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Una geometrizzazione dello spazio degli accordi Musica est exercitium arithmeticæ occultum nescientis se nu- merare animi. Gottfried Wilhelm von Leibniz (1646 -1716) Mattia G. Bergomi IRCAM - UPMC - CNRS - LIM - Università degli Studi di Milano Riccardo D. Jadanza DISMA - Politecnico di Torino Alessandro Portaluri DISAFA- Università degli Studi di Torino S i può trovare un’equazione per de- scrivere un brano musicale, o addi- rittura per prevedere se sarà grade- vole all’ascolto? Sarebbe possibile model- lare una sinfonia con un certo numero di equazioni? La risposta a tutte queste do- mande è facilmente intuibile da chiunque addetto e non addetto ai lavori ed è inva- riabilmente un enfatico “no!”. Tuttavia si possono riconoscere alcune strutture ma- tematiche insite in tutte le opere musica- li, anche se non sono espresse attraver- so equazioni. Il nostro viaggio attraver- so “curiose iper-superfici singolari” inizia proprio da qui. . . Musica e Matematica sono strettamente legate. Le connessioni tra questi due mondi sono ovun- que: le corde di un’arpa vibrano ad una certa frequenza e hanno lunghezze specifiche regolate da rapporti ben precisi, le onde sonore possono essere descritte da equazioni matematiche, la for- ma della cassa del violoncello è studiata per farlo risuonare con quel timbro caldo e suadente che ben conosciamo. La Matematica, in fondo, è il linguaggio che i fisici, i chimici e gli ingegneri (tra gli altri) usano per descrivere il mondo reale e in alcuni casi anche per prevedere il futuro a volte lontano! Nel campo della Musica è un va- lido strumento per cercare di comprendere, se esistono, alcune strutture astratte sottostanti al metalinguaggio e aiutare così la Teoria Musicale nel suo intento di comunicazione e di educazione all’ascolto. Chiunque abbia mai ascoltato il “Kla- vierstück” di Stockhausen, infatti, capisce bene che questo non è sempre facile da fare! La Teoria Musicale ci fornisce categorie con- cettuali per organizzare e capire la musica, e at- traverso di esse le nostre impressioni auditive diventano idee vivaci. I musicologi attingono spesso alla grande potenza della Matematica per la creazione di tali categorie: i numeri interi, ad esempio, sono particolarmente adatti per l’eti- chettatura delle note o dei tasti del pianoforte, mentre una disciplina matematica che va sotto il nome di Combinatorica permette di contare i molti modi in cui le note possono essere asso- Ithaca: Viaggio nella Scienza III, 2014 Una geometrizzazione dello spazio degli accordi 33

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Una geometrizzazionedello spazio degli accordi

Musica est exercitium arithmeticæ occultum nescientis se nu-merare animi.

Gottfried Wilhelm von Leibniz (1646 -1716)

Mattia G. Bergomi IRCAM - UPMC - CNRS - LIM - Università degli Studi di Milano

Riccardo D. Jadanza DISMA - Politecnico di Torino

Alessandro Portaluri DISAFA- Università degli Studi di Torino

Si può trovare un’equazione per de-scrivere un brano musicale, o addi-rittura per prevedere se sarà grade-

vole all’ascolto? Sarebbe possibile model-lare una sinfonia con un certo numero diequazioni? La risposta a tutte queste do-mande è facilmente intuibile da chiunqueaddetto e non addetto ai lavori ed è inva-riabilmente un enfatico “no!”. Tuttavia sipossono riconoscere alcune strutture ma-tematiche insite in tutte le opere musica-li, anche se non sono espresse attraver-so equazioni. Il nostro viaggio attraver-so “curiose iper-superfici singolari” iniziaproprio da qui. . .

Musica e Matematica sono strettamente legate.Le connessioni tra questi due mondi sono ovun-que: le corde di un’arpa vibrano ad una certafrequenza e hanno lunghezze specifiche regolateda rapporti ben precisi, le onde sonore possonoessere descritte da equazioni matematiche, la for-ma della cassa del violoncello è studiata per farlo

risuonare con quel timbro caldo e suadente cheben conosciamo. La Matematica, in fondo, è illinguaggio che i fisici, i chimici e gli ingegneri(tra gli altri) usano per descrivere il mondo realee in alcuni casi anche per prevedere il futuro avolte lontano! Nel campo della Musica è un va-lido strumento per cercare di comprendere, seesistono, alcune strutture astratte sottostanti almetalinguaggio e aiutare così la Teoria Musicalenel suo intento di comunicazione e di educazioneall’ascolto. Chiunque abbia mai ascoltato il “Kla-vierstück” di Stockhausen, infatti, capisce beneche questo non è sempre facile da fare!

La Teoria Musicale ci fornisce categorie con-cettuali per organizzare e capire la musica, e at-traverso di esse le nostre impressioni auditivediventano idee vivaci. I musicologi attingonospesso alla grande potenza della Matematica perla creazione di tali categorie: i numeri interi, adesempio, sono particolarmente adatti per l’eti-chettatura delle note o dei tasti del pianoforte,mentre una disciplina matematica che va sottoil nome di Combinatorica permette di contarei molti modi in cui le note possono essere asso-

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ciate tra loro. Questo dà luogo a tassonomie epermette di classificare i diversi scenari che sipresentano. La Teoria dei Gruppi, poi, altra im-portante area della Matematica, descrive il modoin cui le note sono legate e come si passa dall’unaall’altra.Un pianista può suonare migliaia di note in

un concerto, senza bisogno di leggere lo spartito.Ma come ci riesce? Sicuramente è necessaria unabuona dose di memoria, ma esistono anche alcu-ni trucchi armonici. . . Matematicamente parlan-do, è su!ciente riconoscere una semplicissimafoliazione di un orbifold (Figura 1)! Ma iniziamoda. . .

Figura 1: Foliazione di un orbifold?!

Una chiacchierata sugli spaziquoziente

Uno spazio quoziente si costruisce identificando,cioè “incollando” fra loro, tutti i punti di unospazio di partenza (detto spazio genitore) secondouna ben determinata famiglia di operazioni F ,che fornisce opportune “regole di attaccamento”che stabiliscono quali punti debbano essere ac-coppiati con quali altri. Un dominio fondamentaleper F è una regione nello spazio genitore aventele seguenti proprietà:

• ogni punto dello spazio genitore è legatoad ogni punto del dominio fondamentaletramite qualche operazione di F ;

• nessuna coppia di punti del dominio fon-damentale è legata tramite una qualsivogliaoperazione di F .

Intuitivamente, un dominio fondamentale puòessere pensato come una singola tessera di unmosaico che permette di riprodurre tutto ildisegno.

Ad esempio, il primo quadrante chiuso del pia-no cartesiano (quello delle ascisse e ordinate nonnegative, x, y � 0) è il dominio fondamentale perla famiglia di simmetrie definita dalle rotazioni

di 180°. È facile rendersene conto: ogni puntodel piano è infatti legato tramite una rotazione di180° a un punto di questo quadrante (v. Figura 2).

Figura 2: Regola di incollamento sullo spazio genitore.

Si osserva facilmente che che il semiasse negativodelle ascisse deve essere incollato al semiassepositivo in modo che !1 coincida con 1, !� con� e in generale ogni !x � R! con il suo oppostox � R+. Il punto (0, 0) invece si identifica con sestesso (v. Figura 3).

Figura 3: Spazio quoziente con identificazioni.

Note, accordi e orbifolds

Il temperamento equabile è il sistema musicale perla costruzione della scala fondato sulla suddi-visione dell’ottava in intervalli uguali tra loro.Nell’uso più frequente l’ottava è suddivisa in 12

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Notazione anglosassoneNotazione anglosassoneNotazione anglosassone

Una notazione utile per indicare le notepure (cioè senza alterazioni) è la seguente:

A = La, B = Si, C = Do, D = Re,E = Mi, F = Fa, G = Sol.

Un pedice numerico indica l’ottava a cuila nota appartiene. Ad esempio A4 è il Lasopra al Do centrale e ha una frequenzafondamentale pari a 440Hz.

parti uguali, i semitoni, e un buon modo per mo-dellarla matematicamente è usare l’insieme deinumeri reali, che indicheremo con R.

Dallo spazio lineare delle note. . .

Un modo di associare ad ogni nota un numeroreale è quello di utilizzare il logaritmo in base 2.Se � rappresenta la frequenza fondamentale diuna nota, il numero reale ad essa corrispondenteè definito come

r(� ) := c1 + c2 log2

� �

440

�,

dove c1 rappresenta l’origine (ossia il numero cor-rispondente alla frequenza fondamentale 440Hz,caratteristica della nota A4) e c2 è il numero disemitoni in un’ottava. Il vantaggio è che se sivuole calcolare la distanza tra due note r e s èsu!ciente considerare la quantità

|r ! s|

anziché che il rapporto � r/�s tra le loro frequenzefondamentali.

In musica classica si pone di regola

c1 := 69, c2 := 12.

In questo modo al Do centrale C4 corrispondeil numero 60, mentre per la nota A5 dell’ottavasuperiore, che ha una frequenza fondamentaledi 880Hz, si ha r(880) = 69 + 12 = 81.

Osserviamo (Figura 4) che la funzione r è sem-pre strettamente crescente all’aumentare di �e assume valori positivi nello spettro delle fre-quenze udibili dall’orecchio umano (da 20Hz a

1000 2000 3000 4000� �Hz�40

50

60

70

80

90

100

r���

Figura 4: La funzione r per frequenze comprese tra 65Hze 4186Hz, ovvero da C2 a C8.

20 000Hz). Si annulla infatti per un valore dellafrequenza pari a �0 := 2!69/12 · 440 � 8.18Hz.

. . . allo spazio curvo delle classi di note

Nello spazio lineare delle note le ottave non rive-stono alcun ruolo privilegiato, perché la distanzadi 12 semitoni non ha un significato particolare.Tuttavia noi percepiamo le note che di"erisco-no di un’ottava come aventi la stessa “qualità”,lo stesso “colore”! È infatti evidente a chiunqueabbia unminimodi esperienzamusicale che alcu-ni intervalli sono “speciali”, almeno per quantoriguarda la dissonanza.Diventa allora del tutto naturale ripartire le

note in classi modulo ottava: ogni classe è un puntodello spazio quoziente 1

T1 := R/12Z,

che non è nient’altro che una circonferenza. Dun-que, ricapitolando, le note “vivono” su una retta(Figura 5), mentre le classi di note “abitano” suuna circonferenza e le loro “case” sono i verticidi un dodecagono regolare inscritto (Figura 6).Gli elementi di T1 sono insiemi di numeri reali

della forma

{ r + 12k | k � Z } ,

dove r rappresenta una qualsiasi nota in unadata classe di note. Possiamo etichettare questiinsiemi utilizzando l’intervallo

[0, 12) � R,

1La scrittura 12Z indica l’insieme dei numeri interimultipli di 12.

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Figura 5: Rappresentazione grafica delle note sulla retta dei numeri reali.

Figura 6: Rappresentazione grafica delle classi di notemodulo ottava.

che è il dominio fondamentale dell’azione di tra-slazione del gruppo 12Z sullo spazio genitoreR.

Diadi

E se considerassimo accordi di due note, dettianche bicordi o diadi? In questo caso la questioneinizia a complicarsi un po’. Ingenuamente si po-trebbe pensare che un bicordo sia un punto deltoro bidimensionale

T2 := R2/(12Z)2

rappresentato in Figura 7, o più precisamente unpunto del dodecagono bidimensionale (una sortadi “prodotto” di un dodecagono per se stesso)contenuto nel toro T2. È infatti naturale dedurreche se ogni classe di note è rappresentata da unpunto diT1, allora una coppia di note deve essereun punto del prodotto T1 " T1 = T2!

In realtà, un’analisi più attenta suggerisce chesi sia trascurato un fatto importante. Infatti, con-siderando le classi di note modulo ottava, nonsiamo in grado di stabilire l’ordine tra le note che

Figura 7: Rappresentazione grafica di un toro bidimen-sionale. (Fonte: http://it.wikipedia.org).

compongono ogni intervallo: il bicordo (E4, C5),ad esempio, è indistinguibile da (E4, C4) perchéC4 e C5 sono elementi della stessa classe di noteC modulo ottava. Inoltre, musicalmente parlan-do, (E4, C4) è identico a (C4, E4): se si eseguonoquesti accordi su un pianoforte, i tasti che si pre-mono sono il Do centrale e il Mi sopra al Docentrale in entrambi i casi!Occorre allora “rinunciare all’ordine” e pas-

sare dallo spazio delle coppie ordinate di classidi note (rappresentato geometricamente dal torobidimensionale T2) allo spazio delle coppie nonordinate; per farlo si ricorre a una tecnica tipicadella Topologia della dimensione bassa nota colnome di taglia e cuci.Un toro si può costruire a partire da un qua-

drato Q := [0, 1]" [0, 1] � R2 incollandone i latia due a due opposti con la stessa orientazione(Figura 8): una prima identificazione genera uncilindro; successivamente si attaccano tra loro ledue circonferenze di base del cilindro ottenuto(che sono in realtà gli altri due lati del quadratodi partenza) e si ottiene la “ciambella” voluta.Utilizzando questa rappresentazione del toro,identifichiamo le coppie (x, y) e (y, x) in Q: ciòsi e"ettua ripiegando il quadrato a metà lungo la

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Figura 8: Costruzione di un toro attraverso l’identifica-zione dei lati opposti di un quadrato.

diagonale che giace sulla bisettrice del primo eterzo quadrante nel piano cartesiano e incollan-dolo. Si ottiene così un triangolo rettangolo. Aquesto punto bisogna procedere con gli attacca-menti dei lati opposti secondo le direzioni prece-dentemente fissate: tagliando il triangolo lungola bisettrice dell’angolo retto e segnando i seg-menti divisi dal taglio si formano altri due trian-goli rettangoli più piccoli, che hanno le ipotenusee un cateto identificati a coppie. Incollando fraloro prima le ipotenuse e poi i cateti (secondo leorientazioni fissate) si arriva allo spazio cercato:

il nastro di Möbius.

Il procedimento è riportato in Figura 11, ilrisultato invece in Figura 9.

Figura 9: Geometrizzazione dello spazio delle diadi: ilnastro di Möbius.(Fonte: http://it.wikipedia.org).

Lo spazio delle diadi corretto è allora lo spazioquoziente

X2 := T2/S2,

dove S2 denota il gruppo delle simmetrie degliinsiemi di due elementi e rappresenta matemati-

camente l’azione di identificazione delle coppie(x, y) e (y, x), rendendo in questo modo l’ordineirrilevante (Figura 10). Questa volta quindi lospazio che si ottiene ha un’importante di"erenzarispetto alla circonferenza (oltre alla dimensione,naturalmente, che prima era 1 e adesso è 2): è nonorientabile, cioè non si può distinguere un “inter-no” e un “esterno”. Se infatti si prova a seguireidealmente con un dito la superficie ra!guratain Figura 9 ci si accorge che esiste una sola faccia!

Questo non è certo l’unicomodello possibile dispazio quoziente che si può usare per geometriz-zare lo spazio degli accordi! Sarebbe infatti deltutto legittimo modellare lo spazio delle classi dinote (modulo ottava) nel temperamento equabilecon il gruppo ciclico

Z12 :=�0, 1, 2, 3, 4, 5, 6, 7, 8, 9, 10, 11

�,

in cui 12 viene identificato con 0, 13 con 1 e co-sì via. Con questa scelta, lo spazio delle diadisarebbe allora lo spazio quoziente

Y2 := (Z12)2/S2

rappresentato in Figura 10.

Figura 10: Lo spazio reticolare Y2 immerso in X2. I nu-meri che etichettano ogni punto sono degli in-tervalli, le cifre (e lettere) che li compongonocorrispondono alle note della rappresentazionecircolare di Figura 6, dove 10 = t e 11 = e.

Consideriamo ora le diadi

{D,E}, {D�, E}

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Figura 11: I tre passi necessari per realizzare lo spazio delle diadi X2: (a) piegare e incollare il quadrato lungo la diagonale,(b) tagliare il triangolo ottenuto lungo la bisettrice dell’angolo retto, (c) incollare prima le ipotenuse nel giustoverso e poi identificare gli altri due cateti (in rosso) seguendo l’orientazione fissata. Il bordo del nastro diMöbius è rappresentato dai segmenti verdi durante tutto il procedimento.

(le parentesi gra"e stanno a significare chestiamo prendendo punti dello spazio X2, rap-presentati da coppie non ordinate) e le dueprogressioni

p1 : (D,E) �� (D�, E), p2 : (D,E) �� (E,D�),

completamente diverse tra loro dal punto divista armonico. In X2 queste ultime sonorappresentate da due cammini distinti:

• p1 si muove direttamente da {D,E} a{D�, E};

• p2 si inizia in {D,E} e termina in {D�, E}ma segue un percorso diverso: “rimbalza”sul bordo del quadrato (nello spazio geni-tore), ovvero compie un giro sul nastro diMöbius.

Se considerassimo lo spazio discreto Y2 questedue progressioni risulterebbero “invisibili” (v. Fi-gura 12 più avanti, a pagina 39): nello spazio di-screto infatti non esistono segmenti veri e propri,ma solo un reticolo di punti!

Inoltre osserviamo che nella definizione di X2

e diY2 non abbiamo escluso gli elementi del tipo{C,C}, che sono diadi fittizie: se, di nuovo, pro-vassimo a suonarle su un pianoforte premerem-mo solamente un tasto! Questa “degenerazione”è in realtà molto utile per la ragione seguente:se considerassimo il nastro di Möbius non com-patto (cioè “senza bordo”, ottenibile facilmentedalla costruzione di Figura 11 rimuovendo i duelati verticali dal quadrato (c)), che rappresenta lospazio delle diadi con due classi di note distinte,

non avremmo alcun bordo su cui “rimbalzare”per poter distinguere due progressioni diverse!Questo fatto fornisce una motivazione in più perpreferire il modello continuo a quello discreto: ilcammino (geodetico) interseca il bordo singola-re in un punto a coordinate non intere! Quindi,anche se anche riuscissimo a definire in Y2 la no-zione analoga di “segmento”, sarebbe a dir pocoscomodo modellare questo cammino.

Negli ultimi decenni i musicologi e gli studio-si di teoria musicale hanno introdotto vari spaziquoziente, utili a definire in maniera appropriatalo spazio degli accordi, tenendo conto della ne-cessità di descrivere al meglio la condotta delleparti. Tra le rappresentazioni più rilevanti in que-sta direzione ricordiamo la teoria degli accordidi Allen Forte descritta in [8].

Triadi, quadriadi e orbifolds

Ovviamente quanto costruito finora è del tuttoinsu!ciente inMusica! In Armonia si parla infat-ti di triadi e quadriadi, ovvero accordi costituiti datre o quattro note rispettivamente, ciascuna del-le quali è assegnata a una specifica voce o parte.Ovviamente esistono e si usano accordi compostianche da un numero maggiore di note! Eccezionfatta per una certa di!coltà d’immaginazione (edi rappresentazione grafica!), il modello di spa-zio degli accordi rimane però, mutatis mutandis,quello che abbiamo presentato per le diadi!

Nel paragrafo sugli spazi quoziente abbiamointrodotto la nozione di dominio fondamentale edi famiglia F di operazioni (o simmetrie). Quali

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Figura 12: Sostituendo i numeri di Figura 10 con i nomi delle note, è facile vedere come X2 sia adatto a rappresentarele condotte delle parti: le frecce infatti rappresentano i due diversi percorsi p1 e p2 utilizzati per muoversidall’intervallo (D,E) a (D�, E).

sono le simmetrie in questo caso, e quali i lorodomini fondamentali?Procedendo per ordine, iniziamo dallo spa-

zio euclideo Rn dotato del sistema di coordinate(x1, . . . , xn). Per fissare le idee si può prenderen = 3 e immaginare lo spazio tridimensionale acui siamo abituati, con (x1, x2, x3) = (x, y, z). Unpunto di Rn può dunque descrivere, dopo un’op-portuna sequenza di identificazioni, un accordodi n note. Le operazioni di cui abbiamo bisognosono analoghe a quelle descritte in precedenza esono presentate nel seguito.

1) Consideriamo dapprima il passaggio O dallasingola nota alla classe corrispondente mo-dulo ottava. L’azione di O := (12Z)n su Rn

produce lo spazio quoziente

Tn := Rn/(12Z)n,

detto n-toro. Come dominio fondamentaleD(O) sarebbe naturale scegliere [0, 12)n, tut-tavia si preferisce utilizzarne un altro, mate-maticamente inusuale ma che ha una note-vole importanza in Musica: l’insieme di tuttii punti di Rn che verificano le seguenti duecondizioni:

i) max{x1, . . . , xn} � min{x1, . . . , xn}+12;

ii) 0 �n�

i=1

xi � 12.

Il primo vincolo assicura che tutte le note del-l’accordo siano comprese in un’ottava, men-

tre il secondo determina la posizione globaledell’accordo nello spazio genitore.

Figura 13: Rappresentazione del dominio fondamentaleD(O) per n = 2.

Intuitivamente D(O) è un prisma le cui fac-ce opposte vengono identificate con la stes-sa orientazione. La base del prisma è laproiezione (cioè l’“ombra”) di un ipercubon-dimensionale sul piano (n ! 1)-dimensio-nale che contiene i punti la cui somma dellecoordinate è uguale a 0. Nel caso n = 2 ildominio fondamentale si riduce al rettangolo

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delimitato dalle quattro rette di equazione

x1 + x2 = 0, x1 ! x2 = 12,

x1 + x2 = 12, x1 ! x2 = !12;

in questo caso la base è un segmento (Figu-ra 13). In dimensione 3 il prisma è a baseesagonale, mentre in dimensione 4 la base èun rombododecaedro (o dodecaedro rombi-co). L’utilità di questo dominio fondamentalerisiede nel fatto che la direzione dell’altezzadel suddetto prisma coincide con la direzio-ne della trasposizione (questa è rappresentatainfatti da una traslazione individuata da unvettore con tutte le componenti uguali).

2) La seconda operazione di cui abbiamo biso-gno è il passaggio P dagli insiemi ordinati diclassi di note (che rappresentano gli accordi)agli stessi insiemi “non ordinati”, ossia vo-gliamo “dimenticare” l’ordine delle n-uple. 2

In termini matematici consideriamo l’azionedel gruppo Sn delle permutazioni su un insie-me di n elementi. Il dominio fondamentaleD(P) è definito da tutti i punti di Rn le cuicoordinate soddisfano la condizione

x1 � x2 � · · · � xn.

Componendo le precedenti due operazioniotteniamo l’azione OP , il cui dominio fonda-mentale è un prisma che ha come base unsimplesso 3 (n! 1)-dimensionale. Lo spazioquoziente risultante è

Tn/Sn,

ottenuto a partire dal dominio fondamenta-le identificando i punti della base con quel-li della faccia opposta. Ma come si e"ettual’incollamento? Definiamo la funzione O cheassocia al punto di coordinate (x1, . . . , xn) ilpunto�x2!

12

n, x3!

12

n, . . . , xn!

12

n, x1+12! 12

n

�.

2Una n-upla è una sequenza ordinata di n oggetti. Con lanotazione precedente (x1; : : : ; xn ) è una n-upla di note.

3Un simplesso è la generalizzazione del concetto di trian-golo in più dimensioni. Per esempio, un simplessotridimensionale è un tetraedro.

transposition

CC

CF s CF s

CCF sF s

F sF s

Figura 14: Lo spazio delle diadi X2 come spazio quozien-te. Prima di identificare i due lati verticali ènecessario fare combaciare le etichette postesui vertici. L’intervallo di quarta eccedente,che divide l’ottava in due parti identiche, è alcentro dello spazio. Questa figura è contenutain [2].

È facile vedere che O è un automorfismo (ossiauna funzione biiettiva da un certo spazio inse stesso) che permuta ciclicamente i verticidi ciascun simplesso ottenuto sezionando ilprisma con il piano

�ni=1 xi = c, al variare

di c in R. Applicando ripetutamente questamappa a un certo accordo J otteniamo gliaccordi O(J),O2(J), . . . ,On!1(J), tutti legatitra di loro da una trasposizione e con le classi dinote che hanno somma costante. Nello spazioeuclideo O rappresenta una rotazione quan-do il prisma ha dimensione dispari, mentreè una composizione di una rotazione e unariflessione se la dimensione è pari.

3) Poiché l’insieme dei vertici del simplesso chehanno somma costante c è invariante per l’a-zione della mappa O (nel senso che i verticivengono mandati l’uno nell’altro, non al difuori del simplesso), questa induce una parti-zione dell’insieme dei vertici in classi di equiva-lenza. È quindi naturale introdurre una nuovaazione

T : (x1, . . . , xn) ��n�

i=1

xi.

Per quanto appena detto, questa mappa è bendefinita. Il suo dominio fondamentale D(T )è rappresentato dai punti di Rn tali che

n�

i=1

xi = 0,

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CCC

CCC

E E E

E E E

GsGsGs

CE Gs

CE Gs

GsGsGs

E

trans

posit

ion

Figura 15: Lo spazio delle triadi X3 come spazio quozien-te. Prima di incollare le facce del prisma è ne-cessario ruotarne una di 120°, in modo che gliunisoni sui vertici coincidano. Al centro dellospazio troviamo le triadi aumentate. Questafigura è contenuta in [2].

cioè la faccia del prisma corrispondente allabase. Lo spazio quoziente è isomorfo (comespazio vettoriale) a Rn!1.

Considerando la composizione OPT delleoperazioni finora definite, lo spazio quozienterisultante è

Tn!1/Sn,

ossia la proiezione ortogonale dello spazioquoziente Tn/Sn lungo la direzione della tra-sposizione: si tratta di un simplesso (n!1)-di-mensionale modulo “twist”. Questo spaziopuò essere visualizzato anche come un conoche si appoggia sul quoziente di una sfera(n ! 2)-dimensionale. Infatti un simplessoè omeomorfo ad una palla piena (ossia puòessere deformato con continuità in una sfe-ra, per vederlo basta “gonfiarlo”) e quindi adun cono sopra la sfera che racchiude la palla.Quando n è un numero primo il gruppo gene-rato dalla permutazione ciclica non ha puntifissi e lo spazio quoziente risultante Tn!1/Sn

è uno spazio lenticolare.

Una delle proprietà matematiche più interes-santi legate alla trasposizione è che questainduce una foliazione (cioè una stratificazio-ne) dello spazio degli accordi Tn/Sn, in cui i

Figura 16: Lo spazio delle triadi X3. In questa ra!gura-zione si mostra come i diversi generi di triadioccupino diverse posizioni nello spazio. Letriadi aumentate al centro sono rappresentateda cubi, le triadi minori da sfere chiare e quellemaggiori da sfere scure.

fogli, o gli strati, corrispondono ai sottospa-zi Tn!1/Sn che identificano lo stesso tipo diaccordo (nel senso della trasposizione).

In conclusione, quindi, nel caso speciale delletriadi e delle quadriadi gli spazi corrispondentirisultano essere rispettivamente i seguenti:

X3 := T3/S3 e X4 := T4/S4.

Se invece si considerano accordi di n note ingenerale avremo

Xn := Tn/Sn.

Osserviamo che per ogni n � 2 si ha Tn =Rn/(12Z)n, e quindi lo spazio quoziente Tn/Sn

corrisponde allo spazio delle orbite dell’azionedel gruppo non abeliano (12Z)n�Sn sullo spazioeuclideo n-dimensionale Rn.Per n = 1, 2, 3 lo spazio Xn è una varietà dif-

ferenziabile, mentre se n � 3 è qualcosa di piùgenerale:

un orbifold. 4

4Ecco l’origine del termine orbifold: “Poco prima dell’iniziodel suo corso, nel 1976, Bill Thurston volle introdurreun termine che sostituisse la V -manifold di Satake. Lasua prima scelta cadde su manifolded, al fine di distin-guerla da manifold (varietà di"erenziabile). Tuttavianella comunicazione orale si creavano diversi problemiin quanto risultava di!cile distinguere le due parole.L’idea successiva fu quella di foldimani, ma molti ma-tematici si dimostrarono ben poco entusiasti di questascelta. A un certo punto Bill decise di indire un’elezio-

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Tabella riassuntiva: simmetrie, spazi e domini fondamentaliTabella riassuntiva: simmetrie, spazi e domini fondamentaliTabella riassuntiva: simmetrie, spazi e domini fondamentali

Simmetria Spazio Dominio fondamentale

O Tn

max{x1, . . . , xn} � min{x1, . . . , xn}+ 12,

0 �n�

i=1

xi � 12

P Rn/Sn x1 � x2 � · · · � xn

T Rn!1n�

i=1

xi = 0

OP Tn/Sn x1 � x2 � · · · � xn, 0 �n�

i=1

xi � 12

OT Tn!1

min{x1, . . . , xn} = x1,

max{x1, . . . , xn} � x1 + 12,n�

i=1

xi = 0

PT Rn!1/Sn x1 � x2 � · · · � xn,n�

i=1

xi = 0

OPT Tn!1/Snxn � x1 + 12,

n�

i=1

xi = 0,

x1 + 12! xn � xi+1 ! xi � 1 � i < n

Gli orbifold in Musica

Gli spazi che abbiamo costruito nelle sezioni pre-cedenti rappresentano un ottimo ambiente perl’analisi del voice leading, o condotta delle parti(cfr. [1], [3], [5]), cioè della maniera in cui un com-positore passa da un accordo all’altro in un datobrano. Un primo esempio, già discusso in pre-cedenza dal punto di vista matematico, di comesia possibile visualizzare questo processo sugliorbifold è riportato in Figura 12. Le frecce indi-cano due possibili percorsi per muoversi dall’in-

ne “democratica” fra una rosa di parole proposte daalcuni matematici. Tra gli altri, Chuck Gi"en suggerì ilnome di origami, Dennis Sullivan quello di spatial dollop(grumo spaziale) e Bill Browder quello di orbifold. Dopoun discreto numero di tornate elettorali, in cui si eranoeliminate tutte le proposte che avevano totalizzato ilpiù basso numero di voti, ne erano sopravvissute soloquattro: origami, orbifold, foldimani e V -manifold. Sfor-tunatamente anche orbifold fu in seguito eliminata. Mi-chael W. Davies prese allora la parola e fece un discorsoappassionato, convincendo l’uditorio che gli altri duenomi rimasti erano troppo ridicoli. La parola orbifoldrientrò quindi in lista e con la votazione successiva siaggiudicò la vittoria.” (Cfr. [4, pagg. 5–6]).

tervallo {D,E} a {D�, E}. Percorrere la frecciache non rimbalza sul bordo significa rappresen-tare la progressione (D,E) �� (D�, E), mentremuoversi tra i due punti del nastro di Möbiusrimbalzando sul bordo singolare implica che laprogressione seguita sia (D,E) �� (E,D�).

{24

24

&

?œ œ œ œ#œ œ# œ œ

Figura 17: Due voice leading musicalmente diversi:(D,E) �� (D�, E) e (D,E) �� (E,D�).

A livello musicale la di"erenza tra i due per-corsi è evidente: quello che non tocca il bordosingolare dello spazio corrisponde a una con-dotta delle parti dove queste non si scambiano,mentre il secondo caso prevede un incrocio divoci, che chiamiamo crossed voice leading (Figu-ra 17). Dunque gli orbifold che abbiamo definitosono e"ettivamente in grado di distinguere traqueste due scelte. Sebbene creare voice leading incui le voci si incrociano non sia vietato, è certo

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sconsigliabile in Musica! Da qui la scelta natura-le di “pesare” in maniera di"erente le due scelte:anche chi non è esperto di Musica riconosceràche una condotta delle parti dove non vi siano in-tersezioni risulti più gradevole ed “e!ciente” diuna che invece presenta degli scambi. Si imma-gini un brano dove improvvisamente il contraltoinizi a cantare la linea melodica del soprano eviceversa: è una scelta possibile, ma sicuramentepiù ardita e meno immediata del suo alter egolibero da intersezioni! Si veda [1] per maggioridettagli.

L’applicazione di queste rappresentazioni nonsi limita all’analisi di brani già composti, ma èmolto utile anche alla vera e propria specula-zione teorica. In Composizione, utilizzare voiceleading passando in maniera e!ciente da un ac-cordo all’altro significa che le note seguono lineemelodiche individuali, in modo tale che nessunavoce si sposti esageratamente in seguito ad uncambio armonico (cfr. [6]).È naturale chiedersi quali siano i voice lea-

ding più e!cienti possibili e cercare di rappre-sentarli negli spazi che abbiamo definito. In Figu-ra 18 sono rappresentati i voice leading dimassimae!cienza tra quinte diatoniche in C maggiore:(C,G) �� (G,D) �� (D,A) �� · · · . Le condottedelle parti che massimizzano l’e!cienza nel pas-saggio tra un intervallo e l’altro sono un percorsoche passa attraverso il centro del nastro di Mö-bius. Gli accordi (in questo caso intervalli) nonsono legati non in base a una distanza data daproprietà acustiche o altri criteri di tipo fisico, se-guono bensì ragioni contrappuntistiche: {C,G}è “vicino” a {G,D} nella circonferenza di Figu-ra 18, perché per passare da una diade all’altra èsu!ciente muovere C di un passo diatonico.Il percorso formato dai voice leading di massi-

ma e!cienza nello spazio delle triadi è rappre-sentato invece nella Figura 19. Anche in que-sto caso il percorso occupa interamente il centrodell’orbifold. La circonferenza permette di vede-re come i voice leading siano pensati muovendodiatonicamente una sola nota alla volta: si passaad esempio da C maggiore ad A minore (a nellanotazione della figura) nel modo seguente:

{C,E,G} �� {C,E,A}

ossia trasformando ilG contenuto inC maggiore

CC

CD

CE CF

CG

CA

CB

[CC]

B D

B E

B F

B G

B A

B B

DD

DE

DF

DG

DAA E

A F

A G

A A

E E

E F

E G

F F

[F G]

GF

GG

CG GD DA AE EB

BF

FC

{ C↔ D} { G↔A} {D↔

E} {A↔B}

{E↔

F}

{B↔

C}

{F↔

G}

Figura 18: Voice leading per quinte diatoniche nello spa-zio X2. Lo “zig-zag” è irregolare perché lospazio è costruito utilizzando come unità ilsemitono; sarebbe regolare se avessimo usa-to il passo diatonico, cioè le note della scalamaggiore.

in A. Le triadi “vicine” distano due passi diato-nici (per passare da C a A è necessario muoversidi due note sulla scala di C maggiore).linked by single-step voice leading.

C a F d b°

G

e

{ G↔ A} { E↔F} {C↔

D} {A↔B}

{F

↔G}

{D↔

E}

{B↔

C}

Fig. 5. (left) most efficient voice-leadings between diatonic triads form a chain that runs

Figura 19: Voice leading per quinte e!cienti nello spazioX3.

Conclusioni e sviluppi futuri

Abbiamo spiegato come gli orbifold siano un mo-dello e!ciente per la descrizione degli accordie al contempo come diverse traiettorie in questispazi descrivano scelte di"erenti a livello con-trappuntistico, permettendo la convivenza tra l’a-nalisi verticale (accordi) e orizzontale (melodia)delle parti.

Queste geometrizzazioni nascono dall’esigen-za di classificare e misurare i voice leading, ma èovviamente possibile considerare altri modelli:un’altra rappresentazione della condotta delleparti è realizzabile attraverso le trecce, come lacadenza perfetta in Figura 20. In questo casol’obiettivo non è quello di misurare la distanzatra voice leading di tipo di"erente, ma piuttostoquello di cercare degli invarianti topologici chepermettano di calcolare un indice di complessità

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per una quadriade fissata (cfr. [7] per maggioridettagli).

C

C]

D

D]

E

F

F]

G

G]

A

A]

B

Figura 20: Una rappresentazione della cadenza perfet-ta D7 �� G7 �� C7 come proiezionebidimensionale di una treccia.

In tutt’altra direzione vanno modelli discreticome il tonnetz, che ha il vantaggio di genera-re l’intero spazio delle note su un toro, il cuirivestimento universale è un rettangolo dove letriadi minori e maggiori sono rappresentate datriangoli equilateri (Figura 21).

aF]

aE[

aC

aA

aB[

aG

aE

aC]

aF

aD

aB

aG]

aA

aF]

aE[

aC

Figura 21: Il tonnetz di Oettingen-Riemann.

Dunque gli orbifold, per quanto siano oggettiestremamente astratti e complessi per dimensio-ni più grandi di 2, modellano inmaniera del tuttonaturale lo spazio degli accordi e permettono didistinguere tra voice leading di"erenti.Lo svantaggio di questo tipo di rappresenta-

zioni è che non esistono direzioni preferenziali: iltemperamento equabile obbliga le note ad averela stessa “massa”, cioè non è possibile distingue-re a priori un C e un C�, data la natura simbolicadi questo tipo di analisi.

Un possibile sviluppo potrebbe essere quellodi realizzare un modello che, rinunciando ad al-cune identificazioni, permetta di descrivere lospazio delle note e degli accordi come una strut-tura in cui ogni oggetto musicale sia pesato econseguentemente generi direzioni preferenziali.In questomodo sarebbe possibile studiare alcunecaratteristiche qualitative indotte dall’anisotro-pia. Chiaramente un modello di questo tipo sarànecessariamente in dimensione bassa, al fine digarantire una rappresentazione comprensibile.Proprio questa è la direzione in cui ci si è mossirappresentando successioni armoniche attraver-so le trecce, che permettono di operare in sole2 o 3 dimensioni, a prescindere dal numero dinote degli accordi che le compongono.

Z M Y

[1] Cl if t on Cal l ender , Ian Quinn, Dmit r i Tymoczko: “Ge-neralized Voice-Leading Spaces”, Science 320 (2008)346–348.

[2] Dmit r i Tymoczko: “The geometry of musical chords”,Science 313 (2006) 72–74.

[3] Dmit r i Tymoczko: A geometry of music. Harmony andcounterpoint in the extended common practice, Oxford Stu-dies in Music Theory. Oxford University Press, Oxford(2011).

[4] Michael W. Davis: Lectures on orbifolds and reflectiongroups, Transformation groups and moduli spacesof curves (2011). 63–93. Adv. Lect. Math. (ALM), 16.Int. Press, Somerville, MA.

[5] Pist on Wal t er , Mar k DeVot o, Ar t hur Jannery:Harmony, London (Gollancz). 1978.

[6] Dmit r i Tymoczko: “Scale theory, serial theory and voiceleading”,Music Analysis 27.1 (2008) 1–49.

[7] Mat t ia G. Ber gomi, A l essandr o Por tal ur i: Modes inmodern music from a topological viewpoint, arXiv preprint:1309.0687 (2013).

[8] Er ic Regener : On Allen Forte’s theory of chords,Perspectives of New Music (1974). 191–212.

\ d [

Mattia G. Bergomi: Ha conseguito la LaureaMagistrale in Matematica nel 2011 presso l’U-niversità di Milano-Bicocca. Attualmente è dot-torando presso l’Università degli Studi di Milano(Informatica) e l’Université Pierre et Marie Cu-rie (Informatica con menzione di specialità inMatematica), sotto la guida di Go"redo Haus e

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Moreno Andreatta rispettivamente. I suoi inte-ressi di ricerca consistono principalmente nellacreazione di modelli matematici dinamici per l’a-nalisi musicale, utilizzando strumenti tipici dellatopologia algebrica e dalla topologia algebricacomputazionale. Nel contempo si occupa dellostudio di alcuni aspetti cognitivi, legati alla per-cezione della sovrapposizione di stimoli audio evideo.

Riccardo D. Jadanza: Ha conseguito la Laureain Ingegneria Energetica (2007) presso il Politec-nico di Torino, la Laurea in Matematica (2009) ela LaureaMagistrale inMatematica (2011) pressol’Università degli Studi di Torino. Attualmente èdottorando in Matematica per le Scienze dell’In-gegneria presso il Politecnico di Torino, sotto lasupervisione di Susanna Terracini, AlessandroPortaluri e Vivina Barutello. Sta svolgendo attivi-tà di ricerca sul tema della stabilità lineare di unaclasse particolare di orbite periodiche in sistemidinamici singolari tipo n corpi, utilizzando tec-niche di analisi lineare e non lineare, geometriasimplettica e invarianti topologici quali il flussospettrale e l’indice di Maslov.

Alessandro Portaluri: Ha conseguito la laureain Matematica nel 1999 presso l’Università diPisa e il Dottorato in Matematica ed Applicazio-ni presso l’Università di Genova nel ConsorzioUniversità di Genova-Politecnico di Torino. Dal2008 al 2012 ha ricoperto la posizione di ricerca-tore in Analisi Matematica presso l’Universitàdel Salento e dal 2012 ad oggi presso l’Universi-tà degli Studi di Torino. I principali interessi diricerca sono legati alla relazione tra le proprie-tà geometriche dello spazio delle soluzioni dialcune equazioni di"erenziali lineari alle deriva-te ordinarie e parziali e le proprietà spettrali diquesti operatori di"erenziali; ai teoremi indicedi tipo Morse-Sturm-Liouville e Atiyah-Singer,all’analisi globale ed in particolare all’omologiadi Floer ed infine allo studio di invarianti sim-plettici di tipo Maslov. Recentemente si è occu-pato dello studio di sistemi dinamici singolaridi molte particelle sviluppando delle tecniche dide-singolarizzazione alla McGehee e introducen-do delle teorie indice nello studio della stabilitàlineare di alcune particolari soluzioni periodiche.

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