Il Grande NascondimenDanielFishman000

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    Il grande nascondimentoDaniel, FishmanISBN: 9788880576099

    Copyright © 2016 GiuntinaIl presente file può essereusato esclusivamente perfinalità di carattere personale.Tutti i contenuti sono protettidalla Legge sul diritto d'autore.BookRepublic declina ogni

    responsabilità per ogni utilizzodel file non previsto dallalegge.Daniel Fishman

    Il grandenascondimentoLa straordinaria storia degliebrei di MashadPrefazione di Antonio Ferrari

    Copyright © 2015 Daniel FishmanCasa Editrice Giuntina, Via Mannelli 29 rosso,Firenzewww.giuntina.it

    Grafica: www.digimediasas.itISBN 978888057-609-9

    Il grande nascondimentoSe tutte le formiche si riunissero,finirebbero con il sopraffare i piùformidabili leoni.Proverbio persianoIn riconoscimento dei valori famigliaridi Eliane e Edwin Fishman.Con l’augurio che mio figlio LeonardoMosi

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    ne rilevi e interpreti al meglio laprossima trasmissione.

    Ringraziamenti e genesi del

    libro A seguito della scrittura di un romanzostorico (Il chilometro d ’ oro. Il mondo

     perduto degli italiani d ’ Egitto, Guerinie Associati, Milano 2006) ero allaricerca di un nuovo stimolo narrativo.La storia degli ebrei di Mashad misembrava desse degli ottimi spunti.Nello scoprire però che vi erano

    relativamente pochi materiali scritti afronte invece di molte testimonianzeorali, e comunque di una totale assenzadi materiali prodotti in italiano, horitenuto che prima di un romanzo fossepiù importante e corretto produrrequesto saggio. Era infatti prioritariorendere tributo e riconoscimento a unastoria importante, drammatica ma pococonosciuta.Un progetto che ho allora condivisocon David Aziz e Davide Nassimiha.

     Al primo, a cui sono legato da un’ amicizia di lunga data, va il merito diavere per primo e con forza sollevato lanecessità di rendere maggiormente notala storia della sua comunità.

     A Davide Nassimiha, energicoPresidente del Noam, il merito di averedato subito piena disponibilità eincoraggiamento allo sviluppo di questolavoro. La loro motivazione è latestimonianza di come gli ebrei diMashad, dopo un periodo di“nascondimento” forzato, siano entratinella condizione di volere condividere

    con tutti il loro straordinario patrimonio.Vorrei ringraziare Alessandro Litta

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    Modignani, compagno di studi storici eco-fondatore di Clio, l’ Associazione deiLaureati in Discipline Storiche, che haavuto il compito di rileggere con le sue

    considerazioni intelligenti la stesura dellibro.Mentre ovviamente non è statopossibile registrare ricordi diretti diavvenimenti di un secolo e mezza fa, èimportante rilevare come i fatti del 1839abbiano prodotto i loro effetti fino apochi decenni fa. In questo senso sonostate molto significative le testimonianzedei signori Nurollah Nuriel Bassali,

     Abdulrahim Navaie, Moshe Sians chemi hanno dedicato il loro preziosotempo nel ricostruire la loro vita aMashad in epoca contemporanea. I lorostessi nomi mi danno già modo di fare unprimo rilievo interessante. Fino a pocofa gli ebrei di Mashad (e gli intervistati

    tra questi) fornivano dei nomi arabi opersiani alla registrazione all’anagrafe. Al loro nome ufficiale se neaccompagnava uno ebraico, utilizzatoall’interno della comunità o dellafamiglia. A precisa domanda su comevolessero essere qui citati, mi hannorisposto che per loro era del tuttonaturale utilizzare uno o entrambi i nomi

    con cui la gente è abituata a chiamarli.D.F.Note di scrittura1. A seconda del contesto storico incorrispondenza con la definizione statalein vigore nel momento considerato, nellibro ci si riferisce alla Persia oall’Iran.

    2. I termini persiani, ebraici, arabi edialettali locali, già nella linguaoriginaria e a seconda dei luoghi hanno

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    diverse intonazioni. Si sono utilizzati itermini nella loro accezioni più diffusa.Fatti salienti della storia persiana – Ciro il Grande fonda l’Impero

    persiano (6° secolo e.v.). – Islamizzazione da parte degli Arabi(7° secolo e.v.) e conversione allaversione sciita dell’Islam sotto ladinastia dei Safavidi. – Dominio dei Turchi Selgiuchidi (11°-12° secolo). – Dominio dei Mongoli (13°-15°secolo). – Unità del paese (16° secolo) a operadella dinastia dei Safavidi. Apogeocon Abbas I il Grande (1587-1628). – Dominio della dinastia turca deiQagiar (1794-1925). – Rivoluzione Costituzionale del 1906. – Dinastia dei Pahlavi: Reza Khan (dal1925 al 1941), Muhamad Rida (1941-

    1979). – Rivoluzione islamica del 1979.

    PremessaConsidero questo saggio che l’amicoDaniel Fishman ha dedicato agli ebrei diMashad un importante documentostorico, essendo il primo ad essere statoscritto e pubblicato in lingua Italiana.La storia affascinante e “leggendaria” della comunità ebraica di Mashad dallapropria genesi ad oggi, è nota a tantistorici, alla maggior parte dellecomunità sefardite sparse nel mondo edè testimoniata al Museo della Diasporadi Tel Aviv. Ma non ha ancora avuto unagrande diffusione fuori da questicontesti.

    La nostra storia tramandataci per lo piùoralmente di padre in figlio o da nonno anipote appare come una favola moderna,

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    dove ogni vicenda, accadimento o piùsemplice atto giornaliero è oraammantato di magia e poesia. Ma nellarealtà dei fatti è stata una storia di

    drammi e sofferenze. Che è stata peròvissuta in maniera da poterlasormontare. La povertà invece chesofferta è stata intesa come ispirazionealla coesione e all’aiuto reciproco. Laricchezza invece di essere manifesta èstata considerata una benedizione data aqualcuno perché questi potesse aiutarechi ne aveva bisogno. L’onestà e laverità non un mezzo, ma un fine. Ilrispetto per la famiglia e i suoi valori,non un peso ma un piacere. La religionee la fede, parte della vita quotidiana enon materia di folklore. Le diverseopinioni non un motivo di contrasto, mauna ricchezza da sfruttare.L’eredità culturale che ci accompagna

    potrebbe sembrare romanticaanacronistica e inadatta al mondo dioggi. Posso invece affermare etestimoniare con grande convinzionecome la “Famiglia Mashadi”, oggisparsa tra Israele e New York e inminima parte a Milano, abbia saputotrasformare in “DNA” tutti questi valoriadattandoli ai tempi moderni. Facendone

    un abito mentale rispetto alle abitudiniintrinseche del nostro agire e del nostropensare.Malgrado le normali diversità checaratterizzano una così grande comunitàe malgrado le nuove sfide a cui lasocietà globale oggi ci sottopone, graziea queste caratteristiche siamo rimasti tra

    noi coesi, ovunque ci troviamo.Oggi quasi la totalità dei giovanimashadi nel mondo consegue lauree,

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    alcuni hanno raggiunto cattedre diprestigio a livello mondiale, avvocatiimprenditori e affermati professionistinon sono una rarità. Tutto questo

    testimonia come vi siano state importantievoluzioni nella nostra comunità.Se come emerge nel libro, la cultura ela preparazione un tempo potevanoessere stati visti con timore perchéerano fonte di pericolo e di verifica daparte dei vicini musulmani, oraassumono il ruolo della riaffermazioneidentitaria della nostra collettività. Ilrisultato raggiunto da un singolo diventacosì un risultato per tutti noi.Grazie anche al contributo di questolibro e al grande lavoro che tutti iresponsabili delle nostre Comunitàcontinuano a fare ogni giorno nel mondo,auguro a me stesso e a tutti i mashadi dipotere tramandare questa meravigliosa

    storia ai posteri e di riuscire atrasmettere loro tutti i principi moraliche a questa storia sono collegati.Davide NassimihaMembro Comunità Mashadi NoamMilano

    PrefazioneCi sono storie e vicende che sembranocondannate inesorabilmente all’oblio.Soltanto i pescatori di perle dellamemoria (tanto cari a Hannah Arendt)sono capaci di farle affiorare eilluminarle con un poderoso fascio diluce. Daniel Fishman è uno di questi, emai cognome (come il suo) è stato tantoappropriato. Davvero, un marchio digaranzia. Con intelligenza, passione e

    puntiglio, l’autore ha ricostruito unavicenda a molti (la stragrandemaggioranza) assolutamente sconosciuta,

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    e ha trasformato il suo prezioso lavorodi ricercatore in questo saggio, che ha untitolo forte e assai suggestivo: Il grandenascondimento. La straordinaria storia

    degli ebrei di Mashad.Mashad è una città iraniana, che haun’importante impronta religiosa (vi sitrova il santuario di Ali), e che si trovalungo la rotta che percorrevano le grandicarovane dirette all’Est: cavalli,cammelli e viaggiatori professionali chesi muovevano da un caravanserraglioall’altro, trovando rifugio, cibo per sé eper gli animali, e un ricovero sicurodove trascorrere le notti e abbandonarsial riposo in attesa della partenza.Città vivace, Mashad, e insiemearmoniosa, dove regnavano da sempre ilrispetto e la tolleranza, soprattuttoreligiosa. Almeno fino al 1839, un annoche in Italia  – come scrive Fishman  – ci

    ricorda la missione di Garibaldi inUruguay e l’inaugurazione della primalinea ferroviaria, la Napoli-Portici; eche, nel mondo, segnala l’arrivo inInghilterra del tè indiano e la decisionedel governo prussiano di limitare a 51ore il lavoro settimanale minorile.Un anno apparentemente “normale”,anche se in Europa già si colgono le

    avvisaglie dei movimenti legati alrisorgimento. Un anno inquietante,invece, a Mashad, dove si creaall’improvviso un clima ferocementeantisemita, provocato  – almeno a livellodi indagine storica  – dalla presenzainglese nella regione. Gli inglesivengono percepiti come i più vicini alla

    minoranza ebraica.Un episodio, apparentemente casualeo forse provocato ad arte da un medico

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    musulmano, scatena la tremendareazione popolare. Il dottore, per curarel’ascesso alla mano di una donna ebrea,di condizioni sociali assai modeste, la

    spinge e uccidere un cane e a bagnare lamano con il sangue dell’animale. Il fatto,avvenuto all’inizio del periodo festivoislamico del Bairam, viene letto dallamaggioranza musulmana come unprovocatorio e inaccettabile atto diderisione, e scatena l’ Allahdad, cioè lacampagna per la “giustizia divina”: unvero pogrom, che cancella anni ditranquilla e sperimentata convivenza.In realtà, a differenza di altre vicendedi intolleranza religiosa, il brutalericatto (che per molti suona ultimativo:conversione o morte), in realtà sistempera grazie a un codice dicomportamento molto particolare, esostanzialmente ambiguo. La

    conversione, avvenuta in massa, prevedel’accettazione di tutti gli obblighidell’Islam, ma nella quotidianità sicreano le condizioni per una tolleratasimulazione: musulmani di giorno, ebreidi notte.È comprensibile che Daniel Fishmanabbia pensato subito ad un romanzo,sicuramente appassionante. Però, da

    accademico, ha scelto di procedere pergradi. Il primo passo, cioè la meticolosaricerca, ha prodotto questo saggiointrigante, che illustra e cerca dispiegare le ragioni (nazionali, politiche,commerciali, religiose o sociali) chehanno provocato il pogrom del 1839. Ilsecondo passo, da compiersi quando che

    la vicenda degli ebrei di Mashad nonsarà più sconosciuta e misteriosa.Quindi, quando si creeranno le

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    condizioni per trasferirla sul binariodella narrativa, e della fiction.Il problema, come riconosce Fishman,è che mancano fonti documentali, mentre

    sono state raccolte, nel tempo, copiosetestimonianze orali (alcuni discendentidei sopravvissuti vivono anche inItalia), concentrate soprattutto sui millesotterfugi ideati e realizzati percontinuare a vivere la propria fedenell’intimità della propria casa. Uncomportamento in verità tollerato dallestesse autorità religiose musulmane, checercavano di evitare che la “giustiziadivina” imposta a Mashad provocasse,tra la gente, una catena di ferociviolenze senza soluzione di continuità.L’autore, nella sua pregiata analisi deifatti e delle loro conseguenze, ricorda esottolinea come la più brutale campagnaantisemita, culminata nella Shoah, con

    l’annientamento di sei milioni di ebrei,si materializzò nella “civile e colta” Europa. Dall’Europa si diffuse poi inaltre regioni, in particolare nel vicinooriente, dove in realtà gli ebrei avevanovissuto in pace e prosperità.Un altro pregio di questo saggio è ilnon essere ideologico, quindiprigioniero di griglie propagandistiche.

    L’autore cerca insomma di spiegareinvece di limitarsi a denunciare eaccusare. Sono numerosi coloro che, perignoranza, ritengono ad esempio chenell’Iran di oggi gli ebrei sianoperseguitati. Chi ha visitato, ancherecentemente, la Repubblica islamica sabene che non è così. Nel centro di

    Teheran, gran parte dei commercianti edegli antiquari sono ebrei: chiudono ilvenerdì sera e riaprono dopo lo

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    Shabbat. Il problema per l’Iran, quindi,non sono gli ebrei in quanto tali ma loStato di Israele e il suo governo.Sulle mille peripezie della minoranza

    ebraica di Mashad, non voglio privare illettore del piacere di gustare glianeddoti e le sorprese di questo saggiodi Daniel Fishman. Da sempre sonoconvinto che quando la storia sale insuperficie dai sottoscala della memoria,è sempre un momento gioioso.

     Antonio FerrariEditorialista del “Corriere della Sera” 

    IntroduzioneLa vicenda degli ebrei di Mashad è dieccezionale interesse storico. Mentre labibliografia e le produzioni letterarieche trattano il fenomeno delmarranesimo non mancano di contributi,si sa ben poco e ci sono pochi testi chetrattano di un caso analogo avvenuto in

    epoca contemporanea e in terra di Islam.L’ alternativa allora proposta allacomunità ebraica di Mashad  – conversione o morte  – ha generato percirca un secolo un fenomeno di doppiaidentità: musulmani in pubblico, ebrei incasa.Una storia densa di considerazioni diordine storico, religioso, antropologico,sociologico.Come mai si sa poco di questa storia?La risposta è sia riferibile alla storiadi Mashad, città fortementecaratterizzata da un punto di vistareligioso, sia ad altre problematiche chele comunità ebraiche hanno dovutoaffrontare nel mondo levantino.

    Shmuel Trigano fornisce diversiargomenti per spiegare la relativamancanza di storiografia da parte del

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    mondo ebraico orientale. Ragionistoriche, ma anche la conseguenza di uncomplesso di inferiorità rispettoall’elemento ebraico est europeo.

    Questo sociologo francese nato in Algeria, rileva come la componenteaskenazita abbia fatto da trainoideologico sia nella formazione dellacoscienza identitaria ebraicacontemporanea, sia nel costruirne imodelli culturali e organizzativi.

     Attribuendosi anche un ruolo daprotagonista assoluto nella costruzionedel moderno Stato di Israele. Oltre chead avere costituito il quadro diriferimento pratico e ideale “inpositivo” dell’ebraismo contemporaneo,il mondo askenazita ha avuto anche il“monopolio” per quanto riguarda gliaspetti più negativi. L’immane tragediadella Shoà è stato un trauma storico che

    ha offuscato le tante storie didiscriminazione e di ripetutepersecuzioni subite dagli ebrei sefarditinei secoli.Questa centralità askenazita esubalternità sefardita ha portato deglisquilibri in termini di produzione edelaborazione culturale generale. E ha tral’altro anche significato un ritardo e a

    volte una carenza di trascrizione escrittura della storia di intere collettivitàebraiche che sono state considerate permolto tempo di minore importanza edignità.Questo è particolarmente vero per gliebrei etiopi, yemeniti, persiani e delMaghreb.

    Di fronte a secoli di grandielaborazioni talmudiche o allericonosciute grandi scuole di pensiero

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    del mondo ebraico dell’est europeo, gliebrei levantini per secoli hanno avutofigure di riferimento, di grande valore,ma poco riconosciute al di fuori del loro

    stretto ambito geografico. Con unatradizione e una elaborazione che spessosi è solo limitata alla tradizione per viaorale e con poca trascrizione scritta.Tanti i motivi che lo spiegano.Situazioni storicogeografiche o anche ilsemplice fatto di non possederetipografie in loco, oppure ancora leautorità che non davano loro lapossibilità di scrivere, sviluppare etrasmettere questi saperi.Di fronte a questa carenza sul frontedell’elaborazione scritta e di fronte auna situazione a volte anchediscriminatoria dell’establishmentaskenazita, gli ebrei levantini hanno alungo reagito mettendosi in una

    posizione di ripiego e rifiutando dimettere in “cassa comune” il propriocontributo all’identità ebraicacontemporanea (e della nascente societàisraeliana). Motivi reali dunque, maanche psicologici, dati per esempio daltimore di essere etichettati come ebreiprovenienti dai paesi arabi, unadefinizione e un “bollino negativo” che

    per ignoranza veniva estesa anche agliebrei persiani. Si faceva così un doppioerrore, sia di presupponenza che diignoranza, essendo ovviamente distintele culture e le popolazioni persiane daquelle arabe.Se consideriamo che nel mondo araboe persiano si sono sviluppate delle

    grandi civiltà, va fatto uno sforzo permeglio capire cosa è successo. Ancheconsiderando che si tratta del quadro

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    geografico all’interno del quale, incoincidenza con la creazione dello Statodi Israele, e con qualche lodevoleeccezione, tutte le comunità ebraiche

    furono costrette (o preferirono)andarsene dai paesi dove da secolivivevano. Con la guerra del 1948 tra ilmondo arabo e Israele, ha preso vita unmondo arabo visto come “nemico” e nonpiù come un ambito di dialogo,confronto, scontro e coesione ebraicomusulmanocome lo era stato per moltisecoli. In tale quadro, è concepibilecome lo stesso mondo sefardita sia statocostretto a fare i conti con una identitànella quale la sua “parte araba” venivamessa in discussione.Da elemento distintivo, questa parte dipatrimonio sefardita è diventato permolti un elemento da rimuovere ocomunque di cui non andare

    particolarmente fieri. Un errore tragico,che ha fatto sì che per lungo tempo inIsraele non si sia voluto parlare diquesti mondi, anche appunto per la pocamotivazione degli stessi ebrei levantini.Successivamente Israele ha eletto unPresidente sefardita (Yizhak Navon,presidenza 1978-1983) e uno di originepersiana (Moshe Katzav, presidenza

    2000-2007). Soprattutto il primo, si èmolto impegnato per ridare dignità aquesto mondo. Ma è purtroppo darilevare come siano veramente pochi gliebrei sefarditi di seconda generazioneche conoscano veramente la storia e letradizioni dei loro paesi di origine, oche per esempio parlino l’arabo.

    Oltre a tutte le considerazioni valideper i sefarditi, per gli ebrei di Mashadaltre due ragioni supplementari spiegano

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    una carente produzione e divulgazionestorica. La prima è che il bivio del 1839 – conversione o morte  – ha anchesignificato tutelare la propria difesa

    facendo sì che oltre che per iprotagonisti, cioè gli stessi ebrei diMashad, era meglio che nessuno sioccupasse troppo di loro e della lorostoria. Il secondo motivo è che per circaun secolo, la precauzione di nonscrivere in ebraico o di argomentiebraici, ha limitato la trasmissione diquesto patrimonio alla sola tradizioneorale. La prima descrizione scritta deifatti del 1839, avviene per opera diYaghoub Dilmanianan solo nel 1935.Gli ebrei di Mashad per circa un secolonon hanno cioè scritto niente della lorostoria e le successive testimonianzeorali che da questo primo libro si sonopoi dipanate hanno dato vita a racconti e

    interpretazioni non del tutto coincidenti. Anche per questi motivi acquistaimportanza questo testo, il primopubblicato in Europa che tratti di questastoria.Un importante contributo alla sintesidi queste eterogenee ricostruzioni è datadal libro di Raphael Patai Jadid alIslam. The Jewish New Muslims of

    Meshed che nel rifarsi a diverse fontiorali, ha soprattutto avuto il merito dimettere per iscritto, già intorno al 1940,delle testimonianze di anziani ebreimashadi.Il primo capitolo di questo libro haproprio il compito di narrare il quadrogenerale e i fatti capitati.

    Nel secondo capitolo si analizza comegli ebrei reagirono alla persecuzione.L’obiettivo, va subito detto, non è quello

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    di giudicare, ma di presentare le diversesituazioni createsi.Uno dei motivi della poca conoscenzae divulgazione della storia degli ebrei di

    Mashad è proprio quello dellariservatezza, un’abitudine mentalesviluppatasi in una situazione dimarranesimo. Usiamo quest’ultimaparola, che chiariamo subito essereimpropria rispetto alla Persia, per direche è nel terzo capitolo che proponiamoun confronto tra quanto avvenuto agliebrei di Mashad in epocacontemporanea e quanto avvenuto agliebrei sefarditi spagnoli, quando inseguito alle persecuzioni di Isabella laCattolica, dovettero anch’essi sceglieretra la conversione o la morte.Cartina tratta da Houman Sarshar (a cura di),Esther ’ s Children , The Jewish PublicationSociety, Philadelphia 2002.

    1La storia1.1 Gli ebrei lungo le vie commercialiL’area geografica in cui si configura lavicenda qui trattata (vedi cartina)testimonia di una costante e importantepresenza di comunità ebraiche. Alcunestanziali e millenarie, altre sviluppatesia seconda delle opportunità e dei

    momenti. Più in generale gli ebrei, cosìcome altre popolazioni la cui principaleattività economica era legata alcommercio (turkmeni, armeni,giainisti…) hanno per secoli percorsol’area compresa tra la Persia, l’Iraq, laRussia, l’ Afganistan e l’India come sefosse un unico potenziale bacino di

    lavoro. Man mano che le rottecarovaniere si espandevano in Nord Africa, in Medio Oriente e in Asia

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    centrale, era cresciuta la necessità didisporre di luoghi per sostare, ripararsie far riposare gli animali in sicurezza. Aquesto scopo vennero creati i

    caravanserragli pubblici, grandicomplessi costruiti fuori dalle mura diquei villaggi e città che accoglievano imercati. C’erano caravanserraglipubblici aperti, mentre quelli privatierano solitamente aree chiuse protette damura e munite di un cortile centralecircondato da magazzini, dormitori,stalle e cucine. I più grandicaravanserragli potevano ospitarecentinaia di cammelli, muli o cavalli ela maggior parte forniva a pagamentoacqua, vettovaglie, mangime, vestiti ealtri articoli necessari per il viaggio. Ipiù antichi di cui si ha notizia sonodisposti lungo la Via Reale dell’Imperopersiano, che si estendeva per 2.700 km

    da Sardi a Susa.Era dunque lungo queste rotte e questicaravanserragli che si muovevano anchei commercianti ebrei.Venendo a come le cronache e letestimonianze li descrivono, la loro famaera quella di essere generalmentepersone oneste, di grande capacitàcommerciale, con forte inventiva e

    padronanza delle lingue. Essere deicommercianti onesti provenienti da fuorili faceva a volte preferire rispetto aicommercianti del luogo.1.2 Mashad: la città del santuario di

     AlìMashad si trova al centro di una diqueste rotte carovaniere. Capitale del

    Razavi Khorasan iraniano, regionevicina ai confini con l’ Afganistan e ilTurkmenistan, è città di naturale

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    approdo per chi si deve poi recareoltreconfine.

     Attualmente è la seconda città piùpopolosa dell’Iran. Prima del 9° secolo

    la città si chiamava Sanabad ed era unpiccolo villaggio di non particolarerilievo. Deve il suo sviluppo al fatto chel’ottavo Imam sciita Ali Al Rida (Rezain persiano) venne qui avvelenato emartirizzato. La sua tomba divenne daallora un santuario, meta di unaparticolare devozione in grado diattirare ogni anno moltitudini di persone.L’ intera denominazione della cittàsarebbe così diventata Mashhad ‘ Al ī , Ilsantuario (bast ) di ‘ Al ī . La parolamashhad significa appunto santuario,perché qui è ospitato il luogo disepoltura di Reza. La città deve dunquela sua rilevanza sia alla sua santitàreligiosa che alla sua vocazione di

    scambio commerciale con altri paesiconfinanti. Ma a differenza di altre cittàcome Isfahan o Shiraz, città anch’essebasate sul commercio e proprio perqueste consoni a uno spirito di aperturamentale e imprenditoriale, nel caso diMashad così come della città di Qom,l’elemento della santità prevale neldeterminare la caratteristica di fondo di

    città; che può perciò essere definitaancor oggi come tra le più rigorose nelladifesa dell’ortodossia islamica sciita.Per via della sua natura religiosaMashad ha anche il ruolo di “cittàrifugio”, località cioè dove chi avevadei debiti o dei problemi giudiziariminori poteva trovare accoglienza e la

    possibilità di un interventocompromissorio da parte delle autoritàreligiose.

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    Il centro politico e amministrativo diTeheran, distante novecento chilometri,è sempre apparso come lontano. E laCapitale, nel confrontarsi con la

    provincia di Mashad, ha sempre dovutotenere conto del peso e della autonomiadecisionale con la quale le autoritàreligiose controllavano la vita locale. Sitratta evidentemente di elementi cheinfluenzeranno il contesto nel quale sisviluppa la storia della comunità ebraicalocale.La città di Mashad si presenta ai suoivisitatori cintata da mura esterne edifesa da una Cittadella. Ciò non haimpedito che nei secoli e fino al 1800 laregione e la stessa città siano state piùvolte area di passaggio per Mongoli,Uzbechi, Afgani, Turcomanni. Occasioniper puntuali saccheggi e distruzioni, esuccessive e ripetute ricostruzioni delle

    abitazioni e dei luoghi sacri danneggiati.Tutta la vita della città era condizionatadall’aspetto religioso e dall’arrivo deipellegrini che ancor oggi sono laprincipale fonte di introito economico.Rispetto alle vicende anche millenariedi altre comunità ebraiche persiane, lacui storia può risalire fino ai tempibiblici (vedi i riferimenti nei Libri di

    Isaia, Daniele, Esra, Nehemia, leCronache e il Libro di Ester), quella diMashad è una storia sia più recente chedi breve durata, visto che si sviluppagrosso modo su due soli secoli.La definizione del contesto storico nonpuò prescindere da quello religioso.

     A partire dalla conquista musulmana

    dell’

    Iran (642 e.v.) per gli ebrei valgonole logiche proprie anche per altrecomunità religiose non islamiche

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    presenti in questa area (zoroastriani,cristiani, induisti). Tutti loro sonoconsiderati come dhimmis sudditi nonmusulmaniche vivevano in un “patto di

    protezione”. Lo status di dhimmi era inorigine riferito solo alle Genti del Libro,cioè ebrei e cristiani, ma in seguitoanche a zoroastriani, mandei e infineagli indù, ai sikh e ai buddhisti. Idhimmi godevano di maggiori dirittirispetto ad altri soggetti non-musulmani,ma di minori diritti legali e sociali deimusulmani.Con il Patto di Omar (637 e.v.) gliebrei hanno il diritto di avere salva lavita e le loro proprietà e di poterepraticare la loro religione, ma inmaniera non troppo manifesta ecomunque in modo tale che unmusulmano non lo possa ritenereoffensivo. Questo status giuridico non è

    da intendersi solo come un codiceteorico ma come uno stato di diritto chenei fatti condiziona tutti i comportamentiquotidiani.Essere un dhimmi in tutti questi secolisignifica conseguentemente sviluppareuna precisa modalità e mentalità divivere il proprio ebraismo. Che insintesi può essere definito come meno

    esplicito, e sempre attento a nonsuscitare clamore o gelosie rispetto allamaggioranza musulmana circostante. Inquesta logica sociale, comportamentalee religiosa va inquadrato anche l’arrivoa Mashad di ebrei provenienti da altreparti del paese.1.3 L’ arrivo degli ebrei a Mashad

    Gli scritti del famoso viaggiatoreBeniamino di Tudela fanno intendereuna importante presenza ebraica in

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    questa area prima dell’invasionemongola. Ma le poche fonti scritte e letestimonianza orali che si sonotramandate fanno invece capire che dopo

    questa invasione le comunità diNeshabour, Harat e Marv erano stateannichilite. Risulta testimoniabile chel’arrivo degli ebrei a Mashad è databilesolo verso la metà del 1700, ancheperché sotto la dinastia Safavide nelsedicesimo secolo l’accesso alla cittàera stato vietato a tutti gli infedeli.Il regnante dell’epoca, Nader Shah,nell’ottica di rinforzare i confiniorientali aveva spostato la capitale delKhorasan da Isfahan a Mashad, centrostrategicamente più significativoessendo al crocevia delle rotte tra laPersia, l’ Asia centrale, l’India,l’ Afghanistan e la Cina. Per prevenireinvasioni esterne, favorì l’insediamento

    di centinaia di persiani in quelle zone diconfine. Tra gli altri, anche di famiglieebraiche. Questo assunto storico simischia qui a una tradizione tramandataoralmente che vuole che l’arrivo degliebrei in città fosse la conseguenza di unaprecisa decisione di Nader Shah, che glistorici amano definire anche come “ilNapoleone dell’Iran”. Questi abolì il

    fatto che lo Sciismo fosse la religioneufficiale e decise di trattare le religionimettendole sullo stesso piano, abolendole discriminazioni finora vigenti. Siracconta che Nader Shah, fondatoredella dinastia degli Afsharidi, di ritornoda una vittoriosa campagna in Indiadove aveva racimolato importanti tesori

    e pietre preziose, decidesse di costruireuna fortezza a Kalat (50 km da Mashad)dove appunto custodire le sue ricchezze.

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    Furono degli operai indiani acostruirla, ma quando si trattò didecidere a chi affidare la guardia deltesoro, data la sua politica filo-sunnita,

    preferì affidarsi agli ebrei piuttosto cheagli sciiti persiani.Fu così che un gruppo di famiglieebraiche lì si stabilì, rimanendovi anchedopo l’assassinio di Nader Shah. Nellavicina Mashad acquisirono delleproprietà a ridosso delle mura, dovecostruirono le prime residenze e unapiccola sinagoga. Dopo qualche annocomprarono sia dei terreni in città(l’Edgah, letteralmente Posto delleFeste) che un’ area esterna da adibire acimitero. Altre famiglie provenienti daQazwin, Rasht, Kashan, Lar e Yazd(dove c’era stata una grave carestia)andarono a rinforzare il nucleooriginale. La lingua parlata dalla

    maggior parte di questi nuovi arrivatiera il dialetto Gilaki, lingua che lidifferenziava dalla maggioranza dellapopolazione, mentre i mestieri chepraticavano erano quelli del commerciodella seta, del kashmere e in generale,dei tessuti.Dall’arteria principale di Mashad sidipartono i diversi mahallah (distretti).

    Gli ebrei si erano concentrati in uno diessi, l’Edgah appunto, una zona primaoccupata dagli Zoroastriani, dopo chequesti avevano lasciato la città per viadei pregiudizi nei loro confronti. Permotivi precauzionali avevanopredisposto delle grandi porteall’entrata delle loro vie. Al crepuscolo

    venivano serrate da grandi chiavistelli,cosa che poteva succedere anche digiorno se avvisano un qualche pericolo.

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    Gran parte della vita si svolgeva neicortili interni, evitando così di dovereuscire in zone aperte.La struttura delle abitazioni, sia

    musulmane che ebraiche, prevedevanoun cortile interno, che era la parte dellacasa meno accessibile e dovetradizionalmente si trovavano le donne.

     All’interno delle case c’erano dellevolte e delle camere nascoste dovecelare in caso di pericolo gli oggetti divalore o le stesse persone. A volte,anche interi nuclei famigliari. YaghoubDilmanianan afferma che per i loroaffari gli ebrei si limitavano a stare fuoridall’entrata del quartiere e che in rareoccasioni si spostavano in altre città. Icommerci e le compravenditeavvenivano in una zona chiamata SarHeite (capocortile).Da altre fonti si deduce che il raggio

    di azione commerciale fosse invece piùampio.Comunque sia, la situazione degliebrei di Mashad era migliore di quelladei loro correligionari di altre città, equesto ne favorì l’afflusso.Una famiglia ebraica che arrivava aMashad cosa doveva considerare perscegliere la propria residenza?

    Era innanzitutto ben chiaro dove nonpotevano risiedere; i quartieri giàstoricamente abitati da altri gruppi, esoprattutto le aree di maggioreimportanza e sacralità per l’Islam. Mase pensiamo al significato dei ghetti inItalia o in Europa, ci troviamo di frontea una casistica ben diversa. Innanzitutto

    perché non vi era stato nessun decreto diun’ autorità religiosa, come potevaessere l’equivalente di una bolla papale,

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    che decretasse l’istituzione de iure ditale realtà. Secondariamente perché nonsi trattava di una area chiusa, magarichiusa a chiave da altri, come invece è

    avvenuto nel Vecchio Continente. Cosìcome per le mellah dei quartieri ebraicidei paesi del Maghreb, si trattava invecepiù concretamente di aree di residenzadegli ebrei. Questi ultimi, al pari di altrigruppi clanici o famigliari coesi eomogenei della città, fecero così unascelta naturale decidendo di starsenevicini e uniti. Questo permise unadinamica sociale, culturale, famigliare,religiosa più facile. Considerando anchela proibizione di avere case più alte deimusulmani, nell’Edgah, salvo rareeccezioni, le case avevano tutte glistessi standard di costruzione. Perraffronto e paradosso, è interessantenotare come i ghetti europei produssero

    invece, per mancanza di spazio, propriodelle case che si sviluppavano inaltezza, e dunque mediamente superiorialla media delle abitazioni del restodella città.In sintesi agli ebrei di Mashadappariva “normale” e comodo viverenell’Edgah, ma non erano stati obbligatia farlo e non si può escludere che

    singoli ebrei abbiano vissuto anche al difuori di questo perimetro.1.4 La loro vita quotidianaDal loro quartiere gli ebrei potevanouscire ma questa apparente libertà dimovimenti era comunque contingentatada una serie di provvedimenti eavvertenze che rendeva complicato“

    farsi una semplice passeggiata”

    . Gliebrei quando camminavano in stradadovevano muoversi a ridosso dei muri,

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    la parte della via dove si trovano irifiuti e i liquami di scolo. Vi erano altrelimitazioni quali la proibizione diandare in giro armati o a dorso di un

    cavallo. Se avevano un asino dovevanopoggiare le due gambe sullo stesso latoe non andare a cavalcioni. In altreparole, attraverso queste e altredinamiche limitative, volte a distinguerlidal resto della popolazione, gli ebreipotevano sì andare in giro ma dovendoapparire pubblicamente in un ruolo disubalternità manifesta.

     Anche altre restrizionicomportamentali, di vestizione, neirapporti con i musulmani, rispetto allagiustizia, nelle professioni, negli svaghi,nella possibilità di costruire luoghi diculto condizionavano la loro liberacircolazione.

     A fronte di queste limitazioni, in

    questa così come in altre città, era ilsuccesso e l’ascesa economica lamodalità che rimaneva agli ebrei pervedere riconosciuto il proprio rispetto eprestigio.Diversi profili economicicaratterizzavano la comunità. I piùpoveri vivevano di piccoli traffici svoltinella zona di entrata dell’Edgah mentre i

    commercianti, i cotonieri, e gliimportatori di tessuti avevano un raggiodi azione più ampio. L’arrivo in Persia ein India della potenza coloniale inglesedeterminò per loro ulteriori potenzialitàdi sviluppo commerciale.In epoca contemporanea questosignificherà anche la possibilità e la

    scelta di vivere in un’

    altra zona dellacittà, nella Jannat Road, una via dinuova costruzione, sinonimo di maggiore

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    agiatezza. Alle possibilità commerciali noncorrispondevano però altrettante libertàin campo culturale.

    La città era sotto influsso di un climabigotto e questo comportava unsoggiogamento di tutte le minoranze(ebrei, zoroastriani, ma anche sufi).Possiamo dire come fosse relativamentelimitata la pratica e lo sviluppo di unavita culturale ebraica. Dalle fontistoriche si sa per esempio della poesiamistica prodotta da Rabbi Molla SimanToov Melamed. Il suo Hayat al-ruh (Lavita dell’anima) è un commentoreligioso filosofico dei famosi “Trediciarticoli di fede” di Maimonide. Un altrosuo testo, Bekodesh hashishi, è unaraccolta di versi in ebraico e persiano.Questi esempi dimostrano che almenoalcuni membri della comunità avessero

    dimestichezza con i testi ebraici, mentrealtri avevano conoscenza della poesiamistica persiana di Hafez, di Rumi e dialtri autori. Singole significativeeccezioni, ma in linea generale ancheper la prevalenza di ebrei commerciantie dunque non stanziali, sia per motiviendogeni che esogeni non si crearono inquel periodo le condizioni per uno

    sviluppo sistematico di una culturaebraica originale, nuova, autoctona.

    È successo nel 1839. Schemastorico comparativoIn Italia – Esce a Milano il primo numero dellarivista letterariascientifica “IlPolitecnico“ fondata da Carlo

    Cattaneo. – Giuseppe Verdi presenta a Milano la

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    sua prima opera Oberto Conte di SanBonifacio. – Inaugurazione della prima lineaferroviaria italiana, la Napoli-Portici.

     – Viene elaborato il Nuovo CodicePenale di Carlo Alberto. – Garibaldi va in missione in Uruguay.Nel mondo – La prima foto della luna a opera delfrancese Louis Daguerre. – Thomas Henderson misura la primastella (Alpha Centauri). – Il tè indiano comincia ad arrivare inInghilterra. – Aden è conquistata dalla British EastIndia Company. – Charles Darwin diventa membro dellaRoyal Society. – Il Congresso americano proibisce iduelli nel Distretto di Columbia. – Il governo prussiano limita a 51 ore il

    lavoro settimanale minorile. – Il Guatemala diventa una Repubblicae il Belgio una nazione indipendente. – Abdul-Medjid succede a Mahmud IIcome Sultano della Turchia. – Gli inglesi conquistano Hong Kongdalla Cina e inizia la prima Guerradell’Oppio. – Le truppe britanniche occupano

    Beirut. – Abner Doubleday inventa il gioco delbaseball. – In Gran Bretagna ci sono le primebattaglie per il suffragio universale.1.5 Il fatto scatenante l ’  Allahdad del1839(12 Nissan 5599 - 13 Moharan 1255 -

    5° anno del Regno di Mohammad ShahQajar)Erano passati novantadue anni dal

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    momento dell’arrivo degli ebrei aMashad quando si produssero i fatti del1839. Il periodo era quello delMuharram (fine luglio circa), un

    momento dell’anno dedicato al lutto e alpentimento e che ricorda il martirio di

     Alì, il genero di Maometto. Il decimogiorno del Muharram, conosciuto comeashura, è considerato il giorno più santodel calendario islamico e le cronachedicono che è proprio in quel giorno chesi produsse l’ Allahdad.Si deve a Joseph Wolff (figlio dirabbino poi convertitosi alCristianesimo e missionario in AsiaCentrale) e alla sua Narrazione di unamissione a Bokhara negli anni 1843-1845 il primo resoconto scritto diquanto successe nella primavera del1839. Wolff riferisce di un colloquiocon il Mullah Mahdi l’Ebreo (così

    veniva chiamato), che lo aveva accoltonel corso di una prima visita avvenutaanni prima a Mashad. Mullah Mahdi sidichiarava amico degli inglesi, al cuifianco era stato durante l’ invasione in

     Afganistan servendo sia il MaggioreRawlinson a Kandahar che a Herat, ilMaggiore Todd. Questo ruolo giàfornisce un’ indicazione sulla simpatia

    degli ebrei verso gli inglesi, visti comeportatori di nuova civiltà, prosperità,diritti civili; tutto il contrario dellelogiche discriminatorie a cui eranoabituati in quei luoghi. La potenzacoloniale britannica portava inquell’area nuovi prodotti, ma soprattuttonuovi equilibri e modi di pensare tra la

    popolazione.Mentre in Europa (vedi quadrocomparativo degli avvenimenti a p. 33)

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    avevano inizio i primi movimentirisorgimentali, liberali e di modernitàindustriale, a Mashad, come reazionealla presenza degli inglesi nell’area,

    avviene invece un virulento attaccoantisemita.L’ Allahdad (letteralmente il dono diD-o, e per estensione giustizia divina) èil nome del pogrom che si sviluppa nel1839.Il perché di questi accadimenti puòessere sintetizzato in un fatto scatenante.Sul retro di alcuni libri di preghiera sisono trovate delle sintesi chericostruiscono gli avvenimenti. LordCurzon, futuro ambasciatore inglese eViceré d’India ne scrive cinquant’annidopo nel suo World Travelers. E un grannumero di ricostruzioni, per lo più orali,riprendono, correggono o smentiscono ilprimo resoconto di Wolff The Newly

    Converted Jews of Mashad. Le piùrilevanti sono quelle del viaggiatorefrancese J.P. Ferrier, e di Jadidi Samad

     Aqa ben Yosef Dilmanian.Questi ci raccontano come la “miccia” tragga origine dall’episodio di unadonna povera ebrea che aveva unascesso a una mano. Per guarire, unmedico musulmano la invitò a uccidere

    un cane e a immettere la mano nelsangue dell’animale. Lei lo fece. Era ilperiodo della festa del Bairam, nelquale i musulmani sono soliti uccidereuna pecora. Qualche agitatore riferì chela donna aveva svolto questo rito inpubblico davanti ad altri ebrei, e che iltutto voleva avere un significato di

    derisione nei confronti dei musulmani.Questa versione, così come un’ altramezza dozzina di resoconti successivi,

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    differiscono nella cronaca, ma per chi èinteressato a capire le ragioni dellastoria non cambiano sostanzialmente né ifattori scatenanti né gli esiti che ebbero

    sulla popolazione ebraica. Né tantomeno modificano il contesto generaleche, qualunque sia il fatto avvenuto,metteva in partenza gli ebrei in unaposizione di possibili vittime di unasituazione politica, sociale religiosa cheli vedeva con uno status diverso rispettoal resto della cittadinanza.Dalla testimonianza di Aqa MullahYosef ben Aqa Abdul Samad Dilmani sievince, in seguito ai fatti, come propriola necessità di non lasciare prove etracce scritte della propria identitàebraica abbia indotto gli ebrei diMashad a distruggere tutti i documentiche li potessero mettere in una qualchedifficoltà. Per lo stesso motivo fu deciso

    di salvaguardare i rotoli della Toràspostandoli a Yazd e a Kerman, oltrealla distruzione di tanti altri documentirelativi alle vite private. Questo spiegala difficoltà di disporre di fonti scrittecerte che aiutino a fare piena luce suquanto successo.I diversi resoconti scritti successivi ele testimonianze orali concordano però

    grosso modo nello stabilire che, mentrealcuni musulmani si recavano dallaguida spirituale della città, l’ImamJum’ah, una turba di fedeli diede nelfrattempo assalto al quartiere ebraico,abbattendo le mura del quartiere e leporte dei privati, uccidendo trentasei (lecifre a riguardo differiscono) persone,

    saccheggiando le proprietà e rapendoalcune ragazze per portarle in casemussulmane (due forse dallo stesso

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    Imam Jum’a). A questo punto gli ebrei si recaronodall’Imam chiedendo protezione, ma luila negò fintanto che gli ebrei avessero

    mantenuto la loro fede. La conversioneall’Islam veniva così posta comel’alternativa alle violenze di piazza. Conil governo centrale di Teheran troppolontano e impossibilitato a intervenire inbreve tempo, la conversione era dunquel’unica alternativa possibile in quelfrangente.La recitazione della Shahada  – LaIlaha ill ’  Allah waMuhammad RasulUllah  – (non c’è nessun D-o al di fuoridi Allah, e Muhammed è il suo Profeta)è la formula prevista in questi casi. Vaespressa con retta intenzione (niyya) eva pronunciata in modo intelligibile difronte a due testimoni musulmanimaschi, in grado di rendere

    testimonianza in un giudizio islamico.Così avvenne, anche se ovviamentesenza “retta intenzione”. A ogni ebreovenne assegnato un nuovo nome e a tuttidistribuiti dei dolci e delle caramelleperché nell’interpretazione del caporeligioso musulmano a D-o piacevaquesto evento e pertanto gli accadimentivenivano interpretati come Allahdad

    (giustizia divina).Se da una parte si può dunqueaffermare che non vi fu nessuna autoritàreligiosa ad avere proclamato e istigatol’attacco agli ebrei, parimenti si puòdire che le stesse autorità non feceronessun tentativo serio per impedirlo oper evitare che si arrivasse all’ opzione

    della conversione.Secondo alcuni, questa sottomissionea l l a Shahada, venne annunciata dagli

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    stessi ebrei, e manifestata urlandola daitetti delle loro stesse case. A quel puntol’Imam ordinò che cessassel’aggressione e che fossero ridati i beni

    sottratti agli ebrei; cosa che avvenneparzialmente.Una seconda versione scritta da unemissario sionista nel 1946 è basata suvoci registrate a quel tempo a Mashad.In questo caso viene confermata laversione precedente dell’uccisione delcane, ma viene completata dal fatto chequando qualcuno vide il sangue versatonel cortile della vecchia donna, si erasparsa la voce che il sangue fosse di unbambino musulmano ucciso per fare ilpane azzimo pasquale. Un’ accusa piùtradizionalmente usata nel mondoeuropeo e che porta a pensare che vi siastata una “esportazione in tempimoderni” (anche per opera della

    propaganda nazista) di questa ipotesiche non ha precedenti in Persia (vedi iraffronti con il marranesimo nel 3°capitolo).Una terza versione dei fatti è a cura diYaghoub Dilmanianan che nel 1960scrisse una storia degli ebrei di Mashad,e che narra di un cane buttato dagli ebreiproprio sulla strada dove sarebbe

    dovuta passare una processionemusulmana. Dilmanianan aggiunge che ascatenare le folle sia stato un esponentedel clero sciita, che abitava proprio difronte al quartiere ebraico e che disolito veniva corrotto per garantire laprotezione agli ebrei. Pare chequell’anno gli ebrei si fossero rifiutati

    per protesta di dargli la prebenda, peressere stati comunque vessati nel corsodell’anno. Da qui l’atto di vendetta del

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    Sayid che aizzò la folla contro di loro.Una quarta e ultima versione afferisceche il fatto da cui prese inizio il tutto siastata l’uccisione di un bambino

    musulmano da parte di musulmani mache il corpo di questi venne gettato nelcortile della sinagoga. Da qui una seriedi interpretazioni sul fatto che fosseroinvece gli ebrei i veri responsabilidell’accaduto.1.5.1 I motivi di fondoTutte queste diverse versioniconfermano in ogni caso una situazionedi fondo; quella che in città vi fosse unasituazione di tensione e nella quale ilfatto scatenante ha avuto solo il compitodi farlo emergere. Per questo è piùimportante rilevare i motivi di fondodella vicenda, piuttosto che soffermarsisu quale delle diverse e approssimativeversioni sia quella più vicina alla realtà

    e al fatto scatenante.I motivi possono così esserefondamentalmente riassunti:a) Un motivo nazionaleIn quel momento storico, vicino allacittà di Mashad vi era un importantecontingente dell’esercito persiano cheera stato sconfitto dagli inglesi. Sitrattava di truppe dello Scià in ripiego,

    che da mesi non erano pagate, con tantimalati e che in mancanza di riserve dicibo erano spinte a rivalersi sullacittadinanza.b) Un motivo politico

     Alcuni ebrei erano commercialmentecollegati alla realtà coloniale inglese, ecomunque tutti gli ebrei venivano

    pregiudizialmente associati agli inglesi.Il sostegno pratico dato dagli ebrei agliinglesi nelle vicende belliche avrebbe

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    assicurato loro ulteriori benefici.c) Un motivo commercialeGli ebrei avevano conquistato delleposizioni di forza nel mondo del lavoro.

    Le rivalità commerciali erano motivo diinvidia da parte di concorrenti operantinello stesso settore. Una situazione didisordine avrebbe dato modo allaplebaglia di accaparrarsi delle proprietàebraiche in un momento nelle quali leforze dell’ordine avevano altre priorità.d) Un motivo religiosoLa festa religiosa islamica del Bairam(Festa del Sacrificio) è una dellericorrenze più sacre del calendarioislamico, occasione di particolarefervore religioso. Avviene una volta all’ anno, dopo i trenta giorni del Ramadan.Si festeggia con il sacrificio di unmontone che viene diviso in quattroparti, tre delle quali si regalano ai

    poveri, e l’altra viene mangiata.Quale peso dare alle quattro chiavi dilettura nazionale politica commerciale ereligiosa? Premettendo che si trattacomunque di una combinazione dellequattro variabili, tentiamo una possibileinterpretazione.Da tempo gli ebrei vivevano a Mashade, pur con alti e bassi, non si era mai

    prodotto un fatto analogo a quelloappena raccontato. Ci troviamo però inun momento storico nel quale gliequilibri stanno cambiando e chepossono essere sintetizzati da una partedall’ avanzata della “civiltà inglese” edall’altra dalla sconfitta dell’esercitonazionale persiano.

    Dopo la cacciata di altre minoranze, aMashad vi è un’ unica comunità ogruppo etnico che non sia

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    omogeneamente musulmano. E che perdi più detiene delle posizioni di rilievoin campo commerciale. Questo risultatoè dato da un profilo storico, culturale,

    linguistico che gli garantisce unvantaggio competitivo rispetto al restodella popolazione. Un vantaggio cherischia di accrescersi in seguito allavittoria degli inglesi. Un pericolo per leclassi più povere alle quali rimane aquesto punto un solo argomento con ilquale rivendicare una qualche“superiorità” rispetto agli ebrei: quellareligiosa.In questo senso, la religione non è ilmotivo scatenante ma ne diventa lascusa. Diventa cioè un paravento usatoper attaccare un gruppo che suscita fortiinvidie. Mentre il secondo alibi chepermette questa rivolta è dato dallapresenza di truppe militari alla ricerca

    di una “vendetta” dopo la sconfitta. Iltutto in una situazione di disordinegenerale che viene a coincidere con unafesta religiosa nella quale gli animi deifedeli sciiti sono già tradizionalmenteeccitati. Ma non è l’alto clero astabilire, determinare, pianificare unattacco contro gli ebrei. Anche se saràinfine un mujtahid , e cioè un’autorità

    religiosa e legislativa islamica, a direche quel giorno fosse un dono delSignore (Allahdad).La definizione di Allahdad non vaperò intesa come il titolo di un edittoreligioso vero e proprio contro gli ebrei;si tratta più semplicemente di unaespressione prodottasi in quella

    occasione e divenuta poi pubblica.Un altro motivo suffragal’interpretazione che non vi fosse niente

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    di preordinato da un punto di vistareligioso, ed è relativo a quanto avvieneper la sepoltura delle vittime delmassacro. Il fatto che nessuna azione

    fosse stata pianificata significa ancheche non era stata prevista una rispostada un punto di vista teologicomusulmano su dove e come seppellire levittime.

     Ai nuovi musulmani viene ovviamentevietato di usare il cimitero ebraico maallo stesso tempo gli ebrei non voglionousare quello musulmano. Nessuno sisforzerà di convincerli a farlo. Laconclusione è un poco paradossale,perché successe che si istituì un nuovocimitero speciale per gli jadidim (ilnuovo termine con cui ora venivanodenominati).L’ aspetto dei funerali è importante,oltre che da un punto di vista religioso,

    anche perché ci aiuta a capire come finda subito si sia creata una “identità dimezzo”, sia nella stessa percezione degliebrei, sia in quella di chi li avevaperseguitati. Chi fisicamente avevaassalito gli ebrei non era intenzionato aconvertirli, o ad assimilarli, scopo cherichiede una pianificazione nel tempo,quanto piuttosto a “dare loro una

    lezione” per colmare un divario chesentiva come intollerabile (ricchi, filoinglesi, e in ultimo non musulmani).Da un punto di vista teologico,probabilmente anche per le stesseautorità religiose islamiche (a differenzadi quanto avvenne nel mondo cristiano),una conversione forzata era da ritenersi

    diversa da una scelta frutto di spontaneaadesione alla religione di Maometto. Perquesto si cercava di mantenere legati

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    all’Islam questi neo-convertiti, con unaserie di provvedimenti volti a togliereloro i legami con la religione di origine:il cambio del nome, l’obbligo di sposare

    dei musulmani, il dovere delpellegrinaggio, la preghiera in moscheail venerdì. Ma una chiave di letturasociologica, in piena sintonia con lelogiche comunitarie vigenti a Mashad, cidice che non vi poteva essere unaforzatura religiosa incoerente con ledinamiche della città, e cioè non sipoteva imporre ai membri di un gruppodi essere seppelliti in una modalità nonaccettata dal gruppo stesso.Ritornando alla cronaca dei fatti, laricostruzione si completa dicendo chefurono saccheggiati i beni dei privati, eche l’Imam Jumah ordinò la demolizionedella sinagoga. Un ordine che anche imembri della comunità ebraiche che si

    sentivano più vicini all’Islam trovaronoinaccettabile. Dovendo per altroobbedire agli ordini, la sinagoga vennedemolita, ma venne mantenuta intatta unapiccola parte dove venne posta una Toràe dei libri di preghiera. Per nasconderlavenne costruito un muro di protezione.I materiali di costruzione dellasinagoga distrutta vennero invece

    riutilizzati per edificare la moscheaHuseinyha, un grande serbatoio d’acquae un takkieh, una specie di teatroreligioso tipico degli sciiti. In questotakkieh per quasi un secolo incoincidenza con la ricorrenza delMoharam si fecero dei rituali percommemorare i martiri di Kerbala e

    anche cene collettive.Nel frattempo l’Imam Jumah avevadesignato lo Sceicco Mohammad

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    Hossein come guida spirituale degli jadidim adulti; a loro insegnò le leggi, lepreghiere e i doveri della vitamusulmana. Le scuole ebraiche vennero

    chiuse e i bambini dovettero imparare ilCorano in nuove scuole. Lo stesso imaminvitò gli ebrei a sposarsi con imusulmani con l’idea di assimilarli apoco a poco. Ma si registrarono pochimatrimoni del genere. Anche perché glistessi musulmani non gradivano sposaredei neo-convertiti.

     Agli ebrei fu poi imposto di vendere iloro arredi sacri. Tanto, non neavrebbero più avuto bisogno.I cortili delle sinagoghe distrutterimasero così abbandonati per anni, finoa quando l’area, molti decenni dopo,venne adibita per costruire delle caseper i più poveri tra gli jadidim.

     A Teheran ci fu grande sbigottimento

    quando si seppe degli avvenimenti diMashad. Il Ministro degli Esteri MirzaMasud fu inviato nella provincia percapire quanto fosse successo e per farridare il maltolto ai legittimi proprietari.Una versione dice che lo stesso Sciàabbia ricevuto una delegazione degliebrei convertiti di Mashad.L’autorità locale, l’imam Jumah,

    accettò così che i beni venissero ridati,che gli stock di stoffe appartenuti apersone uccise negli incidenti fosserovenduti e che il ricavato fosse usato percomprare un lotto di terra per ilcimitero.La cronaca dei fatti dell’ Allahdad èrelativamente chiara e lineare. C’è un

    fatto scatenante. E una reazione che siinserisce in un quadro generale nel qualegli ebrei per diversi motivi vengono

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    visti come disomogenei rispetto al restodella popolazione.In realtà per storia, lingua, backgroundculturale gli ebrei avevano molte cose in

    comune con il resto dei persiani. Maesaminando gli sviluppi storici che siandavano a delineare, la vicina presenzabritannica significava la creazione diuna diversa prospettiva rispetto agli altriabitanti di Mashad. Non solo gli ebreisarebbero usciti da un quadro disubalternità, ma avrebbero trattovantaggio dalla loro posizione di gruppopiù istruito e intraprendente. Il pogromimpedì che si creasse questo scenario.Si tratta di una dinamica del tuttosimile a quella che pochi decenni doposi sarebbe sviluppata anche in tutti ipaesi dell’ Africa del Nord, con lecomunità ebraiche poste in una difficilesituazione identitaria; vicine per storia e

    convivenza con gli autoctoni, maculturalmente e socialmente attratte daglisviluppi proposti dalle potenzecoloniali. Una “identità di mezzo” cheponeva gli ebrei in una situazione di nonpiena accettazione da parte sia dellepopolazioni che dei governanti europei.Tornando ai fatti del 1839 in Persia,l’analisi di quanto avvenuto ci permette

    però di rilevare alcune particolarità cherendono il caso piuttosto unico.La sua vera rilevanza storica è datadal fatto che si tratta dell’ultimo grandetentativo di conversione di massa di unacomunità ebraica avvenuto in epocamoderna.Per capire appieno questo fatto

    saliente bisogna però necessariamentefare un passo indietro.1.5.2 I condizionamenti generali

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     precedentiPrima di valutare le reazioni degli ebreidi Mashad nel 1839, tema del capitolosuccessivo, è infatti importante capire

    come l’ Allahdad non vada esaminatocome un fatto storico contingente, masolo come l’ultimo episodio di unasituazione e di una mentalità che si èsviluppata durante diversi secoli.La storia degli ebrei persiani èsimbolicamente e anticamente collegataa un accadimento di circa 2.500 anni fa,nel quale questo gruppo passa dallaconcreta minaccia di annichilimento esterminio alla sua salvezza e allacontemporanea morte di chi volevasterminarlo.La narrazione di questi fatti ècontenuta in uno dei libri della Bibbia,la Meghillàt Estèr, che descrive la storiadi Hamàn, un consigliere del re Assuero

    che voleva sterminare tutti gli ebrei delRegno. Per intercessione della reginaEster, una giovane ebrea che eradiventata moglie del re nascondendo lapropria origine ebraica, e di suo zioMordechai che era il capo dellacomunità ebraica, gli ebrei vennerosalvati e i responsabili del tentatosterminio furono puniti. La ricorrenza di

    Purim, festeggiata ogni anno dagli ebreidi tutto il mondo, ricorda appunto loscampato pericolo e significaletteralmente sorti , perché il giornostabilito per il massacro era statoestratto a sorte dal consigliere realeHaman.L’etimologia del nome Ester si rifà

    alla parola ebraica hastèr , che inebraico significa appunto “nascondere” e spiega anche perché, quando Ester fu

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    prescelta dal Re Assuero per diventareregina, ascoltando il consiglio di suo zioMordechai, dissimulò la propria origineebraica. Una volta ottenuta una

    posizione influente a corte, essa sitroverà nella possibilità di intercedereper la salvezza del suo popolo.Già dall’antichità, il personaggiosimbolo degli ebrei persiani è dunqueEster, una donna che si caratterizza perla sua identità dissimulata.La storia ebraica in Persia sarà poicaratterizzata dalla persecuzione iniziatasotto Nabucodonosor e interrotta conCiro il Grande. Questi nel 539 e.v.permise ai tanti ebrei esiliati inMesopotamia di ritornare aGerusalemme per ricostruire il loroTempio e pregare liberamente.Riassumendo, prima dei fatti diMashad avvenuti in età contemporanea,

    ci sono ventitré secoli di presenzaebraica in Persia caratterizzati da unasituazione cangiante. Proprio per questocontinuo alternarsi di situazioni dipersecuzione e di brevi aperture difinestre di libertà, gli ebrei persianisviluppano in tutto questo lungo periodoun atteggiamento psicologico e di vitaquotidiana che potremmo definire di

    estrema accortezza e prudenza.1.5.3 L’ avvento dell ’ IslamL’avvento dell’Islam accentua questostato di cose, determinando un diversotrattamento delle minoranze religiose. Leautorità dispongono un insieme dicondizioni e obbligazioni (shorut ), sullabase di leggi promulgate da Omar II

    (717-720) che regolano da quelmomento in poi la vita per i cristiani egli ebrei. Determinandone uno status

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    sociale e politico di inferiorità rispettoai fedeli del Corano.Sul tema dei dhimmi nei paesimusulmani la saggistica non manca. In

    sintesi, con dhimma si intende un pattodi protezione contratto tra un’autorità digoverno musulmana e dei nonmusulmani, in primis con le Genti delLibro, ebrei e cristiani, ma poi anche aseconda dei paesi, con zoroastriani,indù, sikh e buddhisti.Un patto per avere garantito il dirittodi mantenere la propria fede e cheprevedeva in Persia il pagamento del

     jaziyeh, un tributo economico disottomissione.1.5.4 La particolarità sciita e persianaI limiti imposti alle minoranze religiosenon musulmane nelle aree a maggioranzasciite (Yemen e Persia, in primis) sonopiù drastici da un punto di vista di

    severità dottrinale, rispetto a quellesunnite.La studiosa Hooshang Ebramisottolinea come questa maggioreseverità dottrinale registrata in Persiaabbia una radice antica, anche preislamica,sulla base di un concetto dipurezza che ora, in epoca musulmana,veniva diversamente reinterpretato

    contro i dhimmi . Prima dell’Islam sipraticava la religione zoroastriana, cheal pari di quella induista era basata suun sistema di caste, con quelle inferiorie “intoccabili” ovviamente consideratemeno pure di quelle superiori.Lo zoroastrismo fu fondato proprio inPersia prima del VI secolo dell’era

    volgare sulla base degli insegnamentidel profeta Zarathuštra, e si propagò finoa diventare la religione più diffusa

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    dell’ Asia. Questo fino al momento dellacomparsa della religione islamica nelVII secolo. Piccole comunitàzoroastriane permangono ancora oggi in

    Iran, Tagikistan, Azerbaigian e India.Zarathuštra stabilì una netta differenzatra il bene e il male, tra ciò che eragiusto e ciò che era sbagliato, tral’ordine e il disordine. “Bene”, “giusto” e “ordine” furono stabiliti secondo luidalla saggezza (mazd ā) edall’ordinatore primordialedell’universo spirituale e fisico, AhuraMazdā; mentre il “male”, l’”errore” e il“disordine” erano frutto di un’altraentità primordiale, Angra Mainyu.Nodo centrale del suo pensiero è lacostante lotta tra bene e male. Seteoricamente e teologicamente vi è unaconcezione dicotomica netta, la praticazoroastriana è invece tutta all’insegna

    della tolleranza, e può essere riassuntada uno dei principali motti dellareligione: “buoni pensieri, buone parole,buone opere”.

     Altri punti cardinali della religionezoroastriana sono l’eguaglianza di tuttigli esseri senza distinzione di razza ocredo religioso, e il rispetto totale versoogni cosa e persona.

    Nello zoroastrismo l’energia delcreatore è rappresentata dal fuoco. Idevoti del culto solitamente pregano allapresenza di una qualche forma di fuoco,elemento che va inteso comepurificatore. Concetto ripreso anche perquanto riguarda la sepoltura. I ritualireligiosi connessi con la morte sono

    concentrati sull’

    anima della persona enon sul corpo, considerato impuro. Allamorte, l’anima lascia il corpo dopo tre

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    giorni. Nei tempi antichi, il cadavereveniva esposto in luoghi aperti esopraelevati, le cosiddette Torri delSilenzio, dove gli avvoltoi l’avrebbero

    mangiato. Anche gli imperatori persianiDario, Ciro, Serse, Artaserse in quantozoroastriani, furono spolpati dagliavvoltoi prima di essere sepolti neirispettivi sepolcri a Persepoli e a Naqsi-Rustam. E ancora oggi i zoroastrianidell’Iran ricorrono alla cremazioneelettrica, e se ricorrono all’inumazione,lo fanno mettendo la bara su di una basedi cemento per proteggere la purezzadella terra. Questa parentesi sullozoroastrismo serve a spiegare come giàdall’antichità vi fosse in Persia unaimportante tradizione religiosa cheponeva l’accento sul concetto dipurezza, e su ciò che è da ritenersigiusto o meno giusto. Ma mentre nel

    caso dello zoroastrismo l’insegnamentoper gli uomini era quello di convivere erispettarsi paritariamente, anche trauomini e donne, nel caso delle primeelaborazioni dottrinali e giuridicheislamiche sciite scritte per definire irapporti con i dhimmi , questo significòdeterminare tout court che questi ultiminon erano abbastanza puri e che i

    contatti con loro andavano limitati oevitati.1.5.5 Le leggi antiebraiche e icomportamenti degli ebreiLe leggi di Omar II, fondamentalmentedei divieti, vengono poi catalogate nelJami-i Abbasi , un repertorio di leggisciite curate da Muhammad al-Amilis

    (1547-1621).In quel periodo la dinastia deiSafavidi ha preso il potere. Siamo in

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    piena coincidenza temporale con lacacciata degli ebrei dalla Spagna e conla politica della limpieza de sangrenella penisola iberica.

    Da quel secolo e fino a oggi si puòparlare di una progressiva e crescenteemarginazione delle minoranze religiosein Persia. Il concetto di nejasat ,impurità religiosa, di cui abbiamodescritto i precedenti zoroastriani, vieneora introdotto per tutti i non sciiti, inparticolare per gli ebrei.

     A questi viene da allora vietatol’ingresso nei luoghi sacri musulmani.Da questo presupposto religioso sidispiegheranno una serie diprovvedimenti volti a proibire e limitarein maniera più radicale il contatto degliebrei con i musulmani. La creazione diuna barriera non solo teologica maanche pratica era collegata all’idea che

    questa impurità potesse essere trasmessad a i najasas (diffusori di impuritàrituale) in particolare attraverso iliquidi. Conseguentemente per gli ebreila proibizione di usufruire dei bagnipubblici, di bere nei pozzi pubblici e dicamminare nelle strade durante i giornidi pioggia. L’acqua, da agentepurificatore della tradizione islamica ma

    anche dello zoroastrismo, diventa inveceper i dhimmis un elementodiscriminatorio.In una testimonianza raccolta, un ebreodi Mashad ci ha raccontato come ancoraall’incirca nel 1950 gli venne rifiutatoda un barista un gelato, e che dopo averebevuto una limonata in un esercizio

    pubblico il suo bicchiere fosse statosciacquato a parte.La lista delle proibizioni era molto

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    ampia e vietava tra l’altro di – scegliere nomi musulmani. – studiare il Corano. – ricoprire incarichi pubblici.

     – aprire negozi al bazar. – comprare frutta fresca.Tra i tantissimi divieti e limitazioni necitiamo alcuni altri; – chi uccideva un ebreo poteva essereliberato con una cauzione economica. – l’obbligo di vestirsi con un distintivorosso. – se un musulmano malediceva unebreo, questi doveva rimanere insilenzio e abbassare il capo. – l’acquisto di carne casher dovevaavvenire fuori dallo sguardo deimusulmani. – gli ebrei non potevano dipingere dibianco le stanze delle loro case. – gli ebrei non potevano andare in

    località di vacanze estive. – se un ebreo beveva del vino, dovevafarlo all’interno di una casa. – gli ebrei non potevano cavalcare asinibianchi. – gli ebrei non potevano camminare inmezzo alle strade ma sui lati (dovec’era la spazzatura). – le case degli ebrei dovevano essere

    più basse di quelle dei musulmani. – nei giorni di pioggia gli ebrei nonpotevano circolare. – nelle discussioni gli ebrei dovevanosempre tenere la voce bassa. – un ebreo doveva richiedere la sommadovutagli da un musulmano con vocetremebonda e sottomessa. –

     un ebreo non poteva togliersi ilcappotto di dosso e tenerlo nelleproprie mani.

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     – un matrimonio ebraico doveva esserecelebrato privatamente e senzarumore. – gli ebrei non potevano partecipare a

    raduni di musulmani o toccareproprietà musulmane, né potevanoentrare in botteghe musulmane, inspecial modo nelle panetterie. – gli ebrei non potevano mangiare fruttaintera ma solo tagliata a pezzi.Limitazioni grandi e piccole, e per moltedi esse un’ infrazione equivaleva allapena capitale.Da questa parziale lista si evincecome l’idea fosse quella di umiliare gliebrei e di rendere loro la vita difficile.Li si voleva separare, renderericonoscibili dal resto dellapopolazione. In un quadro cosìrestrittivo, la conversione diveniva unapossibile e a volte unica via per uscire

    da uno status di sottomissione. Ancheperché un ebreo che si convertivaall’Islam si vedeva attribuire tutti i benimateriali della sua famiglia.La lista dei limiti e delle proibizioniapparentemente non sembra proporre iltema dell’impurità a cui facevamoriferimento precedentemente. Se peròesaminiamo nel dettaglio, la cosa risulta

    invece più chiara. Il divieto relativo allastanze bianche o agli asini bianchi èinfatti da collegarsi al fatto che questocolore è visto come un sinonimo dipurezza nell’Islam.La proibizione dell’uso di nomimusulmani è legata all’interpretazioneche se gli ebrei li avessero usati, questi

    nomi avrebbero perso la loro purezza.De facto, per evitare di trasgredirequesti divieti, la comunità ebraica

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    preferì ritrovarsi in proprie zone diresidenza.L’interpretazione di queste o altrelimitazioni sopra citate cambiarono a

    seconda dei tempi, dei luoghi, delledinastie al potere. Si può però affermaresia che non ve ne fu mai una totaleapplicazione, sia che gli elementidiscriminatori non cessarono mai deltutto. Anche sotto l’ultima dinastia,quella dei Pahlavi, nella quale i mullahsciiti persero molto del loro potere e gliebrei furono trattati molto piùfavorevolmente rispetto al passato, lamentalità generale era ancora segnatadal tema dei juhud-e najes, gli ebreiimpuri.Questo per dire che la situazionegiuridica qui sopra descritta nonnecessariamente ha corrisposto a unatotale, convinta, coerente e automatica

    applicazione. Va per esempioconsiderato che paradossalmente spessoproprio nell’alto clero sciita gli ebrei ealtre minoranze trovarono salvezza esponda. E che nei momenti di crisi erainvece il basso clero, i concorrenticommerciali o le plebaglie alla ricercadi capri espiatori, che cercavano negliebrei un facile bersaglio. L’aspetto

    dottrinale era relativo, mentrel’applicazione delle imposizioni aidhimmi dipendeva, il più delle volte,dalle persone e dalle situazionicontingenti.È infatti successo nei diversi secoli,che singoli ebrei o esponenti di altreminoranze riuscissero a raggiungere

    posizioni anche significative di potere,privilegio, influenza.Ma va anche registrato come, ancora

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    prima dell’ Allahdad di Mashad, sifossero prodotti altri casi di apostasiatra gli ebrei persiani.Nelle cronache di Ketab-e sargozasht

    (Il Libro degli eventi di Kashanconcernenti gli ebrei. La loro secondaconversione) si narra dell’episodio diapostasia avvenuto alla comunità diKashan nel 1729. Altre cronache tra il1721 e il 1731 narrano di un periodo digrosse turbolenze che toccarono lapopolazione in generale, e gli ebrei inparticolare. In pochi anni si registrano lacaduta della dinastia Savafide,l’invasione afgana (1722), la brevereggenza monarchica afgana, l’invasionedei russi nel nord della Persia, seguitada quella degli Ottomani (1726-1730) einfine la salita al potere di quello chepoi sarà Nader Shah. Nel Ketab, unaraccolta di testimonianze, appare come

    gli ebrei abbiano sofferto meno sottol’egida di regnanti sunniti che quandotoccò loro sottostare agli sciiti. Il casodi apostasia qui sopra citato avviene aKashan nel 1729 e credibilmente sirisolve nello spazio di sette mesi.Il pagamento di una somma in denaroripristinò la condizione precedente.Ci sono stati casi analoghi in altre

    città e periodi, ma tornando a quello diMashad, si tratta dell’ultimo che lastoria registra.In questo, come in altri casi avvenutiin passato, al cambio di regnanti, diclasse politica o religiosa, era peròsempre successo che agli ebrei che sierano convertiti, venisse poi permesso

    di fare eventualmente ritorno allareligione originaria.Nel caso dell’ Allahdad di Mashad, e

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    qui vi è una altra fondamentaledifferenza, la conversione forzata nonviene mai ufficialmente annullata.Tra gli ebrei persiani le situazioni di

    estrema e continua incertezza si sonoprotratte per secoli e hanno avuto delleconseguenze in termini psicologici ecomportamentali. Si riesce così a capirecome il “nascondimento” di Ester siasostanzialmente proseguito in tanti altrisecoli. E come l’atteggiamento, oggidiremmo low profile, fosse ormai unelemento quasi geneticamente acquisito.

     A fronte di questa necessità dimimetizzarsi nell’ambiente circostante edi non dare troppo nell’occhio, sievidenzia un’ altra attitudine propriadegli ebrei persiani; quella di volersicollegare a tutti gli aspetti della culturairaniana, in particolare a quella preislamica.Prima dell’episodio della

    conversione forzata, dall’esame didiversi testi si evince come gli ebrei diMashad, anche per via dellaprovenienza da altre città persiane,conoscevano la poesia persiana, Sufisi,Mathnawi, lo Scià Nameh (Il Libro deiRe) di Ferdowsi, la poesia di Hafez ediverse forme letterarie. Diversi testiscritti, iscrizioni, documenti legali,

    corrispondenze private attestano comegli ebrei di Mashad usassero, oltre alGilaki, diverse lingue e dialetti persiani,spesso scrivendoli in caratteri ebraici.Questo significava che rispetto allamaggior parte della popolazione locale,la comunità ebraica avevaindubbiamente un profilo culturale

    superiore. Questo miglior livelloculturale corrispondeva anche adisporre di maggiore strumenti nel

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    campo lavorativo. Si tratta di fattori cheli avevano resi graditi alle autorità, chenon disdegnavano di chiederne ilsostegno economico. Ma che

    suscitavano l’invidia di altri.1.5.6 L’ auto-segregazione. I quartieriebraici

     Abbiamo prima evidenziato come leproibizioni religiose fossero volte adistinguere, differenziare, separare gliebrei dal resto della popolazione. Puòpertanto apparire strano come in realtànon si produsse niente di analogo aquanto avvenne in Europa, dove lalegislazione antiebraica aveva istituitodei veri e propri ghetti (il primo aVenezia nel 1516). In Persia nessunadecisione giuridica ha mai sancito unobbligo di residenza degli ebrei in undeterminato quartiere, né mura dicontenimento, orari di entrata o uscita, o

    impossibilità di espandereorizzontalmente il perimetro delleproprie zone abitative.In importanti città persiane con fortepopolazione ebraica come per esempioHamadan, Sanandaj, Kermanshah eRasht addirittura non vi erano quartieriebraici veri e propri.Più tradizionalmente, a Mashad come

    in altre città vi erano invece i cosiddettimahallah. Con questo termine, in Persiacosì come in tanti altri paesi arabi, siindica una comunità o più spesso unacongregazione religiosa,geograficamente localizzata in una area.Da un’ altra parte, la proibizioneimposta ai musulmani di vendere le loro

    proprietà agli ebrei, in teoria impedivache i quartieri ebraici raggiungesserograndi estensioni. Ma queste proibizioni

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    religiose non coincidevano con quelledel codice civile. A Mashad, primadell’ Allahdad si ha traccia anche di casedi ricchi ebrei che, contravvenendo ai

    limiti imposti, apparivano come dei verie propri palazzetti. La proibizione fattaagli ebrei di avere case più alte o conporte più grandi dei loro vicinimusulmani, o dipinte di bianco, spiegavala scelta degli ebrei di concentrarsi inalcune zone omogenee per abitanti, stilidi vita, uniformità abitative.

     Ancor prima dell’avvento dell’islamabbiamo evidenza di mahallah ebraici.La motivazione di una concentrazioneabitativa ebraica è data dalle limitazionie dalle spinte esterne, ma anche da unavalutazione di comodo degli stessiebrei. C’era così la possibilità di megliodotarsi di servizi ebraici comuni quali ibagni rituali, le macellerie, i panifici, i

    bagni pubblici, i cimiteri, e la maggiorfacilità a reperire il numero di uomininecessari per espletare le funzionireligiose. Con l’avvento dei Safavidi,una dinastia particolarmente pocotollerante, si determinò un forte motivoin più; all’ opportunità della comunanzadei servizi si aggiungeva la necessitàdella sicurezza e dell’ auto protezione

    comunitaria.In sintesi, l’Edgah degli ebrei diMashad è da intendersi come unquartiere separato, non propriamentefrutto di una discriminazione legislativa,ma una logica conseguenza dellerelazioni e degli equilibri comunitaricittadini.

    È in questo articolato quadro storicoantecedente, in questa situazionegiuridica. in questo contesto

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    psicologico, sociale, culturale,commerciale, e fisico che si sviluppanoi fatti del 1839 a Mashad.

     Abbiamo ora gli strumenti utili per

    meglio capire quali furono le diversereazioni ai fatti dell’ Allahdad .Gruppo di amici a Mashad apparentementeindistinguibili dai musulmani. 1900 ca.

    Mashhad 1853: contratto matrimonialeislamico. Stipulato durante una cerimoniaufficiale e considerato dagli ebrei solo comeun pro forma.

    Stesso contratto secondo il rito ebraico,l’unico ritenuto realmente valido.Cerimonia di fidanzamento. Per anticipare edevitare matrimoni coi musulmani i genitoripromettevano in matrimonio i figli ingiovanissima età.

    1925 ca. Padre con figlio e futura nuora. Imatrimoni venivano celebrati quando le ragazzeraggiungevano i 14-15 anni di età.

    1922. Prima scuola gestita da ebrei: ilprogramma comprendeva lo studio del Coranomentre l’ebraismo era insegnato di nascosto. Alcuni maestri e alunni erano musulmani.Filatterio per la testa. Le dimensioni eranoridotte per poterli mettere sotto i cappelli. Sinarra che i pellegrini alla Mecca linascondessero sotto i turbanti.Entrata della sinagoga Haji Adoniyahu aGerusalemme. Fondata agli inizi del 1900, lasua unicità è data dal fatto che è intitolata a un

    haji , e cioè a qualcuno che aveva questadenominazione perché era andato alla Mecca.Molti dei pellegrini jadidim di Mashad, infatti,andando alla Mecca, proseguivano poi il loroviaggio verso Gerusalemme.

    2Le reazioni e le conseguenzedell’ Allahdad

    Sii leone a casa, e volpe fuori .Proverbio persiano2.1 Una scelta immediata e collettiva

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    Con il quartiere ebraico che venivaattaccato, la situazione di aut aut  – conversione o eccidio  – impose ai suoiabitanti una drammatica scelta. E

    immediatezza in termini temporali.Ma non permise ai singoli di fare unascelta personale. L’attacco non erainfatti contro singoli ebrei ma contro unaintera collettività. E come comunità,questa doveva dare una risposta.Ognuno si dovette così adattare allascelta della famiglia e le singolefamiglie a quanto altre famiglie scelserodi fare. Fu così che, in una logica“clanica” propria della città, la maggiorparte degli ebrei divennero jadidim. Èimportante chiarire subito che non siprodusse nessuna situazione assimilabileal martirio, come era invece avvenutoprecedentemente nel mondo cristiano, ecome era usuale anche nello Sciismo.

     Alcune prime famiglie presero unadecisione. Le comunicaronopubblicamente, e le altre famiglie sidovettero adattare.Inizia allora il cosiddetto grandenascondimento degli ebrei di Mashad;musulmani all’esterno e per l’esterno,ebrei nelle loro case.Da quel momento essi vennero

    c hi a ma t i jadid al-islam o piùbrevemente jadid , una parola che inarabo ( ) significa nuovo, e che nonebbe in quel momento e non ha unsignificato spregevole. Ne è prova chequesta stessa definizione verrà peresempio utilizzata alla fine del XIXsecolo anche per indicare una corrente

    musulmana riformista sviluppatasinell’Impero russo.Gli ebrei di Mashad non si autoattribuirono

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    però questa definizione,dandone invece una interpretazioneopposta, pensando cioè che fosse sia ilsinonimo che la spiegazione di una

    punizione divina nei loro confronti.Di fronte agli accadimenti narrati nelprimo capitolo vi furono diversereazioni e atteggiamenti che quiesaminiamo nella loro articolataespressione.2.2 Chi scelse la fugaIn seguito all’ Allahdad nessuna leggeobbligava gli ebrei a rimanere in città.Volendo, essi potevano ancheandarsene. La scelta risultò difficile aipiù, perché la paura dell’ignoto, iltrasferirsi in zone poco conosciute, condelle famiglie, e a semplice dorsod’asino, sembrava un azzardo rispettoalla “sicurezza” che dava l’ ambienteseppur ostile, di Mashad. E soprattutto

    si era in un periodo di guerra e dicostanti cambi di fronte.Un certo numero preferì tuttavialasciare la città, sia fuggendodirettamente di propria iniziativa siaattraverso il pagamento di tangenti alleautorità. Ci fu chi raggiunse la capitaleTeheran, o Yadz, zona già caratterizzatadalla forte presenza di minoranze

    religiose. Altri si diressero verso lavicina Deregez oppure ancora verso ilTurkmenistan o a Herat in Afganistan, aTurbat in Pakistan, tutte zonemussulmane sunnite, considerate piùtolleranti.

     Alcuni trovarono fortuna nelle Indiebritanniche formando delle colonie a

    Peshawar, Bombay e Calcutta. Questifurono preziosi alleati degli inglesi nellalotta che contrapponeva l’Impero

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    britannico allo Zar. Interessante labiografia del Mullah Ibrahim Nathan(1816-1869), a cura di Walter Fischel,che racconta la storia di questo ebreo di

    Mashad che ebbe il ruolo di agentesegreto inglese nella prima guerra angloafghana,e a cui si deve la liberazione divari prigionieri inglesi.Nei luoghi dove si stabilirono, gliebrei crearono subito dei Talmud Torah(case di studio della Torà) e dei miqve(bagni rituali).Lì continuarono a parlare il dialettopersiano Gilaki, e a usare il linguaggioscritto in lettere ebraiche.Più precisamente si trattava dellas c r i ttur a Rashì, che con piccoledifferenze, era usata dagli ebrei sefarditiper le loro corrispondenze. Questopermise loro di mantenere vivo unrapporto linguistico, famigliare ed

    epistolare con quelli rimasti a Mashad.Che a loro volta, per qualche tempo,ebbero così modo di mantenere vivo ilricordo della lingua sacra. Anche quelliche erano andati in Afganistan, aBuchara, in India, in Iraq esuccessivamente in Turchia o inInghilterra continuarono per anni adaiutare i loro confratelli rimasti in città.

    Il collegamento con le altre comunitàebraiche del mondo significava riceveresporadicamente anche dei testi ebraici.Va ricordata la storia di un nutritogruppo di ebrei che un anno dopol’ Allahdad si era trasferito nella vicinacittà afgana di Herat. Lì vissero in pacefino al 1857, anno nel quale dopo un

    assedio subito dalle armate di Nasr alDin Shah furono perseguitati e costretti atornare a Mashad. Il rabbino Mattityahu

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    Garji di Herat testimonia per iscrittocome la sua comunità fu rinchiusa incondizioni disagevoli per circa due anniin un caravanserraglio trasformato in

    fortezza e chiamato Bab Qudrat. Allafine di questa prigionia venne concessoal gruppo di tornare a Herat anche grazieall’intercessione dei confratelli diMashad che pagarono un riscattoall’uopo. Il rilascio di questi prigionieririnforzò sia i numeri che la motivazionedegli ebrei di Mashad, che nei sedicianni precedenti avevano vissuto in unregime di totale terrore.Da quel momento in poi gli jadidimriacquisirono maggiore consapevolezzadella loro identità e della possibilità disvolgere le pratiche ebraiche, seppursempre in maniera nascosta.2.3 Chi scelse la conversione pienaGià prima dell’ Allahdad era presente

    all’interno della comunità ebraica unafazione che potremmo definire“assimilazionista”. Per questa parte, lafascinazione per la corrente sufista eraun tratto comune al resto dellapopolazione. Gli avvenimenti del 1839diedero buona scusa ad alcune famiglie,una minoranza per la verità, perconvertirsi definitivamente e a tutti gli

    effetti all’Islam. Alcuni scegliendoquesta corrente più tollerante, altrioptando per il più comodo Sciismo,religione di mainstream.Dietro questa loro scelta vi era iltentativo di darsi una spiegazione e dicrearsi un alibi. I convertiti dicevanoche in fondo Islam ed Ebraismo erano

    due religioni che avevano una stessabase, ma che non potendo praticarne unadelle due per forza maggiore, tanto

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    valeva scegliere l’altra. Si trattò dipersone che cambiarono anche i proprinomi, che andarono a fare ipellegrinaggi, e che cominciarono a

    invitare dei musulmani in casa e asposarsi con loro. L’Imam Jumah avevaanche ordinato che i nuovi convertiti aloro volta dovessero ricercare nuoviadepti. Ma questo non avvenne. Ciò nonimpedì che alcuni dei neo-convertitiraggiunsero anche importanti ruoli nellavita religiosa musulmana e usufruisserodi questa posizione di prestigio peraiutare e proteggere la loro comunità diorigine. Non fu però tenero il giudiziod e g l i jadidim su questi loro exconfratelli.Gli stessi musulmani non favorironoperò negli aspetti pratici questaconversione perché gli ebrei convertitisi vedevano comunque trattare con

    insolenza. Si verificava per esempio chenel corso di cerimonie religiosepubbliche, i piatti da loro usativenissero raccolti e poi lavatiseparatamente da quelli degli altrifedeli. E che malgrado i neoconvertitiinvitassero dei dignitari musulmani nelleloro case, questi fossero riluttanti avenirci. Erano sì diventati musulmani,

    ma di seconda categoria.Parliamo ovviamente di una scelta cheniente ha a che vedere con l’aspetto dinascondimento degli jadidim checaratterizzerà tutto il resto dellacomunità.2.4 Chi scelse i BahaiLa fede Bahai (Baha Ullah, lo Splendore

    di D-o), è un tentativo di sincretismoreligioso che