti che devono sottostare all’aumento continuo dei prezzi del petrolio.Il concetto di coltivazione agricola indoor non è nuova, dal momento che sempre maggiore è la produzione di ortaggi in serre, dai pomodori ad una grande varietà di erbe e altri prodotti. La novità risiede nell’urgente necessità per l’agricoltura verticale di dover sfamare 3 miliardi di persone in aggiunta alle attuali. Massicce inondazioni, siccità prolungate ed uragani oltre a monsoni sempre più squilibrati stanno distruggendo milioni di tonnellate di preziose colture.Ciò che viene proposto differisce radicalmente dall’attuale produzione agricola in serre al chiuso dove già una grande varietà di prodotti vengono coltivati. La proposta riguarda una singola unità agricola verticale che può occupare un isolato di una grande metropoli alta circa 30 piani e che utilizza le tecnologie attualmente disponibili sarebbe in grado di fornire abbastanza calorie (2000 calorie al giorno per persona) per soddisfare il fabbisogno di 50000 persone. Per costruire un’azienda agricola verticale con una resa

dalle radiazioni. La tecnica idroponica assomiglia più a un processo industriale che a una produzione agricola. I semi vengono depositati in vassoi di polistirolo, dopo la germinazione le piantine passano nelle serre. Qui sono coltivate con le

materiali come perlite o lana di roccia. Micro-irrigatori controllati da computer forniscono acqua e sali minerali: l’irrigazione ha

ore, ma a terra occorrerebbe il doppio di acqua.

Cosa può dirci sulla serra a ciclo chiuso?La serra a ciclo chiuso, la più recente innovazione dell’agricoltura idroponica, adottata in Italia, ha eliminato l’unico impatto negativo che questa tecnica aveva sull’ambiente.

viene somministrata di regola una soluzione in dosi un po’ più abbondanti di quella strettamente necessaria, spiega Accursio Venezia dell’Istituto sperimentale di orticultura di Pontecagnano (Salerno). Prima, questo surplus di soluzione nutritiva andava

recuperata e riutilizzata. Le équipe italiane salernitana e pisana hanno messo a punto tecnologie pulite, sicure e anche economiche.

Ma com’è il sapore dei prodotti dell’agricoltura senza terra? “E’ impossibile distinguere il pomodoro idroponico da quello coltivato in terra. Possiamo testimoniarlo noi che ne abbiamo assaggiati tanti”, osserva Pardossi. Con la tecnica idroponica si producono anche rose e piante ornamentali. E per profumo e

prova? La produzione ha avuto un chiaro successo in Olanda, il Agricoltura verticaleAgricoltura Verticale, il futuro della agricoltura? L’innovativo modello per un’architettura sostenibile urbana che potrebbe rivoluzionare l’economia, la politica e la società attuale

Articolo di Rodolfo Mutti

E’ possibile far crescere verdura e frutta non contaminate nella zona radioattiva di Cernobyl (dove i bambini hanno bisogno di una dieta anticancro), pomodori e meloni nell’Africa infestata dalle termiti, insalata fresca nelle basi dell’Antartide, carote e fragole nelle astronavi durante i futuri lunghi viaggi interplanetari, e negli insediamenti umani su Marte? La risposta è sì: l’impresa rientra nelle capacità dell’agricoltura senza terra o idroponica, che in greco sta per ‘coltivazione in acqua’. Questa tecnica si è rivelata molto utile anche per compiti non estremi, cioè in gara con la normale agricoltura sulle zolle. L’idroponica garantisce produzioni più ricche, costi minori, qualità controllata, risparmio di acqua e rispetto per l’ambiente. E’ diffusa soprattutto in paesi, come l’Olanda, in cui vigono norme draconiane per impedire l’inquinamento delle falde idriche.

L’agricoltura senza terra non è più una contraddizione in termini: i vegetali nascono e crescono anche dove la terra manca oppure è incoltivabile fornendo alle piante una soluzione nutritiva bilanciata. Dev’essere composta di acqua, sali a base di azoto, fosforo, potassio, magnesio. E di microelementi (ferro, manganese, zinco, rame), assorbiti in quantità molto piccole ma indispensabili per lo sviluppo delle piante, spiega Alberto Pardossi del Dipartimento di Biologia delle Piante all’Università di Pisa. Durante la seconda guerra mondiale, i marine mangiavano lattuga fresca in zone aride, dal clima ostile. Sembrava una smisurata esibizione della tecnologia americana,

dagli anni 30.

Com’è migliorato l’impianto, è vero che la sperimentazione offre una vasta gamma di possibilità?Oggi il sistema è molto più evoluto. L’équipe pisana, insieme con l’Enea, ha realizzato un modulo di coltivazione fuori suolo per la base antartica italiana di Baia Terra Nova e sta preparando un progetto per far crescere vegetali in condizioni di microgravità. Gli esperti del dipartimento allestiranno una serra attrezzata nell’area di Cernobyl; si pensa di utilizzare acqua estratta a grandissima profondità, e perciò non contaminata

individualista, possiamo facil-mente vedere quante siano le strette relazioni tra ambiente ed esseri viventi. Lasciandoci coinvolgere nelle nostre comu-nità, parlando con i nostri vici-ni, sostenendo gruppi locali e re-immaginando il luogo in cui viviamo, possiamo rendere so-stenibile non solo il nostro stile di vita ma anche le nostre stra-de, i quartieri, le città, i paesi,

chissà, forse potremmo anche fare amicizia con persone che lo stanno già facendo.

Per fare in modo che la nostra comunità diventi sempre più sostenibile, bisogna innan-zitutto essere parte di essa. Comincia a parlare con i tuoi vicini di casa, scopri che cosa c’è di nuovo intorno a te e fatti coinvolgere. Questa sembra una cosa ovvia, ma i giorni in cui abbiamo mille cose da sbrigare, spesso non prevedo-no del tempo libero per restare in contatto con la propria co-munità.

Impegni concretiFare shopping e comprare beni di prima necessità a livello locale non solo può contribuire a ridurre i chilometri che per-corriamo ogni volta con i nostri spostamenti, ma contribuisce anche a mantenere attivo il cir-colo dei beni di consumo all’in-terno della comunità. Inoltre è un ottimo modo per conoscere i propri vicini. Ripensa: quan-do è stata l’ultima volta che hai scambiato due chiacchiere con la persona che ha coltiva-to i pomodori che mangi ogni giorno? [Vedi anche la nostra GuidaLimitare l’uso dell’automobile può essere uno degli ottimi si-stemi per ridurre il tuo impatto ecologico sull’ambiente, ma c’è dell’altro. Quando andiamo a piedi, in bicicletta o prendia-mo il treno o l’autobus, anche noi contribuiamo a rendere più facile per gli altri fare la stes-sa cosa e può essere un buon modo per incontrare gente.E’ molto più facile catturare l’attenzione di uno sconosciu-to e fare la sua conoscenza quando non si è circondati da una tonnellata di metallo e si cammina ad una media di 70

km/h. Si può anche aiutare gli altri con la creazione di pro-getti che offrono alternative, si chiama car sharing: hai mai pensato di suggerire un’auto comunitaria (car club) o un pe-dibus (walking bus) per portare i bambini a scuola? [Vedi an-che la nostra Guida: Mobilità Sostenibile: 10 Modi e + per rendere sostenibile il tuo lavo-ro e l’ambiente dove lavori]Le persone sono sempre più incuriosite da uno stile di vita sostenibile. Se vai in bici al lavoro, pratichi la raccolta dif-ferenziata, acquisti cibi biolo-gici, spiegare agli altri il perché delle tue scelte. Se la gente è interessata a provare in prima persona, mostra come fare. Si potrebbe anche fare un ulterio-re passo avanti e organizzare serate informative, utilizzando

gruppi di discussione.

Si potrebbe cominciare a por-re domande alle persone che vivono nella nostra città: se

sull’impatto che ha sull’am-biente, è più facile che essa si attivi per cercare le risposte alle domande. Ricorda però

molto sottile tra il parlare e il predicazione; bisogna sempre sapere quando è il momento di lasciar cadere certi discorsi e tornare a parlare di sport.Si può anche andare avanti da soli, ma perché non cercare di scoprire i gruppi ambientali presenti nella tua zona? Molti gruppi nazionali per la salva-guardia dell’ambiente hanno anche delle dislocazioni locali. Sono sempre più numerosi i gruppi locali specializzati che

della sostenibilità.Ma non si deve solo pensa-re in termini di associazioni “verdi”. Pensano in termini di sostenibilità sempre più nume-rose organizzazioni locali che danno particolare attenzione a questioni ambientali. Quindi, se sei un membro di un grup-po religioso, un genitore o un insegnante coinvolto in gruppi di preghiera o anche se si un membro di un club sportivo, perché non prendi in consi-derazione i passi avanti che si possono fare insieme?La politica nazionale e quella internazionale possono essere

sulle istituzioni che esercitano il potere? La politica locale può essere molto più accessibile e meno intimidatoria. È molto

“spesso i guai

ambientali

ricadono in modo

sproporzionato

sui poveri e gli

emarginati

Pion

ieri

nost

rani

Luca incrocci è uno dei più affermati ingenieri di colture alternati-ve italiano, insegna da ormai sette anni biodiversità all’università

bioingenieria di tutto il mondo e i suoi seminari transoceanici re-gistrano un tutto esaurito.

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molto maggiore per metro quadro devono ancora essere effettuate ulteriori ricerche in molti settori: idrobiologia, scienze dei materiali, ingegneria meccanica, architettura, design, gestione

urbana solo per citarne alcune.Tuttavia bisogna sottolineare che le aziende agricole verticali avranno successo solo se copiano i processi naturali in tutto e per tutto, cioè che siano ambientalmente sicuri e

qualsiasi materiale organico oltre all’acqua utilizzata che può essere resa nuovamente potabile. Idealmente le aziende agricole verticali devono essere a buon mercato per essere costruite ed operare indipendentemente da sussidi economici esterni. Delle stime parlando che se queste condizioni fossero portate a termine

e realizzate attraverso un programma globale di ricerca, l’agricoltura urbana potrebbe fornire abbondanti e diversi approvvigionamenti alimentari per il 60% della popolazione che vive all’interno delle città entro il 2030.

è il punto di partenza per una sostenibile produzione agricola verticale, la gestione

indipendentemente dalla

maggior parte dei casi è inaccettabile sia da un punto di vista sanitario che sociale, portando con sé gravi rischi per la salute. Tutti

ri-attivati e / o utilizzati in sistemi per generare energia con tecnologie attualmente in uso. Una delle principali

dall’industria della ristorazione. Per esempio, nella sola città di New York esistono più di 21000 “stabilimenti alimentari”

(ristoranti, fast food, punti di ristoro, ecc.), che producono

organici, e sono tenuti a pagare per avere smaltire i

compiere per gli urbanisti è proprio la gestione di ogni risorsa (solida e liquida) in modo sostenibile e l’agricoltura verticale potrebbe veramente esserne una soluzione considerando anche

potrebbe apportare alla popolazione come diventare degli importanti centri di apprendimento per le future generazioni che abiteranno le città, trasformando la città in un’entità che coltiva i migliori aspetti dell’esperienza umana. Data la forza della visione a risolvere problemi a livello politico e sociale, l’agricoltura verticale ha un fortissimo potenziale studiato già in passato che da impossibile è diventato ora estremamente

L’agricoltura verticale può ridurre l’incidenza di

naturali come acqua e terra per l’agricoltura

12vantaggi di un’agricoltura verticale

Nell’agricoltura verticale la produzione annuale di colture indoor,dove 1 ettaro equivale a seconda delle colture 4-6 ettari all’aperto

Nell’agricoltura verticale tutti i prodotti alimentari potrebbero essere coltivati senza erbicidi, pesticidi e fertilizzanti

L’agricoltura verticale può convertire le acque scure e grigie in acqua potabile rendendola nuovamente disponibile

L’agricoltura verticale restituisce terreni agricoli per la natura ripristinando le funzioni degli ecosistemi naturali

L’agricoltura verticale riduce notevolmente l’incidenza di molte malattie infettive trasmesse in campo agricolo

Dall’agricoltura verticale si può trarre energia elettrica generata dal metano del compostaggio non utilizzabile da piante e animali

L’agricoltura verticale riduce drasticamente l’uso di combustibile per trattori ed altri macchinari agricoli

L’agricoltura verticale può convertire le aree periferiche urbane in centri per la produzione alimentare

L’agricoltura verticale può creare nuove opportunità di occupazione

L’agricoltura verticale può rivelarsi utile per integrare i campi profughi

L’agricoltura verticale può essere una promessa di migliormento economico misurabile per le popolazioni tropicali e subtropicali. In questo caso l’agricoltura verticale può diventare un catalizzatore per aiutare a ridurre o addirittura invertire la crescita della popolazione dei paesi meno sviluppati, adottando l’agricoltura urbana come strategia per una produzione alimentare

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molto maggiore per metro quadro devono ancora essere effettuate ulteriori ricerche in molti settori: idrobiologia, scienze dei materiali, ingegneria meccanica, architettura, design, gestione

urbana solo per citarne alcune.Tuttavia bisogna sottolineare che le aziende agricole verticali avranno successo solo se copiano i processi naturali in tutto e per tutto, cioè che siano ambientalmente sicuri e

qualsiasi materiale organico oltre all’acqua utilizzata che può essere resa nuovamente potabile. Idealmente le aziende agricole verticali devono essere a buon mercato per essere costruite ed operare indipendentemente da sussidi economici esterni. Delle stime parlando che se queste condizioni fossero portate a termine

e realizzate attraverso un programma globale di ricerca, l’agricoltura urbana potrebbe fornire abbondanti e diversi approvvigionamenti alimentari per il 60% della popolazione che vive all’interno delle città entro il 2030.

è il punto di partenza per una sostenibile produzione agricola verticale, la gestione

indipendentemente dalla

maggior parte dei casi è inaccettabile sia da un punto di vista sanitario che sociale, portando con sé gravi rischi per la salute. Tutti

ri-attivati e / o utilizzati in sistemi per generare energia con tecnologie attualmente in uso. Una delle principali

dall’industria della ristorazione. Per esempio, nella sola città di New York esistono più di 21000 “stabilimenti alimentari”

(ristoranti, fast food, punti di ristoro, ecc.), che producono

organici, e sono tenuti a pagare per avere smaltire i

compiere per gli urbanisti è proprio la gestione di ogni risorsa (solida e liquida) in modo sostenibile e l’agricoltura verticale potrebbe veramente esserne una soluzione considerando anche

potrebbe apportare alla popolazione come diventare degli importanti centri di apprendimento per le future generazioni che abiteranno le città, trasformando la città in un’entità che coltiva i migliori aspetti dell’esperienza umana. Data la forza della visione a risolvere problemi a livello politico e sociale, l’agricoltura verticale ha un fortissimo potenziale studiato già in passato che da impossibile è diventato ora estremamente

L’agricoltura verticale può ridurre l’incidenza di

naturali come acqua e terra per l’agricoltura

12vantaggi di un’agricoltura verticale

Nell’agricoltura verticale la produzione annuale di colture indoor,dove 1 ettaro equivale a seconda delle colture 4-6 ettari all’aperto

Nell’agricoltura verticale tutti i prodotti alimentari potrebbero essere coltivati senza erbicidi, pesticidi e fertilizzanti

L’agricoltura verticale può convertire le acque scure e grigie in acqua potabile rendendola nuovamente disponibile

L’agricoltura verticale restituisce terreni agricoli per la natura ripristinando le funzioni degli ecosistemi naturali

L’agricoltura verticale riduce notevolmente l’incidenza di molte malattie infettive trasmesse in campo agricolo

Dall’agricoltura verticale si può trarre energia elettrica generata dal metano del compostaggio non utilizzabile da piante e animali

L’agricoltura verticale riduce drasticamente l’uso di combustibile per trattori ed altri macchinari agricoli

L’agricoltura verticale può convertire le aree periferiche urbane in centri per la produzione alimentare

L’agricoltura verticale può creare nuove opportunità di occupazione

L’agricoltura verticale può rivelarsi utile per integrare i campi profughi

L’agricoltura verticale può essere una promessa di migliormento economico misurabile per le popolazioni tropicali e subtropicali. In questo caso l’agricoltura verticale può diventare un catalizzatore per aiutare a ridurre o addirittura invertire la crescita della popolazione dei paesi meno sviluppati, adottando l’agricoltura urbana come strategia per una produzione alimentare

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Oltre alle automobili sono vietate le armi, la violenza, i giubbotti anti-proiettile e droghe pesanti.

Da sinistra verso destra: Case e strade della comunità, i muri sono decorati con murales. Nei cartelli all’entrata ci sono i divieti e le leggi della comunità.

rappresentazione della bandiera

di christiania con le parole

chiave in danese, inglese e

italiano.

CHRIStianiathe free townFuori dalla comunità

La storiaLa città libera di Christiania è stata fondata nel 1971 nel cuore di Copenaghen, da un gruppo di hippies che occupò

-nati per ristrutturarli per viverci in comunità. Christiania, per ben quaranta anni, è stata un territorio libero in mezzo alla capitale danese, nel distret-to di Christianshavn. Un luo-go dove le macchine erano e sono tutt’ora bandite, e dove la convivenza si ispira ai prin-cipi della “summer of love”, o di ciò che ne resta. Non senza qualche problema però. Per-ché nell’area di circa trenta-quattro ettari su cui si esten-de Christiania alcune attività, come il libero commercio di droghe leggere, hanno provo-

-torità danesi, che pure hanno riconosciuto a Christiania uno statuto speciale “de facto”, la-sciandola in un limbo giuridico

che l’ha resa, sul piano prati-co, un territorio indipendente. Anche per questo Christiania è stata per molti anni una delle mete irrinunciabili per ragazzi e libertari di tutto il mondo.La comunità che si raccoglie nella free town sogna una vita diversa da quella offerta dal-le società occidentali, e negli anni Settanta dare concretez-za all’utopia di una zona libera dove vivere in modo alterna-tivo sembra una prospettiva più che concreta. Christiania si regolamenta attraverso l’au-togestione, e nel corso degli anni oltre cinquanta collettivi danno vita ad attività culturali, musicali, teatrali e di artigiana-to, trasformando Christiana in un villaggio alternativo a tutti gli effetti e un’attrazione turi-stica di prim’ordine, grazie alla sua effervescente vita cultura-le. Oltre alle automobili sono vietate le armi, la violenza, i giubbotti anti-proiettile (il che

vale a dire che la presenza di militari e polizia non è gradita) e droghe pesanti. Lo si ap-prende da un cartello in bella vista, posto all’entrata della free town: come nella segna-letica stradale, ogni cosa ban-dita è rappresentata in forma stilizzata e cerchiata in rosso, col segno di divieto.

OggiCon il passare degli anni la co-munità cresce, e cominciano a nascere i primi bambini citta-dini della free town. Il gran nu-mero di persone che animano la comunità è uno dei principa-li motivi per cui la polizia non riesce a metter in piedi un’a-zione di forza per cacciare gli hippies dall’area. Nel frattem-po gli abitanti ristrutturano le strutture militari e le dipingono

pittura murale sono all’ordine del giorno nella free town, la ri-disegnano in continuazione, e

nel giro di pochi anni diventa-no un suo tratto caratteristico. L’artigianatoNell’area che circonda le ca-serme alcuni abitanti comin-ciano a costruire strutture in legno e muratura. Alcune sono abitazioni, altre vengono chiamati “club”, e sono i luo-ghi dove si svolgono le attività culturali e di artigianato. Molti artisti provenienti da tutta Eu-ropa si fermano a Christiania per un po’, e il loro passag-gio è spesso testimoniato da un qualche lascito. Artigiani e artisti sono anche gli hippies che la abitano, così il tasso di opere d’arte e concerti a Chri-stiania è altissimo. Poiché l’utopia di Christiania ha una forte impronta politica, i suoi abitanti non hanno al-cuna intenzione di chiudere il mondo fuori dalla loro città e di dedicarsi solamente al loro stile di vita alternativo.

Articolo di Martina Deonadi

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Oltre alle automobili sono vietate le armi, la violenza, i giubbotti anti-proiettile e droghe pesanti.

Da sinistra verso destra: Case e strade della comunità, i muri sono decorati con murales. Nei cartelli all’entrata ci sono i divieti e le leggi della comunità.

rappresentazione della bandiera

di christiania con le parole

chiave in danese, inglese e

italiano.

CHRIStianiathe free townFuori dalla comunità

La storiaLa città libera di Christiania è stata fondata nel 1971 nel cuore di Copenaghen, da un gruppo di hippies che occupò

-nati per ristrutturarli per viverci in comunità. Christiania, per ben quaranta anni, è stata un territorio libero in mezzo alla capitale danese, nel distret-to di Christianshavn. Un luo-go dove le macchine erano e sono tutt’ora bandite, e dove la convivenza si ispira ai prin-cipi della “summer of love”, o di ciò che ne resta. Non senza qualche problema però. Per-ché nell’area di circa trenta-quattro ettari su cui si esten-de Christiania alcune attività, come il libero commercio di droghe leggere, hanno provo-

-torità danesi, che pure hanno riconosciuto a Christiania uno statuto speciale “de facto”, la-sciandola in un limbo giuridico

che l’ha resa, sul piano prati-co, un territorio indipendente. Anche per questo Christiania è stata per molti anni una delle mete irrinunciabili per ragazzi e libertari di tutto il mondo.La comunità che si raccoglie nella free town sogna una vita diversa da quella offerta dal-le società occidentali, e negli anni Settanta dare concretez-za all’utopia di una zona libera dove vivere in modo alterna-tivo sembra una prospettiva più che concreta. Christiania si regolamenta attraverso l’au-togestione, e nel corso degli anni oltre cinquanta collettivi danno vita ad attività culturali, musicali, teatrali e di artigiana-to, trasformando Christiana in un villaggio alternativo a tutti gli effetti e un’attrazione turi-stica di prim’ordine, grazie alla sua effervescente vita cultura-le. Oltre alle automobili sono vietate le armi, la violenza, i giubbotti anti-proiettile (il che

vale a dire che la presenza di militari e polizia non è gradita) e droghe pesanti. Lo si ap-prende da un cartello in bella vista, posto all’entrata della free town: come nella segna-letica stradale, ogni cosa ban-dita è rappresentata in forma stilizzata e cerchiata in rosso, col segno di divieto.

OggiCon il passare degli anni la co-munità cresce, e cominciano a nascere i primi bambini citta-dini della free town. Il gran nu-mero di persone che animano la comunità è uno dei principa-li motivi per cui la polizia non riesce a metter in piedi un’a-zione di forza per cacciare gli hippies dall’area. Nel frattem-po gli abitanti ristrutturano le strutture militari e le dipingono

pittura murale sono all’ordine del giorno nella free town, la ri-disegnano in continuazione, e

nel giro di pochi anni diventa-no un suo tratto caratteristico. L’artigianatoNell’area che circonda le ca-serme alcuni abitanti comin-ciano a costruire strutture in legno e muratura. Alcune sono abitazioni, altre vengono chiamati “club”, e sono i luo-ghi dove si svolgono le attività culturali e di artigianato. Molti artisti provenienti da tutta Eu-ropa si fermano a Christiania per un po’, e il loro passag-gio è spesso testimoniato da un qualche lascito. Artigiani e artisti sono anche gli hippies che la abitano, così il tasso di opere d’arte e concerti a Chri-stiania è altissimo. Poiché l’utopia di Christiania ha una forte impronta politica, i suoi abitanti non hanno al-cuna intenzione di chiudere il mondo fuori dalla loro città e di dedicarsi solamente al loro stile di vita alternativo.

Articolo di Martina Deonadi

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SCIENZA POLITICA TECNOLOGIA

La segretaria del maggiore partito popolar-ecologista olandese Marianne Thieme

Durban, accordo rag-giunto. I negoziati sul clima del Sudafrica non sono stati un fallimento totale, come si temeva inizialmente.

Nonostante le nu-merose e profon-de divergenze tra

i 190 paesi chiamati a rispondere del futuro del pianeta, il Protocollo di Kyoto è stato rinnovato. Anche se a partire dal

2020. Il cosiddetto Kyoto 2 infatti passerà per un regime transitorio prima di giungere ad un nuovo accordo globale cui do-vranno prendere parte, forse, anche le maggiori potenze mondiali, met-tendosi dietro le spalle l’attuale contrapposizio-ne tra paesi industrializ-zati e paesi in via di svi-luppo. Ma le associazioni ambientaliste non sono

Automobili elettriche, biciclette, scooter elettrici e mezzi di tra-sporto a basso impatto

cominciano ad essere commercializzati pro-dotti belli e con pre-stazioni decisamente interessanti

Ecorete si sta oc-cupando anche della diffusione e

distribuzione dei mezzi

di locomozione a bas-so impatto ambientale per proseguire il suo impegno di diffondere tutto ciò che esiste in commercio e che possa

pianeta.Pochi sanno che agli inizi del 900 le automo-bili elettriche erano più diffuse di ora.... in alcuni periodi addirittura il loro numero era superiore

Nasce Ecologisti e Reti civiche Il nuovo partito politico-ambientalista, il movimento punta alle prossime elezioni poli-tiche.

Un nuovo soggetto politico vede la luce questo week

end, con l’assemblea costituente al teatro Vit-toria di Roma. Nel nome, Ecologisti e Reti civi-che, sono racchiusi più

concetti chiave: rispetto dell’ambiente, parte-cipazione dal basso,

movimentismo, legalità. Un partito con un’ottica ribaltata rispetto ai partiti tradizionali, dove la con-divisione dei contenuti venga prima di una lea-dership forte.

“E’ quello che ci ha ca-

Articolo di Renato Baj Articolo di Lella MettiArticolo di Giuliano Rattina

CAMBIAMENTI CLIMATICI MACCHINE ELETTRICHEPARTITO AMBIENTALISTA

segue a pag. 86 segue a pag. 90segue a pag. 88

1. 2. 3.

101

SCIENZA POLITICA TECNOLOGIA

La segretaria del maggiore partito popolar-ecologista olandese Marianne Thieme

Durban, accordo rag-giunto. I negoziati sul clima del Sudafrica non sono stati un fallimento totale, come si temeva inizialmente.

Nonostante le nu-merose e profon-de divergenze tra

i 190 paesi chiamati a rispondere del futuro del pianeta, il Protocollo di Kyoto è stato rinnovato. Anche se a partire dal

2020. Il cosiddetto Kyoto 2 infatti passerà per un regime transitorio prima di giungere ad un nuovo accordo globale cui do-vranno prendere parte, forse, anche le maggiori potenze mondiali, met-tendosi dietro le spalle l’attuale contrapposizio-ne tra paesi industrializ-zati e paesi in via di svi-luppo. Ma le associazioni ambientaliste non sono

Automobili elettriche, biciclette, scooter elettrici e mezzi di tra-sporto a basso impatto

cominciano ad essere commercializzati pro-dotti belli e con pre-stazioni decisamente interessanti

Ecorete si sta oc-cupando anche della diffusione e

distribuzione dei mezzi

di locomozione a bas-so impatto ambientale per proseguire il suo impegno di diffondere tutto ciò che esiste in commercio e che possa

pianeta.Pochi sanno che agli inizi del 900 le automo-bili elettriche erano più diffuse di ora.... in alcuni periodi addirittura il loro numero era superiore

Nasce Ecologisti e Reti civiche Il nuovo partito politico-ambientalista, il movimento punta alle prossime elezioni poli-tiche.

Un nuovo soggetto politico vede la luce questo week

end, con l’assemblea costituente al teatro Vit-toria di Roma. Nel nome, Ecologisti e Reti civi-che, sono racchiusi più

concetti chiave: rispetto dell’ambiente, parte-cipazione dal basso,

movimentismo, legalità. Un partito con un’ottica ribaltata rispetto ai partiti tradizionali, dove la con-divisione dei contenuti venga prima di una lea-dership forte.

“E’ quello che ci ha ca-

Articolo di Renato Baj Articolo di Lella MettiArticolo di Giuliano Rattina

CAMBIAMENTI CLIMATICI MACCHINE ELETTRICHEPARTITO AMBIENTALISTA

segue a pag. 86 segue a pag. 90segue a pag. 88

1. 2. 3.

Scienza - Cambiamenti climatici - Partendo da Durban

fossili e auspicava azio-ni concrete e reali per la lotta ai cambiamenti cli-matici.“La notizia triste è che gli Stati Uniti sono riusciti a inserire una clausola di vitale importanza che potrebbe facilmente im-pedire che i successivi accordi sul clima possa-no essere giuridicamen-te vincolanti. Qualosa venisse sfruttata questa scappatoia, potrebbe essere un disastro. E la possibilità di attua-re l’accordo ‘dal 2020’ non lascia molto spazio all’aumentare dei tagli di carbonio in questo de-cennio” ha commentato Kumi Naidoo, direttore esecutivo di Greenpeace International.“In questo momento il regime climatico glo-bale ammonta a niente più che un accordo vo-lontario” continua Nai-doo. “Questo potrebbe portarci oltre la soglia dei due gradi in cui si passa dal pericolo ala potenziale catastrofe. La possibilità di evitare cambiamenti climatici

-lando attraverso le no-stre mani ogni anno che passa mentre le nazioni perdono la possibilità di concordare un piano di salvataggio per il piane-ta.” Gli sforzi, a quanto pare, non sono bastati.Ne è convinta anche Mariagrazia Midulla, re-sponsabile Policy Clima ed Energia del WWF Italia che ha dichiarato: “I Governi hanno fatto il

minimo indispensabile per portare avanti i ne-goziati, ma il loro com-pito è proteggere la loro gente. E in questo, qui a Durban, hanno fallito. La scienza ci dice che dobbiamo agire subito, perché gli eventi meteo-rologici estremi, la siccità e le ondate di caldo cau-sate dal cambiamento climatico peggioreranno. Ma oggi è chiaro che i mandati di pochi lea-der politici hanno avuto un peso maggiore delle preoccupazioni di milio-ni di persone, mettendo a rischio le persone e il mondo naturale da cui le nostre vite dipendo-no. ‘Catastrofe’ è una parola dura, ma non è abbastanza dura per de-scrivere un futuro con 4 gradi di aumento della temperatura globale.”

Un’occasione sfumatasparita come sabbia tra le dita, quella di Durban. La possibilità di salvare il pianeta dai disastri am-bientali è ancora rinvia-ta, a danno della Terra, che intanto continua ad essere avvelenata: “Sfor-tunatamente i Governi a Durban hanno speso le due cruciali giornate

-scutere su una manciata

testi negoziali, invece di impegnare la loro capa-cità politica per stabilire azioni concrete maggiori per affrontare il cambia-mento climatico.

Emissioni per la produzione energetica

Emissioni per la fabbricazione

Emissioni per la mobilità

Energia eolica

Energia solareEnergia biomassa

Le cifre rappresentano le emissioni annuali di CO2(in migliaia di tonnellate cubiche)

Le percentuali mostrano l’utilizzo di energia rinnovabile

1.

Scienza - Cambiamenti climatici - Partendo da Durban100

molto soddisfatte dei ri-sultati raggiunti a Durban questo weekend. Entro il 2015 intanto i paesi do-vranno sottoscrivere un nuovo accordo globale da applicare a partire dal 2020. E non è poco, se si considera che alcuni pa-esi erano piuttosto ostili ad una simile soluzione, tra essi in testa gli Stati Uniti, sostenuti anche da Canada, Australia e Nuova Zelanda, Russia e Giappone. A far pesa-re l’ago della bilancia a favore della necessità di un imminente accordo è stata anche l’Europa, che è riusciuta a trasci-nare dalla sua parte an-che zoccoli duri come India e Cina.Ma non cantiamo vitto-ria troppo presto. Una parvenza di accordo è stata trovata su Kyoto 2, anche se numerosi sono i punti deboli, poi evidenziati dalle associa-zioni ambientaliste ma è andata ancor meno bene al Green Climate Fund, di cui a Durban si è solo de-

alle modalità di gestione del fondo destinato a

-duzione delle emissioni e di adattamento ai muta-menti climatici nei paesi poveri.Secondo Legambiente, nulla si è deciso riguar-

-messi a Copenhagen, poi confermati a Cancun attraverso una roadmap che fosse in grado di in-

crementare annualmente i 10 miliardi di dollari già

ad arrivare a 100 miliardi di dollari entro il 2020.“I governi hanno rag-giunto un accordo de-bole, che ha istituito un Fondo Verde per il Clima con ancora pochi soldi, hanno rimandato le de-cisioni più importanti sui contenuti del Protocollo di Kyoto e hanno preso un impegno poco chiaro per raggiungere nel 2020 un accordo globale che potrebbe lasciarci legal-mente vincolati a un au-mento della temperatura globale di 4° C, ben oltre i 2° C raccomandati dal-la scienza per evitare un cambiamento climatico

commento non troppo ottimista di Legambien-te.

Altra nota stonatasecondo l’associazione riguarda il mancato rag-giungimento di un ac-cordo su come colmare il cosiddetto “gigatonne gap” ossia il divario tra gli attuali impegni di ri-duzione delle emissioni e quelli necessari per con-tenere il surriscaldamen-to globale al di sotto dei 2 gradi.“L’Europa - ha dichiarato il presidente di Legam-biente Vittorio Cogliati Dezza - da subito si deve fare promotrice, con il sostegno dell’Italia, di un piano per colmare questo gap e aggiorna-

re al 30% il proprio im-pegno di riduzione delle emissioni di gas-serra al 2020. Per l’Europa si tratta di un impegno che non richiede grandi sforzi aggiuntivi e in linea con le politiche climatiche ed energetiche adottate a livello comunitario. L’U-nione europea, infatti, è già a un passo dal rag-giungimento dell’obietti-vo del 20% al 2020 visto che nel 2010 le emissioni dei ventisette paesi Ue sono già diminuite del 15,5% rispetto al 1990”.Non serve molto, solo qualche misura aggiun-tiva per raggiungere

l’obiettivo del 20% per

Secondo recenti stime della Commissione, in questo modo sarà pos-sibile raggiungere una ri-duzione interna del 25% delle emissioni di gas-serra, facilitando così il raggiungimento dell’o-biettivo del 30% al 2020.

Greenpeaceche ne parla in termini di fallimento. Secondo gli ambientalisti, infatti i nostri rappresentati a Durban hanno dato mag-giore ascolto alle aziende inquinanti piuttosto che alla gente, che desidera-

-denza dai combustibili

La possibilità di salvare il pianeta dai disastri ambientali è ancora rinviata,

a danno della Terra, che intanto continua ad essere avvelenata

1.

101

Scienza - Cambiamenti climatici - Partendo da Durban

fossili e auspicava azio-ni concrete e reali per la lotta ai cambiamenti cli-matici.“La notizia triste è che gli Stati Uniti sono riusciti a inserire una clausola di vitale importanza che potrebbe facilmente im-pedire che i successivi accordi sul clima possa-no essere giuridicamen-te vincolanti. Qualosa venisse sfruttata questa scappatoia, potrebbe essere un disastro. E la possibilità di attua-re l’accordo ‘dal 2020’ non lascia molto spazio all’aumentare dei tagli di carbonio in questo de-cennio” ha commentato Kumi Naidoo, direttore esecutivo di Greenpeace International.“In questo momento il regime climatico glo-bale ammonta a niente più che un accordo vo-lontario” continua Nai-doo. “Questo potrebbe portarci oltre la soglia dei due gradi in cui si passa dal pericolo ala potenziale catastrofe. La possibilità di evitare cambiamenti climatici

-lando attraverso le no-stre mani ogni anno che passa mentre le nazioni perdono la possibilità di concordare un piano di salvataggio per il piane-ta.” Gli sforzi, a quanto pare, non sono bastati.Ne è convinta anche Mariagrazia Midulla, re-sponsabile Policy Clima ed Energia del WWF Italia che ha dichiarato: “I Governi hanno fatto il

minimo indispensabile per portare avanti i ne-goziati, ma il loro com-pito è proteggere la loro gente. E in questo, qui a Durban, hanno fallito. La scienza ci dice che dobbiamo agire subito, perché gli eventi meteo-rologici estremi, la siccità e le ondate di caldo cau-sate dal cambiamento climatico peggioreranno. Ma oggi è chiaro che i mandati di pochi lea-der politici hanno avuto un peso maggiore delle preoccupazioni di milio-ni di persone, mettendo a rischio le persone e il mondo naturale da cui le nostre vite dipendo-no. ‘Catastrofe’ è una parola dura, ma non è abbastanza dura per de-scrivere un futuro con 4 gradi di aumento della temperatura globale.”

Un’occasione sfumatasparita come sabbia tra le dita, quella di Durban. La possibilità di salvare il pianeta dai disastri am-bientali è ancora rinvia-ta, a danno della Terra, che intanto continua ad essere avvelenata: “Sfor-tunatamente i Governi a Durban hanno speso le due cruciali giornate

-scutere su una manciata

testi negoziali, invece di impegnare la loro capa-cità politica per stabilire azioni concrete maggiori per affrontare il cambia-mento climatico.

Emissioni per la produzione energetica

Emissioni per la fabbricazione

Emissioni per la mobilità

Energia eolica

Energia solareEnergia biomassa

Le cifre rappresentano le emissioni annuali di CO2(in migliaia di tonnellate cubiche)

Le percentuali mostrano l’utilizzo di energia rinnovabile

1.

Scienza - Cambiamenti climatici - Partendo da Durban100

molto soddisfatte dei ri-sultati raggiunti a Durban questo weekend. Entro il 2015 intanto i paesi do-vranno sottoscrivere un nuovo accordo globale da applicare a partire dal 2020. E non è poco, se si considera che alcuni pa-esi erano piuttosto ostili ad una simile soluzione, tra essi in testa gli Stati Uniti, sostenuti anche da Canada, Australia e Nuova Zelanda, Russia e Giappone. A far pesa-re l’ago della bilancia a favore della necessità di un imminente accordo è stata anche l’Europa, che è riusciuta a trasci-nare dalla sua parte an-che zoccoli duri come India e Cina.Ma non cantiamo vitto-ria troppo presto. Una parvenza di accordo è stata trovata su Kyoto 2, anche se numerosi sono i punti deboli, poi evidenziati dalle associa-zioni ambientaliste ma è andata ancor meno bene al Green Climate Fund, di cui a Durban si è solo de-

alle modalità di gestione del fondo destinato a

-duzione delle emissioni e di adattamento ai muta-menti climatici nei paesi poveri.Secondo Legambiente, nulla si è deciso riguar-

-messi a Copenhagen, poi confermati a Cancun attraverso una roadmap che fosse in grado di in-

crementare annualmente i 10 miliardi di dollari già

ad arrivare a 100 miliardi di dollari entro il 2020.“I governi hanno rag-giunto un accordo de-bole, che ha istituito un Fondo Verde per il Clima con ancora pochi soldi, hanno rimandato le de-cisioni più importanti sui contenuti del Protocollo di Kyoto e hanno preso un impegno poco chiaro per raggiungere nel 2020 un accordo globale che potrebbe lasciarci legal-mente vincolati a un au-mento della temperatura globale di 4° C, ben oltre i 2° C raccomandati dal-la scienza per evitare un cambiamento climatico

commento non troppo ottimista di Legambien-te.

Altra nota stonatasecondo l’associazione riguarda il mancato rag-giungimento di un ac-cordo su come colmare il cosiddetto “gigatonne gap” ossia il divario tra gli attuali impegni di ri-duzione delle emissioni e quelli necessari per con-tenere il surriscaldamen-to globale al di sotto dei 2 gradi.“L’Europa - ha dichiarato il presidente di Legam-biente Vittorio Cogliati Dezza - da subito si deve fare promotrice, con il sostegno dell’Italia, di un piano per colmare questo gap e aggiorna-

re al 30% il proprio im-pegno di riduzione delle emissioni di gas-serra al 2020. Per l’Europa si tratta di un impegno che non richiede grandi sforzi aggiuntivi e in linea con le politiche climatiche ed energetiche adottate a livello comunitario. L’U-nione europea, infatti, è già a un passo dal rag-giungimento dell’obietti-vo del 20% al 2020 visto che nel 2010 le emissioni dei ventisette paesi Ue sono già diminuite del 15,5% rispetto al 1990”.Non serve molto, solo qualche misura aggiun-tiva per raggiungere

l’obiettivo del 20% per

Secondo recenti stime della Commissione, in questo modo sarà pos-sibile raggiungere una ri-duzione interna del 25% delle emissioni di gas-serra, facilitando così il raggiungimento dell’o-biettivo del 30% al 2020.

Greenpeaceche ne parla in termini di fallimento. Secondo gli ambientalisti, infatti i nostri rappresentati a Durban hanno dato mag-giore ascolto alle aziende inquinanti piuttosto che alla gente, che desidera-

-denza dai combustibili

La possibilità di salvare il pianeta dai disastri ambientali è ancora rinviata,

a danno della Terra, che intanto continua ad essere avvelenata

1.

101

Politica - Partito ambientalista - Un nuovo partito per una nuova sinistra

“Con una tale redistribu-zione degli investimenti – dice – si creerebbero centinaia di migliaia di nuovi posti di lavoro”.

Temi nuoviConsiderati i temi messi al centro del progetto e il carattere movimentista della nuova formazione, resta da vedere quale sarà il rapporto con il Movimento 5 stelle, a cui nei mesi scorsi Bo-nelli ha già teso la mano. Secondo Fingiguerra, “la piattaforma politica di Ecologisti e Reti civiche è sovrapponibile al 90% con quella dei Cinque stelle. Non ci mettiamo in competizione con loro. Anzi auspichiamo confronto e collabora-zione”. Alla due giorni romana prendono par-te, tra gli altri, Claudia Bettiol, promotrice del Manifesto dei Beni co-muni europei, il prete anticamorra don Aniello Manganiello, la scrittrice Dacia Maraini, il geologo Mario Tozzi.

Partito Nome locale Stato Alleanza MPE

Alleanza ‘90/I Verdi Bündnis 90/Die Grünen Germania PVE 14

I Verdi, Confederazione ecologista Les Verts, Confédération écologiste Francia PVE 7

indipendenti nella lista Europa Ecologista Europe Écologie Francia nessuno 6

Partito della Nazione Corsa U Partitu di a Nazione Corsa Francia Corsica ALE 1

Partito Verde dell’Inghilterra e del Galles Green Party of England and Wales Regno Unito PVE 2

Partito Nazionale Scozzese Scottish National Party Regno Unito Scozia ALE 2

Partito del Galles Plaid Cymru Regno Unito Galles ALE 1

Sinistra Verde GroenLinks Paesi Bassi PVE 3

Ecologisti Confederati Écologistes Confédérés Belgio Vallonia PVE 2

Verdi! Groen! Belgio Fiandre PVE 1

Nuova Allenza Fiamminga Nieuw-Vlaamse Alliantie Belgio Fiandre ALE 1

Partito dei Verdi Miljöpartiet de Gröna Svezia PVE 2

Partito Pirata Piratpartiet Svezia nessuno 1

Partito Popolare Socialista (Danimarca)[8] Socialistisk Folkeparti Danimarca PVE oss. 2

Lega Verde Vihreä liitto Finlandia PVE 2

I Verdi - L’Alternativa Verde Die Grünen – Die grüne Alternative Austria PVE 2

Sinistra Repubblicana di Catalogna[9] Esquerra Republicana de Catalunya Spagna Catalogna ALE 1

Iniziativa per la Catalogna Verde Iniciativa per Catalunya Verds Spagna Catalogna PVE 1

Ecologisti Verdi Oikologoi Prasinoi Grecia PVE 1

Per i Diritti Umani nella Lettonia Unita Par cilvka tiesbm vienot Latvij Lettonia Russia ALE 1

I Verdi Déi Gréng Lussemburgo PVE 1

1973 1978 1979 1980 1981 1984 1988 1992 1995 1998 2001 2006 2008 20111975 1987

6% 6%3%2%4%3%4%5%6%7%6%5%6%2%6%7%

1973 1978 1979 1980 1981 1984 1988 1992 1995 1998 2001 2006 2008 20111975 1987

8% 14%16%6%13%27%16%8%10%16%14%17%11%12%16%5%

PERCENTUALE DI VOTO PER IL PARTITO AMBIENTALISTA IN ITALIA

PERCENTUALE DI VOTO PER IL PARTITO AMBIENTALISTA IN EUROPA

2.

Politica - Partito ambientalista - Un nuovo partito per una nuova sinistra102

Partito Popolare Europeo (PPE) 265

Partito Democratico 184

Partito Democratico Europeo (PDE) 84

Partito Verde Europeo (PVE) 55

Gruppo dei Conservatori e dei Riformisti europei (ECR) 55

Alleanza della Sinistra Verde Nordica (NGLA) 35

Gruppo Europa della Libertà e della Democrazia (EFD) 32

TOTALE 736

attraverso la convention dello scorso maggio“, spiega Michele Dotti, uno dei quattro coordi-natori nazionali e tra gli ideatori dell’appello ‘Ab-biamo un sogno’, che in un anno e mezzo ha raccolto 5mila adesioni online. La sua è una del-le anime che, insieme a Verdi, Costituente eco-logista e Sindaci della buona amministrazione hanno avviato il progetto di una nuova rete federa-ta. Basata su un proces-so partecipativo, come hanno dimostrato una

Carta degli intenti scritta a molte mani e un simbo-lo scelto con le primarie.La nuova formazione politica ha tutte le in-tenzioni di presentarsi

alle prossime elezioni. E con ambizioni di gover-no. “Quello che stiamo realizzando non è la ri-fondazione dei Verdi ma la nascita di una nuova forza ecologista, civica e verde che sarà collegata alla dimensione dei Verdi

europei – spiega Angelo Bonelli, presidente del sole che ride -. Con que-sto processo federativo vogliamo dare vita a una sorta di Europe Ecologie, la formazione lanciata in Francia da Daniel Cohn-Bendit e che ha raccolto il 16% dei consensi”.

Recupero del territorioAlla costruzione dei contenuti programma-tici hanno contribuito e continueranno a contri-buire i seminari tematici. Mentre il legame con le realtà territoriali sarà ga-rantito da circoli e agorà. Un nome non casuale, spiega Dotti, “perché dentro c’è il recupero del concetto di piazza e par-tecipazione”. Aggiunge Domenico Fingiguerra, sindaco di Cassinetta

di Lugagnano (Milano) e rappresentante dei Sin-daci della buona ammi-nistrazione: “I movimenti che contestano la Tav o il ponte sullo Stretto, nella loro esperienza locale, interpretano una politi-ca alta e altra. Il nuovo soggetto politico sarà un’opportunità per tante persone che nei territori hanno dimostrato una grande voglia di politica. Perché quella attuale ha abdicato al suo ruolo”.

Forte il contributo del l ’associazionismo ambientalista. Secondo Giuliano Tallone, ex pre-sidente Lipu ed espres-sione di Costituente ecologista, “uno degli obiettivi sarà mettere al centro del dibattito pub-blico temi come una

gestione oculata del ter-ritorio e la salvaguardia di parchi e biodiversità. Per un progetto di socie-tà dell’immediato futuro che sia diversa da quella attuale”. Ecologisti e Reti civiche cercherà di fare comunicare più anime, che proprio a causa del-la loro frammentazione,

esprimere appieno il loro potenziale a livello na-zionale. “Con una sintesi daremo vita a una realtà plurale”, spiega Dotti. Che tra i primi provve-dimenti che vorrebbe vedere realizzati elenca

-ca, raccolta differenziata porta a porta, taglio alle spese per nuovi arma-menti, prevenzione del dissesto idrogeologico e stop alle opere inutili:

Quello che stiamo realizzando non è la rifondazione dei Verdi ma la

nascita di una nuova forza ecologista

2.

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Politica - Partito ambientalista - Un nuovo partito per una nuova sinistra

“Con una tale redistribu-zione degli investimenti – dice – si creerebbero centinaia di migliaia di nuovi posti di lavoro”.

Temi nuoviConsiderati i temi messi al centro del progetto e il carattere movimentista della nuova formazione, resta da vedere quale sarà il rapporto con il Movimento 5 stelle, a cui nei mesi scorsi Bo-nelli ha già teso la mano. Secondo Fingiguerra, “la piattaforma politica di Ecologisti e Reti civiche è sovrapponibile al 90% con quella dei Cinque stelle. Non ci mettiamo in competizione con loro. Anzi auspichiamo confronto e collabora-zione”. Alla due giorni romana prendono par-te, tra gli altri, Claudia Bettiol, promotrice del Manifesto dei Beni co-muni europei, il prete anticamorra don Aniello Manganiello, la scrittrice Dacia Maraini, il geologo Mario Tozzi.

Partito Nome locale Stato Alleanza MPE

Alleanza ‘90/I Verdi Bündnis 90/Die Grünen Germania PVE 14

I Verdi, Confederazione ecologista Les Verts, Confédération écologiste Francia PVE 7

indipendenti nella lista Europa Ecologista Europe Écologie Francia nessuno 6

Partito della Nazione Corsa U Partitu di a Nazione Corsa Francia Corsica ALE 1

Partito Verde dell’Inghilterra e del Galles Green Party of England and Wales Regno Unito PVE 2

Partito Nazionale Scozzese Scottish National Party Regno Unito Scozia ALE 2

Partito del Galles Plaid Cymru Regno Unito Galles ALE 1

Sinistra Verde GroenLinks Paesi Bassi PVE 3

Ecologisti Confederati Écologistes Confédérés Belgio Vallonia PVE 2

Verdi! Groen! Belgio Fiandre PVE 1

Nuova Allenza Fiamminga Nieuw-Vlaamse Alliantie Belgio Fiandre ALE 1

Partito dei Verdi Miljöpartiet de Gröna Svezia PVE 2

Partito Pirata Piratpartiet Svezia nessuno 1

Partito Popolare Socialista (Danimarca)[8] Socialistisk Folkeparti Danimarca PVE oss. 2

Lega Verde Vihreä liitto Finlandia PVE 2

I Verdi - L’Alternativa Verde Die Grünen – Die grüne Alternative Austria PVE 2

Sinistra Repubblicana di Catalogna[9] Esquerra Republicana de Catalunya Spagna Catalogna ALE 1

Iniziativa per la Catalogna Verde Iniciativa per Catalunya Verds Spagna Catalogna PVE 1

Ecologisti Verdi Oikologoi Prasinoi Grecia PVE 1

Per i Diritti Umani nella Lettonia Unita Par cilvka tiesbm vienot Latvij Lettonia Russia ALE 1

I Verdi Déi Gréng Lussemburgo PVE 1

1973 1978 1979 1980 1981 1984 1988 1992 1995 1998 2001 2006 2008 20111975 1987

6% 6%3%2%4%3%4%5%6%7%6%5%6%2%6%7%

1973 1978 1979 1980 1981 1984 1988 1992 1995 1998 2001 2006 2008 20111975 1987

8% 14%16%6%13%27%16%8%10%16%14%17%11%12%16%5%

PERCENTUALE DI VOTO PER IL PARTITO AMBIENTALISTA IN ITALIA

PERCENTUALE DI VOTO PER IL PARTITO AMBIENTALISTA IN EUROPA

2.

Politica - Partito ambientalista - Un nuovo partito per una nuova sinistra102

Partito Popolare Europeo (PPE) 265

Partito Democratico 184

Partito Democratico Europeo (PDE) 84

Partito Verde Europeo (PVE) 55

Gruppo dei Conservatori e dei Riformisti europei (ECR) 55

Alleanza della Sinistra Verde Nordica (NGLA) 35

Gruppo Europa della Libertà e della Democrazia (EFD) 32

TOTALE 736

attraverso la convention dello scorso maggio“, spiega Michele Dotti, uno dei quattro coordi-natori nazionali e tra gli ideatori dell’appello ‘Ab-biamo un sogno’, che in un anno e mezzo ha raccolto 5mila adesioni online. La sua è una del-le anime che, insieme a Verdi, Costituente eco-logista e Sindaci della buona amministrazione hanno avviato il progetto di una nuova rete federa-ta. Basata su un proces-so partecipativo, come hanno dimostrato una

Carta degli intenti scritta a molte mani e un simbo-lo scelto con le primarie.La nuova formazione politica ha tutte le in-tenzioni di presentarsi

alle prossime elezioni. E con ambizioni di gover-no. “Quello che stiamo realizzando non è la ri-fondazione dei Verdi ma la nascita di una nuova forza ecologista, civica e verde che sarà collegata alla dimensione dei Verdi

europei – spiega Angelo Bonelli, presidente del sole che ride -. Con que-sto processo federativo vogliamo dare vita a una sorta di Europe Ecologie, la formazione lanciata in Francia da Daniel Cohn-Bendit e che ha raccolto il 16% dei consensi”.

Recupero del territorioAlla costruzione dei contenuti programma-tici hanno contribuito e continueranno a contri-buire i seminari tematici. Mentre il legame con le realtà territoriali sarà ga-rantito da circoli e agorà. Un nome non casuale, spiega Dotti, “perché dentro c’è il recupero del concetto di piazza e par-tecipazione”. Aggiunge Domenico Fingiguerra, sindaco di Cassinetta

di Lugagnano (Milano) e rappresentante dei Sin-daci della buona ammi-nistrazione: “I movimenti che contestano la Tav o il ponte sullo Stretto, nella loro esperienza locale, interpretano una politi-ca alta e altra. Il nuovo soggetto politico sarà un’opportunità per tante persone che nei territori hanno dimostrato una grande voglia di politica. Perché quella attuale ha abdicato al suo ruolo”.

Forte il contributo del l ’associazionismo ambientalista. Secondo Giuliano Tallone, ex pre-sidente Lipu ed espres-sione di Costituente ecologista, “uno degli obiettivi sarà mettere al centro del dibattito pub-blico temi come una

gestione oculata del ter-ritorio e la salvaguardia di parchi e biodiversità. Per un progetto di socie-tà dell’immediato futuro che sia diversa da quella attuale”. Ecologisti e Reti civiche cercherà di fare comunicare più anime, che proprio a causa del-la loro frammentazione,

esprimere appieno il loro potenziale a livello na-zionale. “Con una sintesi daremo vita a una realtà plurale”, spiega Dotti. Che tra i primi provve-dimenti che vorrebbe vedere realizzati elenca

-ca, raccolta differenziata porta a porta, taglio alle spese per nuovi arma-menti, prevenzione del dissesto idrogeologico e stop alle opere inutili:

Quello che stiamo realizzando non è la rifondazione dei Verdi ma la

nascita di una nuova forza ecologista

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3.

Tecnologia - Macchine elettriche - Nuovi modelli106

a quello delle auto con motore a scoppio, ma poi il prezzo basso ( a quei tempi di petrolio ce n’era ancora molto... ) del petrolio e derivati ha spinto il mercato verso la sciagurata scelta di pre-ferire il motore a scoppio rispetto alla trazione elet-trica, con i risultati che si possono vedere ora in tutte le città del mondo.Le prestazioni di un mo-tore elettrico sono deci-samente più interessanti rispetto ad un motore a scoppio, sia per i limitati attriti interni, che per la durata globale del moto-re, che per le prestazioni.Ciò che fa stentare il de-collo delle auto elettriche risiede principalmente nell’eccessivo lungo pe-riodo necessario per la ricarica delle batterie: nessuno starebbe fermo ad un distributore 8 ore per fare il pieno.Se si risolvesse questo problema la loro diffusio-ne sarebbe rapidissima e vantaggiosa per tutti!

Molti produttori di batte-rie stanno sviluppando batterie la cui ricarica è sempre più veloce, ma

trovano prodotti com-merciali che permettano la ricarica dell’80% della batteria in meno di 2 ore.L’altro grosso limite del-le automobili elettriche è per ora rappresentato da una limitata percor-renza: molto spesso si vedono auto elettriche con un’autonomia di soli 60-90 km.Le auto invece qui sotto riportate posseggono autonomie di quasi 200 km, cosa già alquanto interessante, visto che il maggior numero di spo-stamenti quotidiani del classico italiano arriva a stento sopra i 50km gior-nalieri.

Pubblicità forviantiC’è da dire poi che i consumatori sono ormai troppo condizionati da migliaia di spot pubbli-citari in cui l’utilitaria che

va a 60 km. all’ora viene derisa da tutti, quando poi in città o sulle strade mediamente percorse la velocità media con la quale ci si muove è di gran lunga inferiore ai 60km orari...Questo condizionamen-to fa sì che auto elettri-

che con prestazioni rite-nute scarse di velocità vengono scartate a priori dai ‘consumatori medi’. Per cui auto elettriche anche economiche, ma con velocità di punta li-mitate a 45-60 km orari, vengono snobbate pur

permettendo risparmi enormi di carburante ed assicurazione, visto che su questi modelli il bollo non lo si paga e l’assi-curazione costa circa il 50% in meno.Nell’immediato futuro inseriremo anche que-ste piccole utilitarie tra la nostra gamma, per per-mettere al consuamtore attento che si è accorto che comunque in città più di una certa veloci-tà non si va anche se si possiede un bolide e che comunque sia più di 50-60 km al giorno non li si percorre.L’obiettivo vuole essere quello di farvi viaggiare con dei costi di 1 euro per ogni 100 km. percor-

si ( contro i 10 euro circa dei motori a scoppio ) e se possibile convincervi a fare un impianto solare fotovoltaico per far sì che la carica del vostro mez-zo elettrico possa essere ecologica e a costo zero!

Auto ibrideImportante spazio an-drebbe offerto alle auto ibride che stanno por-tando i costruttori e gli utenti a capire quanto si possano ottimizzare i consumi grazie all’uso misto di motore a scop-pio ed elettrico, sfruttan-done le migliori caratteri-stiche.Ma ancor più interes-sante è la possibilità di

viaggiare con dei costi di 1 euro per ogni 100 km. percorsi e se possibile convincervi a fare un impianto solare

riducono i costi energetici dei veicoli fino al 90%

non usano Ossigeno, necessario ed indispensabile per la combustione

soprattutto con il sistema di ricarica a energia solare/eolica

riducono la dipendenza dal petrolio

non risentono della volatilità dei prezzi del petrolio

recuperano circa il 15 % dell'energia totale spesa con il sistema a ricarica da frenata

hanno molta più coppia ed accelerazione da zero rispetto ad una macchina a benzina ICE

possono mitigare il riscaldamento globale

sono più adatte per i viaggi corti in città e per il pendolarismo corto,meno di 200 km

non si spegne accidentalmente se solleviamo bruscamente la frizione.

hanno il motore con una efficienza del 90% rispetto al motore a combustione interna

sono molto meno rumorose rispetto alle auto con motore a combustione interna.

non producono fumi nocivi, come CO, CO2, NOx

non necessitano della costosa marmitta catalitica in platino

3.

3.

Tecnologia - Macchine elettriche - Nuovi modelli106

a quello delle auto con motore a scoppio, ma poi il prezzo basso ( a quei tempi di petrolio ce n’era ancora molto... ) del petrolio e derivati ha spinto il mercato verso la sciagurata scelta di pre-ferire il motore a scoppio rispetto alla trazione elet-trica, con i risultati che si possono vedere ora in tutte le città del mondo.Le prestazioni di un mo-tore elettrico sono deci-samente più interessanti rispetto ad un motore a scoppio, sia per i limitati attriti interni, che per la durata globale del moto-re, che per le prestazioni.Ciò che fa stentare il de-collo delle auto elettriche risiede principalmente nell’eccessivo lungo pe-riodo necessario per la ricarica delle batterie: nessuno starebbe fermo ad un distributore 8 ore per fare il pieno.Se si risolvesse questo problema la loro diffusio-ne sarebbe rapidissima e vantaggiosa per tutti!

Molti produttori di batte-rie stanno sviluppando batterie la cui ricarica è sempre più veloce, ma

trovano prodotti com-merciali che permettano la ricarica dell’80% della batteria in meno di 2 ore.L’altro grosso limite del-le automobili elettriche è per ora rappresentato da una limitata percor-renza: molto spesso si vedono auto elettriche con un’autonomia di soli 60-90 km.Le auto invece qui sotto riportate posseggono autonomie di quasi 200 km, cosa già alquanto interessante, visto che il maggior numero di spo-stamenti quotidiani del classico italiano arriva a stento sopra i 50km gior-nalieri.

Pubblicità forviantiC’è da dire poi che i consumatori sono ormai troppo condizionati da migliaia di spot pubbli-citari in cui l’utilitaria che

va a 60 km. all’ora viene derisa da tutti, quando poi in città o sulle strade mediamente percorse la velocità media con la quale ci si muove è di gran lunga inferiore ai 60km orari...Questo condizionamen-to fa sì che auto elettri-

che con prestazioni rite-nute scarse di velocità vengono scartate a priori dai ‘consumatori medi’. Per cui auto elettriche anche economiche, ma con velocità di punta li-mitate a 45-60 km orari, vengono snobbate pur

permettendo risparmi enormi di carburante ed assicurazione, visto che su questi modelli il bollo non lo si paga e l’assi-curazione costa circa il 50% in meno.Nell’immediato futuro inseriremo anche que-ste piccole utilitarie tra la nostra gamma, per per-mettere al consuamtore attento che si è accorto che comunque in città più di una certa veloci-tà non si va anche se si possiede un bolide e che comunque sia più di 50-60 km al giorno non li si percorre.L’obiettivo vuole essere quello di farvi viaggiare con dei costi di 1 euro per ogni 100 km. percor-

si ( contro i 10 euro circa dei motori a scoppio ) e se possibile convincervi a fare un impianto solare fotovoltaico per far sì che la carica del vostro mez-zo elettrico possa essere ecologica e a costo zero!

Auto ibrideImportante spazio an-drebbe offerto alle auto ibride che stanno por-tando i costruttori e gli utenti a capire quanto si possano ottimizzare i consumi grazie all’uso misto di motore a scop-pio ed elettrico, sfruttan-done le migliori caratteri-stiche.Ma ancor più interes-sante è la possibilità di

viaggiare con dei costi di 1 euro per ogni 100 km. percorsi e se possibile convincervi a fare un impianto solare

riducono i costi energetici dei veicoli fino al 90%

non usano Ossigeno, necessario ed indispensabile per la combustione

soprattutto con il sistema di ricarica a energia solare/eolica

riducono la dipendenza dal petrolio

non risentono della volatilità dei prezzi del petrolio

recuperano circa il 15 % dell'energia totale spesa con il sistema a ricarica da frenata

hanno molta più coppia ed accelerazione da zero rispetto ad una macchina a benzina ICE

possono mitigare il riscaldamento globale

sono più adatte per i viaggi corti in città e per il pendolarismo corto,meno di 200 km

non si spegne accidentalmente se solleviamo bruscamente la frizione.

hanno il motore con una efficienza del 90% rispetto al motore a combustione interna

sono molto meno rumorose rispetto alle auto con motore a combustione interna.

non producono fumi nocivi, come CO, CO2, NOx

non necessitano della costosa marmitta catalitica in platino

3.

Il libroNel Basso Piemonte, tra le Langhe e il Roero, nasceva vent’anni fa un movimento destinato a diventare in tutto il mondo sinonimo di un’autenti-

consapevole dei valori della terra. La storia di Slow Food è

suo carismatico leader, Carlo Petrini, che in questo libro ne ripercorre le tappe fondamen-tali, dalla militanza nei gruppi della sinistra radicale al so-dalizio con Dario Fo e il Club

-stronomica dei primi anni Ot-tanta e alla nascita della Libera e Benemerita Associazione degli Amici del Barolo, cui ade-

riranno personaggi del calibro di Roberto Benigni, France-sco Guccini e Ornella Vanoni. È il primo nucleo di quella che diventerà, nel 1986, la lega Ar-cigola, che assumerà tre anni dopo il nome Slow Food con il Manifesto del movimento internazionale presentato a Parigi. Dopo la fondazione di

-gli anni Novanta l’associazione partecipa al Vinitaly di Verona e organizza una serie di fortu-nati eventi gastronomici, cul-minati nel Salone del Gusto di Torino; si batte per la tutela dei prodotti tradizionali “a rischio di estinzione” dando vita ai Presìdi Slow Food, in Italia e all’estero, e per diffondere una

«Vorrei che Slow Food riuscisse a leg-gere la complessità

restituire centralità a saperi tradizionali e pratiche agricole spesso associati a un’idea di sot-tosviluppo, ma in realtà opportunità di crescita nell’ambito di una visione soste-nibile.»

A sinistre: la copertina di “Slow food”A destra: Carlo Petrini

slow foodrevolution

Il carattere

Articolo di Valeria Doni

consapevole educazione al gusto, inaugurando le Univer-sità di Scienze Gastronomiche di Pollenzo e Colorno.Gigi PadovaniAttraverso le testimonianze dirette dei protagonisti, Car-lo Petrini e Gigi Padovani ci accompagnano in un viaggio alla scoperta di prelibatezze etniche ma anche italiane Doc, dalla bottarga di Orbetello al cappone di Morozzo, dal fa-

Madonie, e insieme illustrano

slow”: la rivendicazione del diritto al piacere conviviale opposto all’omologazione del fast food; il recupero del va-lore della lentezza in contrap-posizione ai ritmi frenetici della società contemporanea; l’as-sunzione di un nuovo senso di responsabilità nei confronti della produzione e del consu-mo del cibo, più attento alla salvaguardia dell’ambiente e alla qualità dei prodotti. Un im-pegno confermato dalla gran-de assemblea di Terra Madre nell’ottobre del 2004, quando 4888 tra agricoltori, alleva-tori, pescatori e artigiani del cibo di 130 Paesi sono con-venuti a Torino per discutere di biodiversità e di agricoltura sostenibile. Slow Food Revo-lution ricostruisce le tappe e

le conquiste di un movimento

degli ultimi anni, invitandvvvo-ci a rinnovare il rapporto con il cibo e a restituire nuova digni-tà al piacere della tavola.

Carlo Petrini, dichiara, tra le al-tre tesi, che entro il 2050 l’au-mento della popolazione, il cli-ma che cambia, la crescente scarsita’ di risorse potrebbero rendere piu’ aleatoria la produ-zione agricola.l valore aggiunto etico ed am-bientale del progetto “slow food” intende rispondere a questo tipo di interrogatori. Investire nella terra anche per evitare un futuro di scarsita’ alimentare per tutta la popola-zione mondiale.Il congresso«Dall’ ultimo Congresso Slow Food esce come nuovo sog-getto politico che incide nella realtà concreta del Paese.La nostra caratteristica, la visione politica, non rientra nei canoni tradizionali e negli schemi della politica tradizio-nale: destra e sinistra sono categorie superate. La novità sta nella visione olistica del mondo: le vecchie categorie di pensiero basate sul mecca-nicismo, sul riduzionismo.

SLOW FOOD

Questo nostro secolo, nato e cre-sciuto sotto il segno della civiltà industriale, ha prima inventato la macchina e poi ne ha fatto il pro-prio modello di vita.La velocità è diventata la nostra catena, tutti siamo in preda allo stesso virus: la vita veloce, che sconvolge le nostre abitudini, ci

-chiude a nutrirci nei fast food.Ma l’uomo sapiens deve recupera-re la sua saggezza e liberarsi dalla velocità che può ridurlo a una spe-cie in via d’estinzione.Perciò, contro la follia universale della “fast life”, bisogna scegliere la difesa del tranquillo piacere mate-riale.Contro coloro, e sono i più, che

frenesia, proponiamo il vaccino di un’adeguata porzione di piaceri sensuali assicurati, da praticarsi in lento e prolungato godimento.Iniziamo proprio a tavola con lo

Slow Food, contro l’appiattimen-to del fast food riscopriamo la ricchezza e gli aromi delle cucine locali.Se la “fast life” in nome della pro-

vita e minaccia l’ambiente e il pa-esaggio, lo Slow Food è oggi la ri-sposta d’avanguardia.È qui, nello sviluppo del gusto e non nel suo immiserimento, la vera cultura, di qui può iniziare il progresso, con lo scambio inter-nazionale di storie, conoscenze, progetti. Lo Slow Food assicura un avvenire migliore.

Per lo statuto di Slow Food Italia sono scopi dell’associazione:far acquisire dignità culturale alle tematiche legate al cibo ed alla ali-mentazione;individuare i prodotti alimentari e le modalità di produzione legati a un territorio, nell’ottica della sal-vaguardia della biodiversità, pro-muovendone l’assunzione a ruolo di beni culturali;elevare la cultura alimentare dei

cittadini e, in particolare, delle giovani generazioni, con l’obietti-vo del raggiungimento della piena coscienza del diritto al piacere ed al gusto;promuovere la pratica di una diversa qualità della vita, fatta del rispetto dei tempi naturali, dell’ambiente e della salute dei consumatori, favorendo la fruizio-ne di quei prodotti che ne rappre-sentano la massima espressione qualitativa;sollecitare l’attenzione dell’opi-nione pubblica verso le tematiche ambientali ed in particolare verso la salvaguardia della biodiversità e delle tradizioni culinarie.

Il libroNel Basso Piemonte, tra le Langhe e il Roero, nasceva vent’anni fa un movimento destinato a diventare in tutto il mondo sinonimo di un’autenti-

consapevole dei valori della terra. La storia di Slow Food è

suo carismatico leader, Carlo Petrini, che in questo libro ne ripercorre le tappe fondamen-tali, dalla militanza nei gruppi della sinistra radicale al so-dalizio con Dario Fo e il Club

-stronomica dei primi anni Ot-tanta e alla nascita della Libera e Benemerita Associazione degli Amici del Barolo, cui ade-

riranno personaggi del calibro di Roberto Benigni, France-sco Guccini e Ornella Vanoni. È il primo nucleo di quella che diventerà, nel 1986, la lega Ar-cigola, che assumerà tre anni dopo il nome Slow Food con il Manifesto del movimento internazionale presentato a Parigi. Dopo la fondazione di

-gli anni Novanta l’associazione partecipa al Vinitaly di Verona e organizza una serie di fortu-nati eventi gastronomici, cul-minati nel Salone del Gusto di Torino; si batte per la tutela dei prodotti tradizionali “a rischio di estinzione” dando vita ai Presìdi Slow Food, in Italia e all’estero, e per diffondere una

«Vorrei che Slow Food riuscisse a leg-gere la complessità

restituire centralità a saperi tradizionali e pratiche agricole spesso associati a un’idea di sot-tosviluppo, ma in realtà opportunità di crescita nell’ambito di una visione soste-nibile.»

A sinistre: la copertina di “Slow food”A destra: Carlo Petrini

slow foodrevolution

Il carattere

Articolo di Valeria Doni

consapevole educazione al gusto, inaugurando le Univer-sità di Scienze Gastronomiche di Pollenzo e Colorno.Gigi PadovaniAttraverso le testimonianze dirette dei protagonisti, Car-lo Petrini e Gigi Padovani ci accompagnano in un viaggio alla scoperta di prelibatezze etniche ma anche italiane Doc, dalla bottarga di Orbetello al cappone di Morozzo, dal fa-

Madonie, e insieme illustrano

slow”: la rivendicazione del diritto al piacere conviviale opposto all’omologazione del fast food; il recupero del va-lore della lentezza in contrap-posizione ai ritmi frenetici della società contemporanea; l’as-sunzione di un nuovo senso di responsabilità nei confronti della produzione e del consu-mo del cibo, più attento alla salvaguardia dell’ambiente e alla qualità dei prodotti. Un im-pegno confermato dalla gran-de assemblea di Terra Madre nell’ottobre del 2004, quando 4888 tra agricoltori, alleva-tori, pescatori e artigiani del cibo di 130 Paesi sono con-venuti a Torino per discutere di biodiversità e di agricoltura sostenibile. Slow Food Revo-lution ricostruisce le tappe e

le conquiste di un movimento

degli ultimi anni, invitandvvvo-ci a rinnovare il rapporto con il cibo e a restituire nuova digni-tà al piacere della tavola.

Carlo Petrini, dichiara, tra le al-tre tesi, che entro il 2050 l’au-mento della popolazione, il cli-ma che cambia, la crescente scarsita’ di risorse potrebbero rendere piu’ aleatoria la produ-zione agricola.l valore aggiunto etico ed am-bientale del progetto “slow food” intende rispondere a questo tipo di interrogatori. Investire nella terra anche per evitare un futuro di scarsita’ alimentare per tutta la popola-zione mondiale.Il congresso«Dall’ ultimo Congresso Slow Food esce come nuovo sog-getto politico che incide nella realtà concreta del Paese.La nostra caratteristica, la visione politica, non rientra nei canoni tradizionali e negli schemi della politica tradizio-nale: destra e sinistra sono categorie superate. La novità sta nella visione olistica del mondo: le vecchie categorie di pensiero basate sul mecca-nicismo, sul riduzionismo.

SLOW FOOD

Questo nostro secolo, nato e cre-sciuto sotto il segno della civiltà industriale, ha prima inventato la macchina e poi ne ha fatto il pro-prio modello di vita.La velocità è diventata la nostra catena, tutti siamo in preda allo stesso virus: la vita veloce, che sconvolge le nostre abitudini, ci

-chiude a nutrirci nei fast food.Ma l’uomo sapiens deve recupera-re la sua saggezza e liberarsi dalla velocità che può ridurlo a una spe-cie in via d’estinzione.Perciò, contro la follia universale della “fast life”, bisogna scegliere la difesa del tranquillo piacere mate-riale.Contro coloro, e sono i più, che

frenesia, proponiamo il vaccino di un’adeguata porzione di piaceri sensuali assicurati, da praticarsi in lento e prolungato godimento.Iniziamo proprio a tavola con lo

Slow Food, contro l’appiattimen-to del fast food riscopriamo la ricchezza e gli aromi delle cucine locali.Se la “fast life” in nome della pro-

vita e minaccia l’ambiente e il pa-esaggio, lo Slow Food è oggi la ri-sposta d’avanguardia.È qui, nello sviluppo del gusto e non nel suo immiserimento, la vera cultura, di qui può iniziare il progresso, con lo scambio inter-nazionale di storie, conoscenze, progetti. Lo Slow Food assicura un avvenire migliore.

Per lo statuto di Slow Food Italia sono scopi dell’associazione:far acquisire dignità culturale alle tematiche legate al cibo ed alla ali-mentazione;individuare i prodotti alimentari e le modalità di produzione legati a un territorio, nell’ottica della sal-vaguardia della biodiversità, pro-muovendone l’assunzione a ruolo di beni culturali;elevare la cultura alimentare dei

cittadini e, in particolare, delle giovani generazioni, con l’obietti-vo del raggiungimento della piena coscienza del diritto al piacere ed al gusto;promuovere la pratica di una diversa qualità della vita, fatta del rispetto dei tempi naturali, dell’ambiente e della salute dei consumatori, favorendo la fruizio-ne di quei prodotti che ne rappre-sentano la massima espressione qualitativa;sollecitare l’attenzione dell’opi-nione pubblica verso le tematiche ambientali ed in particolare verso la salvaguardia della biodiversità e delle tradizioni culinarie.

108 109

La bicicletta si compone del telaio come base e di piccoli componenti che composti tra loro danno la pos-sibilità di imprimere una forza trami-te i pedali.

in considerazione dalla maggior parte

perchè non molto convenienti dal pun-to di vista economico, quali il recupero di vecchie biciclette. Questo tipo di atti-vità, coniugato con la creatività tipica di questi laboratori, ha come effetto colla-terale la nascita di nuovi e unici modelli di biciclette frutto della combinazione di pezzi provenienti da mezzi di diffe-rente foggia, colore e dimensione.

-la di creare interazione e socializzazio-ne tra i partecipanti, oltre ad insegnare il modo per affrontare la manutenzione del mezzo.

Un luogo in cui imparare a cono-scere ed autoriparare il proprio

A disposizione di tutti delle postazioni -

rare comodamente, complete di tutte le chiavi e gli attrezzi che vi serviranno per prendersi cura della propria amata bici.Un luogo che pratica attivamente il ri-ciclaggio:Si cerca, infatti, di recuperare tutte le biciclette possibili, per quelle impossi-bili si recuperano comunque tutti i pezzi rimettendoli a disposizione di tutti e in-

-zione dei pù strani mezzi scaturiti dalla creatività di chi vuole osare. La sottoscrizione è volontaria e può es-sere integrata o sostituita da: donazioni di attrezzi, ricambi o altro materiale uti-

partecipazione attiva alla gestione delle attività.

dove parlare di biciclette, conoscere persone che si spostano quotidiana-mente in bici e organizzare iniziative per una maggiore diffusione dell’uso di un mezzo tanto affascinante quanto

-clette né nuove né usate. Non si effet-tuano riparazioni di biciclette per conto

spazio libero, un luogo autogestito in cui viene meno la differenza tra inse-gnare ed imparare. Si recupera l’es-senza delle biciclette, il loro essere un mezzo di trasporto paritario.Strutturate in modi trasparenti ed oriz-

-cine sta nella libera circolazione di og-

-diatore di relazioni.Il loro scopo non si esaurisce nel ricicla-re e distribuire biciclette, ma sta nella creazione quotidiana di un percorso di cittadinanza attiva che parte dalla cri-tica della mobilità dell’automobile per estendersi a tutto il sistema capitalisti-co. In questa direzione è di fondamen-tale importanza relazionarsi l’un l’altro al di fuori dell’imposizione gerarchica dei saper legati all’ordine produttivo industriale del dominio e della sopraf-fazione. In questi spazi/luoghi conviviali ognuno ha pari voce in capitolo degli altri; la consapevolezza e l’agire in pri-ma persona prendono il posto dello spettacolo della merce che ci incatena sulla sedia della produzione.Non ci sarà liberazione dalle automobili

-stre vite, dei nostri cuori e delle nostre teste.L’uso e la manutenzione di una biciclet-ta mostrano a chi ne è autore la poten-za dei piccoli cambiamenti quotidiani,

-

spostamento delle persone fuori della loro casa.

Attività di gruppoQuesta attività è il punto di partenza di

e sugli stili di vita, sulla mobilità e sui trasporti, sull’intero sistema/mondo, prigioniero della logica capitalistica di potere/ petrolio/ guerre/ inquinamento/ impoverimento e sfruttamento indiscri-minato delle risorse del pianeta.

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Forcellino

Tubo superiore

Freno

Pedivella

Raggi

Pedale

Tubo dello sterzo

Deragliatore

Cerchio

Sellino

Leve freno

Posteriori orizzontali

Copertura

Tubo piantone

Manubrio

Posteriori verticali

Testa di forcella

Guarniture

Tubo obliquo

Mozzo

In alto un workshop in centro a Milano dove i ragazzi imparano a sistemare e comporre biciclette.Nella pagina successiva tre manifesti di L

-polari, sono ambienti dotati di

riparazione di biciclette, messi a disposizione da associazioni

ciclistiche o collettivi, dove chiunque

può riparare il proprio velocipede la-sciando un’offerta libera, anche grazie alla collaborazione con gli altri utenti.

-ti punti di incontro per coloro che usano normalmente la bicicletta come mezzo di trasporto.

essere di tipo inclusivo più che esclu-sivo: pertanto sono generalmente ben-venute anche le persone che non han-no tempo per autoriparare la propria bicicletta e che invece preferiscono che altre persone la riparino per loro, lasciando un’offerta commisurata al la-

può prevedere o meno di ricompensare economicamente il lavoro svolto dal ci-clomeccanico o di qualsiasi altra per-sona appassionata e competente.Basandosi sull’impegno di persone che amano la bicicletta, in una ciclof-

sperimentali che non verrebbero prese

riparare e socializzare IN

ciclofficinaArticolo di Carlo Liguori

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La bicicletta si compone del telaio come base e di piccoli componenti che composti tra loro danno la pos-sibilità di imprimere una forza trami-te i pedali.

in considerazione dalla maggior parte

perchè non molto convenienti dal pun-to di vista economico, quali il recupero di vecchie biciclette. Questo tipo di atti-vità, coniugato con la creatività tipica di questi laboratori, ha come effetto colla-terale la nascita di nuovi e unici modelli di biciclette frutto della combinazione di pezzi provenienti da mezzi di diffe-rente foggia, colore e dimensione.

-la di creare interazione e socializzazio-ne tra i partecipanti, oltre ad insegnare il modo per affrontare la manutenzione del mezzo.

Un luogo in cui imparare a cono-scere ed autoriparare il proprio

A disposizione di tutti delle postazioni -

rare comodamente, complete di tutte le chiavi e gli attrezzi che vi serviranno per prendersi cura della propria amata bici.Un luogo che pratica attivamente il ri-ciclaggio:Si cerca, infatti, di recuperare tutte le biciclette possibili, per quelle impossi-bili si recuperano comunque tutti i pezzi rimettendoli a disposizione di tutti e in-

-zione dei pù strani mezzi scaturiti dalla creatività di chi vuole osare. La sottoscrizione è volontaria e può es-sere integrata o sostituita da: donazioni di attrezzi, ricambi o altro materiale uti-

partecipazione attiva alla gestione delle attività.

dove parlare di biciclette, conoscere persone che si spostano quotidiana-mente in bici e organizzare iniziative per una maggiore diffusione dell’uso di un mezzo tanto affascinante quanto

-clette né nuove né usate. Non si effet-tuano riparazioni di biciclette per conto

spazio libero, un luogo autogestito in cui viene meno la differenza tra inse-gnare ed imparare. Si recupera l’es-senza delle biciclette, il loro essere un mezzo di trasporto paritario.Strutturate in modi trasparenti ed oriz-

-cine sta nella libera circolazione di og-

-diatore di relazioni.Il loro scopo non si esaurisce nel ricicla-re e distribuire biciclette, ma sta nella creazione quotidiana di un percorso di cittadinanza attiva che parte dalla cri-tica della mobilità dell’automobile per estendersi a tutto il sistema capitalisti-co. In questa direzione è di fondamen-tale importanza relazionarsi l’un l’altro al di fuori dell’imposizione gerarchica dei saper legati all’ordine produttivo industriale del dominio e della sopraf-fazione. In questi spazi/luoghi conviviali ognuno ha pari voce in capitolo degli altri; la consapevolezza e l’agire in pri-ma persona prendono il posto dello spettacolo della merce che ci incatena sulla sedia della produzione.Non ci sarà liberazione dalle automobili

-stre vite, dei nostri cuori e delle nostre teste.L’uso e la manutenzione di una biciclet-ta mostrano a chi ne è autore la poten-za dei piccoli cambiamenti quotidiani,

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spostamento delle persone fuori della loro casa.

Attività di gruppoQuesta attività è il punto di partenza di

e sugli stili di vita, sulla mobilità e sui trasporti, sull’intero sistema/mondo, prigioniero della logica capitalistica di potere/ petrolio/ guerre/ inquinamento/ impoverimento e sfruttamento indiscri-minato delle risorse del pianeta.

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Forcellino

Tubo superiore

Freno

Pedivella

Raggi

Pedale

Tubo dello sterzo

Deragliatore

Cerchio

Sellino

Leve freno

Posteriori orizzontali

Copertura

Tubo piantone

Manubrio

Posteriori verticali

Testa di forcella

Guarniture

Tubo obliquo

Mozzo

In alto un workshop in centro a Milano dove i ragazzi imparano a sistemare e comporre biciclette.Nella pagina successiva tre manifesti di L

-polari, sono ambienti dotati di

riparazione di biciclette, messi a disposizione da associazioni

ciclistiche o collettivi, dove chiunque

può riparare il proprio velocipede la-sciando un’offerta libera, anche grazie alla collaborazione con gli altri utenti.

-ti punti di incontro per coloro che usano normalmente la bicicletta come mezzo di trasporto.

essere di tipo inclusivo più che esclu-sivo: pertanto sono generalmente ben-venute anche le persone che non han-no tempo per autoriparare la propria bicicletta e che invece preferiscono che altre persone la riparino per loro, lasciando un’offerta commisurata al la-

può prevedere o meno di ricompensare economicamente il lavoro svolto dal ci-clomeccanico o di qualsiasi altra per-sona appassionata e competente.Basandosi sull’impegno di persone che amano la bicicletta, in una ciclof-

sperimentali che non verrebbero prese

riparare e socializzare IN

ciclofficinaArticolo di Carlo Liguori

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stite e senza scopi di lucro. Nascono dall’iniziativa quei ciclisti urbani che hanno fatto dell’uso e della riparazione della bicicletta il mezzo di un diverso stile di vita, basato più sulla necessità del recupero e del riciclo dei materiali,

delle diversità e sullo scambio di cono-scenze all’interno di strutture orizzonta-li. La diffusione l’utilizzo di massa delle biciclette può liberare la metropoli dalla dittatura dell’automobile e per questo

trasporto, attraverso la condivisione di semplici conoscenze meccaniche e e l’uso comune di spa-zi e di attrezzi, il recupero e il riutilizzo di bici e dei loro componenti altrimenti destinati alle discariche, secondo la lo-gica del consumista del comprare/con-sumare/buttare/ricomprare.

-strato che con piccoli cambiamenti personali, come l’uso quotidiano della bicicletta, si può mutare la qualità della vita di tutti e rendere più vivibili le no-stre città: la bicicletta libera e nostre

-

all’umore, è economica e quindi popo-lare.

di salute pubblica, di una rivoluzione energetica, di un modo di vita postin-dustriale, di equità, di libertà.La bicicletta è un collante quotidiano di un mondo reale e a portata di mano,in ogni zona di Milano. la bici unisce, realizza e fa realizzare, la bici dimostra, la bici stimola, innesca, la bici salta gli ostacoli e li fa piccoli, la bici collega, La bici rende fatto il possi-bile, la bici rilassa, tiene in forma, spur-ga e fa digerire.

mondo perduto nel bicchier d’acqua dello sviluppo, la bici per far rivivere l’ebbrezza di spostarsi, di viaggiare, di esplorare i limiti e le possibilità del mondo e degli esseri umani. La bici silenziosa che celebra l’incantesimo

-ta dimostra i limiti naturali del sistema dei trasporti, rappresenta per se stessa uno strumento di rottura irreparabile con questo sistema automatizzato, fa riemergere la dimensione umana in un mondo di macchine, la bici è forte e fra-

gile, come la realtà stessa.Il personale è politico! Il nostro stile di vita può essere olio o sabbia negli in-granaggi della megamacchina che ci guida. Usa la bici, mantienila da te, sii

-tare. Non hai bisogno di guerre, sfrut-tamento e trivellazioni barbariche per andare a lavorare, o per uscire e diver-tirti. Fallo sulla base delle tue capacità, scoprirai il mondo vero fuori della realtà sintetica autoinscatolata spacciata dal progresso.

-cine urbaneStanchi del solito aperitivo? L’alterna-

In Italia, come spesso accade, la ten-denza arriva un pò in ritardo rispetto al resto d’Europa, ma, come si suol dire, meglio tardi che mai. In questo caso,

dei ciclisti urbani, amanti delle due ruo-te per ogni spostamento ed impegnati nella battaglia ecologista per un mon-

sia nelle grandi che nelle piccole città, sono dei luoghi d’aggregazione, il più delle volte autogestiti, in cui è possibile

riparare, riciclare o scambiare la propria bicicletta. Il tutto mentre si sorseggia un drink e si ascolta della buona musica.

Basta” a Torino (www.biciebasta.com), che spesso organizza dei Bike Parties (pubblicizzati anche attraverso i social network). Chi viene in bici ha in rega-lo un drink! “L’aperitivo del ciclista”, a

it), impegnato in eventi di promozione della mobilità su due ruote. A Milano, le serate più ciclo-friendly si svolgono alla “Stazione delle Biciclette” (www.la-stazionedellebiciclette.com), con con-certi live di gruppi emergenti ed hap-py hour a chilometri zero. Gli studenti milanesi frequentano anche “Ruota

wordpress.com), il cui slogan è “Lo vedi, lo fai, lo insegni”, dove si tengo-no proiezioni per ciclisti e pollici verdi, aperitivi vegan e gare di tappi a premi. A Bologna, dove l’uso della bici è radi-cato da decenni e fa parte della cultura locale, ci si ritrova ogni giovedÏ nella

-co all’interno dell’ex mercato comunale (http://ampioraggio.contaminati.net).

112

stite e senza scopi di lucro. Nascono dall’iniziativa quei ciclisti urbani che hanno fatto dell’uso e della riparazione della bicicletta il mezzo di un diverso stile di vita, basato più sulla necessità del recupero e del riciclo dei materiali,

delle diversità e sullo scambio di cono-scenze all’interno di strutture orizzonta-li. La diffusione l’utilizzo di massa delle biciclette può liberare la metropoli dalla dittatura dell’automobile e per questo

trasporto, attraverso la condivisione di semplici conoscenze meccaniche e e l’uso comune di spa-zi e di attrezzi, il recupero e il riutilizzo di bici e dei loro componenti altrimenti destinati alle discariche, secondo la lo-gica del consumista del comprare/con-sumare/buttare/ricomprare.

-strato che con piccoli cambiamenti personali, come l’uso quotidiano della bicicletta, si può mutare la qualità della vita di tutti e rendere più vivibili le no-stre città: la bicicletta libera e nostre

-

all’umore, è economica e quindi popo-lare.

di salute pubblica, di una rivoluzione energetica, di un modo di vita postin-dustriale, di equità, di libertà.La bicicletta è un collante quotidiano di un mondo reale e a portata di mano,in ogni zona di Milano. la bici unisce, realizza e fa realizzare, la bici dimostra, la bici stimola, innesca, la bici salta gli ostacoli e li fa piccoli, la bici collega, La bici rende fatto il possi-bile, la bici rilassa, tiene in forma, spur-ga e fa digerire.

mondo perduto nel bicchier d’acqua dello sviluppo, la bici per far rivivere l’ebbrezza di spostarsi, di viaggiare, di esplorare i limiti e le possibilità del mondo e degli esseri umani. La bici silenziosa che celebra l’incantesimo

-ta dimostra i limiti naturali del sistema dei trasporti, rappresenta per se stessa uno strumento di rottura irreparabile con questo sistema automatizzato, fa riemergere la dimensione umana in un mondo di macchine, la bici è forte e fra-

gile, come la realtà stessa.Il personale è politico! Il nostro stile di vita può essere olio o sabbia negli in-granaggi della megamacchina che ci guida. Usa la bici, mantienila da te, sii

-tare. Non hai bisogno di guerre, sfrut-tamento e trivellazioni barbariche per andare a lavorare, o per uscire e diver-tirti. Fallo sulla base delle tue capacità, scoprirai il mondo vero fuori della realtà sintetica autoinscatolata spacciata dal progresso.

-cine urbaneStanchi del solito aperitivo? L’alterna-

In Italia, come spesso accade, la ten-denza arriva un pò in ritardo rispetto al resto d’Europa, ma, come si suol dire, meglio tardi che mai. In questo caso,

dei ciclisti urbani, amanti delle due ruo-te per ogni spostamento ed impegnati nella battaglia ecologista per un mon-

sia nelle grandi che nelle piccole città, sono dei luoghi d’aggregazione, il più delle volte autogestiti, in cui è possibile

riparare, riciclare o scambiare la propria bicicletta. Il tutto mentre si sorseggia un drink e si ascolta della buona musica.

Basta” a Torino (www.biciebasta.com), che spesso organizza dei Bike Parties (pubblicizzati anche attraverso i social network). Chi viene in bici ha in rega-lo un drink! “L’aperitivo del ciclista”, a

it), impegnato in eventi di promozione della mobilità su due ruote. A Milano, le serate più ciclo-friendly si svolgono alla “Stazione delle Biciclette” (www.la-stazionedellebiciclette.com), con con-certi live di gruppi emergenti ed hap-py hour a chilometri zero. Gli studenti milanesi frequentano anche “Ruota

wordpress.com), il cui slogan è “Lo vedi, lo fai, lo insegni”, dove si tengo-no proiezioni per ciclisti e pollici verdi, aperitivi vegan e gare di tappi a premi. A Bologna, dove l’uso della bici è radi-cato da decenni e fa parte della cultura locale, ci si ritrova ogni giovedÏ nella

-co all’interno dell’ex mercato comunale (http://ampioraggio.contaminati.net).

114

DomoticaIn una generica utenza, per soddisfare i fabbisogni idrici si preleva acqua potabile dalla rete acquedottistica pubblica: questa acqua, dotata di ca-ratteristiche di elevata qualità, viene utilizzata indistintamente per scopi potabili (per esempio igiene personale e cottura dei cibi) e per scopi non potabili (un esempio su tutti l’utilizzo nelle cassette di risciacquo dei

spreco: si utilizza acqua di alta qualità per scopi non potabi-li, buttandola via subito dopo tramite lo scarico in fognatura.Una gestione sostenibile del ciclo delle acque si basa inve-ce proprio sulla valorizzazione di acque meno nobili e sull’uti-lizzo dell’acqua di alta qualità esclusivamente laddove sono veramente richieste caratteri-stiche di qualità. Interventi re-

alizzabili semplicemente e con bassi costi riguardano la com-

interessata dagli scarichi dei WC, indicata in genere come “acque grigie”; questi inter-venti sono costituiti fonda-mentalmente da:la separazione delle reti di sca-rico delle acque nere (conte-nenti cioè gli scarichi dei WC) e delle acque grigie (tutte le altre acque di scarico);la realizzazione di reti distinte di distribuzione idrica (acqua potabile e acqua non potabile);il trattamento e il riutilizzo delle acque grigie depurate per sco-pi non potabili, come ad esem-pio l’irrigazione di aree a verde, il riempimento delle cassette di risciacquo dei WC, il lavaggio di aree esterne.Le acque grigie si depurano molto più velocemente delle acque nere: probabilmente

consiste nella velocità di de-gradazione degli inquinanti contenuti nelle acque grigie.

Applicazioni domesticheLe acque nere contengono infatti sostanze organiche che hanno subito uno dei processi

-tura, quello del tratto gastro-intestinale umano; è quindi facilmente comprensibile che i residui di tale processo non si possano decomporre velo-cemente una volta inseriti in

acqua, ambiente non consono alla popolazione batterica in essi contenuta. Ad esempio, in cinque giorni di processo biologico degradativo della sostanza organica, solo il 40% della sostanza organica pre-sente subisce una completa mineralizzazione, mentre nel caso delle acque grigie si rag-

giunge nello stesso periodo una rimozione del 90%. Que-sto rapido decadimento della sostanza organica presente nelle acque grigie può essere spiegato con l’abbondanza di zuccheri, proteine e grassi,

batterica, caratteristica di que-

Le acque grigie contengono inoltre solo 1/10 dell’azoto totale e meno della metà del carico organico rispetto alle acque nere, come si può os-

che riporta i dati di campagne analitiche effettuate in due distinti scenari in due diversi paesi.

Una sceltaUna scelta progettuale soste-nibile per il trattamento delle

deve tenere conto dei seguenti fattori:adattabilità alle variazioni di carico idraulico e organico in ingresso;

della sostanza organica;alto abbattimento della carica batterica;semplicità ed economicità di gestione e manutenzione.

rappresentano una tipologia impiantistica che si adatta per-fettamente a tali necessità: in particolare, a parità di carico

-cienza è maggiore nell’abbat-timento del carico organico presente nelle acque grigie, rispetto al caso in cui abbiamo anche le nere. Essendo siste-mi a biomassa adesa risen-tono in maniera molto minore

RIUTILIZZARE L’ACQUA DI CASA

Domus plus

Le tecniche di

rappresentano una tipologia impiantistica che si adatta perfettamente a tali necessità.

A sinistra: un depuratore per lo scarico della doccia o del water.A destra: una casa con impianto di riutilizzo delle acque.

Articolo di Giancarlo Mella

114

DomoticaIn una generica utenza, per soddisfare i fabbisogni idrici si preleva acqua potabile dalla rete acquedottistica pubblica: questa acqua, dotata di ca-ratteristiche di elevata qualità, viene utilizzata indistintamente per scopi potabili (per esempio igiene personale e cottura dei cibi) e per scopi non potabili (un esempio su tutti l’utilizzo nelle cassette di risciacquo dei

spreco: si utilizza acqua di alta qualità per scopi non potabi-li, buttandola via subito dopo tramite lo scarico in fognatura.Una gestione sostenibile del ciclo delle acque si basa inve-ce proprio sulla valorizzazione di acque meno nobili e sull’uti-lizzo dell’acqua di alta qualità esclusivamente laddove sono veramente richieste caratteri-stiche di qualità. Interventi re-

alizzabili semplicemente e con bassi costi riguardano la com-

interessata dagli scarichi dei WC, indicata in genere come “acque grigie”; questi inter-venti sono costituiti fonda-mentalmente da:la separazione delle reti di sca-rico delle acque nere (conte-nenti cioè gli scarichi dei WC) e delle acque grigie (tutte le altre acque di scarico);la realizzazione di reti distinte di distribuzione idrica (acqua potabile e acqua non potabile);il trattamento e il riutilizzo delle acque grigie depurate per sco-pi non potabili, come ad esem-pio l’irrigazione di aree a verde, il riempimento delle cassette di risciacquo dei WC, il lavaggio di aree esterne.Le acque grigie si depurano molto più velocemente delle acque nere: probabilmente

consiste nella velocità di de-gradazione degli inquinanti contenuti nelle acque grigie.

Applicazioni domesticheLe acque nere contengono infatti sostanze organiche che hanno subito uno dei processi

-tura, quello del tratto gastro-intestinale umano; è quindi facilmente comprensibile che i residui di tale processo non si possano decomporre velo-cemente una volta inseriti in

acqua, ambiente non consono alla popolazione batterica in essi contenuta. Ad esempio, in cinque giorni di processo biologico degradativo della sostanza organica, solo il 40% della sostanza organica pre-sente subisce una completa mineralizzazione, mentre nel caso delle acque grigie si rag-

giunge nello stesso periodo una rimozione del 90%. Que-sto rapido decadimento della sostanza organica presente nelle acque grigie può essere spiegato con l’abbondanza di zuccheri, proteine e grassi,

batterica, caratteristica di que-

Le acque grigie contengono inoltre solo 1/10 dell’azoto totale e meno della metà del carico organico rispetto alle acque nere, come si può os-

che riporta i dati di campagne analitiche effettuate in due distinti scenari in due diversi paesi.

Una sceltaUna scelta progettuale soste-nibile per il trattamento delle

deve tenere conto dei seguenti fattori:adattabilità alle variazioni di carico idraulico e organico in ingresso;

della sostanza organica;alto abbattimento della carica batterica;semplicità ed economicità di gestione e manutenzione.

rappresentano una tipologia impiantistica che si adatta per-fettamente a tali necessità: in particolare, a parità di carico

-cienza è maggiore nell’abbat-timento del carico organico presente nelle acque grigie, rispetto al caso in cui abbiamo anche le nere. Essendo siste-mi a biomassa adesa risen-tono in maniera molto minore

RIUTILIZZARE L’ACQUA DI CASA

Domus plus

Le tecniche di

rappresentano una tipologia impiantistica che si adatta perfettamente a tali necessità.

A sinistra: un depuratore per lo scarico della doccia o del water.A destra: una casa con impianto di riutilizzo delle acque.

Articolo di Giancarlo Mella

DEforestazionee duraturo, effettuato per motivi commerciali o per sfruttare il terreno per la coltivazione, si parla di deforestazione, con accezione negativa. Un esempio di deforestazione è l’eradicazione illegale di alcune zone boscate per la costruzione di opere murarie,

attività agricole o commerciali di vario tipo. Anche deforestazione e diboscamento illegale non sono co-munque propriamente sinonimi; Il diboscamento, la deforestazione e il diboscamento illegale non de-vono essere confusi col taglio del bosco. , che è in-

struzioni di foreste pluviali in paesi

dell’Africa occidentale come Nige-

ria, Ghana, e Costa d’Avorio è sta-

ta la causa, probabilmente, di due

decadi di siccità che hanno colpito

l’Africa interna.

La deforestazione può avere, anche

sono consumatori naturali di dios-

sido di carbonio, uno dei gas serra

che immettendosi nell’atmosfera

contribuiscono al pericolo globale.

La distruzione di questi alberi non

solo rimuove questi “contenitori di

carbonio”, ma gli incendi e la de-

composizione immettono maggio-

ri quantità di diossido di carbonio

nell’atmosfera, insieme al metano

uno dei maggiori gas serra.

Condizioni climatiche. Poco più

della metà dei climi del mondo

aridi. L’ulteriore suddivisione delle

aree aride semi-aride è vagamente

-

re, 100 mm o meno di precipitazio-

ni, le terre aride ricevono tra 100

mm e 300 mm le semi-aride, con la

e all’allevamento estensivo

Incendi dolosi

Espansioni di piantagioni

Legname per uso commerciale

IE DEFORESTAZIONI PIÙ DEVASTANTI DEL

2011Articolo di Raffaella Lovreglio

I metodi per controllare e ridurre il diboscamento sono numerosi, ma tutti dipendono dalla volontà politica di attuarli, anche in contrasto con forti interessi economici, spesso legati all’economia del diboscamento

A questo è seguita la formazione di alcune organizzazioni come il Forest Stewardship Council, attivo per la salvaguardia delle foreste tropicali, del Nord America e dell’Europa.

illegale, un affare che si aggira intorno ai 150 miliardi di dollari annui.Fra questi vi è prima di tutto una agricoltura sostenibile, che attui sistemi di rotazione delle colture e che utilizzi meno territorio. Questo non è affatto scontato nei paesi in via di sviluppo dove la popolazione è in rapida crescita.Alla Conferenza di Rio del 1992 si è proposto un sistema gestione forestale sostenibile (GFS), con lo scopo di controllare il patrimonio e gli ecosistemi forestali a livello mondiale.

117

Il diboscamento, indica l’eliminazione della vegeta-zione arborea in un’area boschiva. Le ragioni per cui si procede a tale operazioni possono essere mol-teplici e possono essere sia positive che negative dal punto di vista ambientale: si può eseguire un dibo-

scamento inteso come taglio di piante vecchie, ma-late, bruciate per la cura dei boschi oppure, in deter-minate zone, per la produzione di legname oppure

agricolo del suolo. Quando il diboscamento è esteso

Un’area molto vasta della

-

perta da boschi che rap-

presentano una notevole risorsa

per la popolazione umana, per la

biodiversità, per le condizioni eda-

idriche e le condizioni dell’atmo-

sfera. La popolazione umana uti-

lizzava i boschi solo per la pro-

duzione di legname, come rifugio,

come carburante e come fonte di

prodotti alimentari. Nel passato,

i boschi erano utilizzati in modo

più sostenibile, senza la minaccia

dell’estinzione delle specie a causa

dell’eccessivo sfruttamento. L’uso

dei boschi, dai tempi più antichi ad

oggi, ha registrato un grande au-

mento nel prelievo giornaliero del

-

re i boschi per la conversione delle

terra ad altri usi (in grandi ranches

di bestiame per la produzione di

carne)

localizzati spesso nei paesi in via di

sviluppo; l’abbattimento dei boschi

e la vendita di legname per l’espor-

tazione nei paesi sviluppati viene

spesso effettuata senza prestare at-

tenzione alla sostenibilità.

La crescita della popolazione ri-

chiede sempre maggiore terra per

-

so, l’opzione più vantaggiosa è lo

sfruttamento della terra destinata

principali motivazioni della deforestazione e del perchè questa problematica rientra nel contesto della desertificazione Articolo di Raffaella Lovreglio

a boschi.

Le industrie estrattive, spesso, ten-

tano di usare i boschi causando ,

di conseguenza, la deforestazione

dell’area.

La raccolta del legname, è una pra-

tica molto diffusa nei paesi in via

di sviluppo, essendo il legname de-

stinato sia al consumo come carbu-

rante sia per la costruzione di case.

Oggi i boschi sono minac-

ciati da molteplici fattori

quali i rischi climatici,

malattie causate da inset-

ti o patogeni, dall’azione

antropica, incendi, in-

quinamento atmosferico,

deforestazione e aumen-

to della pressione sociale.

L’uomo è parzialmente

responsabile per molti di

questi pericoli. Difatti il segno della

la responsabilità è relativamente

moderata per quanto concerne i

cambiamenti climatici nonostante

l’emissione di gas serra; incide, me-

diamente, sulla sensibile crescita di

-

chi dei parassiti; è maggiormente

coinvolto, invece, nel fenomeno

dell’inquinamento atmosferico o

-

ne.

Dati dal mondo

stimati sono impressionanti. Se-

-

diali, più dell’ 80% delle foreste

naturali della Terra sono già state

distrutte (la stima è 40

milioni di ettari all’anno).

Più del 90% delle foreste

pluviali delle coste dell’A-

frica Occidentale sono

contengono le due foreste

pluviali più grandi, sono

state progressivamente

deforestate da un allar-

mante tasso di incendi, e conver-

sione del suolo all’uso agricolo e

zootecnico. La perdita dell’habitat

è spesso la conseguenza più ovvia

biodivesità della Terra è rappre-

sentata dalle foreste. Le foreste plu-

viali favoriscono le precipitazioni

nei paesi soggetti alla siccità. Gli

studi condotti mostrano che la di-

Poco più della metà

dei climi del mondo sono

come aridi,semi-

aridi.

116

DEforestazionee duraturo, effettuato per motivi commerciali o per sfruttare il terreno per la coltivazione, si parla di deforestazione, con accezione negativa. Un esempio di deforestazione è l’eradicazione illegale di alcune zone boscate per la costruzione di opere murarie,

attività agricole o commerciali di vario tipo. Anche deforestazione e diboscamento illegale non sono co-munque propriamente sinonimi; Il diboscamento, la deforestazione e il diboscamento illegale non de-vono essere confusi col taglio del bosco. , che è in-

struzioni di foreste pluviali in paesi

dell’Africa occidentale come Nige-

ria, Ghana, e Costa d’Avorio è sta-

ta la causa, probabilmente, di due

decadi di siccità che hanno colpito

l’Africa interna.

La deforestazione può avere, anche

sono consumatori naturali di dios-

sido di carbonio, uno dei gas serra

che immettendosi nell’atmosfera

contribuiscono al pericolo globale.

La distruzione di questi alberi non

solo rimuove questi “contenitori di

carbonio”, ma gli incendi e la de-

composizione immettono maggio-

ri quantità di diossido di carbonio

nell’atmosfera, insieme al metano

uno dei maggiori gas serra.

Condizioni climatiche. Poco più

della metà dei climi del mondo

aridi. L’ulteriore suddivisione delle

aree aride semi-aride è vagamente

-

re, 100 mm o meno di precipitazio-

ni, le terre aride ricevono tra 100

mm e 300 mm le semi-aride, con la

e all’allevamento estensivo

Incendi dolosi

Espansioni di piantagioni

Legname per uso commerciale

IE DEFORESTAZIONI PIÙ DEVASTANTI DEL

2011Articolo di Raffaella Lovreglio

I metodi per controllare e ridurre il diboscamento sono numerosi, ma tutti dipendono dalla volontà politica di attuarli, anche in contrasto con forti interessi economici, spesso legati all’economia del diboscamento

A questo è seguita la formazione di alcune organizzazioni come il Forest Stewardship Council, attivo per la salvaguardia delle foreste tropicali, del Nord America e dell’Europa.

illegale, un affare che si aggira intorno ai 150 miliardi di dollari annui.Fra questi vi è prima di tutto una agricoltura sostenibile, che attui sistemi di rotazione delle colture e che utilizzi meno territorio. Questo non è affatto scontato nei paesi in via di sviluppo dove la popolazione è in rapida crescita.Alla Conferenza di Rio del 1992 si è proposto un sistema gestione forestale sostenibile (GFS), con lo scopo di controllare il patrimonio e gli ecosistemi forestali a livello mondiale.

117

Il diboscamento, indica l’eliminazione della vegeta-zione arborea in un’area boschiva. Le ragioni per cui si procede a tale operazioni possono essere mol-teplici e possono essere sia positive che negative dal punto di vista ambientale: si può eseguire un dibo-

scamento inteso come taglio di piante vecchie, ma-late, bruciate per la cura dei boschi oppure, in deter-minate zone, per la produzione di legname oppure

agricolo del suolo. Quando il diboscamento è esteso

Un’area molto vasta della

-

perta da boschi che rap-

presentano una notevole risorsa

per la popolazione umana, per la

biodiversità, per le condizioni eda-

idriche e le condizioni dell’atmo-

sfera. La popolazione umana uti-

lizzava i boschi solo per la pro-

duzione di legname, come rifugio,

come carburante e come fonte di

prodotti alimentari. Nel passato,

i boschi erano utilizzati in modo

più sostenibile, senza la minaccia

dell’estinzione delle specie a causa

dell’eccessivo sfruttamento. L’uso

dei boschi, dai tempi più antichi ad

oggi, ha registrato un grande au-

mento nel prelievo giornaliero del

-

re i boschi per la conversione delle

terra ad altri usi (in grandi ranches

di bestiame per la produzione di

carne)

localizzati spesso nei paesi in via di

sviluppo; l’abbattimento dei boschi

e la vendita di legname per l’espor-

tazione nei paesi sviluppati viene

spesso effettuata senza prestare at-

tenzione alla sostenibilità.

La crescita della popolazione ri-

chiede sempre maggiore terra per

-

so, l’opzione più vantaggiosa è lo

sfruttamento della terra destinata

principali motivazioni della deforestazione e del perchè questa problematica rientra nel contesto della desertificazione Articolo di Raffaella Lovreglio

a boschi.

Le industrie estrattive, spesso, ten-

tano di usare i boschi causando ,

di conseguenza, la deforestazione

dell’area.

La raccolta del legname, è una pra-

tica molto diffusa nei paesi in via

di sviluppo, essendo il legname de-

stinato sia al consumo come carbu-

rante sia per la costruzione di case.

Oggi i boschi sono minac-

ciati da molteplici fattori

quali i rischi climatici,

malattie causate da inset-

ti o patogeni, dall’azione

antropica, incendi, in-

quinamento atmosferico,

deforestazione e aumen-

to della pressione sociale.

L’uomo è parzialmente

responsabile per molti di

questi pericoli. Difatti il segno della

la responsabilità è relativamente

moderata per quanto concerne i

cambiamenti climatici nonostante

l’emissione di gas serra; incide, me-

diamente, sulla sensibile crescita di

-

chi dei parassiti; è maggiormente

coinvolto, invece, nel fenomeno

dell’inquinamento atmosferico o

-

ne.

Dati dal mondo

stimati sono impressionanti. Se-

-

diali, più dell’ 80% delle foreste

naturali della Terra sono già state

distrutte (la stima è 40

milioni di ettari all’anno).

Più del 90% delle foreste

pluviali delle coste dell’A-

frica Occidentale sono

contengono le due foreste

pluviali più grandi, sono

state progressivamente

deforestate da un allar-

mante tasso di incendi, e conver-

sione del suolo all’uso agricolo e

zootecnico. La perdita dell’habitat

è spesso la conseguenza più ovvia

biodivesità della Terra è rappre-

sentata dalle foreste. Le foreste plu-

viali favoriscono le precipitazioni

nei paesi soggetti alla siccità. Gli

studi condotti mostrano che la di-

Poco più della metà

dei climi del mondo sono

come aridi,semi-

aridi.

116

degli animali. L’irrigazione è possi-

bile solo in alcune situazioni.

-

ni rispetto alle aree aride. Limitate,

primariamente a pascoli naturali

e allevamento di bestiame, in aree

coltivazione di prodotti alimentari

e la produzione di foraggio. L’irri-

gazione è possibile solo in alcune

situazioni.

Sebbene tutte le aree climatiche

le aree aride o semi-aride in gene-

rale e quelle aride in particolare,

sono altamente suscettibili, perché

ci sono solo pochi millimetri di

pioggia che di differenza rispetto al

deserto vero e proprio.

Fluttuazioni climaticheLe aree aride e semi-aride hanno

condizioni climatiche dure rese più

di solito, molti più anni in cui il

livello di precipitazione media è

basso, rispetto a valori medi o alti.

siccità. Nel nord-est del Brasile si

-

il poligono della siccità. La varia-

zione del tempo, di per sé, non

acceleratore, soprattutto quando

l’uomo continua ad utilizzare suoli

che sarebbero utilizzabili solo con

precipitazioni medie o sopra la

-

-

ca dell’uso del suolo, accelerano i

-

stante il fatto che periodi di siccità

aumentino il livello di degradazio-

ne del suolo, essi non costituiscono

-

zione non ha una relaziona diretta

con la vicinanza del deserto. La

degradazione del suolo può inne-

-

po coltivato.

Micro climi-

stazione comportano un drastico

cambiamento dei microclimi. Per

esempio, se alberi ed arbusti ven-

gono abbattuti, il sole di mezzo-

giorno ricadrà direttamente sul

suolo; il suolo diventerà più caldo

e più secco, e gli organismi viven-

-

gire le nuove e più dure condizioni.

foglie morte e rami, per esempio- si

ossideranno velocemente, liberan-

do il diossido di carbonio. Lo stes-

so accadrà per la piccole quantità

di humus presenti nel suolo. Sono

stati dimostrati i vari impatti della

deforestazione su scala climatica

locale, media e larga. La differen-

za nell’equilibrio tra radiazione

ed energia tra foresta e aree nude,

produce temperature più alte nelle

aree nude, in particolare, nelle sta-

gioni secche.

Già all’inizio del secolo scorso la ne-cessità delle foreste nell’economia

troppo evidente, eppure l’Italia ancora faceva bella mostra all’Europa dei suoi terreni tenuti pericolosamente aridi e denudati: “Le nostre Alpi e l’Appenni-

no sono oramai brulli di piante, un dì folti di alberi annosi e di alto fusto.” E ancora: “L’agricoltura coi metodi se-guiti specialmente in Italia e in qualche altro paese, è riuscita la peggiore ne-mica di tutte quelle specie sedentarie che vivono al di fuori dei boschi, perché

l’agricoltore ha cercato di aumentare la --

ciali, tutti i cespugli, ha ridotte le ripe e -

le, ha tagliato i vecchi tronchi con rami bucati. In questo modo ha tolto dalla

campagna i luoghi prediletti e necessa-

specie d’uccelli e le ha fatte allontanare in cerca di località più adatte.”

OGNI GIORNO VIENE DISBOSCATA UNA SUPERFICIE PARI A 4 CAMPI DA CALCIO

121

tro

pica

li

+0,5

+0,7

+1,2

mon

do

+1,5

+1,6

+3,1

non

tropi

cali

+1

+0,9

+1,9

conv

ersi

one

rimboschimento

ex

novo

differenziale

tro

pica

li

-1

4,6

-1,5 +3,6

-12

mon

do

-1

4,6

-1,5 +3,6

-12,5

non

tro

pica

li

-0

,4

-0,5

+2,6

+1,7

defo

rest

azio

ne

conversione

a

piantagioni

espansione

differenziale

COS’È SUCCESSO NEGLI ANNI 90

Piantagioni

Foreste naturali

degli animali. L’irrigazione è possi-

bile solo in alcune situazioni.

-

ni rispetto alle aree aride. Limitate,

primariamente a pascoli naturali

e allevamento di bestiame, in aree

coltivazione di prodotti alimentari

e la produzione di foraggio. L’irri-

gazione è possibile solo in alcune

situazioni.

Sebbene tutte le aree climatiche

le aree aride o semi-aride in gene-

rale e quelle aride in particolare,

sono altamente suscettibili, perché

ci sono solo pochi millimetri di

pioggia che di differenza rispetto al

deserto vero e proprio.

Fluttuazioni climaticheLe aree aride e semi-aride hanno

condizioni climatiche dure rese più

di solito, molti più anni in cui il

livello di precipitazione media è

basso, rispetto a valori medi o alti.

siccità. Nel nord-est del Brasile si

-

il poligono della siccità. La varia-

zione del tempo, di per sé, non

acceleratore, soprattutto quando

l’uomo continua ad utilizzare suoli

che sarebbero utilizzabili solo con

precipitazioni medie o sopra la

-

-

ca dell’uso del suolo, accelerano i

-

stante il fatto che periodi di siccità

aumentino il livello di degradazio-

ne del suolo, essi non costituiscono

-

zione non ha una relaziona diretta

con la vicinanza del deserto. La

degradazione del suolo può inne-

-

po coltivato.

Micro climi-

stazione comportano un drastico

cambiamento dei microclimi. Per

esempio, se alberi ed arbusti ven-

gono abbattuti, il sole di mezzo-

giorno ricadrà direttamente sul

suolo; il suolo diventerà più caldo

e più secco, e gli organismi viven-

-

gire le nuove e più dure condizioni.

foglie morte e rami, per esempio- si

ossideranno velocemente, liberan-

do il diossido di carbonio. Lo stes-

so accadrà per la piccole quantità

di humus presenti nel suolo. Sono

stati dimostrati i vari impatti della

deforestazione su scala climatica

locale, media e larga. La differen-

za nell’equilibrio tra radiazione

ed energia tra foresta e aree nude,

produce temperature più alte nelle

aree nude, in particolare, nelle sta-

gioni secche.

Già all’inizio del secolo scorso la ne-cessità delle foreste nell’economia

troppo evidente, eppure l’Italia ancora faceva bella mostra all’Europa dei suoi terreni tenuti pericolosamente aridi e denudati: “Le nostre Alpi e l’Appenni-

no sono oramai brulli di piante, un dì folti di alberi annosi e di alto fusto.” E ancora: “L’agricoltura coi metodi se-guiti specialmente in Italia e in qualche altro paese, è riuscita la peggiore ne-mica di tutte quelle specie sedentarie che vivono al di fuori dei boschi, perché

l’agricoltore ha cercato di aumentare la --

ciali, tutti i cespugli, ha ridotte le ripe e -

le, ha tagliato i vecchi tronchi con rami bucati. In questo modo ha tolto dalla

campagna i luoghi prediletti e necessa-

specie d’uccelli e le ha fatte allontanare in cerca di località più adatte.”

OGNI GIORNO VIENE DISBOSCATA UNA SUPERFICIE PARI A 4 CAMPI DA CALCIO

121

tro

pica

li

+0,5

+0,7

+1,2

mon

do

+1,5

+1,6

+3,1

non

tropi

cali

+1

+0,9

+1,9

conv

ersi

one

rimboschimento

ex

novo

differenziale

tro

pica

li

-1

4,6

-1,5 +3,6

-12

mon

do

-1

4,6

-1,5 +3,6

-12,5

non

tro

pica

li

-0

,4

-0,5

+2,6

+1,7

defo

rest

azio

ne

conversione

a

piantagioni

espansione

differenziale

COS’È SUCCESSO NEGLI ANNI 90

Piantagioni

Foreste naturali

South Korea18,2%Gabon17,5%Australia17,3%Malawi

15%North Korea13,9%Mongolia10,3%Guatemala10,3%Latvia10%

Sierra Leone7,5%

Viet Nam6,3%

Nicaragua5,9%

Brunel4,4%

Madagascar3,7%

RIDUZIONE DELLA SUPERFICIE FORESTALE NEI PAESI DOVE VIENE MAGGIORMENTE APPLICATA

-ciali, nelle statistiche non vengono calcolati gli incendi dolosi o spontanei.

122

“La loro deliberata politica di con-

legno che usarono per le costruzio-

ni e questa osservazione è corro-

borata dai dati sui pollini”, spiega

Lentz.

abbattere quello che chiamavano

-

Gli antichi Maya per lungo tempo hanno praticato una attenta gestione delle foreste, il cui abbandono contribuì in maniera

LA FINE DEI MAYAbiarono durante il tardo periodo

classico, con Jasaw Chan K’awiil.

dai nemici ed erano stati ricacciati

in una posizione di secondo piano

prima della sua ascesa al trono.

Jasaw Chan K’awiil, a capo di un

Per celebrare la ritrovata potenza,

enormi che richiedevano conside-

revoli risorse, soprattutto alberi dal

legno resistente che potesse sop-

portare il carico di pietre del peso

di molte tonnellate.

All’inizio usarono la sapotiglia

la foresta sacra, che venne rapida-

mente depauperata, portandoli a

campechianum).

“La sapotiglia è tenera quando è

appena tagliata, e la si può scolpi-

re in forme meravigliose e intrica-

te, ma quando secca diventa dura

è duro quando lo si taglia e così re-

sta”, ma è spesso incurvato e cresce

nelle dimensioni delle architravi

dei templi.

“Se si distruggono le foreste, si

cambia il ciclo idrologico”, spiega

-

-

scono come delle spugne. Gli albe-

ri assorbono l’acqua. Senza alberi

non c’è un tampone che impedisca

all’acqua di scivolar via. Questo

causa l’erosione del suolo, che poi

-

za alberi non si ha ritenzione d’ac-

qua, il terreno si secca, c’è meno

traspirazione e quindi anche meno

piogge.”

-

e medicine, oltre a fornire servizi

all’ecosistema relativi all’aria e

all’acqua. Le foreste fornivano cioè

e lo stesso è vero per la nostra ci-

viltà odierna”, ha concluso Lentz.

TAGLIA GLI ALBERI, AUMENTA IL CAPITALELa deforestazione, o disboscamento, consiste nell’abbattimento d’alberi per motivi commerciali o per ottenere nuovi terreni da destinare all’agricoltura e all’espansione urbana. Questo fenomeno interessa soprattutto le aree tropicali dove è usato il metodo taglia e brucia:

dapprima si abbattono gli alberi e poi s’incendia il sottobosco rimanente. Una volta terminato l’incendio, si sarà depositata sul terreno una cenere che può essere usata, per poco tempo, come fertilizzante. Il taglio della vegetazione causa numerosi effetti negativi negli equilibri della natura.

In primo luogo, l’acqua piovana che dilava il suolo, erodendolo, trascina il relativo materiale in direzione dei corsi d’acqua; la sedimentazione e l’accumulo dei detriti hanno effetti negativi sugli ecosistemi acquatici. Dove il clima è più secco, la deforestazione può innescare

(Fenomeno di progressivo degrado del suolo che avviene nelle zone a clima arido, semiarido e subumido). Le piante tendono a mantenere stabile la concentrazione dell’anidride carbonica nell’atmosfera; la deforestazione sta portando quindi, ad anche l’aumento della concentrazione atmosferica di CO2 che trattiene le radiazioni amesse dalla terra e che quindi causa effetto serra. Il suolo della foresta tropicale, attualmente sottoposta a intenso disboscamento, è poco fertile. Lo sfruttamento agricolo conseguente alla deforestazione è perciò particolarmente dannoso perché poco adatto a quel clima e a quelle condizioni ambientali, e conduce rapidamente il suolo alla sterilità. Brasile, Indonesia, Repubblica Democratica del Congo, Myanmar, Colombia, India, Malaysia, Messico, Nigeria e Thailandia stanno attualmente operando il 76% della deforestazione mondiale. In particolare, dagli anni Cinquanta il ritmo con cui muoiono e crescono gli alberi, è costantemente aumentato; ciò indica che le foreste osservate stanno diventando più giovani mentre d’altra parte si affermano alberi e rampicanti a crescita veloce e dalla vita breve, ovvero i tipi di piante che prosperano in habitat ricchi di anidride carbonica e sottoposti a eventi atmosferici estremi. Secondo alcune stime, negli anni Ottanta le foreste pluviali venivano abbattute a un ritmo di 20 ha/min e ogni anno venivano diboscati più di 200.000 km2. Nel 1993, i dati raccolti dai satelliti hanno confermato che, nella sola Amazzonia, le foreste venivano distrutte a un ritmo di 15.000 km2/anno! Il degrado di molte aree forestali,determinano una crescita importante nelle richieste di aree protette, nell’attuazione di sistemi di gestione sviluppo sostenibile.

South Korea18,2%Gabon17,5%Australia17,3%Malawi

15%North Korea13,9%Mongolia10,3%Guatemala10,3%Latvia10%

Sierra Leone7,5%

Viet Nam6,3%

Nicaragua5,9%

Brunel4,4%

Madagascar3,7%

RIDUZIONE DELLA SUPERFICIE FORESTALE NEI PAESI DOVE VIENE MAGGIORMENTE APPLICATA

-ciali, nelle statistiche non vengono calcolati gli incendi dolosi o spontanei.

122

“La loro deliberata politica di con-

legno che usarono per le costruzio-

ni e questa osservazione è corro-

borata dai dati sui pollini”, spiega

Lentz.

abbattere quello che chiamavano

-

Gli antichi Maya per lungo tempo hanno praticato una attenta gestione delle foreste, il cui abbandono contribuì in maniera

LA FINE DEI MAYAbiarono durante il tardo periodo

classico, con Jasaw Chan K’awiil.

dai nemici ed erano stati ricacciati

in una posizione di secondo piano

prima della sua ascesa al trono.

Jasaw Chan K’awiil, a capo di un

Per celebrare la ritrovata potenza,

enormi che richiedevano conside-

revoli risorse, soprattutto alberi dal

legno resistente che potesse sop-

portare il carico di pietre del peso

di molte tonnellate.

All’inizio usarono la sapotiglia

la foresta sacra, che venne rapida-

mente depauperata, portandoli a

campechianum).

“La sapotiglia è tenera quando è

appena tagliata, e la si può scolpi-

re in forme meravigliose e intrica-

te, ma quando secca diventa dura

è duro quando lo si taglia e così re-

sta”, ma è spesso incurvato e cresce

nelle dimensioni delle architravi

dei templi.

“Se si distruggono le foreste, si

cambia il ciclo idrologico”, spiega

-

-

scono come delle spugne. Gli albe-

ri assorbono l’acqua. Senza alberi

non c’è un tampone che impedisca

all’acqua di scivolar via. Questo

causa l’erosione del suolo, che poi

-

za alberi non si ha ritenzione d’ac-

qua, il terreno si secca, c’è meno

traspirazione e quindi anche meno

piogge.”

-

e medicine, oltre a fornire servizi

all’ecosistema relativi all’aria e

all’acqua. Le foreste fornivano cioè

e lo stesso è vero per la nostra ci-

viltà odierna”, ha concluso Lentz.

TAGLIA GLI ALBERI, AUMENTA IL CAPITALELa deforestazione, o disboscamento, consiste nell’abbattimento d’alberi per motivi commerciali o per ottenere nuovi terreni da destinare all’agricoltura e all’espansione urbana. Questo fenomeno interessa soprattutto le aree tropicali dove è usato il metodo taglia e brucia:

dapprima si abbattono gli alberi e poi s’incendia il sottobosco rimanente. Una volta terminato l’incendio, si sarà depositata sul terreno una cenere che può essere usata, per poco tempo, come fertilizzante. Il taglio della vegetazione causa numerosi effetti negativi negli equilibri della natura.

In primo luogo, l’acqua piovana che dilava il suolo, erodendolo, trascina il relativo materiale in direzione dei corsi d’acqua; la sedimentazione e l’accumulo dei detriti hanno effetti negativi sugli ecosistemi acquatici. Dove il clima è più secco, la deforestazione può innescare

(Fenomeno di progressivo degrado del suolo che avviene nelle zone a clima arido, semiarido e subumido). Le piante tendono a mantenere stabile la concentrazione dell’anidride carbonica nell’atmosfera; la deforestazione sta portando quindi, ad anche l’aumento della concentrazione atmosferica di CO2 che trattiene le radiazioni amesse dalla terra e che quindi causa effetto serra. Il suolo della foresta tropicale, attualmente sottoposta a intenso disboscamento, è poco fertile. Lo sfruttamento agricolo conseguente alla deforestazione è perciò particolarmente dannoso perché poco adatto a quel clima e a quelle condizioni ambientali, e conduce rapidamente il suolo alla sterilità. Brasile, Indonesia, Repubblica Democratica del Congo, Myanmar, Colombia, India, Malaysia, Messico, Nigeria e Thailandia stanno attualmente operando il 76% della deforestazione mondiale. In particolare, dagli anni Cinquanta il ritmo con cui muoiono e crescono gli alberi, è costantemente aumentato; ciò indica che le foreste osservate stanno diventando più giovani mentre d’altra parte si affermano alberi e rampicanti a crescita veloce e dalla vita breve, ovvero i tipi di piante che prosperano in habitat ricchi di anidride carbonica e sottoposti a eventi atmosferici estremi. Secondo alcune stime, negli anni Ottanta le foreste pluviali venivano abbattute a un ritmo di 20 ha/min e ogni anno venivano diboscati più di 200.000 km2. Nel 1993, i dati raccolti dai satelliti hanno confermato che, nella sola Amazzonia, le foreste venivano distrutte a un ritmo di 15.000 km2/anno! Il degrado di molte aree forestali,determinano una crescita importante nelle richieste di aree protette, nell’attuazione di sistemi di gestione sviluppo sostenibile.

123

Copertura forestale

8,442,000 sq km

Percentuale di foreste abbattute

-2,8% (2008-2011)

Copertura forestale

5,635,000 sq km

Percentuale di foreste abbattute

-2,0% (2008-2011)

Copertura forestale

3,099,000 sq km

Percentuale di foreste abbattute

-2,8% (2008-2011)

Copertura forestale

13,764,000 sq km

Percentuale di foreste abbattute

-4,4% (2008-2011)

48.0

00 a.

c. - 9

.000

a.c

.9.

000

a.c.

- 50

0 d.

c.50

0 d.

c. -

1600

d.c.

1600

d.c.

- 20

12 d.

c.

SOIA E DERIVATINegli ultimi due decenni la coltivazione di soia in Amazzonia ha subito una profonda trasformazione. In pochi

uno delle cause principali della deforestazione amazzonica, ma una moratoria volontaria sulla recente espansione della soia nelle foreste in Brasile, sta mitigando questo fattore.

Parola di scienziati: l’alternativa non è tra la fame e la deforestazione. Infatti non sono i contadini poveri a minacciare le foreste, ma le grandi multinazionali in cerca di

vale tanto per la deforestazione vera e propria, l’abbattimento di tutti gli alberi, che per il degrado, che mantiene il manto forestale, ma provoca rilascio di carbonio. Per questo è cruciale capire le cause della deforestazione. Uno studio pubblicato dalla Union of Concerned Scientists, spiega come i fattori trainanti della deforestazione sono radicalmente mutati nel ventunesimo secolo.Per molti anni, la deforestazione tropicale è stata attribuita alla crescita della popolazione: all’espansione dell’agricoltura di sussistenza ai danni della foresta e alla rac-

della carta e dell’agri-business, che da sole sarebbero responsabili di circa il 15 per cento di inquinamento del riscaldamento globale in tutto il mondo.Le cause della deforestazione differiscono da regione a regione: soia e bestiame sono cruciali in Sud America, mentre legno, carta e olio di palma sono più importanti nel Sud-est asiatico.

BOVINI E PASCOLIutilizzo di bestiame per produrre cibo carne richiede grandi quantità di terreno per produrre quantità relativamente piccole di cibo. Da quando gli allevatori hanno abbattuto le foreste per farne pascoli, il bestiame e i loro pascoli sono divenuti un importante motore della deforestazione in Sud America.

LEGNO E CARTAIl mercato globale dei prodotti in legno e legno crea pressione sui paesi tropicali per distruggere le loro foreste e produrre legname e cellulosa a basso costo. Questa domanda ha incrementato la pressione sulle foreste tropicali ed è una delle principali cause della deforestazione. Se la domanda di mobili, carta, materiali da costruzione, e altri prodotti in legno continuerà ad aumentare, le foreste tropicali primarie saranno probabilmente destinate all’abbattimento.

OLIO DI PALMAproduzione di olio di palma raddoppiata nel giro di dieci anni, e continua a crescere, dominando il mercato globale per olio vegetale. La maggior parte dell’olio di palma è prodotto in grandi piantagioni industriali, la cui espansione ha distrutto grandi aree di foresta pluviale in Indonesia e Malesia. L’area delle piantagioni di olio di palma nel Sud-est asiatico è triplicato in appena un decennio.

La domanda di questi prodotti è globale e proviene principalmente nelle aree urbane.Le recenti iniziative per affrontare alcune delle cause della deforestazione, come la pressione per cambiare l’industria della soia in Brasile, si sono rivelate un successo, mostrando come la deforestazione possa essere rallentato e fermato anche nei prossimi decenni.Per fermare la deforestazione è necessario contenere la crescita della domanda di materie prime che la provocano. Sarà quindi necessario aumentare la produttività dei terreni già in uso e dirigere l’espansione dell’agricoltura verso aree già degradate, piuttosto che verso le foreste. La diffusione della produzione di biocarburanti, il che minaccia di creare una domanda di deforestazione non legata al cibo, potrebbe creare nuove e più forti pressioni sulle foreste tropicali. Ma se i recenti successi saranno

COSA SI RICAVA DALLA DEFORESTAZIONE

19771988

19881989

19891990

19901991

19911992

19921994

19941995

19951996

19971998

19981999

19992000

20002001

20012002

21.139

11.130

20.459

29.059

17.259 17.38318.226

14.896

18.159

15.78713.75917.860 13.229

AREE DISBOSCATE IN AMAZZONIA per chilometri quadri

122

LA FORESTA AMAZZONICA1/5 delle foreste primarie sopravvive 1/3 di esse si trova in Amazzonia

60% della foresta amazzonica è ancora intatto.

IL FIUME PIÙ LUNGO Il Rio delle Amazzoni si snoda per

6.868 Km, la distanza tra New York

e Berlino. Il punto più profondo del

Rio delle Amazzoni raggiunge i 120

metri.

LA FORESTA PIÙ ESTESA La foresta amazzonica copre una

superficie più estesa di tutta

l'Europa Occidentale: 600 milioni di

Kmq

LA PIÙ GRANDE RISERVA D'ACQUA1/5 dell'acqua dolce del mondo scorre per i fiumi

dell'Amazzonia. Il bacino amazzonico é la maggior riserva

di acqua dolce del Pianeta

PIÙ ALBERI In un unico ettaro si possono trovare oltre 200 specie di

alberi e sono state contate oltre 72 specie diverse di

formiche su un solo albero.

PIÙ PESCI Nei fiumi che attraversano la foresta, nuotano pesci di un

numero di specie oltre 30 volte maggiore che in tutti i corsi

d'acqua d'Europa messi insieme.

123

Copertura forestale

8,442,000 sq km

Percentuale di foreste abbattute

-2,8% (2008-2011)

Copertura forestale

5,635,000 sq km

Percentuale di foreste abbattute

-2,0% (2008-2011)

Copertura forestale

3,099,000 sq km

Percentuale di foreste abbattute

-2,8% (2008-2011)

Copertura forestale

13,764,000 sq km

Percentuale di foreste abbattute

-4,4% (2008-2011)

48.0

00 a.

c. - 9

.000

a.c

.9.

000

a.c.

- 50

0 d.

c.50

0 d.

c. -

1600

d.c.

1600

d.c.

- 20

12 d.

c.

SOIA E DERIVATINegli ultimi due decenni la coltivazione di soia in Amazzonia ha subito una profonda trasformazione. In pochi

uno delle cause principali della deforestazione amazzonica, ma una moratoria volontaria sulla recente espansione della soia nelle foreste in Brasile, sta mitigando questo fattore.

Parola di scienziati: l’alternativa non è tra la fame e la deforestazione. Infatti non sono i contadini poveri a minacciare le foreste, ma le grandi multinazionali in cerca di

vale tanto per la deforestazione vera e propria, l’abbattimento di tutti gli alberi, che per il degrado, che mantiene il manto forestale, ma provoca rilascio di carbonio. Per questo è cruciale capire le cause della deforestazione. Uno studio pubblicato dalla Union of Concerned Scientists, spiega come i fattori trainanti della deforestazione sono radicalmente mutati nel ventunesimo secolo.Per molti anni, la deforestazione tropicale è stata attribuita alla crescita della popolazione: all’espansione dell’agricoltura di sussistenza ai danni della foresta e alla rac-

della carta e dell’agri-business, che da sole sarebbero responsabili di circa il 15 per cento di inquinamento del riscaldamento globale in tutto il mondo.Le cause della deforestazione differiscono da regione a regione: soia e bestiame sono cruciali in Sud America, mentre legno, carta e olio di palma sono più importanti nel Sud-est asiatico.

BOVINI E PASCOLIutilizzo di bestiame per produrre cibo carne richiede grandi quantità di terreno per produrre quantità relativamente piccole di cibo. Da quando gli allevatori hanno abbattuto le foreste per farne pascoli, il bestiame e i loro pascoli sono divenuti un importante motore della deforestazione in Sud America.

LEGNO E CARTAIl mercato globale dei prodotti in legno e legno crea pressione sui paesi tropicali per distruggere le loro foreste e produrre legname e cellulosa a basso costo. Questa domanda ha incrementato la pressione sulle foreste tropicali ed è una delle principali cause della deforestazione. Se la domanda di mobili, carta, materiali da costruzione, e altri prodotti in legno continuerà ad aumentare, le foreste tropicali primarie saranno probabilmente destinate all’abbattimento.

OLIO DI PALMAproduzione di olio di palma raddoppiata nel giro di dieci anni, e continua a crescere, dominando il mercato globale per olio vegetale. La maggior parte dell’olio di palma è prodotto in grandi piantagioni industriali, la cui espansione ha distrutto grandi aree di foresta pluviale in Indonesia e Malesia. L’area delle piantagioni di olio di palma nel Sud-est asiatico è triplicato in appena un decennio.

La domanda di questi prodotti è globale e proviene principalmente nelle aree urbane.Le recenti iniziative per affrontare alcune delle cause della deforestazione, come la pressione per cambiare l’industria della soia in Brasile, si sono rivelate un successo, mostrando come la deforestazione possa essere rallentato e fermato anche nei prossimi decenni.Per fermare la deforestazione è necessario contenere la crescita della domanda di materie prime che la provocano. Sarà quindi necessario aumentare la produttività dei terreni già in uso e dirigere l’espansione dell’agricoltura verso aree già degradate, piuttosto che verso le foreste. La diffusione della produzione di biocarburanti, il che minaccia di creare una domanda di deforestazione non legata al cibo, potrebbe creare nuove e più forti pressioni sulle foreste tropicali. Ma se i recenti successi saranno

COSA SI RICAVA DALLA DEFORESTAZIONE

19771988

19881989

19891990

19901991

19911992

19921994

19941995

19951996

19971998

19981999

19992000

20002001

20012002

21.139

11.130

20.459

29.059

17.259 17.38318.226

14.896

18.159

15.78713.75917.860 13.229

AREE DISBOSCATE IN AMAZZONIA per chilometri quadri

122

LA FORESTA AMAZZONICA1/5 delle foreste primarie sopravvive 1/3 di esse si trova in Amazzonia

60% della foresta amazzonica è ancora intatto.

IL FIUME PIÙ LUNGO Il Rio delle Amazzoni si snoda per

6.868 Km, la distanza tra New York

e Berlino. Il punto più profondo del

Rio delle Amazzoni raggiunge i 120

metri.

LA FORESTA PIÙ ESTESA La foresta amazzonica copre una

superficie più estesa di tutta

l'Europa Occidentale: 600 milioni di

Kmq

LA PIÙ GRANDE RISERVA D'ACQUA1/5 dell'acqua dolce del mondo scorre per i fiumi

dell'Amazzonia. Il bacino amazzonico é la maggior riserva

di acqua dolce del Pianeta

PIÙ ALBERI In un unico ettaro si possono trovare oltre 200 specie di

alberi e sono state contate oltre 72 specie diverse di

formiche su un solo albero.

PIÙ PESCI Nei fiumi che attraversano la foresta, nuotano pesci di un

numero di specie oltre 30 volte maggiore che in tutti i corsi

d'acqua d'Europa messi insieme.

126

App su foreste e alimentazioneL’agenzia alimentare delle Nazio-ni Unite mette a disposizione degli utenti un’applicazione gratuita per scaricare video, pubblicazioni, map-

-forestazione, le tecniche agricole, le modalità della cooperazione. E con un pulsante si può contribuire alla loro azione La Fao sbarca sugli smartphone per comunicare le sue attività e ricerche. L’agenzia alimentare delle Nazioni Unite - con il mandato di aiutare ad accrescere i livelli di nutrizione, aumentare la produttività agricola, migliorare la vita delle popolazioni rurali e contribuire alla crescita economica mondiale - ha introdotto un nuovo sistema di comunicazione per diffondere notizie e informazioni circa il suo operato.Il dipartimento foreste della Fao ha ultimamente lanciato la prima applicazione multimediale dell’organizzazione, progettato per far conoscere il suo lavoro alla crescente generazione di utenti iPhone e iPad. Una strategia per far conoscere più

collegamento che esiste tra le foreste e la sicurezza alimentare.L’applicazione può essere scaricata gratis su Apple store e fornisce agli utenti video, pubblicazioni selezionate, mappe interattive che mostrano statistiche forestali del mondo, e diversi quiz. Inoltre l’applicazione include il pulsante “donare” che indirizza gli utenti del sito al programma raccolta fondi “TeleFood” della Fao.

Il Brasile sotto accusaAveva dimostrato che bloccare l’as-

ridotto di tre quarti l’erosione che

impoverisce il più grande mantello

-

so dal traguardo, arriva il contror-

-

mincia con le motoseghe e i roghi.

polemiche degli ambientalisti alla

conferenza di Durban sul clima.

“Con l’approvazione da parte del

Senato, sta per diventare operati-

va la riforma del Codice forestale

che limita fortemente la protezione

responsabile Wwf per la campa-

-

ma chi aveva un appezzamento di

terra doveva proteggerne l’80 per

cento, ora le parti si invertono. Ne

può proteggere solo il 50 o in certi

casi il 20 per cento”.

LA FAO SBARCA SU I-PHONE E TABLET

Disboscamento abusivo

5%Guatemala

3%Cuba

9%Brasile

4%Laos

LE RESPONSABILITÀ DELL’ITALIA NEL MERCATO ILLEGALE DI LEGNAME

a

tot. legname legale

tot. legname illegale

15%Romania

9%Ghana

2%Tanzania

18%Ucraina

10%Svezia

13%Russia

13%Libia

2%Marocco

4%Spagna

21%Nicaragua

Corruzione doganale

Illecito burocratico

9%Argentina

9%Pakistan

5%Cecenia

18%Moldavia

La corruzione avviene nelle dogane straniere ma continua anche dopo la frontiera Italiana

L’Italia, comprando merce abusiva incremental’azione nociva sovvenzionando le varie compagnie

L’illecito viene commesso direttamente in Italia falsificando i conti e le fatture

126

App su foreste e alimentazioneL’agenzia alimentare delle Nazio-ni Unite mette a disposizione degli utenti un’applicazione gratuita per scaricare video, pubblicazioni, map-

-forestazione, le tecniche agricole, le modalità della cooperazione. E con un pulsante si può contribuire alla loro azione La Fao sbarca sugli smartphone per comunicare le sue attività e ricerche. L’agenzia alimentare delle Nazioni Unite - con il mandato di aiutare ad accrescere i livelli di nutrizione, aumentare la produttività agricola, migliorare la vita delle popolazioni rurali e contribuire alla crescita economica mondiale - ha introdotto un nuovo sistema di comunicazione per diffondere notizie e informazioni circa il suo operato.Il dipartimento foreste della Fao ha ultimamente lanciato la prima applicazione multimediale dell’organizzazione, progettato per far conoscere il suo lavoro alla crescente generazione di utenti iPhone e iPad. Una strategia per far conoscere più

collegamento che esiste tra le foreste e la sicurezza alimentare.L’applicazione può essere scaricata gratis su Apple store e fornisce agli utenti video, pubblicazioni selezionate, mappe interattive che mostrano statistiche forestali del mondo, e diversi quiz. Inoltre l’applicazione include il pulsante “donare” che indirizza gli utenti del sito al programma raccolta fondi “TeleFood” della Fao.

Il Brasile sotto accusaAveva dimostrato che bloccare l’as-

ridotto di tre quarti l’erosione che

impoverisce il più grande mantello

-

so dal traguardo, arriva il contror-

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mincia con le motoseghe e i roghi.

polemiche degli ambientalisti alla

conferenza di Durban sul clima.

“Con l’approvazione da parte del

Senato, sta per diventare operati-

va la riforma del Codice forestale

che limita fortemente la protezione

responsabile Wwf per la campa-

-

ma chi aveva un appezzamento di

terra doveva proteggerne l’80 per

cento, ora le parti si invertono. Ne

può proteggere solo il 50 o in certi

casi il 20 per cento”.

LA FAO SBARCA SU I-PHONE E TABLET

Disboscamento abusivo

5%Guatemala

3%Cuba

9%Brasile

4%Laos

LE RESPONSABILITÀ DELL’ITALIA NEL MERCATO ILLEGALE DI LEGNAME

a

tot. legname legale

tot. legname illegale

15%Romania

9%Ghana

2%Tanzania

18%Ucraina

10%Svezia

13%Russia

13%Libia

2%Marocco

4%Spagna

21%Nicaragua

Corruzione doganale

Illecito burocratico

9%Argentina

9%Pakistan

5%Cecenia

18%Moldavia

La corruzione avviene nelle dogane straniere ma continua anche dopo la frontiera Italiana

L’Italia, comprando merce abusiva incremental’azione nociva sovvenzionando le varie compagnie

L’illecito viene commesso direttamente in Italia falsificando i conti e le fatture

COME SI PUÒ CAMBIARE LA

PROPRIA VITA

In sostanza il nuovo direttore, come già aveva sperimentato con successo alla “Stampa”, prova a svecchiare il giornale della borghesia lombarda, alleggerendone foliazione e contenuti con l’utilizzo di linguaggio, personaggi e tematiche della televisione, che in questi anni sta sottraendo ingenti quote di lettori alla carta stampata.

MARIO DORIEditorialista

É facile parlare di ecologia, meno facile è cominciare a mettere in pratica i tanti

campagne pubblicitarie, da molte nuove leggi e normative in via di appro-vazione. La nostra resistenza dipende sia dal fatto che cambiare le abitudini è sempre faticoso, sia dall’apparente assenza di un tornaconto personale a fronte

Quasi ogni gesto che compiamo ha un impatto positivo o negativo sull’ambiente che ci circonda e per acquisire nuovi comportamenti è necessario porci delle do-mande le cui risposte ci appariranno inizialmente “scomode”: con il tempo scopri-remo invece come quegli sforzi, che sembravano non comportare alcun guadagno

Il tempo. Primo tra tutti i vantaggi è l’abbandono dei ritmi frenetici della “fast life” che viviamo all’insegna dell’imperativo: compra, spreca e corri più velocemente che puoi. Vivere ecologico sotto molti aspetti porta a rallentare i ritmi, a pensare alle implicazioni che le scelte più banali comportano per il benessere del pianeta e dell’intera popolazione mondiale e trovare soluzioni alternative, “a misura d’uo-mo”.

Usare i mezzi pubblici invece dell’automobile, o condividere quest’ultima con al-tre persone che facciano il nostro stesso percorso, rinunciare a quella enorme quantità di plastica che quotidianamente utilizziamo e buttiamo – dalla pellicola trasparente per coprire gli alimenti ai piatti usa e getta -, evitare i fast-food come la maggior parte dei cibi preconfezionati, preferire giocattoli in legno e materiali

cucinare, ore da dedicare ai bambini non più messi a tacere dal primo economico quanto pericoloso balocco cinese comprato alla bancarella.

Eppure tutto questo ha come effetto secondario il recupero di un tempo più uma-no; la scoperta che le attese possono essere impiegate per leggere, pensare, con-versare; la possibilità di socializzare e di rivisitare il nostro modo di essere genitori, amici, colleghi; in generale un nuovo modo di essere.

La salute. Rispettare l’ambiente giova alla salute: mangiare cibi biologici, cammi-nare di più per non inquinare con la macchina, non servirci di materiali e alimenti che è ormai noto essere tossici per l’organismo – dai contenitori in plastica per i cibi agli abiti contraffatti per i quali vengono utilizzati coloranti nocivi -, non contri-buire a creare campi magnetici all’interno della casa, smettere di nutrirci con l’in-

snack dei distributori automatici -, abbandonare gli alimenti trattati, colorati, zeppi di conservanti, glutammato e via dicendo, non potrà che favorire il mantenimento della buona salute del nostro corpo.Il risparmio. Ma tutto questo costa parecchio, direte voi, pensando che quanto è “biologico” o “ecologico” costa ancora praticamente il doppio dei prodotti comu-ni. Il risparmio avviene comunque quando ci rendiamo conto di non aver bisogno di almeno la metà di quello che solitamente acquistiamo, dai generi alimentari alle altre categorie di beni in commercio. Quindi si tratta di prediligere la qualità rispet-to alla quantità, il che sarà utile anche per evitare l’accumulo di oggetti inutili nelle nostre case già stracolme.

Senza contare il risparmio energetico. Utilizzare razionalmente il riscaldamento, evitare di lasciare gli elettrodomestici in stand-by e soprattutto ridurne il numero, utilizzare lampadine a basso consumo e spegnere le luci quando si esce dalle

L’attuale andamento dell’economia ci dà una mano: con meno soldi si compra meno, si mangia meno, si butta meno, si ricicla di più. Essere poveri dunque è ecologico? Forse non proprio, però aiuta. Comunque non esageriamo...

EUROPA

Rifiuti pr 3.427.032.000 q 60%

13%

ITALIA

Rifiuti pr 32.000 q 40%

11%

FRANCIA

Rifiuti pr 132.000 q 70%

18%

UK

Rifiuti pr 251.000 q 25%

20%

GERMANIA

Rifiuti pr 92.000 q 78%

22%

SPAGNA

Rifiuti pr 232.000 q 43%

10%

PORTOGALLO

Rifiuti pr 57.000 q 35%

17%

OLANDA

Rifiuti pr 15.000 q 80%

30%

SVEZIA

Rifiuti pr 62.000 q 82%

35%

NORVEGIA

Rifiuti pr 88.000 q 77%

40%

EDITORIALE