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Bimestrale di astronomia Anno XXXVIII Gennaio-Febbraio 2012 Organo della Società Astronomica Ticinese e dell’Associazione Specola Solare Ticinese 216 Meridiana

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Bimestrale di astronomiaAnno XXXVIII Gennaio-Febbraio 2012

Organo della Società Astronomica Ticinese e dell’Associazione Specola Solare Ticinese

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Meridiana

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RESPONSABILI DELLE ATTIVITÀ PRATICHEStelle variabili:A. Manna, La Motta, 6516 Cugnasco(091.859.06.61; [email protected])Pianeti e Sole:S. Cortesi, Specola Solare, 6605 Locarno(091.756.23.76; [email protected])Meteore:B. Rigoni, via Boscioredo, 6516 Cugnasco(079-301.79.90)Astrometria:S. Sposetti, 6525 Gnosca (091.829.12.48;[email protected])Astrofotografia:Dott. A. Ossola, via Ciusaretta 11a, 6933 Muzzano(091.966.63.51; [email protected])Strumenti:J. Dieguez, via Baragge 1c, 6512 Giubiasco(079-418.14.40; [email protected])Inquinamento luminoso:S. Klett, Drossa, 6809 Medeglia(091.220.01.70; [email protected])Osservatorio «Calina» a Carona:F. Delucchi, Sentée da Pro 2, 6921 Vico Morcote(079-389.19.11; [email protected])Osservatorio del Monte Generoso:F. Fumagalli, via alle Fornaci 12a, 6828 Balerna([email protected])Osservatorio del Monte Lema:G. Luvini, 6992 Vernate (079-621.20.53)Sito Web della SAT (http://www.astroticino.ch):M. Cagnotti, Via Tratto di Mezzo 16a, 6596 Gordola(079-467.99.21; [email protected])Tutte queste persone sono a disposizione dei soci edei lettori di “Meridiana” per rispondere a domandesullʼattività e sui programmi di osservazione.

MAILING-LISTAstroTi è la mailing-list degli astrofili ticinesi, nellaquale tutti gli interessati allʼastronomia possonodiscutere della propria passione per la scienza delcielo, condividere esperienze e mantenersi aggiorna-ti sulle attività di divulgazione astronomica nel CantonTicino. Iscriversi è facile: basta inserire il proprio indi-rizzo di posta elettronica nellʼapposito form presentenella homepage della SAT (http://www.astroticino.ch).Lʼiscrizione è gratuita e lʼemail degli iscritti non è dipubblico dominio.

CORSI DI ASTRONOMIALa partecipazione ai corsi dedicati allʼastronomia nel-lʼambito dei Corsi per Adulti del DECS dà diritto ai socidella Società Astronomica Ticinese a un ulterioreanno di associazione gratuita.

TELESCOPIO SOCIALEIl telescopio sociale è un Maksutov da 150 mm diapertura, f=180 cm, di costruzione russa, su unamontatura equatoriale tedesca HEQ/5 Pro munita diun pratico cannocchiale polare a reticolo illuminato esupportata da un solido treppiede in tubolare di accia-io. I movimenti di Ascensione Retta e declinazionesono gestiti da un sistema computerizzato(SynScan), così da dirigere automaticamente il tele-scopio sugli oggetti scelti dallʼastrofilo e semplificaremolto la ricerca e lʼosservazione di oggetti invisibili aocchio nudo. È possibile gestire gli spostamentianche con un computer esterno, secondo un determi-nato protocollo e attraverso un apposito cavo di colle-gamento. Al tubo ottico è stato aggiunto un puntatorered dot. In dotazione al telescopio sociale vengonoforniti tre ottimi oculari: da 32 mm (50x) a grandecampo, da 25 mm (72x) e da 10 mm (180x), con bari-letto da 31,8 millimetri. Una volta smontato il tubo otti-co (due viti a manopola) e il contrappeso, lo strumen-to composto dalla testa e dal treppiede è facilmentetrasportabile a spalla da una persona. Per lʼimpiegonelle vicinanze di una presa di corrente da 220 V è indotazione un alimentatore da 12 V stabilizzato. È poipossibile lʼuso diretto della batteria da 12 V di unʼau-tomobile attraverso la presa per lʼaccendisigari.Il telescopio sociale è concesso in prestito ai soci chene facciano richiesta, per un minimo di due settimaneprorogabili fino a quattro. Lo strumento è adatto acoloro che hanno già avuto occasione di utilizzarestrumenti più piccoli e che possano garantire serietàdʼintenti e una corretta manipolazione. Il regolamentoè stato pubblicato sul n. 193 di “Meridiana”.

BIBLIOTECAMolti libri sono a disposizione dei soci della SAT edellʼASST presso la biblioteca della Specola SolareTicinese (il catalogo può essere scaricato in formatoPDF). I titoli spaziano dalle conoscenze più elemen-tari per il principiante che si avvicina alle scienze delcielo fino ai testi più complessi dedicati alla raccolta eallʼelaborazione di immagini con strumenti evoluti.Per informazioni sul prestito, telefonare alla SpecolaSolare Ticinese (091.756.23.76).

QUOTA DI ISCRIZIONELʼiscrizione per un anno alla Società AstronomicaTicinese richiede il versamento di una quota indivi-duale pari ad almeno Fr. 30.- sul conto correntepostale n. 65-157588-9 intestato alla SocietàAstronomica Ticinese. Lʼiscrizione comprende lʼabbo-namento al bimestrale “Meridiana” e garantisce i dirit-ti dei soci: sconti sui corsi di astronomia, prestito deltelescopio sociale, accesso alla biblioteca.

SOCIETÀ ASTRONOMICA TICINESEwww.astroticino.ch

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N. 216 (gennaio-febbraio 2012)

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Editoriale

Incredibile a dirsi, non esiste alcuna "ricetta" ufficialmente codificatada Rudolf Wolf o dai suoi successori per documentare il metodo diconteggio delle macchie solari. Il metodo è stato trasmesso da unagenerazione all'altra di osservatori sotto forma di insegnamento oralee pratica quotidiana. Nulla di esoterico, sia chiaro: il metodo è scien-tifico, rigoroso e universalmente trasmissibile. Non c'è alcun segreto,insomma. Tuttavia di fatto, forse perché finora non se ne era sentitala necessità, il metodo non è mai stato descritto completamente nellaletteratura scientifica. Ecco perché abbiamo avvertito l'esigenza dipresentarlo in questo numero di "Meridiana", grazie all'esperienza diSergio Cortesi, erede della tradizione di Wolf, Wolfer, Brunner eWaldmeier, direttori dell'Osservatorio Federale di Zurigo, dai quali laSpecola Solare Ticinese ha ereditato la tradizione. Anche perché ilSole proprio in questi anni ha manifestato un comportamento quan-to meno anomalo, con un minimo di attività profondo e prolungato eun nuovo ciclo in significativo ritardo rispetto alle previsioni.La comunità dei fisici solari si interroga non solo sul proprio oggettodi interesse ma anche sui metodi storicamente applicati per studiar-lo. Sono ancora adeguati? Possono essere migliorati? I risultati otte-nuti sono compatibili fra loro? Dalle discrepanze si può forse ricava-re una migliore conoscenza del Sole? Sono domande di grandeattualità che non ammettono risposte semplicistiche. Ma che certohanno bisogno di chiarezza anzitutto sui metodi. Quanto ai risultati…beh, quelli vengono dopo.

Redazione:Specola Solare Ticinese6605 Locarno MontiSergio Cortesi (direttore), Mi cheleBianda, Marco Cagnotti, PhilippeJetzer, Andrea MannaCollaboratori:E. Antonioli, A. Cairati, T. Dondè,M. Gatti, D. Martinelli,M.L. Mazzucchelli, F. ScottiEditore:Società Astronomica TicineseStampa:Tipografia Poncioni SA, LosoneAbbonamenti:Importo minimo annuale:Svizzera Fr. 20.-, Estero Fr. 25.-C.c.postale 65-7028-6(Società Astronomica Ticinese)La rivista è aperta alla colla bo ra zio ne deisoci e dei lettori. I lavori inviati sarannovagliati dalla redazione e pubblicati secondolo spazio a disposizione. Riproduzioni par-ziali o totali degli articoli sono permesse,con citazione della fonte.Il presente numero di “Meridiana” èstato stampato in 1.100 esemplari.

Copertina

Ci attende la fine del mondo? I Maya lʼhanno prevista? Dopoaver letto “Meridiana”… gonzo chi ci crede!

SommarioAstronotiziario 4Moriremo tutti! Ma anche no 14Il conteggio delle macchie solari 24Astroquiz 30Con lʼocchio allʼoculare… 32Effemeridi da gennaio a marzo 2012 34Cartina stellare 35

La responsabilità del contenuto degli articoli è esclusivamente degli autori.

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Viaggio (senza ossigeno)al centro della Terra

Che cosa contiene il nucleo terrestre?Tante cose, ma, a quanto pare, poco ossigeno:è quanto ci rivelano gli esperimenti eseguiti dalteam guidato da Yingwei Fei, del CarnegieGeophysical Laboratory di Washington, e daHaijun Huang, della Wuhan University ofTechnology, i cui risultati sono stati pubblicati inun articolo su "Nature". La scoperta ha suscitatointeresse perché, essendo l'ossigeno tra gli ele-menti leggeri (cioè di basso peso atomico) piùdiffusi sul pianeta, sarebbe stato lecito aspettar-si di trovarne grandi quantità anche tra gli ele-menti leggeri del nucleo. Ma così non è stato.

Al contrario di quanto spesso si crede, giàgli Antichi sapevano che la Terra è sferica. Soloche si sbagliavano. Perché oggi sappiamo cheinvece è uno sferoide oblato, schiacciato ai Polia causa della rotazione: già Newton se n'eraaccorto. Anzi, no: è un geoide. Ma non solo lasua forma è stata studiata. Anche lo studio dellaTerra profonda ha ispirato le azioni di centinaia discienziati. All'inizio, e parliamo del tardo XVIIsecolo, era perfino considerato concepibile che ilpianeta non fosse altro che un semplice involu-cro cavo. In tempi più recenti, appurato ormaiquale fosse la forma geometrica del pianeta, ci siè posti seriamente il problema di che cosa cifosse al suo interno.

Se si pensa a come la nebulosa solare pri-mordiale ha dato origine alla Terra (nonché alresto del Sistema Solare), verrebbe da credereche questa non sia altro che un ammasso con-centrato di vari elementi, uniformemente distri-buiti per tutto il pianeta. Punto. Per fortuna (e poivedremo perché) così non è. Un indizio rilevan-te sta nella misura della densità: quella mediarilevata in superficie è poco più della metà delladensità media dell'intero pianeta. Ne consegueche gli elementi più pesanti devono essere con-centrati verso l'interno. In effetti, nelle prime fasidi esistenza della Terra, i materiali erano fluidi acausa dell'elevata pressione, e gli elementi piùpesanti sprofondarono durante quella fase di dif-ferenziazione planetaria che molti chiamanoimpropriamente "catastrofe del ferro". Questo hafatto sì che all'interno della Terra si concentrasseun nucleo costituito per la maggior parte di ferro,nichel e piccole quantità di altri elementi. Direcente si è anche ipotizzata la presenza, nelnucleo interno, di elementi come oro e platino.Nel dettaglio, sappiamo che il nucleo interno, lacui composizione non è ancora ben conosciuta,è solido, mentre quello esterno è liquido e domi-nato da moti convettivi nei quali si ritiene che glielementi più leggeri, per quanto scarsi, giochinoun ruolo fondamentale. Vale la pena ricordareche queste correnti sono responsabili dell'esi-stenza del campo magnetico terrestre, senza ilquale la superficie sarebbe bombardata daradiazioni che renderebbero la vita sulla Terraimpossibile.

Come facciamo a conoscere la struttura ela composizione dell'interno del nostro pianeta?Ovviamente nessuno, escludendo qualche biz-zarro scienziato del secolo scorso, ha mai pen-sato di scavare un bel buco di 5.000 chilometri,attraversando crosta, mantello superiore e infe-riore e nucleo esterno, per andare a vedere che

a cura diMarco Cagnotti

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Astronotiziario

Tutte le news dellʼAstronotiziariodi “Meridiana” in anteprima su

Stukhtrawww.stukhtra.it

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cosa c'è là sotto. Invece igeologi utilizzano metodiindiretti, che nella fatti-specie si riducono allostudio delle onde sismi-che, della loro velocità edelle loro modalità di pro-pagazione, riflessione erifrazione attraverso i varistrati del pianeta, dalmomento che la propaga-zione di un'onda è stretta-mente legata alle caratte-ristiche del mezzo. Macome ricreare in laborato-rio le condizioni delnucleo esterno, a 3.000 chilometri di profondità,con temperature e pressioni impensabili insuperficie? Impossibile, almeno fino a oggi.Ebbene, l'équipe guidata da Fei e Huang ha tro-vato il modo, sottoponendo un composto di ferro,zolfo e ossigeno a fortissime onde d'urto, di pro-durre contemporaneamente pressioni e tempe-rature assimilabili a quelle del nucleo esterno,liquefacendo il composto. Successivamente,

una volta ottenuto questo nucleo in miniatura, loha fatto attraversare da onde sonore, allo stessomodo in cui le onde sismiche attraversano laTerra, e ha verificato se la propagazione delleonde fosse come ci si aspettava.

Sorpresa: fra gli esperimenti eseguiti, nes-suno ha restituito valori conformi. Il modo in cuisi propagano le onde attraverso il composto dilaboratorio non rispecchia la propagazione nel

A sinistra, gli strati da cui è costituitala Terra. Il nucleo interno è la parte piùprofonda. (Cortesia: R. Hildyard) Quisotto, il grafico evidenzia come lavelocità delle onde sismiche sia varia-bile in funzione del mezzo attraversa-to. Le onde P (primarie) sono ondecompressive e longitudinali, le onde S(secondarie) sono onde di taglio e tra-sversali. (Cortesia: B. Ohare)

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nucleo terrestre. In particolare, i ricercatorihanno rilevato che, per ottenere un comporta-mento delle onde sismiche realistico, era neces-sario ridurre radicalmente la componente di ossi-geno nel loro modello. Questo ha portato a unaconclusione per niente scontata: tra gli elementileggeri presenti nel nucleo, che già di per sé rap-presentano una parte minoritaria in quel conte-sto, l'ossigeno non è presente in quantità eleva-te come sul resto del pianeta. Indizio del fattoche la differenziazione planetaria è avvenuta inun ambiente più riducente del previsto. Questascoperta potrebbe fare luce sulle dinamicheattuali di quei moti convettivi che in ultima anali-si sono necessari alla vita sulla Terra. Non solo:il nuovo metodo di indagine messo a punto dalgruppo di Fei e Huang avrà un ruolo fondamen-tale nello studio degli elementi leggeri presentinel nucleo esterno della Terra.

(F.S.)

Le conseguenze di un impatto gigantesco

Ci sono argomenti che forse si preferireb-be non affrontare, nemmeno attraverso l'occhioquantitativo e distaccato della fisica. Pensare ache cosa succederebbe se un grosso meteoritecolpisse la Terra è spiacevole. Non ti senti moltorassicurato neanche da uno studio che ti spiegache i modelli finora usati erano troppo pessimistisui postumi di una tale evenienza per il nostropianeta.

Sì, perché alcuni ricercatori delleUniversità di Monaco e di Princeton si sonomessi a rifare i calcoli sulle conseguenze sismi-che che avrebbe un impatto di grandi dimensio-ni. Non si parla di sassolini, ma di corpi con undiametro intorno ai 10 chilometri, come quelloche produsse il cratere di Chicxulub, precipitatonella penisola dello Yucatan circa 65 milioni di

anni fa. Secondo le teorie più accreditate, leonde sismiche di quell'impatto provocarono aisuoi antipodi, in una zona geologica chiamataDeccan Traps, una serie di eruzioni e fratturazio-ni della crosta terrestre. Le polveri emesse inatmosfera oscurarono il cielo fino ad abbassarele temperature e ridurre la capacità di fotosintesidelle piante. Conseguenza: la celebre estinzionedei dinosauri.

Una collisione induce forti movimenti nelterreno che si propagano sia in profondità sia insuperficie tramite delle onde, come nei comuniterremoti ma con energia molto più elevata(l'energia rilasciata dal meteorite di Chicxulub èstata valutata in 96 Teratoni, contro i 2,7 Gigatonidel più forte terremoto mai registrato). Le ondesuperficiali si propagano circolarmente, mentrequelle di profondità viaggiano per riflessione erifrazione attraverso i vari strati della Terra, che,per via della sua (quasi) sfericità, si comportacome una sorta di lente e tende a farle conver-gere tutte nel punto opposto all'origine: l'antipo-do. Cioè lì si ha un'interferenza costruttiva delleonde, in particolare di quelle a bassa frequenza,con importanti movimenti del terreno e l'innalza-mento delle pressioni locali nei corpi rocciosi.

Finora le simulazioni prendevano comemodello una Terra sferica e simmetrica, e i risul-tati davano all'antipodo oscillazioni del suolo finoa 15 metri e pressioni tali da fratturare le rocce,fino a rimuovere parti della crosta e innescarerisalite di magma. Insomma le conseguenze chesi pensa siano avvenute nei Deccan Traps, conannessa estinzione dei dinosauri. Ma il nostropianeta non è né sferico né tantomeno omoge-neo e simmetrico internamente. Perciò gli autoridel nuovo studio, pubblicato sul "GeophysicalJournal International", hanno sviluppato unmodello della Terra che includesse l'ellitticità, levariazioni di spessore della crosta, la topografia,

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la batimetria, la presenza del nucleo interno soli-do e di quello esterno liquido e, infine, la rotazio-ne. Al meteorite di Chicxulub hanno attribuito unraggio di 10 chilometri e una velocità all'impattodi 20 chilometri al secondo.

La loro simulazione ha mostrato sposta-menti del terreno di soli 4 metri e pressioni mino-ri nelle rocce rispetto a quanto era stato calcola-to in precedenza. In un comunicato stampaaffermano che "a proposito dell'estinzione dimassa, dalle misurazioni abbiamo visto che unimpatto del tipo di Chicxulub da solo sarebbetroppo piccolo per provocare un'eruzione vulca-nica così estesa come quella avvenuta neiDeccan Traps". Al di là della polemica con isostenitori di questa teoria (polemica che nonfinirà certo qui), la cosa importante è aver trova-to che l'ellitticità della Terra e le anisotropie insuperficie riducono la possibilità che le ondeinterferiscano in un unico punto. Insomma, l'areadi interferenza è più ampia e all'antipodo è con-centrata meno energia, con minori effetti distrut-tivi. Con il modello in mano poi basta variare iparametri del corpo per sapere quanto deveessere grande per creare delle catastrofi.Basterebbe, ad esempio, aumentare di 5 volte il

diametro di quello di Chicxulub, lasciando inva-riate densità e velocità, per fratturare le rocceall'antipodo.

Ma non è finita qui, perché il modello èadattabile anche ad altri pianeti, ed è invertibile.Nel senso che, se si conoscono le dimensioni diun cratere e le conseguenze subite all'antipodo,allora si possono ricavare informazioni sullastruttura interna e superficiale del pianeta. Inlinea di principio basterebbero quindi due foto-grafie. Quest'applicazione non è cosa da poco:altrimenti avremmo dovuto aspettare un altroimpatto gigantesco sulla Terra per sapere se ilmodello funziona davvero.

(M.L.M.)

Sacrificarne uno per salvarne otto

Quando esisteva solo da 600 milioni dianni, il nostro Sistema Solare ospitava probabil-mente un quinto pianeta gassoso oltre a Giove,Saturno, Urano e Nettuno. Un pianeta di cui oggisi è persa ogni traccia. Un pianeta al qualedovremmo tutti essere molto grati. Perché è gra-zie a lui se oggi siamo qui a leggere questerighe.

Ora da un impatto del genere ci aspettiamomeno eruzioni vulcaniche, tsunami e movimentidel terreno... eppure stranamente non sembrauna grande rassicurazione.(Cortesia: D. Davis/NASA)

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In un articolo pubblicato su "TheAstrophysical Journal Letters", dal titolo "YoungSolar System's Fifth Giant Planet?", DavidNesvorny, del Southwest Research Instituteamericano, espone la sua teoria del pianetamancante per spiegare il fallimento di migliaia disimulazioni dell'evoluzione del Sistema Solarecon appena otto pianeti: in ognuna di esse, infat-ti, Giove finisce per espellere Urano o Nettunodalla relativa orbita.

La ricerca di Nesvorny parte da recentistudi, i quali suggeriscono che i pianeti giganti ditipo gassoso, dopo la loro nascita, si assestaro-no in orbite risonanti a circa 15 UnitàAstronomiche dal Sole e che in seguito Urano eNettuno furono spinti verso l'esterno dall'intera-zione gravitazionale con gli altri pianeti gassosifino a raggiungere le loro orbite attuali. Tramitemigliaia di simulazioni al computer, Nesvorny haosservato la migrazione dei due pianeti e haconcluso che un modello basato su quattro

giganti gassosi non porta a un risultato realistico.Infatti le orbite dei pianeti gassosi risultano com-pletamente diverse da quelle odierne e i pianetiterrestri (Mercurio, Venere, Terra e Marte) ven-gono spazzati via durante la migrazione, comeinsetti schiacciati da un branco di elefanti.

Ecco allora l'idea di Nesvorny: l'unica alter-nativa ragionevole è un modello basato su unulteriore pianeta gassoso, espulso in seguito dal

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A sinistra, espulso dal SistemaSolare, se ne va solo soletto

nello spazio interstellare...(Cortesia: Southwest Research

Institute) Qui sopra, unmomento dell'animazione

dell'evoluzione del SistemaSolare tra 30 milioni di anni

prima dell'instabilità e 20 milio-ni di anni dopo l'instabilità.

(Cortesia: SouthwestResearch Institute)

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Sistema Solare dopo un'interazione con Giove.In questo modo è garantita la presenza dei quat-tro i giganti gassosi e dei quattro pianeti terrestri.Compresa la Terra.

Gli indizi a supporto di questa teoria deri-vano dagli studi sulla popolazione trans-nettu-niana di corpi minori, conosciuta con il nome diFascia di Kuiper, e dalla scoperta dell'esistenzadi pianeti extrasolari in posizioni difficilmentespiegabili con i soliti modelli, che vedono i piane-ti di tipo terrestre vicini al Sole e i pianeti gasso-si in regioni più esterne.

Stanotte fatti una passeggiata in giardino.Poi solleva gli occhi al cielo e, con un moto inte-riore di riconoscenza, chiediti dov'è finito quel-l'antico pianeta che ti permette oggi di esserequi.

(E.A.)

Pianeti-diamanti

Si può immaginare un pianeta, con unamassa equivalente a 15 masse della Terra ecostituito per il 50 per cento di diamante? Aquanto pare, sì. Anzi, se ne possono immagina-re molti, secondo uno studio effettuato da ricer-catori dell'Università dell'Ohio e presentato alcongresso dell'American Geophysical Union aSan Francisco.

Il gruppo di ricerca, guidato da WendyPanero e Cayman Unterborn, rispettivamentedocente e dottorando presso il Dipartimento diScienze della Terra dell'Università dell'Ohio, hariprodotto sperimentalmente i processi cheavvengono nelle profondità del nostro pianeta eche riguardano la formazione del diamante. Ilmodello è poi stato applicato ad altri pianeti, inparticolare a corpi appartenenti a sistemi plane-tari della Via Lattea molto più ricchi di carboniorispetto al Sistema Solare.

L'esperimento: un campione di ferro, ossi-geno e carbonio portato a 2.400 gradi Kelvin ditemperatura e 65 GigaPascal di pressione, cioèle stesse condizioni che si hanno nel mantelloinferiore, a circa 800 chilometri di profondità. Loscopo era ovviamente quello di ricreare il conte-sto in cui vengono prodotti i minerali nella Terraprofonda. Che cosa si è ottenuto? Anzitutto ferroe ossigeno si sono combinati cristallizzandosi inwüstite, la forma minerale del monossido diferro, un composto molto simile alla comune rug-gine (ma che ruggine non è, essendo quest'ulti-ma triossido di diferro idrato). Il carbonio, rimastopressoché puro, ha invece formato del diamante(è da sottolineare che a pressioni e temperaturedifferenti avrebbe semplicemente dato luogo acristalli di grafite). Questi risultati contribuisconoad avvalorare la tesi secondo cui effettivamenteil mantello inferiore della Terra comprenderebbeuno strato ricco in diamante.

La scoperta in sé non stupisce più di tanto,dato che conferma teorie già esistenti. Quelloche più colpisce è che, se si applica il modello aisuper-pianeti, si osserva che nel nucleo si avreb-be un composto di ferro e carbonio (una sorta diacciaio ad alta densità), mentre il mantellosarebbe costituito da carbonio puro sotto formadi diamante. Bisogna immaginare un pianetacon una massa fino a 15 volte quella terrestre,con una struttura (nucleo, mantello e crosta)simile a quella del nostro pianeta, ma costituitoper la metà della sua massa di carbonio puro.sette Terre interamente di diamante.

La domanda viene da sé: ci potrebbeessere vita su un pianeta del genere? E, in casoaffermativo, che tipo di vita? Sulla Terra, ricca disilicio, la vita è basata sul carbonio. Verrebbe dapensare che in un contesto in cui è il carbonio afarla da padrone le dinamiche dello sviluppo dieventuali forme viventi siano differenti. Invece

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niente vita. Che dai diamanti non nascesse nien-te già si sapeva, ma qui ci sono anche ragioni piùprofonde, e nell'accezione letterale. Sulla Terra,la presenza di strati fluidi al di sotto della crostadà luogo a quello che rende il nostro un "piane-ta vivente", come spesso sentiamo dire. Vulcani,anatessi, orogenesi e tettonica a placche sonosolo alcune delle conseguenze. Poi ci sono imoti convettivi del nucleo esterno. Questi ultimiproducono risultati estremamente interessanti:con i loro movimenti di particelle cariche consen-tono alla Terra di avere un campo magnetico eun'atmosfera. Su un pianeta-diamante non cisarebbe niente di tutto questo, quindi niente vita.La ragione è presto detta. L'energia termica delnostro pianeta dipende da due agenti: il primo èil decadimento degli elementi radioattivi del man-tello, il secondo è il calore residuale conservato-si dalla formazione del pianeta. Un pianeta conun interno così ricco in carbonio non sarebbe in

grado di conservare l'energia termica a causadell'elevata conducibilità del diamante, chedisperderebbe rapidamente tutto il caloreall'esterno. Insomma, una gelida e rigida palla dicarbonio.

A che cosa ci porta questa scoperta?Panero spiega che l'interesse del suo gruppo diricerca è rivolto allo studio delle interazioni tracarbonio, idrogeno e ossigeno, ossia le basidella vita, e di come esse avvengano sia all'inter-no della Terra sia su altri pianeti. Il fine ultimo,chiarisce la ricercatrice, è la compilazione di unaserie di criteri che ci consentano di determinarese un pianeta è in grado di ospitare un oceano,fondamentale per la vita. Cosa non da poco, sesi pensa che fino a oggi si conoscono oltre 700pianeti extrasolari. Sui quali però si sa poco onulla.

(F.S.)

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Rappresentazione di fantasia del pianeta Gliese 581c, nella costellazione della Bilancia.Con una massa pari a 5 volte quella terrestre, è considerato una "super-Terra". (Cortesia: ESO)

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Identikit di un buco nero

Dai libri di divulgazione fino a Star Trek, ibuchi neri sono sempre stati tra gli oggetti astro-nomici che hanno più stuzzicato la curiosità delgrande pubblico, anche perché di loro sappiamopoco o nulla (peraltro in perfetta sintonia con illoro nome). Quanto pesa un buco nero? Comenasce? Si muove nella galassia o se ne stafermo aspettando che un incauto pianeta glicada addosso? Ora per la prima volta nuove epiù precise misure della distanza hanno permes-so di rispondere a questi interrogativi almeno inun caso. E si è arrivati a un vero proprio identikitdel buco nero appartenente al sistema binarioCygnus X-1, riuscendo a calcolarne la massa ela velocità di rotazione.

Il nostro principale strumento per osserva-re l'universo è la radiazione elettromagnetica avarie lunghezze d'onda. È chiaro quindi quantorisulti difficile studiare i buchi neri, corpi con unadensità talmente elevata da produrre un campogravitazionale a cui niente può sfuggire, nean-che la luce. Proprio studiando la radiazione elet-tromagnetica, circa una cinquantina di anni fa èstato scoperto Cygnus X-1 come sorgente diraggi X. Cygnus X-1 è un sistema binario nellacostellazione del Cigno, formato da un buconero stellare che sottrae materia da una stellacompagna accrescendo la propria massa.Finora non si era riusciti a scoprire nessuna suacaratteristica intrinseca: il problema principaleera determinarne la distanza. Di cui ora è statadata una stima precisa grazie alle osservazionicompiute durante il 2009 e il 2010 dai dieci radio-telescopi del National Science Foundation's VeryLong Baseline Array (VLBA) distribuiti tra leHawaii e St. Croix, nei Caraibi. Risultato: CygnusX-1 si trova a 6.070 anni-luce, mentre le stimeprecedenti erano all'interno di un intervallo tra

5.800 e 7.800. Ottenuta la misura, gli scienziatihanno sfruttato i dati raccolti da più di 20 anninella banda di lunghezze d'onda del visibile e deiraggi X grazie al Chandra X-Ray Observatory, alRossi X-Ray Timing Explorer e all'AdvancedSatellite for Cosmology and Astrophysics. Cosìsono riusciti a calcolare che il buco nero è circa15 volte più massiccio del nostro Sole e che lasua velocità di rotazione è di più di 800 giri alsecondo. Hanno commentato entusiasticamentei risultati Jerry Orosz, della San Diego StateUniversity, e Mark Reid, dell'Harvard-Smithsonian Center for Astrophysics (CfA), cheinsieme a Lijun Gou, anche lui del CfA, hannosottoposto tre articoli sull'argomento su "TheAstrophysical Journal Letters".

Non essendo possibile nessuna osserva-zione diretta, le informazioni che ci permettono dicaratterizzare un buco nero sono molto poche.Solo tre: massa, velocità di rotazione e caricaelettrica. Per Cygnus X-1 la carica elettrica ècirca zero, quindi le misure fatte hanno permes-so di dare una descrizione completa del buconero. In particolare la velocità di rotazione èparagonabile a quella degli altri buchi neri osser-vati e la massa trovata lo rende uno dei buchineri stellari più massicci della Via Lattea.

Le misurazioni fornite dal VLBA hannopermesso di far luce anche sul mistero dellanascita di Cygnus X-1, avvenuta circa 6 milioni dianni fa. Sembrerà strano, ma anche i buchi piùneri un tempo erano chiare e luminose stelle.Per tutta la vita, una stella è soggetta all'azionedel campo gravitazionale che tende a compri-merla verso l'interno. Però le reazioni di fusionenucleare che avvengono nel nucleo riescono aprodurre una pressione verso l'esterno che man-tiene la stella in equilibrio. Quando il combustibi-le (dapprima l'idrogeno e poi gli elementi via viapiù pesanti, fino ad arrivare al ferro) si esaurisce,

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la forza gravitazionale rimane incontrastata e lastella inizia a collassare. Il suo destino è legatoalla sua massa. Al nostro Sole toccherà unasorte non troppo violenta: si spegnerà diventan-do una nana bianca. Per stelle più grandi invece,con una massa superiore a 8 volte la massa delSole e con un nucleo più grande di 1,8 massesolari, il collasso non si arresta. Contem -poraneamente i gusci più esterni vengono espul-si in una gigantesca esplosione, dando luogo auna supernova. E alla fine rimane un buco nero,concentrato e densissimo: una vera e propriasingolarità.

Le nuove misure su Cygnus X-1 hannoanche permesso di calcolare la velocità con cuisi muove intorno al centro della nostra galassia.Se si fosse originato da un'esplosione di super-nova, avrebbe ricevuto una spinta iniziale che loavrebbe spedito in orbita con una velocità moltomaggiore di quella rilevata. Un'altra possibilità diformazione è all'interno di un sistema binario for-mato da una nana bianca che, pur avendo unamassa iniziale troppo bassa per degenerare inun buco nero, sottrae materiale dalla compagnafino a superare una massa critica e proseguireverso un collasso incontrastato.

Speriamo che Cygnus X-1 sia solo laprima pagina di quello che potrebbe diventare unvero e proprio catalogo di tutti i buchi neri delnostro universo.

(D.M.)

La mia grossa grassa materia oscura

Non sappiamo che cos'è, ma c'è. E ce n'ètanta. Non sappiamo misurarla, ma pesa. Epesa tanto. Lo accerta una coppia di fisici dellaBrown University, Savvas Koushiappas e AlexGeringer-Sameth, in un articolo che uscirà abreve su "Physical Review Letters": le particelle

di materia oscura sono assai più massicce diquanto si credeva finora.

Non stiamo parlando di bazzecole: siamonell'ordine dei 40 GigaelettronVolt (GeV), più di40 volte il peso di un protone. E la cosa sconcer-tante è che nessuna particella di materia oscurapuò avere massa inferiore a questa soglia.Precedenti illustri collaborazioni, comeDAMA/LIBRA, CoGeNT e CRESST, avevanoottenuto, tramite esperimenti di laboratorio, unastima nell'ordine di 7-12 GeV. Le osservazionidei due fisici della Brown sembrano smentiretutto ciò. "Se la massa di una particella di mate-ria oscura fosse minore di 40 GeV", affermaKoushiappas, "la sua quantità nell'universosarebbe così piccola che esso non potrebbeespandersi con il ritmo che osserviamo oggi".

La tesi di Koushiappas e Geringer-Samethè suffragata da evidenze sperimentali: i due,infatti, si sono avvalsi dei dati raccolti dal FermiGamma-ray Space Telescope, della NASA, sul-l'emissione di raggi gamma da parte di settegalassie nane satelliti della Via Lattea.L'elaborazione di questi dati è poi merito diGeringer-Sameth, che ha costruito un innovativomodello statistico per analizzarli. Inoltre il teamdel Fermi Large Area Telescope è arrivato indi-pendentemente a un risultato analogo.

Perché i raggi gamma? Perché sono l'uni-ca cosa che riguardi la materia oscura che pos-siamo vedere davvero. Difatti sappiamo che,come nella materia osservabile, anche nellamateria oscura devono esistere particelle e anti-particelle. Il processo attraverso cui materia eantimateria si annientano a vicenda, converten-dosi in energia, va sotto il nome di annichilazio-ne. L'energia liberata ha diverse forme (calore,luce eccetera): nel caso della materia oscura, iprodotti dell'annichilazione sono quark pesanti eleptoni. I quark e gli antiquark a loro volta si anni-

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chilano, producendo fotoni. La radiazionegamma è il miglior indicatore del numero di foto-ni presenti in una certa regione di spazio.

Risalendo la catena al contrario, i duescienziati hanno ricostruito il tasso di annichila-zione delle particelle di materia oscura all'internodelle sette galassie (particolarmente "pulite" perquanto riguarda il segnale, perché povere dimateria non oscura) e, di conseguenza, hannofornito una stima dal basso per la massa delleparticelle collidenti.

Può sembrarci una scoperta priva di inte-resse pratico. Ma è bene osservare una cosa:energia e materia oscura costituiscono più del95 per cento dell'universo conosciuto. Di loro si

sa poco o nulla, perché le osservazioni avvengo-no solo in maniera indiretta (in particolare attra-verso i loro effetti gravitazionali). Anche un minu-scolo indizio sul loro conto potrebbe, in un futuroprossimo, rivelarsi una potentissima arma per laconoscenza della realtà: uno scopo a cui è vota-ta l'intera comunità scientifica. Un'arma? Forseintellettuale. Ricordiamo sempre che stiamo par-lando di cose che non potremo mai vedere.

(T.D.)

Hanno collaborato Eugenio Antonioli (E.A.),Tobia Dondè (T.D.), Diletta Martinelli (D.M.),

Mattia Luca Mazzucchelli (M.L.M.),Francesco Scotti (F.S.)

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È una simulazione, di solito non si fa vedere. (Cortesia: Max Planck Institute for Astrophysics)

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Io quest'articolo non lo volevo scrivere.Mi pareva che sul 2012 e sulle previsioni piùo meno deliranti fosse già stato scritto e dettoanche troppo. Che barba!

Poi però fai le serate divulgative con iragazzi e salta sempre fuori la domanda sul2012, in una qualsiasi delle sue varianti. Disolito viene posta dal fondo del gruppo e latipologia dellʼautore è molto varia: dallaragazzina seria fino con gli occhiali al tiposciallo con la mutanda a vista e lʼiPod dʼordi-nanza. Allʼinizio pensi che stiano scherzandoe vogliano solo fare gli spiritosi. Poi però tirendi sempre più conto che improvvisamentee regolarmente i visi si fanno attenti e glisguardi si accendono di interesse: questihanno paura sul serio. Ma come? I ragazzinon sono certo tipi che leggono solo rivistesensazionaliste. Che sono degnissime, percarità, ma fanno il loro lavoro, cioè sfrucu-liare nel torbido e alimentare fantasmi epaure irrazionali. Allora ti informi. E scopriche non solo non leggono riviste scientifiche,ma non leggono proprio: guardano la TV. Eche cosa guardano alla TV? Ecco, esatto,lʼhai già capito: quei programmi che si fre-giano dellʼappellativo di “scientifico” ma chetutto sono fuorché scientifici. E oltre aquesto? Internet. Eh, certo, loro sono naticon il mouse in mano e tu no.

E allora ti vien voglia di farti una navi-gata. E qui davvero ti metti le mani nei capel-li. I programmi alla TV? Dei perfetti dilettanti.Il vero delirio è in Rete.

Tutti giù per terra

Tempo un anno e il nostro caro vecchiopianeta subirà un bello scossone. Mentre leluminarie del prossimo Natale staranno lucci-

cando per la via, improvvisamente i Poli delcampo magnetico s'invertiranno. Così, dipunto in bianco.

Non ti basta? Chi crede nella catastrofecalca la mano e si gioca il tutto per tutto: inseguito allʼinversione, il campo magneticostesso scomparirà lasciandoci in balia delvento solare, mentre (addirittura!) il moto dirotazione terrestre si fermerà. I più furbi con-fondono i Poli magnetici con quelli geograficie predicono addirittura un reale ribaltamentodel globo terracqueo: Helsinki al posto diJohannesburg e tutti con le gambe allʼaria.Insomma un bel poker di disastri. Si sa che iguai non vengono mai soli, ma dobbiamoaverla combinata davvero grossa per me -ritarci tutto ʻsto macello.

Eh già, perché la cosa non sarà assolu-tamente indolore. Lo scenario prospettato èda Apocalisse: la Terra sarà spazzata da ura-gani e gli oceani sommergeranno i continen-ti con ondate mai viste, i vulcani erutterannomari di fuoco, le pianure si solleveranno e lemontagne saranno spianate, i venti impetu-osi sradicheranno le foreste, molte specieanimali e vegetali saranno distrutte e laciviltà ridotta in rovina. E ci credo: questisʼimmaginano di finire dentro una di quellebocce che uno capovolge e poi sta aguardare la neve che scende.

Comunque dovrebbe funzionare così: iPoli magnetici si invertono, la Terra si capo-volge, sta ferma esattamente 72 ore e poi(tranquilli!) riprende a ruotare ma in sensoinverso.

Ma, in nome del cielo, perché? Checosa potrebbe provocare tutto ciò? Qualeforza? Perché starà ferma tre giorni? E per-ché ripartirà? E perché al contrario? E, teori-camente, come la metteremo con tutto il

Moriremo tutti!Ma anche no

2012: cʼè da aver paura?

Anna Cairati

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calore derivante dallʼenergia cinetica? Si ren-dono conto che se ne svilupperà talmentetanto che dopo la frenata facilmente non cisarà più nulla da far ripartire? Un briciolo dilogica, per favore!

No, niente logica. A sostegno delle lorovisioni, i catastrofisti portano argomenti cheaddirittura provano il contrario, ma loro nonse ne rendono conto. Sostengono che inprossimità del “Punto Zero”, cioè in fase dirallentamento, si avrà lʼimpressione che iltempo passi più velocemente, un giorno di 24ore sembrerà della durata di 16 ore o meno.Menti prodigiose!

Secondo loro, la prova che la Terra starallentando sta nel fatto che la “risonanzaSchumann” va aumentando progressiva-mente. Questa risonanza nei siti più delirantiè definita come “il battito cardiaco di MadreTerra”. E, se questa “frequenza vibratoria”dovesse ancora salire di intensità, il nostropianeta sarebbe destinato a cambiare statomolecolare. Ovvio.

Naturalmente bastano cinque minuti incompagnia di Google per scoprire che la“risonanza Schumann” è un indice dellʼatti -vità elettrica legata ai temporali e che ovvia-mente non ha niente a che fare con tutta la

Una ricostruzione del campo magnetico terrestre.

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faccenda. Ma quanti… fulminati… pensisiano andati a controllare?

Ci vuole giusto un paio di minuti in piùper scoprire che i Poli magnetici si sonoinvertiti più di una volta in passato: lʼultimacirca 780 mila anni fa. Le inversioni nonavvengono certo in una notte, ma richiedonoqualche migliaio di anni. “E, quando succede,il nostro pianeta non resta certo indifeso”,spiega Gary Glatzmaier, docente di Scienzedella Terra allʼUniversità della California aSanta Cruz. “Sem plicemente, le linee delcampo magnetico si intrecciano in modo piùcomplicato. Un Polo magnetico Sud potrebbecomparire in Africa o un Polo Nord a Thaiti. Èstrano, vero? Ma il campo magnetico è sem-pre presente, non smette mai di proteggercidalle radiazioni cosmiche e dalle tempestesolari. Prova ne è il fatto che, malgrado tuttele inversioni ma gnetiche passate, la vita èancora presente sulla Terra”.

Anche secondo le novelle Cassandrenon sarebbe la prima volta che i Poli siinvertono, ma loro non sono dʼaccordo sullatempistica e naturalmente parlano di ribalta-mento dei Poli geografici. Lʼevento sisarebbe verificato 12 mila anni fa, quandoscomparve Atlantide (come tralasciarla?) e1.500 anni dopo, in occasione del diluvio uni-versale. Le prove? I grandi giacimenti di car-bone in Gran Bretagna dimostrerebbero cheun tempo a quelle latitudini il clima era tropi-cale. Lʼesistenza dei mammuth testi-monierebbe che la Siberia era una landatanto ricca di vegetazione da provvedere alloro sostentamento.

Certo, è più facile credere a un pianetache fa le capriole piuttosto che alla deriva deicontinenti e a fluttuazioni della temperaturasu scala millenaria.

Secondo loro, la variazione di tempe -ratura è stata tanto repentina che non puòche essere dovuta al ribaltamento, perchéalcuni mammuth sarebbero stati ritrovati con-gelati, ma con lo stomaco ancora pieno difiori non digeriti. Poetici!

Quando il Sole non collabora

Di tutti gli scenari prospettati per il no -stro futuro, questo è forse quello che derivada presupposti più o meno scientifici. Poi iprofeti di sventura sono partiti allegramenteper tutte le tangenti che è stato loro possibiletrovare, però dobbiamo riconoscere che unfondamento verosimile cʼè.

Il nostro Sole ha un ciclo di attività chedura in media 11 anni. In realtà sembra avereanche cicli più lunghi che si sovrappongono aquesto, ma cerchiamo di non farlo sapere aicatastrofisti. In questi 11 anni lʼattività dellanostra stella passa da un minimo a un mas-simo per poi tornare a un minimo, e questivalori vengono determinati misurando quoti -dianamente il numero di Wolf, ricavato dal-l'osservazione diretta della quantità di mac-chie sulla superficie solare (si veda inproposito lʼarticolo a p. 24).

Durante un massimo di attività solareaumenta la possibilità di tempeste solari edeiezioni coronali di massa, cioè dellʼespul-sione nello spazio di consistenti quantità dimateria. Questi eventi non sono affatto rari etanto meno sono catastrofici o letali, tant'èche avvengono di continuo. Sono dannosisolo se l'eiezione è diretta verso di noi eanche in questo caso sono pericolosi princi-palmente per gli astronauti impegnati in atti -vità extraveicolari e per le apparecchiaturedei satelliti. Se l'evento è molto intenso, pos-

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sono verificarsi danni al suolo e interruzioninella distribuzione di energia elettrica. Vistoche il plasma solare è molto più lento dellaluce e ci mette diverse ore a raggiungerci, inteoria abbiamo il tempo per prepararci.

Non sono rarissime le eiezioni coronalidi massa che investono in pieno la Terra. Nel1859 ce ne fu una poderosa che produsseaurore boreali visibili fin dai tropici. Oggi lanostra civiltà, così sofisticata ma anche cosìfragile perché dipendente dalla tecnologia,subirebbe un danno enorme.

Le eiezioni coronali di massa sonopossibili sempre, ma sono più probabili neiperiodi di massimo solare. (Attenzione: pro -babili, non inevitabili!) Ora, lʼultimo massimoè stato osservato nel 2001. Già fatto il conto?Esatto: il prossimo sarebbe dovuto essere

nel 2012. Sarebbe. Il guaio per i cultori deldisastro planetario a tutti i costi è che questavolta il Sole si è fatto un baffo delle aspetta-tive e se lʼè presa comoda. Dopo un minimoprolungato, il ciclo è in ritardo di almeno unanno.

Miseriaccia! Per una volta che ti vai afidare delle stelle! Veniva così bene: massi-mo solare, calendario Maya, si enfatizza unpoʼ la questione, si piazzano un paio di termi-ni scientifici più o meno pertinenti e più omeno comprensibili e la panzana catastroficaè servita.

Ovviamente nei vaneggiamenti di chivuol fare sensazione la tempesta solaresarebbe assolutamente certa per il 21 dicem-bre prossimo, anzi addirittura la NASAavrebbe diramato un allarme per quella data.

La ricostruzione di una tempesta solare (le distanze non sono in scala.)

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In realtà non cʼè modo di prevedere leeiezioni coronali di massa né per la NASA néper nessun altro. Lʼunica cosa che probabil-mente ha fatto lʼente statunitense è darelʼavallo a un rapporto sulla fisica solare delNational Research Council nel quale si faunʼanalisi delle conseguenze che avrebbeoggi la peggiore tempesta solare mai docu-mentata, quella del 1859.

Naturalmente per gli jettatori le con-seguenze non si esaurirebbero con un black-out, nemmeno di proporzioni globali: il plas-ma solare distruggerebbe la vita sulla Terra.Chissà, magari sentendo parlare di “ventosolare” immaginano che saremo tutti soffiatinello spazio e solo chi sarà munito di tutaspaziale si salverà.

I siti dedicati falsificano spudorata-mente anche i dati pur di tirare acqua al loromulino. Affermano che dal 1901 il campomagnetico delle macchie solari sarebbeaumentato niente meno che del 230 percento. Peccato che in realtà negli ultimi annisi sia talmente indebolito da far addiritturatemere che, sceso al di sotto di una certasoglia, non sia sufficiente per far ripartire ilprossimo ciclo.

A sentire i catastrofisti, anche il numerodelle macchie comparse nellʼultimo massimo,quindi nel 2001, avrebbe raggiunto quote maiviste in precedenza. Premettendo che il con-teggio sistematico avviene solo dal XVIII se -colo, quindi da un numero di anni ridicolorispetto allʼetà del Sole, il picco più alto si èraggiunto senza dubbio nel 1957.

Ma il meglio lo danno quando inven-tano a briglia sciolta: la forte attività del Soleibriderebbe il DNA dei viventi, come dimo -strerebbero alcuni cerchi nel grano disposti adoppia elica. Anzi, starebbe modificando

anche la struttura del sistema solare, tantoche la Luna avrebbe sviluppato unʼatmosferae quelle di Marte, Giove, Urano e Nettunostarebbero aumentando di densità.

Naturalmente non dimenticano il riscal-damento globale, ma sono molto molto avan-ti: sapevate che la calotta polare artica noncʼè più e le navi possono transitare libera-mente per il Polo Nord?

Una nuova galassia

Di tutti gli scenari di distruzione, in ve -rità questo è il meno frequentato: non piacemolto nemmeno a chi si nutre di fandonie. Manon dubitare: le stupidaggini non mancano esi ha davvero spesso lʼoccasione di farsi duerisate. Comʼè possibile che tante personenon accendano il cervello prima di mettersi ascrivere in Rete? Cominciamo allora con lafantacosmologia.

Copernico non solo si rivolterebbe nellatomba, ma risorgerebbe tra i vivi e probabil-mente sparerebbe a qualcuno se sentisseche negli ultimi secoli la Terra ha fatto unviaggio di circa 30 mila anni-luce e si ètrasferita al centro della Galassia. Quandotornerà a essere il centro dellʼuniverso?

In alternativa, la Terra è in procinto diattraversare lo “Strato Fotone”. Terrore e rac-capriccio! Assodato che il nostro pianeta sene sta andando a zonzo per la galassia,adesso è arrivato allʼaltrimenti detta “CinturaFotonica”. Che cosʼè? La nube di polverecosmica nel braccio interno della Via Lattea,lʼombra scura che ci impedisce la vista delcentro galattico e che naturalmente è lontanada noi uno sproposito di anni-luce.

Secondo altri fini e più modesti pen-satori la Terra è ancora dove è sempre stata.

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La rivelazione sta piuttosto nel fatto che ilSole è un satellite di Sirio.

Il 21 dicembre prossimo la nostragalassia finirà un giro su sé stessa. Ohibò! Echi cʼera al momento della partenza? Un ca -tastrofista con la pistola da starter? È partitada ferma o ha preso la rincorsa? Battute aparte, chi mai può dire quando e dove comin-cia una rotazione? Zone diverse della galas-sia hanno velocità diverse, la stella X puòaverla già conclusa e quella Y essere inclamoroso ritardo. Non si può certo porrecome termine un solo giorno.

Naturalmente lʼargomento principe è ilfantomatico allineamento. Ma di che cosa?Come sempre ci sono più versioni. Una scuo-la di pensiero si butta su scala galattica edevoca un evento di sicuro impatto scenicoma nientʼaffatto raro e ancor meno catastrofi-co. Un'altra invece riguarda una situazioneplanetaria assolutamente impossibile maforse con un fascino un poʼ più discreto, mi -stico.

Secondo il catastrofista duro e puro,poco prima del prossimo Natale il nostro uni-verso sarà sconvolto perché ci sarà, unicocaso nella storia, lʼallineamento di Terra-Sole-nucleo galattico. Glielo spiegate voi cheavviene ogni anno nel solstizio dʼinverno? Ese proprio cercate guai, gli dite anche che sesi inverte lʼordine di Terra e Sole accade lostesso a ogni solstizio dʼestate? Questotremendo allineamento ci esporrà a terribiliforze gravitazionali capaci di farci precipitarenel buco nero al centro della galassia.Pauuura!

Ma questi personaggi non si rendonoconto che, pur avendo una massa enorme, ilnucleo è talmente lontano da farci un baffo?Secondo la legge di gravitazione universale,

lʼattrazione decresce in proporzione inversaal quadrato della distanza, quindi siamo sicu-ramente più influenzati dalla presenza diGiove e del Sole che dal remotissimo centrogalattico.

Il catastrofista più modesto, invece, silimita al sistema solare, ma si inventa che adicembre i nove (sì, beh, abbiate pazienza)pianeti si disporranno in cielo a formare unacroce latina con il Sole allʼincrocio degli assi.Come pensino che la cosa, oltre a verificarsi,sia anche visibile in pieno giorno, sfugge aogni astronomica comprensione, ma tantʼè.

È totalmente inutile sottolineare chenon è previsto alcun allineamento, nemmenodi tipo più tradizionale. Non bisogna essereastrofisici per saperlo: basta un qualsiasi pro-grammino per computer che sia in grado diriprodurre le carte stellari.

Qualunque sia lʼallineamento chedovrebbe verificarsi, una cosa sembra certa:si apriranno delle porte multidimensionali checi permetteranno di accedere alla quartadimensione. Là giunti potremo realizzareallʼistante tutti i nostri pensieri e desideri esaremo più intuitivi. Il nostro corpo muterà,saremo più leggeri e il DNA sarà “promosso”a 12 filamenti. Chissà che ad alcuni noncresca anche un cervello.

Nibiru, il pianeta che non cʼè

Il 21 dicembre prossimo la Terra saràcolpita da Nibiru, un pianeta sconosciuto ouna stella (non è ben chiaro nemmeno a chisi dichiara certo dellʼevento). Nibiru orbitaattorno al Sole ogni 3.600 anni, o forse 26mila, e naturalmente è abitato da alieni. Anzi,no: gli alieni sono già sulla Terra e fra 11 mesii loro compagni verranno a riprenderseli. E

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noi sciocchi che ci stiamo dando tanta penaper scovarli in ogni angolo della galassia…

Se cerchi di individuare il pianeta con iltuo telescopio, sei proprio un ingenuo. Non lovedra mai, per quanto potente sia lo strumen-to. Poiché esso è invisibile e si rende mani-festo solo a chi crede, uomo di poca fede!

Esiste un solo luogo al mondo dove èpossibile osservarlo ed è il Polo Sud. Infatti laNASA sta costruendo in gran segreto unpotente telescopio per seguirne lo sposta-mento e fotografarlo. La notizia è tanto se -greta che si trova ovunque in Rete. Il SouthPole Telescope esiste, è finanziato dallaNational Science Foundation, ma tirare inballo la NASA fa sempre più scena.Naturalmente per certe menti eccelse è trop-po complicato informarsi, ma se lo facesseroscoprirebbero che lʼinstallazione è unradiotelescopio, quindi assolutamente nonidoneo ad acquisire immagini in luce visibile.Imparerebbero che è stato scelto il Polo non

per tenere tutto segreto, ma semplicementeper le condizioni locali. Il South PoleTelescope è situato a 2.800 metri sul livellodel mare: lʼatmosfera rarefatta, le tempera-ture incontestabilmente basse e di con-seguenza la modestissima umidità dellʼariane fanno il luogo da sogno di ogni astro -nomo, in particolare se si occupa radioas-tronomia. Oltre a questo bisogna calcolareche al Polo Sud il Sole tramonta a marzo enon sorge praticamente più per sei mesi:questo fatto elimina anche il disturbo provo-cato dal ciclo notte-giorno.

In ogni caso non è possibile imma -ginare un oggetto osservabile solo dal PoloSud. Anche se Nibiru si trovasse esatta-mente sul prolungamento a Sud dellʼasse ter-restre, sarebbe visibile in tutto lʼemisfero aus-trale. Forse la Stella Polare si mostra solo aNord di Rovaniemi?

In compenso (e proprio non se ne com-prende il motivo) Nibiru è facilissimamente

Il bassorilievo sumero dal quale si deduce lʼesistenza di Nibiru. A sinistra, il particolare cherappresenta il Sole e i pianeti (compreso Plutone, perché i Sumeri non erano aggiornati

sulle recenti decisioni dellʼUnione Astronomica Internazionale) più la Luna.Siccome sono in tutto 11, ce nʼè uno di troppo: Nibiru, appunto.

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fotografabile da ogni latitudine, in pienogiorno, non molto distante dal Sole, diame-tralmente opposto ad esso nellʼinquadratura.Non desta nessun dubbio il fatto che, spo-stando leggermente la macchina fotograficae portando il Sole da destra a sinistra, auto-maticamente il pianeta cambi posizione?Come dite? È un riflesso? Beh, sembra chenessuno dei fotografi visionari conosca il si -gnificato di questa parola. Che diamine! Unpianeta tanto importante per il SistemaSolare, che può andarsene in giro a distrug-gere gli altri corpi celesti, avrà ben il diritto dirispondere a leggi fisiche tutte sue!

Nibiru, altrimenti detto Pianeta X oDecimo ma anche Dodicesimo Pianeta, fa lasua comparsa in letteratura nel 1976. Il puntoè: di che tipo di letteratura stiamo parlando?Il primo a menzionarlo è Zacharia Sitchin inun romanzo storico ambientato allʼepoca deiSumeri intitolato appunto “Il dodicesimopianeta”. Lʼautore si è autoproclamato esper-

to di storia sumera e da allora va affermandodi aver trovato e tradotto delle tavoletteantiche nelle quali si sostiene lʼesistenza diNibiru. Inutile dire che Sitchin non ha maimostrato le tavolette a nessuno, fattaeccezione per una nella quale compare ilsole attorniato da 11 pallini (vedi figura a p.20), e che nessun altro ricercatore ha maitrovato accenni che avvalorassero le sueaffermazioni.

Inizialmente lʼimpatto con la Terra eraprevisto per il maggio 2003. Poi però, quan-do è stato evidente che non sarebbe succes-so nulla, ci si è accorti di aver sbagliato i cal-coli (ops!) e lʼevento è stato fatto coinciderecon la fine del calendario Maya. Che ci stavaproprio bene.

Gli ultimi anni sono stati emozionantiper i “nibirologi”: a ogni scoperta di un ogget-to transnettuniano urlavano vittoria e costru-ivano impressionanti castelli di intrighi e se -greti sulla minima esitazione o imprecisione

Nibiru fotografato accantoal Sole. Bizzarramente,spostando la macchina

fotografica si spostaanche Nibiru. Ma la

spiegazione è semplice:gli alieni che vivono su

Nibiru sanno che li stiamoriprendendo e quindispostano il pianeta.

(Cortesia: P. Attivissimo)

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nel comunicare le informazioni riguardanti ilnuovo corpo celeste.

Tempo fa Google Sky, per un errore,mostrava unʼarea nera nella costellazione diOrione. Complotto! La NASA e tutti i governidel mondo stanno nascondendo la veraposizione di Nibiru! Ma non era invisibile? Eal massimo non era visibile solo dal PoloSud? E, scusate, su una carta stellare passapiù inosservato un puntolino fra una miriadedi altri o una patacca nera? Evidentemente lalogica è un optional.

Ma che cos'hanno detto davvero i Maya?

Dopo questo delirio catastrofista, ve -diamo quali erano le intenzioni dei Maya.

Per prima cosa cerchiamo di capirecomʼera costruito il loro calendario. Vari ricer-catori sono stati in grado di traslare le infor-mazioni contenute nei glifi centroamericani indate del calendario gregoriano mettendo inrelazione testi storici e antiche iscrizioni. Maanche così le corrispondenze non sono affat-to certe.

Il mondo cristiano fa coincidere lʼanno 1con quello di una nascita, fenomeno del tuttoquotidiano, a tutti riconoscibile e che normal-mente si esaurisce nel giro di alcune ore. IMaya invece sono molto più precisi e soprat-tutto sono riusciti a battere i creazionisti per-ché in un unico “giorno zero” hanno infilatoniente meno che la creazione dellʼattualeordine dellʼuniverso. Secondo lʼinterpre-tazione maggiormente accreditata questoriassetto cosmico sarebbe avvenuto lʼ11agosto del 3114 a.C.

I Nostri la sapevano lunga in fatto dicalendari, perché se ne conoscono addirit-tura tre. Il primo era solare e comprensibil-

mente aveva una durata di un anno, il secon-do era rituale, durava 260 giorni e aveva prin-cipalmente funzione divinatoria. Il sistemaconsiderato più menagramo era il “LungoConteggio”, che aveva rigorosamente base20 e una durata complessiva di circa 7.890anni. Un intervallo di 7.200 giorni (360x20)era noto come katun. Ci volevano 20 katunper fare un baktun (144 mila giorni, quindi unpoʼ più di 394 anni) e ovviamente 20 baktunper avere un piktun. Semplice, chiaro, li -neare.

Ecco, appunto. Allora per quale motivoil mondo dovrebbe finire il 21.12.2012, chealtro non è che la fine del tredicesimo bak-tun? Che ci azzecca?

I Maya han fatto tanto per costruiretutto ʻsto calendario con multipli di 20 per poifar cadere tutto il castello al tredicesimociclo? Senza concludere nemmeno un pik-tun? E allora perché si sarebbero dati la penadi inventarlo? Ha senso? No.

Non è stata mai trovata alcunaiscrizione Maya che facesse anche solo unvago accenno alla fine dei tempi per il prossi-mo dicembre o per qualsiasi altro giorno pas-sato o futuro. E stiamo parlando di una civiltàche 1.500 anni fa era vitale e prospera, nondi un popolo che ha lasciato vestigia vecchiedi millenni. Esistono invece testi Maya di“Lungo Conteggio” che riportano dateappartenenti a baktun molto posteriori altredicesimo e perfino al prossimo piktun eoltre.

Lʼunico appiglio per i teorici della finedel mondo lo si può trovare nel Popol Vuh,una raccolta di miti e leggende dei popoli cheabitarono uno dei regni Maya. In questo scrit-to è raccontato che il nostro universosarebbe solo il quarto tentativo operato dagli

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dei. I primi tre sarebbero stati fallimentari elʼultima versione prima dellʼattuale sarebbestata giudicata non idonea e quindi distruttaalla fine del tredicesimo baktun. Pare chequesto spieghi tutto, no? È come aver avutounʼauto che è durata 13 anni e credere chenessunʼaltra vettura possa campare più alungo.

Nemmeno tra i discendenti dei Mayasono presenti leggende, filastrocche o nin-nenanne che riportino accenni più o menovelati a catastrofi planetarie che dovrebberospazzarci via. Dovrebbe essere una notiziapiuttosto importante da tramandare a figli enipoti, non credete?

Sembra proprio che la fine di un ciclodel calendario per il popolo Maya altro non

fosse che unʼoccasione di grandi cele-brazioni per lʼimminente occasione di rinno-vamento. Né più né meno di quello che rap -presenta la fine di ogni nostro calendario.Grandi bagordi e buoni propositi per lʼannonuovo.

E poi sinceramente come fidarsi dellepredizioni su scala millenaria di un popoloche non è stato in grado nemmeno diprevedere la propria scomparsa? Talmentepoco avveduto da sfruttare le proprie risorseoltre il dovuto per fronteggiare la sovrap-popolazione e cadere in guerre fratricide.Gente come noi, insomma.

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Premessa

Già dalle prime osservazioni delle mac-chie solari nei secoli XVII e XVIII (G.Galilei,P.Scheiner, H.Schwabe ecc.), ci si accorseche la frequenza del numero dei gruppi edelle singole macchie presentava una perio -dicità piuttosto regolare, con massimi di attiv-ità alternati a minimi.

Per definire in maniera inequivocabilequesta periodicità, l'astronomo svizzeroRudolf Wolf (1816-1893) introdusse il cosid-detto "numero relativo" (chiamato anche"numero di Wolf"), basandosi sulle proprieosservazioni a partire dalla metà del XIX sec-olo. Studiando i disegni e le osservazionirisalenti ai primi anni del Settecento, Wolfriuscì a estrapolare quest'indice dell'attivitàsolare con precisione più o meno grande(vedi grafico della figura a p. 29)).

Con l'uso generalizzato di quest'indicesi riuscì a mettere in evidenza delle corre-lazioni con alcuni fenomeni terrestri (aurore

polari, tem-peste e pertur-bazioni ma -gnetiche, e -venti meteoro-logici, eventibiologici e pa -tologici nelcampo vege-tale, animale eumano ecce -tera).

Per lostudio di que -ste correlazio -ni il numero diWolf si è dimo -

strato utilissimo, costituendo una serie omo-genea e ininterrotta per più di tre secoli.L'equazione per il calcolo del numero relativoè nota:

R = k.(10.g + f)in cui g è il numero dei gruppi, f quello dellemacchie e k è un fattore di riduzione, differ-ente per ogni osservatore e determinato aposteriori, confrontando le osservazioni conquelle di Wolf (per il quale k=1).

L'indice "tradizionale"

Rudolf Wolf, inventore del metodo diconteggio delle macchie solari, divenne diret-tore dell'appena fondato OsservatorioFederale di Zurigo nel 1863. Egli non pub-blicò mai le istruzioni dettagliate per il con-teggio delle macchie.

La determinazione del numero relativoera strettamente compito dello stessoOsservatorio, nella successione dei suoidirettori A. Wolfer (1854-1931), W. Brunner(1878-1958), eM. Waldmeier(1912-2000),che assegna-vano a poste -riori il fattore diriduzione (k)agli altri Os -servatori checollaboravano(una quaranti-na in tutto ilmondo), sullabase delle pro-prie stime per-sonali, definitecome osserva -

Il conteggiodelle macchie solari

La “ricetta”, una volta per tutte

Sergio Cortesi

Rudolf Wolf (1816-1893)

Max Waldmeier (1912-2000) in unʼimmagine

giovanile.

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zioni standard ed eseguite visualmente conun rifrattore (D=80 mm, ingrandimento 64x).

Fin dall'inizio della propria collabo-razione, nel 1882, Wolfer modificò il metododi conteggio di Wolf, pur utilizzando lo stessostrumento, per tener conto delle piccole mac-chie (non considerate da Wolf) e dando unpeso maggiore (>1) alle ombre delle macchiepiù grandi (M.Waldmeier, "100 JahreSonnen-fleckenstatistik", Astronomische Mit -teilungen", 1948).

Per cercare di mantenere costante ilmetodo di conteggio, Wolf, Wolfer e Brunnerconfrontavano il numero relativo da lorodeterminato con un fenomeno terrestre, ladeclinazione magnetica (dell'ago della bus-sola) rilevata in diverse stazioni indipendenti,nell'idea che i due fenomeni fossero paralleli.Brunner poi utilizzò anche strumenti più pic-coli per determinare l'influenza dell'aperturasul conteggio delle macchie.

Sia Waldmeier ("An objective calibra-tion of the scale of the Sunspot number",Astronomische Mitteilungen 304, Zürich1971) sia Cortesi ("An objective calibration ofthe Relative Number R", AstronomischeMitteilungen 382, Locarno 1991) hanno "cali-brato" le proprie stime mettendole inrelazione con l'emissione radio del Sole auna determinata lunghezza d'onda (10,7 cm= 2,8 MHz), parametro dimostratosi molto piùproporzionale al conteggio di R che non ladeclinazione magnetica. Waldmeier haesaminato i dati del periodo 1947-1970 (incui il numero relativo era calcolato a Zurigo),Cortesi quelli del 1971-1989 (numero relativocalcolato prima a Zurigo e poi a Bruxellespresso il SIDC), trovando delle equazioni dicorrelazione quasi identiche, soprattutto

nelle medie mensili. Queste calibrazionihanno dimostrato la buona omogeneità delnumero relativo, almeno per i 43 anni con-siderati, e la coerenza interna della serieanche dopo il cambiamento del centro dicoordinamento da Zurigo a Bruxelles (SIDC).

Dal 1980, con la rinuncia dell'Os -servatorio Federale al ruolo di coordinatore alivello mondiale per la determinazione delnumero relativo, in questo compito, con deci-sione dell'UAI, è subentrato il SIDC (SolarIndex Data Center, ora Solar Influences Dataanalysis Center) presso l'Osservatorio Realedel Belgio a Bruxelles. La stazione a suddelle Alpi dell'Osservatorio di Zurigo, cioè laSpecola Solare di Locarno, è rimasta in fun-zione, con finanziamenti indipendenti,assumendo il ruolo di stazione di riferimentoper il SIDC a livello mondiale in virtù dellapratica pluridecennale del suo osservatoreprincipale.

Alla Specola si osserva il Sole al rifrat-tore Coudé Zeiss (D=15 cm, diaframma 80mm) disegnando a mano un'immagine proiet-tata in luce integrale (diam. 25 cm) e la stimadel numero relativo viene effettuata diretta-mente sull'immagine aerea muovendo ilfoglio di proiezione, così da mettere in evi-denza anche i piccoli dettagli (vedi figura a p.26).

Conteggio delle macchiee determinazione del numero di Wolf

La cosa più difficile da ottenere di primoacchito è la corretta suddivisione delle mac-chie in gruppi, soprattutto negli anni di forteattività, con numerosi e complessi gruppi pre-senti sul Sole. In questo campo solo una

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lunga pratica osservativa permette una cor-retta valutazione nei casi difficili, tenendopure conto delle osservazioni dei giorniprecedenti (evoluzione dei gruppi). Nellamaggior parte delle volte, per fortuna, i grup-pi si presentano ben separati gli uni dagli altrie quindi facili da discriminare.

È ora arrivato il momento di divulgareper la prima volta il metodo di conteggio dellemacchie secondo Zurigo. Bisogna dire che isuccessivi direttori dell'Osservatorio federalesi sono sempre preoccupati di ricondurre lemoderne osservazioni a quelle originali delprimo direttore della Eidgenössische Stern -warte, per mezzo di modifiche del fattore diriduzione k, fondamentale per mantenere l'o-mogeneità della serie nel tempo. Il metodoempirico di questo controllo era quello di farosservare per qualche anno le macchie con-temporaneamente al direttore e al suo assi -

stente (in particolare a quello che sarebbediventato il suo successore), con lo stessostrumento, per confrontarle e così garantireuna buona omogeneità della serie al momen-to critico del cambio di responsabile nelladeterminazione di R.

I nostri esempi di conteggio delle sin-gole macchie si rifanno al metodo adottatodall'ultimo direttore, il professor Max Wald -

Qui sopra, la Specola Solare di Locarno-Monti vista da ovest. In fondo si vede lacupola ospitante il rifrattore Zeiss. A de stra,l'osservazione del Sole al tavolo diproiezione in cupola.

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Un disegno giornalierocon le macchie, in un momento

di media attività.

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meier, in cui il fattore k è stabilito a 0,60(come quello dei predecessori Brunner eWolfer). Una particolarità del nostro sistemadi conteggio delle piccole macchie è che con-sideriamo tali solo quelle che hanno unadurata superiore a un'ora. Le altre sono con-siderate "pori" e quindi non entrano nel cal-colo di f, anche se talvolta vengono riportate

nei disegni. Bisogna anche aggiungere che iconteggi sono fortemente influenzati dallaqualità delle immagini (turbolenza) e che lenostre stime valgono con immagini medie,perciò, quando la turbolenza è assente oquasi, i nostri conteggi vengono diminuiti adarte e qui l'esperienza dell'osservatore contamoltissimo.

La classificazione tipologica delle macchie di Zurigo con, nell'angolo destro in basso,l'esempio di stima del numero di macchie (f). Il conteggio delle macchie si immagina

effettuato con una qualità media delle immagini.

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La media generale (mensile e annuale)dell'ultimo osservatore di riferimento (SergioCortesi) nei suoi 54 anni di attività è semprerimasta vicinissima al valore k=0,60, giustifi-cando così la scelta del SIDC.

Per non dilungarci in lunghe disqui-sizioni e descrizioni, abbiamo preferitoriportare in forma grafica esempi di con-teggio delle macchie partendo dalla mor-fologia di alcuni gruppi tipici, secondo laclassifica di Zurigo (Waldmeier,1938/1945) (vedi a p. 28).

La questione più delicata da risolvere è,come abbiamo visto, la suddivisione dellemacchie in gruppi. Normalmente non ci sonodifficoltà nel distinguere i singoli gruppi, datoche sono ben separati e facilmente identifica-bili. Durante i massimi di attività, in presenzadi numerosi gruppi vicini o magari sovrap-posti, la suddivisione può invece presentarsidifficoltosa. Oggi noi disponiamo dei magne-togrammi giornalieri e questo ci può facilitareil compito, tenendo presente la struttura ma -

gnetica di queste formazioni (a Poli alternati).Dobbiamo però sempre ricordare che ciò nonera possibile all'epoca di Wolf e riportarci allecondizioni di quei tempi ci farà semplificare lasuddivisione in gruppi se ci poniamo di voltain volta la domanda: come avrebbero giudi-cato la suddivisione Wolf e Wolfer nel loropiccolo rifrattore a 64 ingrandimenti? Un altrocriterio di valutazione è quello che chiama incausa l'inclinazione dell'asse del gruppo. Eprecisamente: in un gruppo bipolare la mac-chia precedente (nel senso di rotazione delSole) deve avere una declinazione eliografi-ca minore della componente seguente.Quindi l'inclinazione dell'asse del gruppodeve essere sud-ovest/nord-est nell'emisferoNord e, al contrario, nord-ovest/sud-est nel-l'emisfero Sud. Le macchie vicine ai bordisolari sono molto deformate dalla prospetti-va. Sia per il conteggio sia per la divisione ingruppi anche qui vale il principio: comeavrebbero giudicato Wolf e Wolfer?

Grafico generale del numero di Wolf (R) tra il 1600 e il 2000.

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Quanto conosci l'astronomia? E, se nonne sai abbastanza, sai almeno come e dove tro-vare le informazioni? Affinché tu possa metterealla prova le tue conoscenze e le tue capacitàinvestigative, “Meridiana” ti propone in ogninumero 15 domande. Per chi risponderà veloce-mente a tutte, in palio c'è un anno di adesionegratuita alla Società Astronomica Ticinese (SAT).

Le domande

1. Quale fu la prima sonda spaziale a raggiun-gere il pianeta Mercurio?

2. Una variabile Delta Scuti è una stella variabi-le che cambia la propria luminosità a causadi pulsazioni della sua superficie, sia radialisia non radiali. Vero o falso?

3. Con che termine anglosassone comunemen-te ci si riferisce al gruppo centrale di stelleche si trova nella maggior parte delle galas-sie a spirale?

4. Quanti sono i satelliti naturali di Urano sco-perti fino al 2005?

5. Il vento solare può raggiungere velocitàsuperiori a 100 mila chilometri al secondo.Vero o falso?

6. Come si chiamava e quando fu spedito ilprimo gatto nello spazio?

7. In che anno e da chi fu scoperta la galassiaSombrero? In quale costellazione si trova?Qual è il suo numero di catalogo NGC? Tuttele risposte sono obbligatorie.

8. Edmund Halley si accorse che le caratteristi-che della cometa apparsa nel 1682 eranosimili a quelle osservate per le comete del1531 e del 1607. Chi furono gli osservatoriche avvistarono la cometa in quegli anni?

9. Quanto vale la velocità orbitale media diMarte?

10. Qual era, nellʼantica astronomia greca, lastella che indicava la chela meridionale delloScorpione? E quella che indicava la chelasettentrionale? A che costellazione apparten-gono ora queste due stelle e quali sono i loronomi propri? Rispettare nella risposta lʼordinedelle stelle così come è richiesto nelladomanda.

11. Gli animali con le corna erano oggetto di ado-razione nel Medio Oriente preistorico, cometestimoniano tavolette risalenti addirittura alV millennio a.C.. Per migliaia di anni questianimali giocarono un ruolo di primo pianonelle antiche mitologie. Willy Hartner, giàdirettore dellʼInstitut für Geschichte derNaturwissenschaften (Istituto per la Storiadella Scienza della Natura) presso la JohannWolfgang Goethe-Universität di Francoforte,ha ipotizzato che esistesse una costellazioneprimitiva che originariamente era formata dalquelle attuali del Capricorno e dallʼAcquario.Quale animale era rappresentato in quell'an-tica costellazione?

12. Qual è il nome proprio della stella Theta Eri?Chi fu lo scopritore della sua duplicità? Sonoobbligatorie entrambe le risposte.

13. Quale acronimo anglosassone indica glioggetti che formano la Fascia di Kuiper?

14. Come si chiama la zona dellʼeliosfera in cui lavelocità del vento solare scende al di sotto diquella del suono (relativamente al mezzointerstellare)?

15. Quali sono i nomi propri dei primi quattroasteroidi scoperti, il primo dei quali è oggiclassificato come pianeta nano?

Mettiti alla prova: in palio cʼè un anno di adesione gratuita alla SAT

Astroquiza cura di Mario Gatti

Le risposte alle domande del n. 214

1. Qual è il numero del ciclo solare attualmentein corso, secondo la numerazione iniziata conil ciclo compreso negli anni 1755-1766?24.

2. In un ciclo solare di numero pari la polaritàantecedente, nel senso della rotazione sola-re, di una regione attiva bipolare nell'emisferonord del Sole è quella negativa. Vero o falso?Vero.

3. La zona di transizione (transition region) divi-

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de il nucleo del Sole dalla zona convettivasoprastante. Vero o falso?Falso: si trova tra la cromosfera e la coro-na.

4. L'indice DST (Disturbance Storm Time), stati-sticamente pari a zero in condizioni di quiete,assume valori fortemente positivi in caso diuna tempesta geomagnetica. Vero o falso? Inquale unità è misurato questo indice? Sonoobbligatorie entrambe le risposte.Falso: assume valori negativi. Nanotesla(nT).

5. Un flare e una protuberanza sono lo stessofenomeno. Vero o falso? È obbligatorio giusti-ficare la risposta.Falso. Un flare è un'emissione breve (del-l'ordine di pochi minuti nei raggi X) eimprovvisa di radiazione elettromagneticache può essere accompagnata da fasci diparticelle quasi relativistiche espulsedalla corona. Una protuberanza è formatada plasma in sospensione sopra la cro-mosfera, che può persistere anche pergiorni (quiescente) o essere espulsaverso la corona e oltre (eruttiva) nel giro dialcune ore.

6. Nei raggi X, la fase cosiddetta impulsiva di unflare (della durata di pochi minuti) è precedu-ta da una fase detta precursore, ma solo neiraggi X cosiddetti "duri". Vero o falso?

Falso: il precursore è assente nei raggi Xduri, è invece presente in quelli cosiddetti"molli", oltre che nell'ultravioletto lontanoe nella emissione H-Alfa dell'idrogeno.

7. Come si chiama la fase che (ad esclusionenell'emissione dei raggi X duri) segue quellaimpulsiva di un flare?Fase estesa.

8. La temperatura della corona solare è minoredi quella della cromosfera. Vero o falso?Falso.

9. Al di sotto della zona convettiva il Sole nonpresenta più il fenomeno della rotazione diffe-renziale, come in fotosfera. Vero o falso?Vero.

10. Il vento solare è costituito da pura radiazioneelettromagnetica emessa dalla corona. Veroo falso? È obbligatorio giustificare la risposta.Falso: è composto da un flusso di parti-celle, principalmente protoni ed elettroni ein misura minore nuclei di elio e altre spe-cie ionizzate.

11. La durata di un ciclo solare è sempre la stes-sa ed è pari a 11,2 anni. Vero o falso? È obbli-gatorio giustificare la risposta.Falso: è solo la durata media. In passato cisono stati cicli di soli 9 anni e altri di quasi14 anni.

12. I radio-burst di tipo II sono caratterizzati dauna deriva di frequenza di circa 1/4 di

Il regolamento dellʼAstroquiz

1. Per vincere l'Astroquiz è necessario risponderecorrettamente a tutte e 15 le domande proposte econsegnare, per primi ed entro il giorno di pubblica-zione del numero successivo della rivista, le rispo-ste in forma rigorosamente cartacea (per nonavvantaggiare chi usa la posta elettronica) all'indi-rizzo

Società Astronomica Ticinesec/o Specola Solare TicineseVia ai Monti 146CH - 6605 Locarno Monti

Se scritte a mano, le risposte dovranno essere leg-gibili, altrimenti non verranno considerate.2. Il premio in palio per il vincitore è un anno di ade-sione gratuita alla SAT.3. Il vincitore di un Astroquiz potrà partecipare nuo-vamente per la propria soddisfazione personalema, per le sei edizioni successive (corrispondenti aun anno), non potrà vincere nuovamente il premio.4. Le risposte ricevute verranno valutate insindaca-bilmente dalla redazione di “Meridiana”.5. Le risposte corrette saranno pubblicate sulnumero successivo della rivista.

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La divulgazione astronomica in Ticino da gennaio a marzo

Con l’occhio all’oculare…

Specola SolareÈ ubicata a Locarno-Monti nei pressi diMeteoSvizzera ed è raggiungibile in automobi-le (posteggi presso lʼOsservatorio).Per tutto il 2012 alla Specola viene sospesalʼorganizzazione delle serate del CAL acausa dei lavori di ristrutturazione dellastazione a sud delle Alpi di MeteoSvizzera.

Calina di CaronaLʼunica data prevista per lʼosservazione è, incaso di tempo favorevole, a partire dalle 21h:

venerdì 2 marzo(Luna vicina al Primo Quarto,

Marte in opposizione, Giove e Venere)LʼOsservatorio è raggiungibile in automobile.Non è necessario prenotarsi. Responsabile:Fausto Delucchi (079-389.19.11).

Monte GenerosoDopo la pausa invernale, il Gruppo Insubrico diAstronomia del Monte Generoso riprende nel2012 lʼorganizzazione delle serate di osserva-zione (a partire dalle 20h30). Le date previstesono le seguenti:

sabato 17 marzo(Giove e Venere nel cielo serale,Marte e Saturno a notte inoltrata)

sabato 24 marzo(gli stessi pianeti, ai quali si aggiungonole curiosità celesti del cielo primaverile)

sabato 31 marzo(Marte, Saturno e gli oggetti celesti

di Gemelli, Cancro, Leone e Vergine)Le serate si svolgeranno solo con tempo favo-revole. Salita alle 20h00, discesa alle 23h15.Prenotazione obbligatoria presso la direzionedella Ferrovia del Monte Generoso (tel.091.630.51.51) oppure scrivendo a [email protected]. Il ristorante provvisorio e la caf-fetteria sono agibili.

Monte LemaÈ entrata in funzione la remotizzazione/robo-tizzazione del telescopio. Per le condizioni diosservazione e le prenotazioni contattare ilnuovo sito :http://www.lepleiadi.ch/sitonuovo/

Per quanto riguarda le serate pubbliche diosservazione, il programma non è ancora statoreso pubblico.

MegaHertz al secondo, cioè la frequenzaemessa non è costante. La variazione avvie-ne dalle frequenze più alte verso quelle piùbasse o nel senso contrario?Dalle frequenze più alte verso quelle piùbasse.

13. Un'Emissione Coronale di Massa può rag-giungere velocità superiori a quella media delvento solare in condizioni di Sole quieto.Vero o falso?Vero.

14. Nel calcolo del numero di Wolf il numero dimacchie osservate viene moltiplicato per 10.Vero o falso? È obbligatorio giustificare larisposta.Falso: viene moltiplicato per 10 il numerodei gruppi osservati.

15. I flare solari sono suddivisi in classi energeti-che a seconda del valore del loro flussomisurato in Watt/metro2: A, B, C, M, X. Aquale di queste sono associati, come conse-

guenza sulla Terra, i blackout radio di tipo R4nella scala NOAA?Alla classe X.

Unico partecipante e unico vincitoredellʼAstroquiz pubblicato sul n. 214 è MirkoPolli, di Coglio. Che però nel 2011 ha già vintouna volta, allʼinizio dellʼanno, e quindi nonriscuote il premio. Comunque complimenti!

Con il nuovo anno il conto si riazzera etutti, compreso Mirko, tornano in corsa.

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Visibilità dei pianeti

MERCURIO Visibile al mattino nella prima settimana di gennaio. In congiunzione eliacail 7 febbraio, è invisibile fino a metà del mese. Ricompare la sera nellaseconda metà di febbraio e nella prima di marzo, poi è di nuovo invisibile,in congiunzione il 21 marzo.

VENERE Visibile di sera in gennaio, si stacca sempre più dal Sole fino ad arrivare allamassima elongazione il 27 marzo, quando tramonta quattro ore dopo lʼastrodel giorno.

MARTE Visibile, praticamente per tutta la notte, per lʼintero trimestre, brillante e ros-sastro, tra le stelle del Leone. In opposizione il 3 marzo.

GIOVE Visibile nella prima parte della notte in gennaio, proiettato tra le stelledellʼAriete, quindi in serata per i restanti due mesi. Molto vicino a Venerenel cielo serale verso la metà di marzo.

SATURNO Visibile, tra le stelle della Vergine, nella seconda parte della notte in genna-io e per quasi tutta la notte nei due mesi seguenti.

URANO Visibile al binocolo di sera in gennaio, tra le stelle della costellazione deiPesci, dove tramonta due ore dopo il Sole. In seguito si avvicina sempre dipiù al Sole, fino a diventare invisibile in marzo, quando è in congiunzioneeliaca il 27 del mese.

NETTUNO Praticamente invisibile, in congiunzione col Sole il 19 febbraio.

FASI LUNARI Primo Quarto 1. e 31 gennaio, 1. e 31 marzoLuna Piena 9 gennaio, 7 febbraio, 8 marzoUltimo Quarto 16 gennaio, 14 febbraio, 15 marzoLuna Nuova 23 gennaio, 21 febbraio, 23 marzo

Stelle filanti Lo sciame delle Quadrantidi è attivo dal 1. al 5 gennaio, con un massimo il 4e una frequenza oraria fino a 120 meteore

Inizio primavera La Terra si trova allʼequinozio il 20 marzo alle 6h14.

Cambio orario Il 25 marzo ha inizio lʼora estiva.

Effemeridi da gennaioa marzo 2012

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12 gennaio 23h00 TMEC 12 febbraio 21h00 TMEC 12 marzo 19h00 TMECQuesta cartina è stata tratta dalla rivista “Pégase”, con il permesso della Société Fribourgeoise dʼAstronomie.

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G.A.B. 6616 LosoneCorrispondenza:Specola Solare - 6605 Locarno 5