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“Non si può toccare l’alba se non si sono percorsi i sentieri della notte” K. Gibran 1-2/2015 P A V I A a ISSN 1722-2214 Registrazione presso il Tribunale di Pavia n. 355 del 08.02.1989. Sped. in abb. postale - Comma 20/C 2 L. 662/96 - Fil. di Pavia - IN CASO DI MANCATO RECAPITO RESTITUIRE AL MITTENTE CHE SI IMPEGNA A PAGARE LA RELATIVA TASSA - REINVIARE ALL’UFFICIO PAVIA-FERROVIA Infermiere

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“Non si può toccare l’alba se non si sonopercorsi i sentieri della notte”

K. Gibran

1-2/2015

P A V I Aa

ISSN 1722-2214

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È una delle strade principali di San Pietroburgo che accarezza elambisce il fiume Neva; un luogo dove le sue sfumature romantiche,hanno ispirato e accompagnato spesso, l’immaginario di pittori e poeti.

È con questo richiamo al tempo stesso culturale e romantico, che vorreicongedarmi e salutare Comitato di Redazione e Comunità Professionale,dopo la straordinaria esperienza di questi anni in qualità di DirettoreEditoriale, nella quale oltre a fare informazione, abbiamo veicolato Culturae Stile.

Scelte personali e impegni professionali, non mi consentono oggi diproseguire il percorso intrapreso, ma lo considero soltanto un“arrivederci”; un saluto sorridente, accompagnato dalla consapevolezzache il domani sarà migliore del ieri poiché la prospettiva è tracciata, ilComitato di Redazione è solido, competente e sicuramente, ben guidatodalla mano esperta di Emanuela Cattaneo.

Una prospettiva Nevsky che non è soltanto un viale, va ben oltre, sislancia fino all’orizzonte dove la sera si cuce alla notte e lavorando,costruisce l’alba.

È proprio su questa consapevolezza che si possono meglio affrontarele sfide del futuro e rendere il cammino più interessante e ricco dipassione; con lo stile di sempre: umile e attento ai mutamenti sociali, aibisogni dei Cittadini, dei Colleghi e contemporaneamente, proattivo esinergico con le altre famiglie professionali.

Questa è la Cultura che aiutaa rendere le persone libere, inquanto esseri pensanti e nonplagiatori di idee altrui o diaggressive frasi a effetto datalk show.

Duilio Loi

EInfermiere a Pavia

DITORIALE

Infermiere a Pavia

Rivista trimestrale del Collegio IP.AS.VI. di Pavia

Anno XXVII n. 1-2/2015 marzo-maggio 2015

Editore Collegio Infermiere professionali,Assiatenti Sanitarie, Vigilatrici d’Infanziadella Provincia di Pavia

Direttore Responsabile Michele BorriDirettore Editoriale Emanuela Cattaneo

Segretaria di Redazione Simona ArpesellaResponsabili settori

Sociale: Ruggero RizziniFormazione, Ricerca e

Aggiornamento: Paola RipaEtico Deontologico: Anna Maria Tanzi

Vita di Collegio: Giuseppe Braga e Gabriele CiancioRedattori: Sebastiano Abela, Cinzia Ancarani,

Giovanni Baccalini, Elena Baglioni, Roberta Bocchiola, Emanuela Casarini, Mauretta Cattanei, Martina Cerri, Gianfranco Cucurachi, Curia Luigi, Raffaele Di Mauro, Davide Donadello, Claudia Fiore, Maria Antonietta Gattolin, Silvia Giudici, Nadia Granata, Laura Nicola, Rosangela Nicoletti, Federica Vinco

Hanno collaborato Luigia Belotti, Francesco Lenaa questo numero: Fiorenza Montini, Eleonora Romeo

Immagine di copertina Giuseppe CalsamigliaFondazione Giuseppe Maugeri - Pavia

Impianti e stampa Gemini Grafica sas - Melegnano (MI)Direzione, Redazione, Via Flarer 10 - 27100 Pavia

Amministrazione Tel. 0382/525609, Fax 0382/528589CCP n. 10816270

I punti di vista e le opinioni espressi negli articoli sono degli

autori e non rispettano necessariamente quelli dell’Editore.

Manoscritti e fotografie, anche se non pubblicati,

non saranno restituiti.

Registrazione presso il Tribunale di Pavia n. 355 del 08.02.1989.

Spedizione. in abb. postale - Comma 20/C 2 L. 662/96 - Fil. di Pavia.

La rivista è inviata gratuitamente agli iscritti al Collegio IP.AS.VI.

di Pavia. Finito di stampare nel mese di marzo 2015 presso

Gemini Grafica sas. Melegnano (MI) - www.geminigrafica.it

Duilio Loi

Prospettiva Nevsky

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Caro Direttore, Amico di mille battaglie, il tuo conforto intellettualemancherà a me e alla Redazione, come credo, alla Famiglia Professionale(come ami chiamarla tu).

Gli adii non mi sono mai piaciuti, e come hai scritto prima, il tuo è solo un“arrivederci”, raccolgo la sfida con il senso del dovere e responsabilità chemi ha sempre accompagnato e che in parte mi hai anche insegnato.

Mi lasci una bella eredità che cercherò di onorare con tutta la competenzadi cui dispongo; lo farò senza esitazioni e con la capacità di dialogo emediazione, che ha contraddistinto l’esperienza fatta assieme.

La Redazione è ad un bivio, e sceglierà la strada che va in salita, perchéci hai insegnato che a salire c’è più speranza e perché vogliamo arrivare sul

tetto da cui si vede il mondo, perché tu per noi sei stato come il “saggio”, non ci hai invitatoad entrare nella casa della tua scienza, ma ci hai condotto alla soglia della nostra mente.

Voglio salutarti a modo tuo, con una citazione, che credo riassuma lo spirito di questaRedazione:

“La Cultura è organizzazione, disciplina del proprio Io interiore; è presa di possesso della

propria personalità e conquista di coscienza superiore, per la quale si riesce a comprendere

il proprio valore storico, la propria funzione nella vita, i propri diritti, i propri doveri” (Antonio

Gramsci).

Grazie Duilio LoiEmanuela Cattaneo

Direttore Editoriale

3

I n d i c e

Roberta Bocchiola, Emanuela Casarini - “Senza Muri” la Casa degli Infermieri . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 4

Michele Borri - Discorso inaugurazione del Presidente . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 6

Luigia Belotti - Inaugurazione nuova sede Collegio IPASVI provincia di PaviaCommemorazione dott.ssa Giuseppina Pontello . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 8

Anna Maria Tanzi - Mostra di pittura: I colori dell’anima . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 9

Raffaele Di Mauro - Arresto cardiocircolatorio: l’approccio dei laici attraverso il “Dispatch Live Support” . . 12

Federica Vinco - La continuità assistenziale in neuro-oncologia . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 15

Davide Donadello - Valutare la risorsa umana . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 18

Eleonora Romeo - Vivere il dilemma etico e la contenzione: strumenti per la gestione del controtransfert nella relazione con il paziente psichiatrico. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 21

Fiorenza Montini - Ricordo di Terry . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 25

Francesco Lena - Vivere per raccontare. Raccontare per vivere . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 25

Ruggero Rizzini - L’armadio dei pigiami, brevi considerazioni, un’idea, un progetto . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 26

Numero 1-2/2015 PAGINA

Emanuela Cattaneo

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4 Infermiere a PaviaPAGINA

“Senza Muri”la Casa degliInfermieri

* Roberta Bocchiola** Emanuela Casarini

Il 7 febbraio 2015, è stata inaugurata lanuova sede del Collegio Ipasvi di Pavia, la“nuova casa degli infermieri”, in via Flareral civico 10.

Alla festa di apertura con la partecipazio-ne di numerosi colleghi, erano presenti, tragli altri, il Sindaco di Pavia, Massimo DePaoli, il Vescovo Sua Eccellenza GiovanniGiudici, la Presidente della Federazionedel Collegio Ipasvi Annalisa Silvestro e ilnostro Presidente Michele Borri.

La cerimonia ha avuto inizio con unemozionante discorso del neo eletto Presi-dente Michele Borri che avrete modo dipoter leggere nelle pagine seguenti.

A seguire, il Sindaco di Pavia, il Vescovoe l’Assessore della Provincia Bosone han-no espresso la loro gratitudine nei con-fronto degli infermieri di ciò che sono e diciò che fanno.

Come ultimo intervento, la PresidenteAnnalisa Silvestro, ha espresso il proprioriconoscimento nei confronti dei compo-nenti del Consiglio Direttivo attuale e al

Consiglio Direttivo da poco uscente.Ha ricordato la collega Giuseppina Pon-

tello per il suo esempio, la sua capacitàformativa il suo esempio e la sua forte pre-gnanza professionale rappresentata dalsuo compagno di vita

Si è soffermata sul ruolo che la figuradell’infermiere riveste nella collettività so-ciale della nostra provincia, ricordandoche siamo 420.000 a livello nazionale, co-lonna portante del Sistema nazionale Sa-nitario, sia a livello ospedaliero, domicilia-re e territoriale Siamo sempre più vicini aibisogni dei cittadini lavorando in sinergiacon tutte le altre professionalità della salu-te, questa nuova casa deve essere fonte diincontro ed interazione con le altre profes-sioni.

Ha richiamato l’impegno, che abbiamonoi infermieri di tipo etico e morale verso icittadini, ricordando una frase di PapaFrancesco: “se ci fosse Gesù forse fareb-be l’infermiere”, frase che ha strappatomolti consensi ed applausi.

* InfermieraPediatria Ambulatori San Matteo di Pavia

** InfermieraAzienda Ospedaliera di Voghera

Gli autori

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Al termine del discorso della Presidenteci siamo recati all’esterno delle mura delCollegio per la benedizione del Vescovoalla” Casa degli Infermieri” e ai partecipan-ti, e per la cerimonia del taglio del nastroeseguite dalla Presidente della Federazio-ne Nazionale Ipasvi, Annalisa Silvestro edal Presidente di Pavia Michele Borri.

L’inaugurazione è stata allietata da unevento musicale durante il quale, il tenoree collega Marino Villani insieme al tenoreSimona Milan con il supporto tecnico delsignor Giorgio Vianello hanno allietato ipresenti con musiche e brani molto diversitra loro, riuscendo a conquistare il pubbli-co presente.

Gibran disse che “Il segreto del canto ri-siede tra le vibrazioni della voce di chi can-ta ed il battito del cuore di chi ascolta” edil riscontro si è avuto osservando gli occhidel pubblico, partecipe ed emozionato.

Marino Villani ha iniziato la performancemusicale cantando “E lucean le stelle”,una romanza dalla Tosca di Giacomo Puc-cini.

Simona Milan ha cantato “At last”, can-zone scritta nel 1941 da Mack Gordon eHarry Warren, resa famosa nel 1960 da Et-ta James.

Marino ha proseguito cantando “Nessundorma”, romanza della Turandot di Giaco-mo Puccini e Simona ha cantato “The mani love” di George e Ira Gershwin.

Marino e Simona hanno concluso il mo-mento musicale cantando insieme “Libia-mo ne’ lieti calici”, brindisi in tempo di wal-zer, tratto dalla Traviata di Giuseppe Verdie sulle ultimi note uno scroscio di applau-si li ha omaggiati dello loro splendida rap-presentazione.

La festa si è conclusa con brindisi, sorri-si, abbracci e ringraziamenti a chi ha forte-mente voluto la “Casa degli infermieri”,una Casa per tutti, una Casa senza muri!

“Chiunque ad un certo punto dellavita mette su casa.La parte difficile è costruire una casadel cuore.Un posto non soltanto per dormire,ma anche per sognare.Un posto dove crescere una famigliacon amore, un posto non per trovareriparo dal freddo, ma un angolinotutto nostro da cui ammirare ilcambiamento delle stagioni; un postonon semplicemente dove far passareil tempo, ma dove provare gioia per ilresto della vita”

Sergio Bambarèn

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6 Infermiere a PaviaPAGINA

Buongiorno a tutti e benvenuti nella nuo-va casa degli infermieri: Direi che se ci tro-viamo qui oggi, insieme, per celebrarel’inaugurazione di questa sede, lo dobbia-mo a molti contributi diversi, per cui riten-go sia necessario iniziare con qualche rin-graziamento. Innanzitutto devo ringraziarela Presidenza ed il Consiglio Direttivo pre-cedente, che, con impegno, competenzae grande investimento personale in termi-ni di tempo ed energia, hanno lavorato af-finché si realizzasse un obiettivo così im-portante, la creazione di un nuovo punto diriferimento per l’intera comunità infermieri-stica pavese.

Ho al mio fianco oggi la Dott.ssa LuciaPreiata e la Dott.ssa Maria Luisa Botticini;non sono presenti il Dr Frisone, Suor Chia-rina Garbossa e Suor Norilda Ardessi cheho sentito telefonicamente e che mi hannochiesto di portare i loro più calorosi salutiai presenti.

Ricordo anche gli altri prece-denti Presidenti del Collegio cheè stato istituito in data 10 genna-io 1955, che sono: Savoia e Ro-gnoni. A nome dell’intera comu-nità professionale mi rivolgo aloro ringraziandoli per ciò chehanno saputo, insieme ai Consi-gli Direttivi da loro presieduti ne-gli scorsi mandati, realizzare nelcorso degli anni, affrontando lesfide e le difficoltà del loro tem-po; in esse non hanno trovatoostacoli, bensì opportunità dicrescita, opportunità che hannotrasformato in investimento perla professione; in veste di Presi-dente Pro Tempore, a nome delConsiglio Direttivo, mi impegnoe mi onoro di fronte a loro, cosìcome di fronte a tutti gli iscrittida voi rappresentati, a prosegui-re il percorso da loro tracciato,per quanto mi sarà possibile.

Ringrazio le autorità Religiosee le autorità civili presenti, chehanno risposto al nostro invito esono qui oggi non solo in rap-presentanza della cittadinanza,ma sono presenti a testimonian-

za dello stretto contatto che esiste tra lanostra professione e le persone, i cittadini,che in stato di necessità, di difficoltà per-sonale e famigliare, a volte in quello che èil momento più oscuro del loro vissuto, sirivolgono a noi in cerca di una risposta, diaiuto nel soddisfacimento dei loro bisognie delle loro necessità. E la risposta che dasempre gli infermieri offrono possiede ilcarattere della competenza, della maturitàe della professionalità, ma anche il caratte-re di quella peculiare capacità di travalica-re gli aspetti tecnici e definire un contattocon l’umana essenza, caratteristica questache rende così unica la nostra professionenel panorama delle professioni sanitarie.

Ringrazio le autorità civili e religiose, lacui presenza qui oggi rinnova e consolidail rapporto tra le Istituzioni locali, provincia-li e regionali, che possono, e devono, af-frontare sinergicamente il complesso pa-norama delle problematiche del mondosanitario e sociale con il quale siamo chia-mati a confrontarci. Nel prossimo futuronon mancheranno le occasioni, e penso adei tavoli tecnici, a convegni, ad incontricon la cittadinanza, in cui le nostre rappre-sentanze potranno offrire il loro contributonella risoluzione di quelle situazioni di sof-ferenza e criticità presenti nel nostro terri-torio.

Un sentito ringraziamento anche allaDott.ssa Silvestro. Presidente della Fede-razione Nazionale Collegi IPASVI, che datanti anni guida lo sviluppo della nostraprofessione.

Ringrazio i colleghi presenti oggi, chehanno sfidato il freddo e le difficoltà orga-nizzative familiari, magari chiedendo uncambio di turno o un giorno di ferie per es-sere presenti; ancor di più li ringrazio per-ché la loro presenza sfida apertamentequell’alone di perplessità che sopravviveda troppo tempo all’interno della comunitàinfermieristica e che sembra circondare dasempre le attività Collegiali.

Il Collegio IPASVI di Pavia è presente, èvivo, lavora ogni giorno per la valorizzazio-ne della professione, per la tutela degli in-fermieri e dei cittadini, e lo fa impegnando-si a livello locale, provinciale, regionale,nazionale. Ma senza il contributo dei pro-

Discorso inaugurazionePresidente Michele Borri

Michele Borri

Pavia, 7 febbraio 2015 Caro Dottor Borri, ho ricevuto il Suo invito all’inaugurazione della nuova sede del Collegio degli Infermieri Professionali, Assistenti Sanitari, Vigilatrici d’Infanzia della Provincia di Pavia e La ringrazio. Purtroppo non mi è possibile essere con Voi, ma Le sono grato se vorrà far pervenire a tutti i presenti il mio messaggio. L’apertura di una nuova sede è un momento significativo, un nuovo inizio e un impegno nei confronti della collettività. Particolarmente importante per chi, come Voi, è quotidianamente al servizio degli altri. L’Università di Pavia con la Facoltà di Medicina è impegnata con orgoglio nella formazione di medici, infermieri e specialisti, in una visione integrata e globale del benessere e della salute, quale quella che anche Voi perseguite. Ne è un esempio la mostra “I colori dell’anima”, che si inaugura oggi, e che è dedicata alla produzione artistica degli ospiti della Comunità Torchietto di Pavia: un’efficace testimonianza di come la creatività in ambito psichiatrico aiuti la socializzazione e il dialogo. Nell’augurare a tutti buona giornata, gentile Presidente, rivolgo a Lei, alle Autorità presenti e a tutti gli ospiti le mie felicitazioni e un cordiale saluto.

(Fabio Rugge)

------------------------------------- Gentile Dottor Michele Borri Presidente IPASVI Via Flarer, 10 27100 PAVIA PV

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pri iscritti, senza la valorizzazione delle lo-ro potenzialità e senza la loro partecipazio-ne attiva, l’istituzione di rappresentanza èpiù debole: oggi, più che mai, la comunitàIPASVI si trova di fronte a delle sfide cosìimpegnative che vanno ad attaccare il sen-so stesso della nostra professione. Pensoalla definizione delle competenze specifi-che, ai problemi e dilemmi etici, nonchéagli aspetti assistenziali ,giuridici e deonto-logici che ogni giorno investono l’eserciziodella nostra professione.

Infine mi sia consentito condividere convoi una breve riflessione: che cos’è unacasa? Che cos’è la casa degli Infermieri?

Una casa è il posto dove rifugiarsi neimomenti più bui, nelle difficoltà, nelle in-certezze che si incontrano nel proprio per-corso umano e professionale in cerca diun aiuto; ma una casa è anche il luogo do-ve è possibile trovare un terreno florido perlo sviluppo delle proprie potenzialità, do-ve, insieme a chi ci è vicino, appoggiando-si all’esperienza, alle capacità ed alle com-petenze di chi circonda, si possono realiz-zare degli obiettivi altrimenti irrealizzabili.

Ed è questo il messaggio che oggi, inquesta occasione di festa, spero possacominciare a viaggiare fino a raggiungeretutti i colleghi iscritti: in Via Flarer, al nume-ro 10, apre la nuova casa degli infermieri,un luogo dove tutti gli infermieri possonotrovare supporto nelle difficoltà, aiuto nelpercorso di realizzazione professionale enello sviluppo delle proprie potenzialità. Lacasa è aperta, le chiavi sono nelle mani diogni singolo iscritto: la mia speranza è chevengano usate.

Detto questo, e qui concludo lasciandola parola al Sindaco Dott. De Paoli, mi siaconcesso, dopo avere parlato delle chiavidella nostra, della vostra Casa, un breveringraziamento a chi di questa casa è sta-ta il custode da più di 20 anni: GiuseppinaFerrato, o come tutti noi la conosciamo,Giusy. A lei, la storica impiegata del Colle-gio IPASVI di Pavia, il più sentito ringrazia-mento per tutto l’impegno e la passioneche in questo lungo percorso hanno illumi-nato la strada di chiunque abbia, almenouna volta, aperto la porta del Collegio IPA-SVI di Pavia.

Infine, e qui chiudo, un ringraziamento algruppo di lavoro del Collegio che si è ado-perato per la realizzazione dell'evento, imusicisti presenti, chi ha allestito la mostrapittorica ed in generale tutti coloro che conil loro contributo hanno garantito il succes-so della giornata.

* Presidente IPASVI della Provincia di Pavia

L’autore

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8 Infermiere a PaviaPAGINA

Il Consiglio Direttivo nell’ interpretare il pensiero di molti infermieri ha voluto dedicare labiblioteca del Collegio Ipasvi alla dott.ssa Giuseppina Pontello scomparsa lo scorso annoper una malattia che non le ha lasciato scampo.

La vogliamo ricordare come persona e come professionista.In lei spiccava la sua intelligenza, la determinazione, la competenza e la sensibilità

nell’affrontare le problematiche assistenziali, nonché il suo impegno a promuovere iprincipi e i valori etici della professione in cui credeva e che amava.

Consigliere del Collegio Ipasvi nel precedente mandato, Dirigente SITRA della AziendaOspedaliera della provincia di Pavia e Docente di Management Infermieristico ha insegnatoper lungo tempo alla Scuola Universitaria di Discipline Infermieristiche di Milano e poi alCorso di Laurea Magistrale dell’Università Statale Bicocca di Milano e dell’Università degliStudi di Pavia.

Esperta, competente grazie al suo costante impegno, ad una rigorosa conoscenzascientifica e ad suo spessore culturale ed umano, così l’ha ricordano i tanti Infermieri chel’hanno conosciuta.

Giuseppina Pontello ha segnato la strada per dare continuità al suo operato.Oggi a ricordarla sono con noi, il marito Claudio, i figli Filippo e Chiara, le sorelle e i

nipoti che l’hanno tanto amata.E ora mi sia permesso di chiamarla come, solitamente, tanti di noi la chiamavano.Ciao Giuse, non ti possiamo dimenticare… ti salutiamo con un applauso per significare

il nostro affettuoso abbraccio.Vice PresidenteLuigia Belotti

Pavia, 7 febbraio 2015

Inaugurazione nuova sedeCollegio IPaSvIprovincia di PaviaCommemorazione dott.ssaGiuseppina Pontello

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* Anna Maria Tanzi

Mostra a cura del Laboratorio artistico Comunità Tronchetto

In occasione dell’inaugurazione dellanuova casa degli infermieri pavesi, è stataallestita la mostra “I colori dell’anima“,ospitata con il consenso unanime del Con-siglio Direttivo IPASVI Pavia che da sem-pre è sensibile e vicino alle persone fragilie ha investito tanto in molti progetti di na-tura più sociale che sanitaria in sensostretto.

Lo scorso anno, un altro evento artisticoè stato promosso e patrocinato dal nostroCollegio ancora in collaborazione conl’Azienda Ospedaliera provincia di Pavia:

Happenursing che si è svolto in SantaMaria Gualtieri a Pavia nel maggio 2014, inoccasione della settimana dedicata al 12maggio – Giornata Internazionale dell’In-fermiere.1

L’evento ha coinvolto operatori (infer-mieri, medici, educa-tori, terapisti della ria-bilitazione) e utentidel Dipartimento diSalute Mentale del-l’A.O. di Pavia cheguidati dagli artisti te-rapisti dell’Accademiadi Belle Arti di Brera sisono messi in giocoin un laboratorio“aperto” su due gior-nate al termine dellequali è stata allestitauna mostra per la cit-tadinanza.

La dimensione tera-peutica e riabilitativadell’arte, nelle sue va-rie espressioni, stimo-la la relazione, creaun clima positivo, fa-vorisce la ricerca per-sonale.

Gli atelier di produ-zione artistica in am-bito psichiatrico rap-presentano, per una-nime consenso dellaletteratura, sia un luo-go di ricreazione e so-cializzazione sia un la-boratorio in cui la pro-

duzione grafica si sostituisce alla comuni-cazione e diventa una comunicazione o …un tramite per il dialogo.

L’Azienda Ospedaliera della provincia diPavia e in particolare il Dipartimento di Sa-lute Mentale di tutto il territorio pavese (Pa-via, Oltrepò e Lomellina) ha sempre avutoun‘attenzione particolare al movimento ar-tistico nelle sue diverse forme e nei percor-si di cura.

A questo lavoro tante persone si sonodedicate tra operatori interni all’azienda(medici, infermieri, educatori, terp, stu-denti tirocinanti), volontari, maestri d’arte eper alcuni anni con la collaborazione dellaprestigiosa Accademia di Brera.

Ogni anno, alcune delle Unità OperativePsichiatriche in virtù di laboratori artistici overi e propri ateliers di pittura, investonosu questo strumento affascinante, taloramisterioso e magico che reca in essere im-portanti letture sul disagio psicosocialedegli utenti.

I contributi della riabilitazione con que-sto strumento possono veramente aiutarenei percorsi di cura individuali qualsiasiprofessionista della salute e in particolarmodo a chi ha scelto di dedicarsi a conte-sti delicati e complessi come quello psi-chiatrico.

Le mostre d’arte ad oggi numerose, chehanno permesso il realizzarsi di un obietti-vo etico della riabilitazione psichiatrica ecioè l’apertura verso la comunità, sono sta-te e sono il segno significativo e tangibiledi questo impegno.

Il nostro laboratorio artistico nella Comu-nità Psichiatrica Torchietto è uno spaziodove non esiste un giudizio estetico del-l’opera prodotta che non è altro chel’espressione di una parte di se.

Il progetto che ha avuto l’obiettivo dipromuovere la realizzazione della mostrain uno spazio pubblico aveva un tema: ilcorpo si racconta dalla body image al rac-conto di sé.

Il lavoro ha previsto la creazione di sa-gome da parte dei nostri utenti e ospiti del-le strutture residenziali e semiresidenzialiche sono stati in seguito invitati a colorar-le e/o riempirle di materiali e/o oggetti di-versi.

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10 Infermiere a PaviaPAGINA

Attraverso questo lavoro si è inteso favo-rire negli utenti partecipanti la consapevo-lezza dei propri confini corporei; integrarel’immagine di sé; sviluppare la consapevo-lezza del proprio stile personale di movi-mento; incoraggiare la costruzione di unospazio personale e … disvelare in parte lapropria anima.

Gli obiettivi mirano a:n Favorire l’espressione creativa median-

te colori, forme e altre cose, senza co-strizioni o schemi predeterminati, trami-te l’uso di tecniche espressive e di unaassistenza centrata sul fare artistico.

n Recuperare abilità sociali tramite la pro-duzione di oggetti con valenza artistica.

n Creare uno spazio personale che con-senta l’espressione di contenuti emotivie immaginativi.

n Favorire la consapevolezza di un pro-prio stile personale

n Agire sul miglioramento dell’autostiman Costruire nel medio e lungo termine re-

lazioni e legami con l’esterno.Gli operatori sanitari che direttamente si

occupano del laboratorio artistico sono icolleghi tecnici della riabilitazione psichia-trica Laura Angioni (ideatrice del progetto)e Silvia Perrone, hanno collaborato altrioperatori della Comunità Torchietto.

L’allestimento della mostra ha visto unacooperazione tra infermieri, tecnici dellariabilitazione psichiatrica e utenti. Sonostate utilizzate tecniche quali tempere,gessetti, acquerelli, in alcune opere utiliz-zate singolarmente e in altre in forma mistaregalando alla vista un universo di colori edi … emozioni percepite e anche scritte.

Ogni opera ha un titolo originale e sug-gestivo come:

Energia esistenziale: l’unione che tipermette di volare

Un momento carnevalescoMente ballerina: una danza particolareSpiccare il volo verso … la libertàGattini e nuvoletteTocco di coloreAbbraccio di luciC’è aria di amoreL’uomo venuto dallo spazio, tra radici e

cieloLa sfumatura della musica in un corpo

arcobalenoNatura dormiente, un momento di relax

su un pratoL’alienazione: contrapposizione tra

dentro e fuori.

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C’è stato chi ha voluto lasciare unatraccia del proprio passaggio:

Mi son molto emozionata per l’acco-glienza degli infermieri … Nadia

Fiori, farfalle, ballerine … e colori. GrazieManu

Giornata piacevole e densa di significatifra cui continuare sempre più a voler “es-sere” Infermieri. Grazie! Stefania Melino

Buon lavoro, crediamo in voi. AnonimoGrazie, la mostra è stata molto apprez-

zata. Bravi! (Firma non leggibile)Ottima mostra! Siete veramente degli arti-

sti; continuate così. Bravissimi!!! Luca VolpiGrazie ragazzi siete stati bravissimi.

Avanti così!!! Roberta BocchiolaSiete molto bravi! (Firma non leggibile)È venuta meglio di quel che pensassi.

Giovanni MannerucciLa mostra è bellissima! Mario DevotiLa mostra è molto bella e gli artisti mol-

to bravi. (Firma non leggibile)Bellissima mostra piena di colori e di

emozioni. (Firma non leggibile)Complimenti bel lavoro e ben disegnati,

espliciti e artigianali. Saluti Antonia C.Il gruppo di Mede A.P.A. è molto entusia-

sta della vostra mostra. Speriamo in unnuovo incontro. La Presidente dell’Asso-ciazione Vanda Musacchi

Grazie di averci resi partecipi dei vostribei lavori (Firme non leggibili)

Sono venuti in visita, utenti e operatoridella Comunità Riabilitativa Residenzialead alta assistenza (CRA) di Vigevano del-l’A.O. di Pavia e hanno lasciato le loro fir-me: Contini Maria Domenica, Daniele Lu-ca, Riva Daniele, Massimiliano Verlich(educatore), Marin Riccardo

Incubi e sogni, dolori e speranze. VITA(Siamo tutti collegati a questa luce che ciaccomuna; anche quando l’arte ci sembrapiù nera che mai)! Un abbraccio … Mauro(Centro Diurno Stradella)

Complimenti a tutti! Maria Vittoria Luc-chetti

È stata molto interessante. PontiroliAlessandro

Bravissimi/e!!! Elena“L’essenziale è invisibile agli occhi” de-

dicato a chi di questo lavoro non se ne faun vanto. Melissa

E in conclusione …Grazie del vostro importante contributo a

questa giornata di festa: la comunità infer-mieristica vi è grata e vi sarà sempre vicina!

1 N° 2/2014 Infermiere a Pavia: Annamaria Tan-zi (a cura di) “E ancora 12 maggio … con gliinfermieri a Pavia”, pp. 26-27.

* InfermieraComunità TorchiettoDipartimento Salute MentaleA.O. Pavia

L’autore

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12 Infermiere a PaviaPAGINA

arresto cardiocircolatorio:l’approccio dei laici attraverso il “Dispatch Live Support”

“Voi siete il primo anello della catena dei soccorsi, è grazie a voi che si instaura il primo

legame tra il cittadino che chiede aiuto e il sistema…ciò può sembrare un insignificante dettaglio,

in realtà determina l’ esito positivo della chiamata.”

(Clawson e Dernocoeur)

IL “DISpatch LIve Support”

Nella popolazione europea ogni annocirca 275.000 persone che subiscono unarresto cardiaco sono trattate dal Serviziodi emergenza extraospedaliero di cui29.000 (10,7%) ne sopravvivono. In una re-visione della letteratura effettuata su 3 ban-che dati (Cochrane, Pubmed ed EMBASE)e pubblicata su Pubmed il 1 settembre2011 emerge che un intervento precoceavviato dagli astanti prima dell’arrivo deisoccorsi aumenta significativamente la so-pravvivenza, in quanto le compressioni to-raciche esterne (CTE) sarebbero in gradodi posticipare, anche in modo significativo,la morte neurologica del paziente. Questemanovre, per esser efficaci, devono esse-re avviate entro una finestra di tempo piut-tosto ristretta, più precisamente intrapren-dere le CTE entro i primi minuti dal collas-so cardio-circolatorio; in tal modo il “di-spatch” non è più solo il rapido accesso alsistema d’allarme, ma diviene anche ilmezzo per fornire istruzioni pre-arrivo (“Di-spatch Live Support” DLS) fondamentaliper la sopravvivenza del paziente. Le istru-zioni pre-arrivo consistono in un supportovitale “in linea” che l’infermiere al telefonoeroga al paziente per mano del chiamante.Questa duplice funzione che il dispatchacquisisce è essenziale per far fronte allesituazioni “tempo-dipendenti” in cui latempistica che passa prima dell’inizio del-le procedure adatte, riduce drasticamentele possibilità di salvare il paziente. Il di-spatch è quindi capace di incidere real-mente sul fattore tempo, costituendo unavera e propria fase nella “catena della so-pravvivenza”, meritevole di occupare unsuo anello interposto tra l’allarme e il BLSprecoce (Immagine 2).3

L’arresto cardiocircolatorio è una situa-zione clinica caratterizzata dall’interruzio-ne della funzione di pompa del cuore checausa il blocco dell’ossigenazione ai tes-suti e agli organi. Questo evento causa cir-ca 700.000 decessi all’anno in Europa etra i 50.000 e i 70.000 in Italia. Nel nostroPaese i decessi per arresto cardiaco supe-rano di dieci volte quelli per incidente stra-dale e di cinquanta volte quelli di Aids.1

Da uno studio clinico pubblicato nel giu-gno 2011 sulla rivista scientifica “Int Heart”risulta che in Giappone la mortalità extrao-spedaliera per arresto cardiaco è correlatanel 48% dei casi ad una patologia cardia-ca: di cui il 28 % per infarto del miocardio,il 17% per scompenso cardiaco congesti-zio ed il 3% per aritmie.2

La sopravvivenza a questo evento senzadeficit neurologici è fortemente influenzatadalla corretta realizzazione di una sequen-za d’interventi. La metafora della “catenadella sopravvivenza” (immagine 1) desi-gna la stretta interdipendenza che esistetra gli anelli di quest’ultima. Così come peruna catena, la presenza di un anello debo-le inficia la tenuta dell’intera struttura, cosìanche l’inefficacia o, peggio, l’assenza diuno di questi determinati interventi, impli-ca il fallimento dell’intero sistema d’emer-genza.

RIASSUNTOPer migliorare la sopravvivenza dopoun arresto cardiaco, il trattamento pre-vede di ottimizzare in ogni punto la“catena della sopravvivenza”. Un inter-vento immediato, prima dell’arrivo deisoccorsi, effettuato da astanti attraver-so le compressioni toraciche esterne(CTE) e istruito telefonicamente da uninfermiere dispatcher, riduce la per-centuale di morte cardiaca extraospe-daliera.Seppur queste manovre sono risultatedi facile apprendimento, attuazione edefficacia, la percentuale degli astantiche le effettua è ancora molto bassa.

ABSTRACTIn order to improve survival after aheart attack, the treatment foresees toimprove in every step the “survivalchain”.Before the arrival of assistance, an im-mediate operation performed by by-standers through external chest com-pressions (ECC) and via telephonewith a nurse dispatcher, reduces thepercentage of outside the hospital car-diac deaths.Although these maneuvers resulted tobe effective, easy to learn and to im-plement, the number of bystanderswho perform it is still very low.

* Raffaele Di Mauro

Immagine 1:“La catena della sopravvivenza”

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IL RUOLO INFERMIERISTICO

L’elemento fondamentale che emergeda questa constatazione è il ruolo chiavedell’infermiere che opera nella gestionedell’allarme sanitario delle Centrali Opera-tive del 118, egli con la sua professionalitàgarantisce al singolo utente un sostegnoefficace, efficiente e personalizzato in tuttele situazioni di emergenza.

L’arresto cardiaco può essere definitoda due elementi: assenza di coscienza eassenza di respirazione spontanea. Peraccertarlo bisogna dire al chiamante discuotere leggermente la persona e chia-marlo ad alta voce: “Tocchi e scuota leg-germente le spalle della persona, chia-mandola ad alta voce. Le risponde?”

Se non si ha nessuna risposta si passaalla fase successiva, la verifica della respi-razione: “Voglio che lei veda se sta respi-rando. Si avvicini al torace e controlli se simuove in modo normale”.

La valutazione del respiro da parte dipersonale non sanitario non è perfetta-mente attendibile perchè molto spesso ilgasping (respiro agonico) viene confusoper una respirazione normale e ciò è cau-sa di ritardo nel trattamento dell’ACC.4

Per far fronte a questo problema, se ilchiamante appare insicuro gli si pongonoaltre domande come: “Il respiro è profon-do? Il torace effettua dei sussulti o si innal-za in modo conforme? Signora, con calma,

conti ad alta voce gli atti respiratori”.Quando c’è assenza di respiro o una re-

spirazione anormale e insufficiente nel pa-ziente sia adulto che pediatrico si procedesubito con le compressioni toracicheesterne (CTE). Vari studi hanno dimostratoche le ventilazioni effettuate da personale

laico non addestrato non sono efficaci per-chè di difficile esecuzione e alcuni sogget-ti non sono favorevoli ad eseguire la respi-razione bocca a bocca ad estranei5, quin-di, si preferisce far procedere l’astante so-lo con le CTE (immagine 3). In questo mo-do vengono ridotti i tempi che intercorronotra l’attacco cardiaco e l’inizio delle CTEgarantendo una continua perfusione coro-narica e cerebrale, aumentando la proba-bilità di successo.6

“Mi ascolti, ora iniziamo il massaggiocardiaco, stia attenta a ciò che le dico. Po-sizioni il palmo della sua mano al centrodello sterno, esattamente tra i capezzoli emetta l’altra mano sopra quella mano”.

Quando ci comunica di aver posizionatocorrettamente le mani si iniziano le CTE:“ora comprima per circa 5 centimetri con ilsolo palmo della mano che tocca il toracecome se lo stesse pompando. Lo facciaper 30 volte, contiamo insieme ad alta vo-ce! Se sente degli scricchiolii o dei rumoriossei non si preoccupi perchè è normale”.

Dopo ogni serie da 30 CTE viene rivalu-tato il respiro, se non si hanno cambia-menti dello stato della vittima si continuacon una nuova serie di compressioni finoall’arrivo del mezzo di soccorso. In questafase che risulta altamente stressante perl’astante sia psicologicamente che fisica-mente bisogna incoraggiarlo nel miglioredei modi con frasi del tipo: “Brava, così glieventuali danni verranno ritardati”, “i soc-corsi tra pochi minuti saranno da lei, conti-nui così! Se c’è qualche altra persona incasa che può sostituirla si faccia dare ilcambio così sarà meno faticoso per lei!”

Immagine 2:Le istruzioni pre-arrivo come anello integrante della “catena della sopravvivenza”

Immagine III: Tipo di approccio in base alla competenza del soccorritore.

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14 Infermiere a PaviaPAGINA

GLI OSTACOLI DELLE ISTRUZIONIPRE-ARRIVO

Nonostante l’associazione nota tra leCTE effettuate da astanti e la sopravviven-za, la prevalenza di questi interventi è inac-cettabilmente bassa nella maggior partedei sistemi di emergenza con statisticheche oscillano dal 27% al 33%.7

I motivi più rilevanti per cui gli astantinon mettono in atto le istruzioni pre-arrivosono:• il rifiuto di toccare la vittima per paura di

contrarre malattie infettive;• il timore di arrecare ulteriori danni;• stato emotivo del chiamante che, essen-

do agitato, non riesce a recepire o amettere in atto le informazioni del dispat-cher;

• limitazioni fisiche del chiamante soprat-tutto se ad effettuare la chiamata è unapersona anziana o affetta da qualche li-mitazione fisica.

• altre condizioni come cattivo odore, pa-ziente sporco di sangue o vomito.8-9

Alcuni sociologi hanno studiato inoltrequale impatto ha sull’astante la presenzadi altre persone alle manovre di primo soc-corso. Sebbene la probabilità di trovarequalcuno formato per eseguire RCP in unafolla aumenta, il comportamento di aiutosarà ridotto perché inibito dalla presenzadegli altri “spettatori”.

Dato che una comunicazione efficace èalla base del DLS, un altro ostacolo non dapoco è emerso dalle barriere linguisticheche, soprattutto negli ultimi anni, sono au-mentate per l’incremento di persone stra-niere transitanti o stabilmente domiciliatenel nostro Paese.10

CONCLUSIONI

Nella maggior parte dei casi molti astan-ti si astengono dal toccare la persona perpaura di arrecarle dei danni; ciò accade acausa della mancata conoscenza dellemanovre di primo soccorso. In Italia, a dif-ferenza degli Stati Uniti, c’è una scarsa in-formazione riguardo a queste problemati-che. Per ovviare a questo problema si do-vrebbe lavorare su più fronti.

Per quanto riguarda i giovani, il futurodel nostro Paese, dovrebbero essere sov-venzionati progetti nelle scuole seconda-rie, cosi come soprattutto negli anni ’90 èstato fatto per la prevenzione delle malat-tie sessualmente trasmissibili, organizzan-do incontri sia teorici che pratici. In questomodo fin dall’adolescenza si potrebbe in-tervenire sugli ostacoli delle istruzioni pre-arrivo sperando di sensibilizzare gli alunnia questo argomento.

Sarebbe interessante proporre anchedei programmi educativi attraverso i mass-media sul riconoscimento dei segni/sinto-mi e come procedere nell’attivare i soccor-si ed eseguire le prime manovre. Un im-portante passo sarebbe, inoltre, aumenta-re il contatto tra personale sanitario e citta-dini attraverso simulazioni pratiche duran-te manifestazioni di prevenzione alla salu-te. In seguito ad un tal tipo di approccio, sipotrà volgere lo sguardo verso prospettivemigliori dal momento in cui i cittadini sa-ranno in grado di affrontare un’eventualesituazione di soccorso in modo più deciso,riducendo ancor più i tempi di interventoda parte del Sistema Sanitario di Emer-genza Extraospedaliera.

1 Pontecorvo L., Spaziani C., MontoneR., Cosentino N., Minelli S., Niccoli G.(2011), “Sul fenomeno del no-reflowmiocardico nei pazienti con infartomiocardico.”, Recenti Prog Med; 102pp: 53-57

2. Shin-ichi A., Imamura H., Sekiguchi Y.,Iwashita T., Hirano R., Ikeda U.,Okamoto T. (2011) “Incidence andMortality of Acute Myocardial Infarc-tion”, Int Heart J, 52 (4) pp: 192-202

3. Castrén M., Bohm K., Kvam A., BovimE., Christensen E., Karlsten R. (2011),“Reporting of data from out-of-hospitalcardiac arrest has to involve emer-gency medical dispatching. Taking therecommendations on reporting OHCAthe Utstein style a step further”,Resus-citation 82 pp: 1496-1500

4. Bohm K., Hollenberg J., Biber B., En-gerstrom L. (2007), “Dispatcher-assist-ed telephone-guided cardiopulmonaryresuscitation: an underused lifesavingsystem”, European Journal of Emer-gency Medicine, 14 (5) PP:256-259

5. Iwami T., Kawamura T., Hiraide A.,Berg R., Hayashi Y., (2007), “Effective-ness of Bystander-Initiated Cardiac-Only Resuscitation for Patients WithOut-of-Hospital Cardiac Arrest”, Circu-lation, 116 pp: 2900-2907

6. Hüpfl M.,Selig HF., Nagele P. (2010)“Chest-compression-only versus stan-dard cardiopulmonary resuscitation: ameta-analysis”, Lancet 6 pp:376-382

7. Hess E., White R. (2010), “OptimizingSurvival from Out-of-Hospital CardiacArrest”, J Cardiovasc Electrophysiol,21 pp: 590-595

8. Lerner E. (2008), “Cardiac arrest pa-tients rarely receive chest compres-sions before ambulance arrival despitethe availability of pre-arrival CPR in-structions”, Resuscitation, 77 pp: 51-56

9. Sayre M., Berg R., Cave D., Potts G.(2008), “Hands-Only (Compression-Only) Cardiopulmonary Resuscitation:A Call to Action for Bystander Re-sponse to Adults Who Experience Out-of-Hospital Sudden Cardiac Arrest”,Circulation 117 pp: 2162-2167

10. MeischkeH., Chavez D., Bradley S.,Rea T., Einsenberg M. (2010), “Emer-gency Communications with limited-english-proficiency populations”, Pre-Hospital Emergency Care 14 pp: 265-271

Bibliografia

* InfemiereOrtopedia e traumatologiaHumanitas di Rozzano

L’autore

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I mutamenti sociodemografici e i pro-gressi della medicina hanno profonda-mente cambiato lo scenario dei bisogniassistenziali nel nostro Paese così come inaltri paesi occidentali, spostando l’assedelle cure dalle patologie acute a malattiecroniche, spesso coesistenti tra loro, as-sorbendo una porzione sempre maggioredella spesa sanitaria. La cronicità è quindiil nuovo panorama con cui i professionistie le istituzioni devono confrontarsi per svi-luppare strategie efficaci e sostenibili.L’esigenza primaria di offrire ai pazientichiari punti di riferimento lungo tutto il per-corso di cura può trovare fondamento so-lo nella consapevole messa in atto di espli-cite scelte gestionali, condivise dalle diver-se figure sanitarie e sostenute a livello isti-tuzionale. Tuttavia la risposta complessivadel sistema ai bisogni di questi pazientinon è tuttora ottimale causa eterogeneitàculturali, professionali, organizzative pre-senti a tutti i livelli e causa mancanza di uncoordinamento adeguato, che conduconoad un’assistenza spesso discontinua eframmentaria. Emerge pertanto la necessi-tà di stabilire i ruoli e le responsabilità del-le diverse figure nell’ambito di una nuovaed efficiente rete assistenziale rivolta al pa-ziente cronico, che si snodi essenzialmen-te a livello territoriale.

L’attuale rapporto ospedale-territorio ècaratterizzato da un’insufficiente comuni-cazione tra le strutture sanitarie, i medicispecialisti e di medicina generale , gli in-fermieri e i diversi professionisti coinvolti,legata ad una mancata condivisione diprotocolli diagnostico-terapeutici-assisten-ziali che disegnino percorsi ad hoc. Laneuro-oncologia, paradigma di quantoenunciato finora, è la branca della neurolo-gia che si occupa di tumori primitivi e se-condari del sistema nervoso centrale, daprimitività d’organo o di origine ematologi-ca, ma comprende anche tutte le compli-canze neurologiche dirette o indirette,quali l’epilessia, le sindromi paraneoplasti-che, i disturbi metabolici, iatrogeni radio-indotti o relati a chemioterapici, le compli-canze infettive.

A Pavia operano 3 IRCCS (FondazioneS. Maugeri, Istituto Neurologico NazionaleC. Mondino, Fondazione Policlinico S.Matteo) in grado di fornire in modo com-plementare tutti gli interventi essenziali in

ambito neuro-oncologico. Il gruppo di la-voro neuro-oncologico si fonda sulla mul-tidisciplinarietà delle competenze ed inclu-de: neurologi, oncologi, neurochirurghi,neuroradiologi, anatomo-patologi, radiote-rapisti, neuroriabilitatori e medici di medi-cina generale operanti sul territorio.

Nel 2013 è stata completata la stesuradel Percorso Diagnostico Terapeutico As-sistenziale Territoriale (PDTA) patrocinatodal Dipartimento Interaziendale Provincia-le Oncologico, che ha l’obiettivo di miglio-rare, nella provincia di Pavia, la gestioneintegrata del paziente con tumore cerebra-le attraverso una conoscenza più precisaed un più appropriato utilizzo dei servizi edelle risorse presenti sul territorio. Più pro-priamente, il ruolo del PDTA varia a secon-da delle fasi della patologia: – nella fase diagnostica esso avrà lo sco-

po di ottenere un inquadramento defini-tivo della patologia neuro-oncologicaprimitiva o secondaria, anche mediantecoordinamento dell’equipe multidisci-plinare

– nella fase terapeutica contemplerà lasomministrazione di chemioterapici inregime di DH o MAC

– nelle fasi successive fornirà un validoaiuto per affrontare eventuali compli-canze sopraggiunte nell’iter terapeuti-co-assistenziale, sia mediante ricoveroche tramite visita ambulatoriale.

La principale criticità infatti riguarda pro-prio la presa in carico nella fase post-ospedaliera, coincidente con il follow-updopo la diagnosi e la terapia chirurgica,dalla quale inizia per molti pazienti un per-corso disordinato in cui non è esplicitatoun chiaro iter assistenziale, stante il rischiodi non beneficiare di un’adeguata continui-tà di cure, di un sufficiente monitoraggioclinico e di un riferimento chiaro in caso dibisogno. Secondo i dati forniti dall’U.O diNeuro-oncologia dell’Istituto NeurologicoNazionale Casimiro Mondino, il paziente infase di stabilizzazione/progressione dellamalattia incorrerebbe maggiormente nel ri-schio di sviluppare complicanze dovute adun’inadeguata assistenza domiciliare, tra-ducibile in aumento dei tempi di degenza,rispetto a pazienti acuti o in riabilitazionepost-chirurgica. Basti pensare che il nu-mero medio di giorni di ricovero attesi perun paziente acuto sono 8 contro i 15,7

La continuità assistenziale in neuro-oncologia

* Federica Vinco

RIASSUNTODa qualche decennio, grazie ai pro-gressi della medicina, vi è stato unospostamento dell’asse delle cure dallepatologie acute a quelle croniche, an-che per quanto riguarda la neuro-on-cologia, evento che ha cambiato an-che la natura dei bisogni del paziente,volti soprattutto a ricercare dei chiaripunti di riferimento nel periodo post-di-missione. A questo proposito rivesto-no un ruolo di spicco l’infermiere casemanager che, avvalendosi del PDTA,garantirà, insieme alle autorità prepo-ste alla continuità assistenziale sul ter-ritorio, una presa in carico dell’assisti-to personalizzata e affrontata a livellomultidisciplinare.

SUMMARyDuring the last years, thanks to ad-vances in medicine, there has been ashift from acute to chronic diseases inthe axis of care, in the field of neuro-oncology too, an event that haschanged patient’s needs, primarily re-searching clear milestones in post-dis-charge period. In this regard nursecase manager plays a key role to en-sure, together with the territorial au-thorities, personalized and multidisci-plinary taking charge of the patient.

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16 Infermiere a PaviaPAGINA

giorni di un paziente in osservazione post-acuta a bassa intensità di cura.

È stato registrato inoltre un incrementomedio di circa il 70% della durata delle de-genze per i pazienti destinati a reparti dicura delle complicanze a bassa intensitàassistenziale. Non possono essere curati adomicilio per necessità assistenziali a bas-sa intensità circa il 75% degli utenti alletta-ti ed il 90% degli utenti allettati con esiti diemergenze medico-chirurgiche quali le-sioni da decubito, infezioni polmonari/ve-scicali, sindrome da allettamento. Questasituazione porta frequentemente il pazien-te ad utilizzare le strutture sanitarie in mo-do improprio per complicanze spesso evi-tabili. Inoltre, ulteriore elemento da nonsottovalutare, è il carico emotivo che gravasul paziente ed i suoi famigliari. Per aiuta-re a superare tali difficoltà, potrebbe giova-re l’individuazione di un trait d’union framalato, staff medico, personale sanitario ele autorità predisposte all’assistenza so-ciale sul territorio, per garantire una curaed una presa in carico personalizzata edaffrontata in modo multidisciplinare.

Infatti esiste oggi un ampio consenso inoncologia sulla necessità di promuoveregruppi multidisciplinari in grado di erogareprestazioni di eccellenza basati su lineeguida condivise e aderenti alle evidenzescientifiche. La creazione di reti regionali enazionali dedicate a patologie di conside-revole impatto come questa, consente dimigliorare l’omogeneità e l’appropriatezzadelle prestazioni offerte e di garantire a tut-ti i pazienti l’accesso ai trattamenti cherappresentano il “gold standard” per la lo-ro patologia. La rete neuro-oncologica re-gionale può rappresentare lo strumentoche consente l’estensione del modello dicure domiciliari alle principali strutture

ospedaliere coinvolte nella gestione delpaziente affetto da neoplasie cerebrali.

La condivisione delle procedure di presain carico, delle linee guida di trattamento edei percorsi di integrazione socio-sanitariarenderà possibile offrire a tutti i pazienti af-fetti da questa grave patologia prestazionisanitarie adeguate alla complessità dei bi-sogni ed al contempo un contenimentodella spesa per prestazioni inappropriate.

L’assistenza domiciliare erogherà pre-stazioni infermieristiche, mediche, psicolo-giche, riabilitative e socio-assistenziali atti-nenti alla sfera delle cure di supporto epalliative. Il modello di cure domiciliarineuro-oncologiche è caratterizzato dallapresa in carico del malato per tutta la du-rata della malattia e modula le prestazioniofferte in base ai bisogni assistenziali chevariano dalla fase di dimissione (media in-tensità) a quella di remissione della malat-tia (bassa intensità) fino alla fase terminale(alta intensità).

Il professionista in grado di attivare ri-sposte assistenziali adeguate ai bisognidella fase di malattia, con capacità di ge-stire sul territorio procedure sia tecnicheche organizzative si identifica con la figuradell’infermiere Case Manager. Egli, oltread essere responsabile dell’attività di nur-sing, avrà il compito di rilevare i problemireali o potenziali del paziente e della suafamiglia e di rispondere ai bisogni dell’as-sistito con interventi attuati in collaborazio-ne con l’equipe multidisciplinare che coor-dina, facilitando la comunicazione tra imembri della stessa, evitando così sovrap-posizioni di ruoli e ripetizioni di procedure;dovrà possedere specifiche conoscenzerelativamente alla patologia dell’individuoe basare il proprio operato sulle migliorievidenze scientifiche.

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17Numero 1-2/2015 PAGINA

Bibliografia

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– Istituto Nazionale Tumori Regina Elena-Portale di neuro-oncologia, in rete :http://www.portaleneuroncologia.it/

– S. Borsari, La continuità assistenzialetra ospedale e territorio, in rete http://www.comune.modena.it,21/09/06

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– Ipasvi “La prassi del case managementinfermieristico in Emilia-Romagna:l’identikit professionale del case mana-ger infermieristico” in rete:http://www.ipasvi.it

– Evidence Based Nursing “Progetto Ca-se Manager” in rete: http://www.evi-dencebasednursing.it

Si premurerà di predisporre servizi eprestazioni in base alla fase della malattiafacilitando l’accesso alle strutture sanitariein base alle necessità;, promuoverà l’auto-determinazione dell’individuo sempre nelrispetto della sua volontà, garantirà reperi-bilità telefonica costante, favorirà la com-pliance del malato e dei suoi famigliari alpiano terapeutico-assistenziale valutando-ne costantemente l’efficacia e modifican-dolo, se necessario, durante l’iter assisten-ziale in modo da renderlo funzionale allemutate necessità. Come ben sappiamo, ilmomento della dimissione, con il passag-gio da un’assistenza sanitaria 24 ore su 24ad un livello assistenziale ridotto nel tem-po e nell’intensità, è delicato poiché il pa-ziente esce da una situazione protetta perdoversi confrontare con la quotidianità adomicilio, dove spesso i famigliari si vedo-no costretti ad affrontare difficoltà burocra-tiche, problemi organizzativi, tempi di atte-sa prolungati che possono causare un ri-tardo di intervento. La mancata integrazio-ne ospedale-territorio può provocare di-missione precoci o non organizzate oppu-re prolungamento dei ricoveri oltre i tempiappropriati di trattamento. Si ritiene quindinecessario perseguire un modello di con-tinuità assistenziale di cura, che si traducain un percorso terapeutico-assistenzialeprotetto, con accessi facilitati alle struttureambulatoriali di degenza, realizzabile me-diante un’integrazione ed un confrontocontinuo tra Azienda Ospedaliera, ServiziASL e Distretti Socio-Sanitari.

A questo proposito, l’infermiere CaseManager, in collaborazione con i membridel team interdisciplinare, e avvalendosidel PDTA, potrebbe sviluppare un pianoassistenziale con modalità di trattamentied interventi adeguati alle necessità del

paziente e della sua famiglia e facilitare ladimissione dall’ospedale pianificando unprogramma di assistenza infermieristica adomicilio, garantendo quindi la “dimissio-ne protetta”, ovvero il passaggio organiz-zato da un setting di cura ad un altro rivol-to agli utenti “fragili” affetti da più patologiecroniche, da limitazioni funzionali o disabi-lità. In conclusione, possiamo affermareche le strutture sanitarie del territorio (ASL,AO, Medicina Generale, Associazioni divolontariato) hanno le risorse e l’esperien-za adeguate per rivestire un ruolo fonda-mentale ovvero quello di garantire la con-tinuità assistenziale in funzione delle spe-cifiche competenze geografiche e che imodelli sanitari basati sulla continuità assi-stenziale sono caratterizzati da una forteintegrazione ospedale-territorio e hanno loscopo di mettere “in rete” le diverse risor-se sanitarie; ma è solo grazie al coordina-mento delle diverse istituzioni e figure pro-fessionali che si riesce a fornire un’assi-stenza personalizzata nel rispetto delle di-versità di ognuno.

* InfermieraU.O. Neurologia GeneraleIstituto Neurologico C. Mondino, Pavia

L’autore

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18 Infermiere a PaviaPAGINA

Un ostacolo all’efficacia della valutazio-ne consiste nella riluttanza ad assumersi laresponsabilità di esprimere dei giudizi ne-gativi. Per superarlo è necessario ricorda-re che la valutazione negativa di un dipen-dente non necessariamente significa il suolicenziamento: può anzi servire a indiriz-zarlo a un impiego più rispondente allesue attitudini.

Se espressa con tutto il rigore necessa-rio e documentata dall’utilizzo di strumentiobiettivi, una valutazione negativa sarà dif-ficilmente contestabile e consentirà all’or-ganizzazione di investire risorse sulle per-sone più meritevoli.

Un aspetto importante della valutazioneè il fatto che dovrebbe essere sempre lapiù obiettiva possibile, ma che, per forza dicose, conterrà sempre degli elementi disoggettività.

Per rendere espliciti i contenuti della va-lutazione, il coordinatore deve dotarsi del-la sensibilità e delle capacità necessarie,che certamente non sono di facile acquisi-zione. Elementi di aiuto in questo proces-

so sono una buona analisi delle propriequalità e dei propri difetti e l’esercizio co-stante delle capacità di osservazione e diascolto del personale.

Un concetto di grande importanza che èutile ribadire, è che valutare non significadare dei giudizi inappellabili sulle personein toto, ma utilizzare degli strumenti gestio-nali che servono sia al valutatore, sia al va-lutato per progredire.

La valutazione del personale fa parte in-fatti di un progetto complessivo che devetendere alla valorizzazione delle risorseumane di cui l’organizzazione dispone.

In linea generale gli obiettivi della valuta-zione del personale, possono essere cosìschematizzati:– migliorare le sue prestazioni e aumenta-

re il suo grado di integrazione;– realizzare un sistema premiante effica-

ce;– individuare le potenzialità individuali per

far fronte ai bisogni di crescita dell’orga-nizzazione e ai bisogni di sviluppo dellepersone;

– identificare i bisogni di formazione e ag-giornamento.Essa costituisce inoltre un elemento di

giudizio sull’efficacia delle procedure se-lettive: se le valutazioni del personale neo-assunto sono nel complesso positive, vuoldire che si è attuata una buona proceduradi selezione.

Circa il primo obiettivo è bene sottoli-neare che la valutazione costituisce un’oc-casione di crescita professionale per il mi-glioramento futuro delle prestazioni delpersonale, più che di un giudizio su com-portamenti passivi.

Se male applicata, essa può diventareuno strumento di oppressione e di mante-nimento di rapporti di forza; il suo sensopositivo è invece quello di favorire l’evolu-zione delle persone e dei gruppi di lavoro,premiando i comportamenti che possonoportare a un reale progresso dell’organiz-zazione.

Storicamente il primo oggetto della valu-tazione è l’individuo nella sua globalità,così come viene percepito dal valutatore.

Il coordinatore, per esempio, formula ilproprio giudizio confrontando le caratteri-stiche del collaboratore con un modellocomportamentale di carattere complessivo.

valutare la risorsa umana

* Davide Donadello

PREFAZIONEUn Coordinatore Infermieristico utilizza sistemi di valutazione in tutte le situazioni checomportano un giudizio sui propri collaboratori: per esempio, quando si esprime inmerito all’attribuzione dei premi previsti da istituti contrattuali, quando promuove odestituisce da un incarico, o quando effettua o rifiuta un trasferimento.La valutazione del personale entra in gioco anche nel processo di selezione e inseri-mento, nella progressione di carriera e nell’erogazione dei sistemi di incentivazione.Questa sua presenza in tanti meccanismi organizzativi fa si che la valutazione delpersonale possa influenzare il clima interno dell’azienda, riflettendosi sugli stili di di-rezione prevalenti, sulle strategie di direzione del personale e sul grado di partecipa-zione dei lavoratori alle dinamiche gestionali.Per tutte le ragioni suddette, all’interno delle aziende è necessario, in nome dei prin-cipi sia organizzativi che etici, evitare i giudizi improvvisati e arbitrari, realizzando in-vece sistemi di valutazione controllati, soggetti a regole definite, tali da assicurare aicollaboratori uniformità di applicazione e di trattamento.Tra gli strumenti maggiormente utilizzati compaiono le schede valutative che forni-scono, secondo criteri oggettivi e soggettivi, una valutazione in toto del dipendente.Dal punto di vista dei collaboratori la valutazione rappresenta un diritto e un dovere. Con il termine diritto, ci si riferisce alla legittima esigenza di ogni appartenente a unsistema organizzativo sia di vedersi riconoscere il merito di un lavoro ben impostato,sia di ricevere opportuni consigli su azioni di miglioramento relative ai punti deboli di-mostrati.Il dovere, è quello di accettare giuste critiche per i compiti male eseguiti, o comun-que da svolgere in maniera più adeguata.Nessuno è nato giudice degli altri, ma le abilità valutative si possono apprendere conbuoni studi e con l’esercizio quotidiano, comunque, alla base di qualsiasi processodi valutazione degli altri sta la conoscenza approfondita di sé.

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Questo modello può essere esplicito(quale collega più anziano con doti parti-colari) o, più frequentemente, implicito (unipotetico collaboratore ideale).

Concorrono a far formare l’opinione sulvalutato dei tratti di personalità, capacità,attitudini, atteggiamenti, eccetera.

Tutto ciò conduce alla formazione di ungiudizio globale del tipo: “L’infermiere Ver-di è bravo”, oppure: “L’infermiere Rossi èscadente”.

Appare evidente l’estrema soggettivitàdi un giudizio così formulato, il cui esito,nella grande maggioranza dei casi, nonviene esplicitamente comunicato all’inte-ressato.

Questi ne può al massimo dedurre il te-nore dagli affetti gestionali che lo riguar-dano: la proposta o meno di un incaricodi maggior responsabilità, il trasferimen-to o meno a un’unità operativa ambita,eccetera.

Un altro oggetto di valutazione, svilup-patosi in seguito, fa riferimento ancora al-l’individuo, ma stavolta in modo analitico,attraverso il confronto tra il suo modo di la-vorare e una serie di fattori predefiniti, rife-riti a comportamenti operativi, organizzati-vi e gestionali attesi nel contesto dell’unitàoperativa.

I fattori di cui si parla possono essere,per esempio, la disciplina, il rendimento,l’impegno, l’iniziativa, la capacità di rap-porto, la responsabilità, la creatività, la ca-pacità di programmare e organizzare e co-sì via.

Questo è forse il metodo tuttora mag-giormente utilizzato, anche perché è quel-lo più facile e pratico.

Nelle forme attuali si giudica in che mi-sura il collaboratore possiede i requisitiprevisti collocando ogni suo singolo com-portamento analizzato a un determinatogrado di una scala del tipo “ottimo”, “buo-no”, “sufficiente”, “da migliorare”, e attri-buendo un punteggio a ognuno dei gradiassegnati (esempio: 4 per “ottimo”, 3 per“buono”, e così via).

Alla fine si emette un giudizio complessi-vo derivante dalla somma dei punteggiparziali. Poiché è particolarmente impor-tante la scelta dei fattori, va precisato chequesti devono essere:– significativi rispetto alle finalità della va-

lutazione;– facilmente individuabili da parte del va-

lutatore e di interpretazione univoca;– facilmente comprensibili e possibilmen-

te condivisi dal valutato;– idonei a valutare determinate caratteri-

stiche e non l’individuo in generale.Appare evidente che rispetto al sistema

precedente, questo presenta un maggiorgrado di oggettività.

Per quanto riguarda la comunicazione

con il valutato, si tende a informarlo sui fat-tori (rendimento, puntualità, impegno, ec-cetera) in relazione ai quali verrà espressoil giudizio.

Se applicata correttamente, la valutazio-ne dei meriti può produrre importanti risul-tati positivi in quanto costituisce un’ottimabase di partenza per l’attuazione di un si-stema premiante, ed è uno strumento ido-neo all’individuazione delle esigenze diaddestramento e formazione.

Il terzo oggetto di valutazione che si èsviluppato nel tempo, consiste nei risulta-ti di lavoro della persona, considerati in-sieme ai comportamenti organizzativi.

Si tratta di valutare, con riferimento allaposizione ricoperta dal valutato, non gene-rici meriti individuali, ma la qualità e laquantità delle prestazioni, unitamente al-l’adesione agli obiettivi aziendali.

Questo metodo è utilizzato in un nume-ro non elevato di casi, perché la sua appli-cazione presenta una certa complessità.

Un primo punto di difficoltà applicativa èche richiede preliminarmente un’analisidelle prestazioni, cioè un esame approfon-dito delle caratteristiche delle prestazionidi lavoro: tipo di attività svolta, tempi di at-tuazione, qualifiche coinvolte, interazioninecessarie, responsabili del controllo, ec-cetera.

Infatti, è solo da una buona identificazio-ne di “ chi fa che cosa ” che quel “ che co-sa ” può essere misurato nel suo grado direalizzazione.

I metodi presedenti potevano anche pre-scindere da una predefinita e precisa valu-tazione dei compiti, perché oggetto di va-lutazione era l’individuo in sé con le suecaratteristiche, che rimanevano tali anche

di fronte a lavori diversi.Con questo sistema invece, i risultati di

lavoro non sono disgiunti dai comporta-menti messi in atto per realizzarli, ma si af-fronta con decisione la valutazione del ri-sultato raggiunto, cioè di un valore che, al-meno in linea teorica, è più facilmente mi-surabile delle caratteristiche individuali;cambia la comunicazione dei risultati dellavalutazione, poiché il valutato viene coin-volto in tutto il processo, partecipando alladefinizione dei risultati del suo lavoro.

L’evoluzione che stiamo esaminando haportato di recente a concentrare la valuta-zione del personale sul risultato raggiun-to a fronte di un obiettivo assegnato.

Nelle aziende sanitarie in cui si tende adapplicare i principi della direzione perobiettivi, il coordinatore definisce consen-sualmente con ciascuno dei collaboratorigli obiettivi e i relativi risultati di lavoro, cheessi devono raggiungere in un lasso ditempo prefissato; al termine la valutazioneverte sul livello di raggiungimento degliobiettivi, su come sono stati ottenuti o sulperché non vi è stata una loro completarealizzazione.

Un prerequisito fondamentale è un’effi-cace rilevazione organizzativa delle re-sponsabilità e delle incombenze affidate aciascuno, che è ancora più cruciale rispet-to al metodo precedente.

Dato il pericolo che gli obiettivi venganoconseguiti trasgredendo le regole di unacorretta gestione delle risorse affidate, sia-no esse umane, tecniche o finanziarie, unsistema di direzione per obiettivi richiedeaccanto alla valutazione dei risultati, l’ana-lisi dei comportamenti adottati per rag-giungerli.

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20 Infermiere a PaviaPAGINA

In questo senso la comunicazione fravalutatore e valutato è indispensabile.

Il metodo presenta il limite di essere uti-lizzabile per le posizioni in cui l’autonomiae la discrezionalità del professionista pos-sono influenzare significativamente i risul-tati a lui ascrivibili, ma di non esserlo per leposizioni sulle quali prevalgono influssiesterni di entità tale da non rendere i risul-tati direttamente imputabili al lavoratore.

È importante puntualizzare che la valuta-zione delle prestazioni rappresenta ancheuno strumento di sviluppo organizzativo.

Il processo che essa innesca in tutti i li-velli dell’organizzazione porta a un buongrado di standardizzazione dei comporta-menti e delle caratteristiche rilevanti perl’azienda al fine di ridurre il peso della sog-gettività.

Dalle classificazioni presentate, nonemerge l’assoluta superiorità di un siste-ma rispetto agli altri: per esempio, in fun-zione del tipo di organizzazione esistente,un metodo relativamente avanzato qualequello della direzione per obiettivi può ri-sultare inadeguato o addirittura contropro-ducente.

È utile quindi commisurare tutti i metodivalutati alle effettive esigenze dell’organiz-zazione nella quale ci si trova a operare,cogliendo in ognuno gli aspetti positivi ecercando di minimizzare quelli negativi.

Infine, bisogna tenere in considerazioneil tipo di posizione che si intende valutare:più le posizioni sono in basso nella scalagerarchica, più sono indicati i metodi ba-sati sull’oggettività della rilevazione delleprestazioni; più si sale nella scala gerar-chica, più sono da preferire i metodi chevalutano le caratteristiche personali delsoggetto e il grado di raggiungimento de-gli obiettivi assegnati.

Ogni valutatore deve conoscere i cosid-detti errori universali, cioè le distorsioni digiudizio in cui tutti possono incappare an-che involontariamente.

Una certa componente di distorsione èsempre presente negli atti valutativi, chesono legati ai meccanismi percettivi di chivaluta e quindi a visioni della realtà filtrateda componenti personali e soggettive.

È vero tuttavia che qualunque filtro per-sonale può essere controllato e minimizza-to se si ha una conoscenza adeguata deipiù frequenti meccanismi psicologici cheinfluiscono sul giudizio.

Essi si verificano maggiormente con i si-stemi di valutazione meno obiettivi, quellicentrati sui meriti; a mano a mano che siutilizzano sistemi più obiettivi, la frequenzadegli errori tende a diminuire.

D’altra parte, anche se si adotta il meto-do più obiettivo, il giudizio non sarà ade-guato qualora siano presenti elementi co-me la fretta, la superficialità o l’utilizzo stru-

mentale della valutazione, cioè il suo im-piego per scopi diversi da quelli dello svi-luppo dell’organizzazione.

Inoltre, va tenuto presente che l’obiettivi-tà della valutazione può essere influenzatada altri fattori:– il personale molto critico sull’operato de-

gli altri, a parità di performance, tenderàa ricevere valutazioni più basse rispettoa persone più serene e positive;

– quando il giudizio ha per oggetto dueprestazioni di diversa natura, una dellequali è meglio conosciuta dal valutatore,questi è di solito più esigente riguardoall’esecuzione di tale prestazione;

– il gruppo esercita un effetto sul singololavoratore: un’ottima persona in un grup-po mediocre verrà probabilmente sotto-valutata, mentre una grande équipe faràrisaltare persone che sarebbero di valo-re medio, se prese singolarmente.Un’area di valutazione di particolare in-

teresse è quella che apprezza in una per-sona le potenzialità di progredire profes-sionalmente oltre il livello attuale ricoperto:è la valutazione del potenziale.

È il caso, per esempio, del giudizio sulcollaboratore che il coordinatore può for-mulare quando, sapendo di doversi as-sentare per un certo tempo, ricerca un so-stituto.

Che cos’è il potenziale?Ognuno di noi possiede energie, attitu-

dini e abilità delle quali utilizza quotidiana-mente solo una parte, mentre l’altra restain una situazione di potenziale disponibili-tà: è questo surplus che può essere indivi-duato e valorizzato.

La concezione di potenzialità che si èvenuta affermando negli ultimi tempi èquella di un giudizio di sviluppabilità relati-vo, un apprezzamento che è riferito al do-mani, ma che mantiene solidi legami conle prestazioni fino a oggi: si basa cioè sulmodo in cui la persona ha lavorato negliultimi tempi, sui risultati che ha prodotto,sui comportamenti che ha posto in esserecon continuità.

Gli obiettivi della valutazione del poten-ziale sono in sintesi i seguenti:– conoscere con sistematicità caratteristi-

che, qualità e capacità di ciascun dipen-dente;

– riconoscere il suo contributo ai risultatidell’unità operativa;

– riconoscere il suo livello di impegno;– valorizzare le sue potenzialità di crescita

e di sviluppo professionale;– orientare nello svolgimento delle attività;– migliorare la qualità del servizio erogato;– individuare i bisogni di formazione;– utilizzare nel modo migliore le risorse

umane disponibili;– incentivare e sviluppare le capacità pro-

fessionali.

– Curina Cucchi C., Grassi M.; L’arte di di-rigere. Milano, De Vecchi Editore S.p.a.,2002

– Calamandrei C., Pennini A.; La leader-ship in campo infermieristico. Milano,McGraw-Hill, 2006

– Mohrman A.M. Jr. et al; La valutazionedei dipendenti. Milano, FrancoAngeli

Bibliografia

* Coordinatore InfermieristicoDHC (blocchi operatori E-F e servizio AcutePain Service)IRCCS “Humanitas”Rozzano (MI)

L’autore

Per mettere in atto un processo idoneo aperseguire tali finalità è necessario decide-re:– il tempo di orientamento prevalente nel

potenziale posseduto dal soggetto (peresempio, gestionale, tecnico o di ricer-ca);

– le possibili aree verso le quali il sogget-to può essere indirizzato;

– i tempi entro i quali può essere idoneo aoccupare posizioni diverse da quelle at-tuali;

– gli eventuali interventi di sviluppo (rota-zione di incarichi, formazione, eccetera)che possono rendersi necessari per mi-gliorare il potenziale.In senso lato, la valutazione del poten-

ziale è un giudizio che può contenere con-temporaneamente apprezzamenti sul-l’operato fornito ed elementi di scommes-sa sulle possibilità future del collaboratore.

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* Eleonora Romeo

vivere il dilemma etico e lacontenzione: strumenti per la gestionedel controtransfert nella relazione con il pazientepsichiatrico

ABSTRACT

Questo articolo vuole proporre una ri-flessione “alternativa” sull’applicazionedi mezzi di contenzione meccanica,mettendo in luce il vissuto emotivo del-l’infermiere, che sviluppa un rapportoempatico con il paziente psichiatrico ele modalità attraverso cui tali esperienzevengono elaborate ed affrontate, peressere quindi accettate e non più perce-pite come logoranti ed egodistoniche.A tal riguardo propongo una revisionedella letteratura in merito al problemaesposto, attraverso il reperimento diarticoli disponibili gratuitamente onlinee di letteratura scientifica provenientedai motori di ricerca PubMed/MedLinee Cochrane.L’infermiere è chiamato a confrontarsicon il paziente nella relazione d’aiuto eper farlo è necessario che sappia ac-costarsi ad elementi di psicodinamica,quali l’osservazione di transfert e con-trotransfert, e che conosca il senso an-tropologico della sua professione.L’analisi dei dilemmi etici che emergo-no dall’azione in regime di urgenza,promuove una riflessione che incorag-gia l’infermiere a prendere decisioniconsapevoli.La formazione, il confronto con l’équi-pe attraverso l’esposizione delle pro-prie emozioni come strumento di lavo-ro, conduce all’osservazione oggettivadel problema, orienta l’operatore al-l’elaborazione del proprio controtran-sfert e insegna a mantenere una di-stanza funzionale dal paziente, comeci esorta a considerare Schopenhauer.

ABSTRACTThis article wants to propose an “alter-native” reflection about the applicationof mechanical restraint, highlighting theemotional experience of Nurses, whichdevelops an empathetic relationshipwith the psychiatric patient and the waythese experiences are processed andaddressed to therefore be acceptedand no longer be perceived exhaustingand ego-dystonic. In this regard I pro-pose a review of the literature of theproblem exposed, through the retrievalof items available for free on line andscientific literature comingfromPubMed / Medline and Cochrane.Nurses have to confront with the patientin the relation of help and to make itpossible they need to know how to ap-proach elements of psychodynamic, asthe observation of transference andcountertransference and the knowl-edge of anthropological sense of theirprofession. Analysis of ethical dilem-mas that emerges from the action un-der the urgency, promotes a reflectionthat encourages nurses to make in-formed decisions.Training, comparison with the teamthrough the exposure of their emotionsas tool work, conducts to objective ob-servation of the problem, directs the op-erator to the elaboration of his own coun-tertransference and teaches lo maintaina functional distance from patient, asurges us to consider Schopenhaue.KEY WORDS: transference and coun-tertransference, attachment theory andemotional containment, ethics of re-straint, physical restraint, training innursing, equipe.

INTRODUZIONEQuesto articolo nasce in primo luogo da

una forte volontà introspettiva, dal bisognodi capire che cosa ci spinge a portare

avanti con fiducia la nostra professiooe,nonché dalla convinzione che non sia ve-ro che l’infenniere nell’esercizio dell’assi-stenza al paziente si costruisca delle ma-schere per affrontare il lavoro quotidianonell’Unità Operativa in cui è inserito, persopportare il dolore e la tragicità di taluneesperienze di vita.

Deriva inoltre da un quesito: “Che cosaprova un infermiere durante l’applicazionedi mezzi di contenzione meccanica e conquale vissuto emotivo convive l’operatoreche priva un altro essere umano, in condi-zione di fragilità, della propria libertà per-sonale?”.

Mi pongo, perciò, l’obiettivo di esamina-re gli interventi che possono essere messiin atto per gestire o rielaborare il vissutoemotivo dell’infermiere che applica mezzidi contenzione meccanica.

Il percorso che ho intrapreso mi ha por-tata a considerare l’utilizzo di teorie psi-coanalitiche, come sostegno per l’infer-miere che necessita di rielaborare la pro-pria esperienza controtransferale, al fine dinon più percepirla come logorante, ma,nella migliore delle ipotesi egosintonica.

Le teorie della Gestalt offrono una mo-dalità di apertura al dialogo e di possibilitàdi confronto con la persona, il che rappre-senta una valida possibilità terapeuticanon solo per l’assistito. Dirimere un dilem-ma etico significa trovare risposte a pro-blemi inediti, derivanti dalla relazione infer-miere-paziente, per questo motivo il ragio-namento critico ci offre la possibilità di nonsoccombere gravati dal peso della negati-vità delle emozioni che quotidianamenteproviamo, ma di rispondere alle problema-tiche derivanti dall’assistenza con raziona-lità.

Questo articolo vuole dimostrare chel'infermiere entra con tutto se stesso nellarelazione d'aiuto, con il suo passato e coni suoi obiettivi per il futuro, che non è cie-co davanti alla sofferenza, anzi è capace diaccoglierla, che è pronto a ferirsi, a riela-

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22 Infermiere a PaviaPAGINA

borare la propria esperienza allo scopo dioffrire contenuti tollerabili (applicando lateoria del contenimento emotivo) ai pa-zienti e a rispondere ai bisogni degli assi-stiti anche quando inespressi.

Mi propongo di esporre considerazionicirca la contenzione poste sul piano eticoed in merito alla relazione con la persona,sulla base della teoria di transfert, contro-transfert e attaccamento, di elaborare unastrategia per “umanizzare” la contenzione,rendendola quindi contenimento, conside-rando che spesso, purtroppo si tratti di unatto assistenziale necessario, ma che deb-ba sempre essere sostenuto dalla relazio-ne, che garantisca al paziente rispetto eche soprattutto protegga la persona, co-me dice Collière, da comportamenti di ca-re superficiali o peggio che non rechinosufficiente dignità all’essere umano.

METODI e STRUMENTIQuesto articolo vuole indagare quali sia-

no le strategie con cui un infermiere riela-bora i contenuti emotivi derivanti dall’appli-cazione di mezzi di contenzione meccanicaal paziente psichiatrico, all’interno dell’Uni-tà Operativa in cui svolge il suo incarico.

Per poter meglio comprendere gli statid’animo che l'operatore vive è necessarioporre la nostra attenzione sul significato di“Transfert e Controtransfert”1, termini concui un infermiere deve familiarizzare perpoter gestire al meglio la relazione con ilpaziente.

Transfer e controtransfert si autodeter-minano sulla base di flussi emotivi mai uni-direzionali che si muovono dagli operatori(siano essi medici, infermieri, terapeuti) ailoro pazienti e viceversa2.

Lo sforzo che la nostra professione ci ri-chiede è quello di slatentizzare i contenutiemotivi che ci caratterizzano in primis co-me persone al servizio di persone ed in se-condo luogo come infermieri, ed infine dicomprendere anche a posteriori, il motivodi taluni comportamenti da noi perpetuati.

È un compito difficile il nostro: essere ili-fermieri ci richiede quotidianamente di ac-costarci alla malattia, di farci carico dellasofferenza, per questo motivo dobbiamoimparare a leggere il nostro atteggiamentoed interpretare anche i contenuti inconscidel nostro agìto.

Il nostro ruolo talvolta ci porta ad assu-mere agli occhi dei pazienti tratti genitoria-li3, in particolar modo Collière4, ha definitoantropologicamente l’assistenza infermie-ristica come un sapere che nasce dalledonne, invitando gli infermieri ad aprirsi alpaziente ed in un’ottica di ascolto attivo,ad arricchire la propria esperienza delleparole degli assistiti, dei loro vissuti emoti-vi, in quanto unici, irripetibili e capaci di of-frire all'operatore un sapere mai standar-

dizzato. Così, a partire da una conoscenzatipicamente femminile, dalle madri, capacidi contenere le ansie dei figli, nasce il Nur-sing.

Ma noi infermieri sappiamo sempre ve-ramente essere un contenitore emotivodelle ansie dei nostri pazienti?

Siamo in grado di accogliere l'angosciae la frustrazione, la paura e la rabbia delpaziente contenuto (ammesso che la con-tenzione meccanica sia una risorsa triste-mente necessaria a cui fare riferimento)?

Come ci comportiamo quando provia-mo noi stessi rabbia e frustrazione?

Consideriamoci lo specchio del pazien-te, osserviamo come i sentimenti speri-mentati dal nostro assistito possano esse-re i nostri stessi sentimenti.

Imparare ad osservare questa dinamicaemotiva è fondamentale per poter restitui-re al paziente contenuti tollerabili e quindi“astrarre” il momento della contenzione,rendendolo quanto più possibile vicino al-l’essere soItanto un evento isolato, un’ex-trema ratio5, all’interno del processo di cu-ra, che sempre di più vuole discostarsi daquesta forma di coercizione.

RISULTATIDalla rappresentazione psichica del bi-

nomio madre-figlio si sviluppano tutte lerelazioni interpersonali successive.

Questo concetto trova fondamento nelrapporto affettivo, che sta alla base distrutture mentali primarie, come Es, lo, Su-per-Io6.

Il Sé-oggetto è quindi l’archetipo dellarelazione7.

Tra l’infermiere e il paziente si può speri-mentare con chiarezza questa relazione(Sé-oggetto) e quanto più il paziente si tro-va ad interfacciarsi a momenti di forte di-sgregazione, con tanta più forza emergo-no questi gruppi diadici, sotto forma di

sentimenti (anche violenti) e di profondivissuti emotivi.

Il paziente che si affida alle nostre cure,pone se stesso nelle mani dell’operatore,inconsciamente, con uno spirito del tuttosimile a quello che investe la relazionesperimentata nei confronti della madre.

È necessario quindi introdurre due con-cetti: quello di attaccamento e di conteni-mento.

Fonagy8, mutuando un pensiero deri-vante dalle teorie di Bowlby9, sostiene chetutte le relazioni che siamo in grado di in-trecciare nella nostra vita, originano uni-versalmente da una relazione primordiale,quella con i nostri genitori, in particolarequella con la madre, ma con Weiss10 otte-niamo occasioni di riflessione nuove inmerito a queste teorie: egli osserva infattiche il rapporto operatore sanitario-pazien-te e madre-figlio è correlabile, analizzandole dinamiche di attaccamento, che emer-gono con maggior vigore, soprattutto inmomenti “di tensione emotiva, di stress edi pericolo”11.

Bowlby evidenzia tre tipologie di attac-camento, che definisce stili, ovvero tre mo-dalità di rapportarsi con il paziente all'inter-no della relazione d'aiuto: la qualità rela-zionale dell’peratore è catalogata in baseal suo atteggiamento nei confronti del pa-ziente, di tipo distanziante, preoccupato osicuro12.

Per questo motivo, qualsiasi atteggia-mento esercitiamo nei confronti del pa-ziente, darà luogo a reazioni nei nostriconfronti, dello stesso tipo.

Possiamo definirla “reazione a Boome-rang” e dobbiamo evitare di sottrarci aquesta condizione, altrimenti non potremomai comprendere i motivi di un comporta-mento siano essi del paziente, o nostri inqualità di operatori.

L’applicazione di mezzi di contenzionemeccanica comporta sempre non solonell'infermiere, ma anche nell’équipe, lacomparsa di dilemmi etici, derivanti dalconflitto tra i nostri obiettivi, l’essere infer-miere, il nostro Codice Deontologico e unacondizione in cui, in regime di urgenza o diescalation del paziente, siamo costrettidalle circostanze a farvi riferimento.

Anche in questi momenti critici dobbia-mo confrontarci con i principi etici, che so-no per noi una guida, un’àncora che ci tie-ne allineati alla best practice, capace di of-frirci una modalità scientifica e razionale diagire, valutando in maniera olistica le no-stre decisioni.

Il ragionamento etico rappresenta quindisia una modalità di gestione positiva delpaziente, che una possibilità di osservazio-ne del nostro controtransfert nei confrontidell’assistito, capace di fornirci possibilitàargomentative sulla nostra condotta.

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DISCUSSIONEHo già espresso la necessità di sottoli-

neare quanto l’Infermieristica si nutra diconcetti e di teorie derivanti da un saperedi ambito psicologico-psicoanalitico, inquanto non esiste il Nursing, se escludia-mo da questa disciplina il dialogo, l’osser-vazione, la vicinanza emotiva, quindi l’em-patia, nei confronti del paziente.

Non è semplice mettersi in discussione,ma è necessario farlo, per potersi allonta-nare dal pregiudizio e dialogare con lapersona. Serve una forte motivazione percomprendere l'altro senza rimanerne an-nientati.

Collière nell’opera “Aiutare a Vivere” sot-tolinea che l’lnfermieristica nasce dal sa-pere delle donne: le donne curano, accu-discono, le donne riabilitano e non si sot-traggono ad interventi “umili” volti all’inten-dimento e al soddisfacimento dei bisogniprimari dei pazienti. Possiamo quindi ra-gionevolmente affermare che la stessa Co-lIière ci ha condotti sulla via della riflessio-ne, in merito alle teorie dell'attaccamento edel contenimento emotivo.

Per poter gestire quindi il nostro contro-transfert dai contenuti negativi e logoranti,quando si tratta di applicazione di mezzi dicontenzione dobbiamo innanzitutto auto-comprenderci, avvicinarci al paziente e rie-laborare insieme. Bisogna saper essere esaper divenire13, poiché la relazione con lapersona pone l’assistito al centro del pro-cesso di cura, ma l’infermiere intraprendeun cammino che ne determina l’evoluzio-ne personale e professionale accanto alsuo paziente.

Dobbiamo saperei confrontare conl’équipe di cui facciamo parte, perché, inquanto learning organization, accostarsi,con volontà di migliorarsi, ai propri colle-ghi (siano essi medici, infermieri o tera-peuti) significa crescere.

Confidare alla propria équipe i senti-menti che emergono dalla relazione con ilpaziente ci permette di imparare dai nostrierrori e di non sbagliare invano, perchédalla rielaborazione del nostro agito e delnostro vissuto si determina la gestione delnostro contenuto emotivo.

Evitare di rinchiudersi in un rapportoduale con il paziente ci allontana dal burn-out e dal rischio di colludere14, e ci offreuna possibilità di accostare la nostra espe-rienza a quella degli altri membri dell’équi-pe, promuovendo la crescita del gruppo,evitando la sensazione di sentirei giudicatiper le nostre azioni o in condizione di infe-riorità rispetto ai colleghi o in rapporto diverticalità nei confronti degli altri compo-nenti15.

Il punto di forza dell’infermiere deve es-sere la formazione, senza la quale non riu-sciremo a ridurre l’utilizzo di mezzi di con-

tenzione ed a misurarci con noi stessi econ le nostre emozioni.

Dal G.A.T. (Gruppo di ApprofondimentoTecnico) otteniamo le indicazioni più rile-vanti per raggiungere il nostro obiettivo:l’adozione di una filosofia di cura che pon-ga al centro l’assistito, utilizzare un regi-stro delle contenzioni informatizzato, conindicatori, che evidenzino gli eventi senti-nella e gli eventi correlati, utilizzare stru-menti di implementazione che permettanodi rielaborare i dati, ma osserviamo comeancora una volta sia affidata alla nostra for-mazione la riuscita del nostro lavoro: “Pro-muovere la formazione di tutti i soggetticoinvolti, sanitari e non, per favorire prati-che appropriate di gestione delle situazio-ni a rischio che siano in grado di arrestarei fenomeni di escalation”16.

Tutto questo è realizzabile con percorsidi addestramento e training, che incentivi-no una cultura di gruppo, “che favoriscacoesione dell’équipe, condivisione dei va-lori di riferimento, sviluppo di competenzeprofessionali trasversali che mettano l'ope-ratore in grado di agire sempre in base adecisioni cliniche piuttosto che a regolepredeterminate.

La realizzazione di un clima di repartobasato sul rispetto del singolo, sull'ascoltoe l'accoglienza è senza dubbio il primopasso per detendere l'aggressività e, nelcontempo, una leadership, capace di valo-rizzare i singoli operatori nel rispetto dellespecifiche professionalità, rappresenta lagaranzia di un processo terapeutico inte-grato”17.

CONCLUSIONIConoscere se stessi implica un appro-

fondimento, in un’ottica introspettiva, circai propri limiti e questa consapevolezza ol-tre che essere una grande virtù nell'etica dicura, in quanto “predisposizione caratte-riale dell’agente morale”, è anche unapossibilità per l’infermiere di rielaborare ilproprio controtransfert.

Nella relazione d'aiuto è nostro compito“prestare ascolto ai terrori anonimi”, “aiu-tare il paziente a sostenere le angosceschiaccianti” e secondo una visione ge-staltista, è persino possibile anzi terapeuti-

co, nella misura in cui la persona contenu-ta percepisce vicinanza, permettere al pa-ziente di capire che siamo toccati da ciòche da lui è stato proiettato, che siamocombattendo con lui per sopportarlo e persupportalo. Anche questa teoria ci permet-te di rivedere il dolore e la sofferenza danoi percepita, derivante dal nostro lavoro.

La formazione all’autoanalisi è quindiuno strumento importante per la crescitaprofessionale e per la gestione dei conte-nuti emotivi sperimentati durante il nostrolavoro, così come l’educazione continuaorienta le équipe curanti nella ricerca dinuove conoscenze e competenze affinchési possano sperimentare metodologie estrategie alternative per la gestione del-l’aggressività, che, come sostenuto dalGAT, dovrebbero trovare fondamento nelconfronto fiducioso con il paziente.

Oltre che a provvedere all’acquisizionedi nuove capacità relazionali, derivanti di-rettamente dalla riflessione in merito adesperienze sul campo, il confronto apertocon l’équipe, è la chiave di lettura di tuttele emozioni e del vissuto controtransferaledell’operatore, che quindi riesce a riporta-re la percezione della situazione sperimen-tata su un piano di oggettività, quindi diminore sofferenza.

Per concludere vorrei introdurre una ri-flessione sulla Metafora del Porcospino:

Alcuni porcospini, in una fredda giornatadi inverno per sopravvivere al freddo, sistrinsero l’un l’altro. Ben presto però senti-rono le reciproche spine e il dolore li co-strinse ad allontanarsi.

Quando poi il bisogno di riscaldarsi liportò nuovamente a stare insieme, si ripe-tè quell’altro malanno; di modo che veniva-no sballottati avanti e indietro fra i due ma-li.

All’inizio per loro è stato difficile capirequanto potersi accostare agli altri, perchéin un caso rischiavano di ferirsi con gli acu-lei dei vicini, ma nell’altro si sarebbero irri-mediabilmente esposti alfreddo.

Con il tempo, con l’esperienza, hannocapito quanto vicini potessero stare senzapungersi, ma riscaldandosi.

Ho voluto citare questo aneddoto diShopenhauer, con l’intenzione di mostrareda una prospettiva magari non innovativa,ma insolita, quanta fatica compie un infer-miere rispondendo, nell’interesse del pa-ziente, all’esigenza di ricevere aiuto.

La metafora del porcospino può essereutile a comprendere quanto equilibrio sianecessario nella nostra professione e nel-la relazione con il paziente: un attacca-mento eccessivo “ci punge”, una relazionesuperficiale “ci infreddolisce”.

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24 Infermiere a PaviaPAGINA

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13-17 Rossi L., Materiale didattico dell’insegna-mento di infermieristica Clinica in SaluteMentale, del Corso Integrato di ScienzeIterdisciplinari Cliniche, Appunti e Sildedell’A.A. 2013-2014, Università degli Studidi Pavia, Dipartimento di Sanità PubblicaMedicina Sperimentale e Forense, Corso diLaurea in Scienze Infermieristiche.

14 Tinti T., La relazione come strumento tera-peutico, articolo disponibile on-line suwww. tulliotinti.net.

15 Zapparoli G.C., 81994) Torrigiani G. (a curadi), La realtà psicotica, Bollati Boringhieri,Torino.

16 Gruppo di approfondimento tecnico sulruolo del Servizio Psichiatrico di Diagnosi eCura nell’ambito delle attività dei Diparti-menti di Salute Mentale, del trattamentodell’acuzie e dell’emergenza urgenza psi-chiatrica, a cura del gruppo di lavoro com-posto da Barale F.et al. (2011).

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Ulteriore Bibliografia richiedibile all’autore:[email protected]

Bibliografia

* Infermiera laureata

L’autore

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25Numero 1-2/2015 PAGINA

Vorrei parlare di Maria Teresa Tosco Visconti, la nostracollega che ha trasformato i suoi 18 mesi di malattia in uninno alla vita, in un crescendo di accettazione che l’haportata a dialogare con la morte.

Il tutto ha inizio a fine gennaio 2013, un giovedì pome-riggio.

Teresa mi chiamò per dirmi che aveva difficoltà respira-torie e faceva fatica ad espandere. Le dissi: “sarà un po’di bronchite, vediamoci sabato per un caffè”. Sabato mat-tina, verso le 10, mi telefona con una voce preoccupata.Mi disse che andava in Pronto Soccorso perché non riu-sciva a respirare. Da quel momento inizia la convivenzacon la malattia, esami su esami, effettua una toracentesi ed inviano i vetrini negli StatiUniti per avere conferma della diagnosi.

Il tempo passa, Teresa sente e sa che questo male si sta ingrandendo. Gli dà un no-me: MET, e mi dice: “mi sta divorando ma io non mollo, gli renderò la vita difficile. Dopomesi, accetta di sottoporsi ad un intervento di pleurectomia che la debilita ulteriormente.Ha sempre più difficoltà respiratorie, i movimenti vengono ridotti, ma la sua mente è sem-pre lucida. Dà valore e rafforza l’amore verso il compagno ed i figli e pianifica con loro lasua morte. Parla della sua malattia e della sua morte come se fosse un evento lontanoda lei e ad ascoltarla ti fa accapponare la pelle. Intanto MET la divorava. Lei lo sentivacrescere dentro e diceva: ora si sta irradiando al nervo brachiale perché oggi ho la pal-pebra destra chiusa, ora al diaframma perché mi è peggiorato il respiro, ora al pericar-dio perché avverto una tachicardia e la sente peggiorare fino ad avere un fibrillazioneatriale e pericardite acuta.

Arrivano i dolori incontrollabili. La morfina ad alto dosaggio non basta e scivola lenta-mente ed inesorabilmente verso la fine. Sempre cordiale anche nella sofferenza riuscivaa mantenere il sorriso. Una parola di conforto per tutti noi che le eravamo vicini ed ancheuna sgridata se non ero in ordine e con gli orecchini che lei mi aveva regalato. La sera,ci scambiavamo innumerevoli messaggi nei quali traspariva la disperata voglia di viverepur nel dolore ma poi lo sconforto della morte imminente la travolgeva.

Una sera non ho più ricevutomessaggi. Mi manca il trillo deltelefonino che annuncia l’arrivodi un messaggio alle 21,30.

Il 28 settembre 2014 alle 8 delmattino, dopo 8 giorni di comafarmacologico se ne è andata.Si è perso una collega, un’ami-ca ed ora che i nostri occhi nonla vedono più, noi che le voglia-mo bene sentiamo sempre lasua presenza. Ti ricordiamo pertutto ciò che ci hai dato.

Fiorenza Montini

Ricordo di Terry

vivere per raccontare.raccontare per vivere

Vivere la propria storia d’incertezza,raccontare la malattia rara con semplicenaturalezza.

Viverla nella condivisione, con complicitàe con amore, con il deisderio di essere circondati dapersone buone, che sono la forza della vita, alleviano lesofferenze e ogni dolore.

Vivere la malattia rara, dotarsi di un verocoraggio interiore, quello che ci dà la forza di andare avanti echiama a raccolta la nostra energiamigliore; quella forza che all’inizio dellamalattia viene a mancare, ma coltivandocon convinzione la speranza, la si siriesce poi a ritrovare.

Allora quella montagna che avevi dascalare, l’affronti con ottimismo, se inizi il percorsocon determinazione, tutte le difficoltà ti farà superare.

Mettersi a guardare le bellezze dellanatura, le stelle, il mare, l’alba, è tutto così fantastico, sembra di sognare:i suoi magnifici colori, l’azzurro del cielo,la freschezza dell’aria, il cinguettìo degliuccelli, cose che non smetteresti mai diammirare.

Vivere e raccontare la malattia rara conserenità, volersi bene, superare ognitimore,riscoprire l’umanità delle persone e labellezza dell’amicizia, che è un grandevalore.

Quella bellezza che fa sparire il buio eporta dentro di noi la luce, illumina lamente e il cuore, ci fa capire che peressere felici bisogna amare, stendere intutte le direzioni il telo dell’amore.

Sicuramente in cambio si riceverà affetto,solidarietà, infinito bene e tanta dolcezza,e non mancherà mai una carezza.

La malattia rara ci offre una grandeopportunità, la dignità di volare alto e lacertezza che il valore della vita è il piùbello che ci sia: va vissuto con serenità ein dolce armonia.

Francesco Lena

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26 Infermiere a PaviaPAGINA

* Ruggero Rizzini

In ogni reparto ospedaliero c’è un arma-dio dove si trovano i pigiami, lavati e stira-ti, che servono per quei malati che non nehanno uno quando vengono ricoverati. Miricordo quando la guida di tirocinio (allorasi chiamava così) mi diceva: “Vai a prende-re un pigiama nell’armadio vicino alla cuci-na, dove ci sono le lenzuola.” Andavo edeseguivo l’ordine senza pensarci troppo esoprattutto senza mai farmi la domandasul perché in un reparto ospedaliero c’eraun armadio dei pigiami (spesso c’era an-che una lavatrice e un ferro da stiro, porta-to da casa da qualche Infermiera Generi-ca, che di notte si metteva a lavare e stira-re biancheria dimenticata da chi, dimesso,tornava a casa).

Altri tempi? Altra idea della professione?Non lo so!!!!

Certo è che adesso, l’armadio dei pigia-mi è diventato ancora più d’attualità per-ché sono sempre di più le persone, so-prattutto grandi vecchi (non solo i senzafissa dimora e i tossicodipendenti, come siè soliti pensare) che, ricoverate, non han-no un ricambio di biancheria. Lasciamo

L’armadio dei pigiami, brevi considerazioni,un’idea, un progetto

stare il fatto che spesso non sono neancheaccompagnati da un parente e arrivanosoli in reparto dal pronto Soccorso.

Ma questa è un’altra storia che merite-rebbe un approfondimento maggiore, sesi avesse voglia, per entrare nello specifi-co di un problema (la solitudine delle per-sone) che sta sempre più aumentando.

Apro e chiudo, immediatamente una pa-rentesi: prima o poi si dovrà considerare,come professione, la povertà che affliggesempre più persone, riconsiderando l’assi-stenza infermieristica, i ruoli degli ospeda-li, costi, modi e tempi di ricovero, orari diambulatori e organizzazione del lavoro.

Perché la salute dipende anche daquanto si è poveri e non possiamo più per-metterci di concentrarci solo su un sinto-mo. Dobbiamo considerare importante an-che il contesto sociale di chi se lo portaaddosso. Non so come ma bisognerà far-lo, perchè sono sempre di più le personedimenticate (giovani, bambini, anziani,donne...di tutte le fasce d’età e di tutte lenazionalità) che vivono da precari e in po-vertà. Povertà che fa aumentare malattie,

ansia e senso di fragilità. Bisogne-rà pensarci, aprire la nostra mente,essere attenti ai cambiamenti so-ciali, perché noi Infermieri dobbia-mo e possiamo dare il nostro con-tributo essendo una professione diutilità sociale, che sta 24 ore su 24a contatto con le persone e il disa-gio che si portano addosso quan-do vengono ricoverate. Se non fac-ciamo questo (lo possiamo e lodobbiamo fare in rete con altre fi-gure professionali: medici, assi-stenti sociali, dietisti, operatori disupporto, politici) continueremo adessere una professione non atten-ta ai cambiamenti, come tante altree soprattutto, intellettualmente po-vera.

Ritornando all’armadio dei pigia-mi....la nostra associazione (AINSonlus), composta da infermieri delSan Matteo, ha deciso, osservan-do quotidiane situazioni di preca-rietà dove, chi viene ricoverato èsprovvisto, appunto, di tutto (dallospazzolino alle ciabatte, dalla sa-ponetta ad una maglietta di ricam-

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27Numero 1-2/2015 PAGINA

* Infermiere in malattie Infettive e TropicaliSan Matteo-PaviaPresidente Ains onlus

L’autore

bio), di attivarsi in rete con il mondo del vo-lontariato, per dare il proprio contributo,per dare un segnale, per impegnarsi per econ chi ha bisogno.

Come? copiando (perchè le belle ideevanno sempre copiate) un micro progettodell’associazione volontari ospedalieri(AVO) di Mondovì che si è inventata un kitcomposto da asciugamano, saponetta,dentifricio e spazzolino, pettine e spec-chio, fazzoletti, salviette umidificate, cartaigienica, tovaglioli, ciabatte, sciarpa e ma-glietta....da consegnare a chi non ha nullae viene ricoverato.

Questo progetto, riadattato nel nostrocontesto, ci ha permesso di metterci in re-te con gli alunni delle scuole elementari emedie di San Martino Siccomario e i fre-quentatori di due APS di Pavia (Brusaioli eBorgo Ticino), per la raccolta del materia-le; con il mondo infermieristico di MalattieInfettive e Malattie Infettive e Tropicali, perla distribuzione oltre che per la valutazionedelle situazioni di precarietà.

Il progetto è stata anche l’occasione perincontrarci (mondo infermieristico, mondodel volontariato e della cittadinanza attiva),discutere sull’utilità di un progetto comequesto, confrontarci, arrivare ad un com-promesso per poterlo realizzare, racco-gliere materiale.

Non nascondiamo che qualche proble-ma c’è stato e, le domande che più spes-so ci venivano rivolte, aiutandoci a capiredove stavamo sbagliando, erano:• Ma veramente non hanno un ricambio di

biancheria?• Perchè sostituirci alla famiglia?• L’istituzione ospedale dov’è?• Perchè l’ospedale non fornisce quello

che voi volete raccogliere?Però, essendo che questo piccolo pro-

getto cerca di rispondere a un’esigenzamolto concreta, che quotidianamente sipresenta, le difficoltà non ci hanno fermato.

Per concludere, vogliamo sottolineareche il kit de “L’armadio dei Pigiami” (aven-do tutte le autorizzazioni da parte della di-rigenza Infermieristica e Sanitaria dellaFondazione San Matteo) partirà tra pochesettimane e, speriamo sia solo l’inizio di unpercorso che dall’assistenzialismo, attra-verso la distribuzione del materiale raccol-to, si possa concentrare sulla formazione

di noi Infermieri. L’Armadio dei pigiami,vuole essere un primo passo verso un pro-getto più ampio di educazione alla fragilitàperché chi si trova in un letto d’ospedaleed è fragile (non ha un lavoro, è senza fis-sa dimora, pranza (cena....se è fortunato)

in una delle tante mense per i poveri, è sta-to lasciato dalla moglie, ha una dipenden-za alcoolica, di droga o tutte due) ha biso-gno, di infermieri anche preparati alle suefragilità.

Il kit è solo l’inizio.

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1° Convocazione 15 aprile 2015 alle ore 21.00 in Via Flarer, 10 – Pavia

2° convocazione

Sabato 18 aprile 2015 - ore 13.30

Aula ConvegniCollegio IPASVI della provincia di Pavia

Via Flarer, 10 - Pavia

una occasione per visitare la nuova sede: la Casa degli Infermieri

OrDiNe Del GiOrNO:

relAziONe Del PresiDeNte

CONtO CONsuNtivO 2014

relAziONe Del COlleGiO Dei revisOri Dei CONti

PrOGrAmmA 2015

BilANCiO Di PrevisiONe 2015

Collegio

Infermieri

Professionali

Assistenti

Sanitari

Vigilatrici

d’Infanzia

della

Provincia di

Pavia

Assemblea

nnuale

Delega (si ricorda che ciascun iscritto non può presentare più di due deleghe)

Nome e Cognome del delegante. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .

n° iscrizione all’Albo Professionale . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .

data. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . firma . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .

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