Dele Zse Bene Cinema

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    LEdipo e la psicanalisi

    Con riferimento alla tematica del giudizio e allaffermazione che, a partire dal teatro di Sofocle, si instaura un tribunale, Deleuze e Guattari vanno ad indagareil rapporto tra la tragedia sofoclea per eccellenza, lEdipo Re, e la psicanalisi.

    Gi in Logica del senso, Deleuze affronta la questione dellEdipo, in particolare rispetto alla formazione del linguaggio; la tragedia dellApparenza, in cui Edipo agice come leroe delle superficie lautore se ne serve per delineare il percorso che prta dalle formazioni pre-linguistiche, alla parola e allorganizzazione della superficie fisica, che precede la costituzione della superficie metafisica. proprio come la superficie fisica una preparazione della superficie metafisica, lorganizzazione sessuale una prefigurazione dellorganizzazione del linguaggio..[1] In Logicadel Senso, quindi, Deleuze, approfondisce le proprie riflessioni a partire dallEdipo e pur criticando la psicanalisi non si pone in netta opposizione, come accadr invece in seguito.

    Gi dallanti-Edipo, invece, il colloquio con Deleuze e Guattari riportato in Deleuze,[2] lindagine psicanalitica, per i metodi di cui si servita finora, viene definita una messa in scena da teatro che sostituisce semplici valori rappresentativialle vere forze produttive dellinconscio, ossia un processo di personificazione delle macchine di desiderio, che imbriglia il loro potenziale riducendole a macchine illusionistiche. Il desiderio, forza positiva e produttiva dellinconscio, che si

    esprime tramite un linguaggio delirante, intensivo, appartenente ad una follia della profonditdalla quale, come si detto, proviene lesperienza teatrale di Artaudviene qui bloccato e ridotto ad una scena da teatro.La tragedia non rappresenta pi un esempio esplicativo della differenza che passatra romanzo famigliare ed opera darte:[3] ne Lanti-Edipo Deleuze e Guattari rimproveranoa Freud di aver mascherato la produzione desiderante inconscia alienandolanella rappresentazione famigliare di Edipo, e sebbene il loro attacco sia diretto sostanzialmente alluso che la psicanalisi fa di Amleto e Edipo Re, la portata creativa di questa tragedia sembra messa in secondo piano.

    Tuttavia: Non vogliamo dire che Edipo, o il suo equivalente, varia con le forme sociali considerate. Crederemmo piuttosto, con gli strutturalisti, che sia uninvariante. Ma linvariante di un distoglimento delle forze dellinconscio. per questo c

    e noi attacchiamo Edipo, non in nome di societ che non lo comporterebbero, ma inquella che lo comporta eminentemente, la nostra, la capitalistica.[4] La nozionedi invariante riferita allEdipo, nel successivo Limmagine-tempo. Cinema 2, ad esempio, rappresenta una delle condizioni essenziali alla conservazione degli idealitrascendenti su cui si fondano i sistemi maggioritari, per cui lattacco direttocontro la psicanalisi in quanto sistema o Stratorepressivo.La messa in scena nella quale il desiderio viene rappresentato nega perci il reale e si presenta sotto unaltra luce rispetto a quel teatro della ripetizione comemanifestazione della differenza, di cui Deleuze parla in Differenza e ripetizione e al quale attribuisce una valenza eversiva ed un diverso potenziale.

    Con la riduzione dei processi inconsci alla scena di Edipo, la riduzione delle fabbriche dellinconscio a una scena di teatro, Edipo, Amleto [...] Edipo non affatt

    o una formazione dellinconscio,[5] quella che stata definita una svolta idealisticdella psicanalisi lha condotta a fissarsi sulla nevrosi, impedendole di confrontarsi con la psicosi, e con le manifestazioni inconsce che la originano, se non riconducendole alla scena famigliare e teatrale.Come conseguenza di questa rimozione, il processo psicotico schizofrenico che per D&G una manifestazione delle forze dellinconscio desiderante, per riuscire ad esprimersi non pu che costruirsi un linguaggio altro, quello della poesia o di una certa letteratura: non a caso, emergono nuovamente i nomi di Artaud e di Beckett.Deleuze e Guattari riconoscono a questi autori la capacit di messa in atto, attraverso la scrittura, di un procedimento schizofrenico, di decodificazione e deter

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    ritorializzazioneed mettono in evidenza la potenzialit delle loro opere attraversate da flussio intensitdi essere degli schizo-libri,[6] di presentarsi al come opere artistiche e rivoluzionarie, nel senso che i due autori attribuiscono al termine.

    Giunti a questo punto, mi sembra opportuno fare riferimento al saggio di Pier Aldo Rovatti Il paiolo bucato, dove, a proposito di Logica del senso di Deleuze, segnala la differenza di approccio alla questione dellEdipo rispetto ai successivitesti scritti in collaborazione con Guattari. Sembra, infatti, che se in Logicadel senso il filosofo francese abbia segnalato le oscillazioni tra unarte pi legata alla profondit, e la forza di opere di superficie, che si mantengono in bilico tra profondit/altezza tra cui lEdipo Re, appunto nonch la difficolt di trovarsi esto equilibrio, ne Lanti-Edipo la questione del rapporto tra queste due follievenga invece messa in ombra dallinconscio desiderante e da una produzione artisticacapace di esprimerlo direttamente, come se loscillazione tra senso e non-senso agisse ora in profondit.La questione cambia ancora in Critica e clinica, dove, riguardo al processo artistico di creazione dellopera darte, Deleuze sostiene che: La nevrosi, la psicosi non sono passaggi di vita, ma stati in cui si cade quando il processo interrotto,impedito, chiuso.[8] A questo punto, sembra allora che anche la psicosi, da forzaproduttiva dellinconscio, assuma poi le stesse caratteristiche negative della nevrosi di stampo psicanalitico: entrambe sono degli impedimenti alla realizzazione di ogni produzione artistica.Ed i rimandi proseguono: in Conversazioni, Deleuze fa riferimento alla vicenda d

    i Edipo, tragedia-cesura tra il teatro di Eschilo e quello di Sofocle, che rappresenta il punto di biforcazione tra una forma drammatica slegata dal giudizio equelle successive nelle quali invece compare e si instaura un tribunale. Qui Deleuze segnala per unulteriore separazione, tra lEdipo Re e lEdipo a Colono: Per quehe ci riguarda, abbiamo creduto di vedere nellEdipo lo sporco piccolo segreto, non certo per lEdipo a Colono, nella sua linea di fuga, divenuto impercettibile, identico al grande segreto vivente. Il grande segreto si d, quando uno non ha pi nulla da nascondere .[9]

    Il piccolo segreto, il significante, il fantasma, lidentit, il volto, bloccano qualsiasi scrittura nellinterpretazione, nella storia personale, impediscono qualsiasi divenire: lEdipo si divide in due, da una parte la tragedia gi analizzata da Deleuze e Guattari ne Lanti-Edipo, dallaltra la continuazione della storia che per si

    apre in una linea di fuga: e forse ora Deleuze colloca la cesura, la biforcazione, in mezzo a queste due opere.

    Anche nei due volumi che compongono e completano lopera pubblicata da Deleuze e Guattari, Mille Piani. Capitalismo e schizofrenia, ripresa ed approfondita (come seguito de Lanti-Edipo)la questione della psicanalisi e dellapparato edipico che haeretto come sua struttura invariabile e in base al quale ha annullato la possibilit di qualsiasi produzione inconscia non riconducibile alla dualit nevrosi-psicosi. In Mille Piani gli autori denunciano il blocco del processo di produzione diinconscio, ossia del divenire, di molteplicit che si compenetrano secondo la logica del concatenamento e non dellopposizione dialettica, di enunciati come agenticollettivi di enunciazione,[10] e non come prodotti individuali.Allo schema edipico, linvariante dellinterpretazione psicanalitica, elemento domin

    ante di tutta la realt occidentale, i due autori oppongono la propria schizoanalisi, che non riduce linconscio alle sue interpretazioni, ma si configura come produzione, secondo una logica rizomatica.

    Lanalisi dellEdipo Re rimette in gioco anche la nozione di viseit, macchina astrache producendo volti, produce anche identit, significanti, (poich uno degli elementi che definiscono la soggettivit) e di tradimento, quando i volti, distogliendosi luno dallaltro, favoriscono la formazione di una linea di fuga.

    In questo volume, Deleuze e Guattari confermano lambiguit della vicenda dellEdipo R

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    e, caso pressoch unico nel mondo greco di evoluzione di una tragedia la cui primaparte appartiene ad una struttura sociale imperiale, dispotica, paranoica, interpretativa, pretescadella significanza e dellinterpretazione, [11] mentre nella seconda parte, lEdipo a Colono, come sostenuto in Conversazioni, si dipana quella linea di fuga conseguenza del tradimento, dellerranza, del sottrarsi allordine divino(contemporaneo al suo distogliere il volto), che conduce verso la sopravvivenzae lautonomia della scelta del soggetto.Ma lanalisi di Mille Piani prosegue, e sposta la linea di fuga ancora pi in l, poich la direzione che la seconda fase dellEdipo ha preso porta anchessa verso una riterritorializzazione, in questo caso nel regime della soggettivazione, con la costituzione di unaltra linea. Lalternativa alla riterritorializzazione la possibilit i una deterritorializzazione assoluta positiva sul piano di consistenza, sul corposenza organi,[12] il quale assume su di s il peso della desoggettivizzazione assoluta, dellassenza di ogni interpretazione, al contrario di ci che persegue la psicanalisi.

    Il riferimento teatrale pi immediato resta anche in questo caso Artaud, uno dei pochi interpreti in grado di spingersi oltre la dialettica dellUno e del Moltepliceverso quel piano dimmanenza-consistenza del desiderio che il corpo senza organi,o CsO. La questione non qui forse se e come Artaud sia riuscito, anche solo teoreticamente, nel suo tentativo di formulare unipotesi di teatro totale, crudelee sacrquanto di cogliere nei rimandi che Deleuze e Guattari ne fanno, lungo tutta laloro comune produzione filosofica, un segnale che invita a considerarlo come unafigura provocatoria rispetto al comune modo di pensare e produrre arte, una mac

    china da guerra per larte teatrale contemporanea.[13]Per un breve sguardo pi generale sulla questione edipica in Deleuze e Guattari, Maurizio Ferrarsi sostiene che: si visto come ne Lanti-Edipo il problema non fossela rivendicazione del desiderio contro la sua repressione, ma laffermazione del molteplice contro le istanze negative comportate dal monismo.[14] Sostanzialmente,laddove la psicanalisi interpreta il desiderio come negativit, servendosi di griglie simbolichequali la ragione e lEdipo, schizofrenia e nevrosi si rivelano invece come due momenti del desiderio, luno attivo, laltro reattivo, e la scelta cade sulla schizofrenia in quanto modalit affermativa della molteplicit del reale, e sulla schizoanalisi come un progetto di critica affermativa, soprattutto dopo Lanti-Edipo: eccezion fatta per le proposte circa la schizoanalisi, Lanti-Edipo pu essereletto come una critica a partire dallaffermativo, e non come una critica affermat

    iva. Il suo seguito in Mille Plateaux, annunciato esplicitamente, vi era perci implicato logicamente.[15]

    Resistenza

    Lopposizione ad ogni impedimento al processo creativo dipende in sostanza soprattutto dalla capacit degli artisti minori di riaprire il processo di divenire, necessario alla creazione delle proprie opere e che appartiene altres ad ogni opera darte in quanto tale, compiuta in s eppure aperta ad ogni utilizzo e manipolazione(in senso positivo come negativo), mediante quella che Deleuze definisce resistenza o cura di s.In uno scritto precedente a LAbecedaire [16]Deleuze descrive la complessit di questoperazione di critica ovvero minorazione dei classici, diversa da una semplice i

    nterpretazione, che implica una radicale trasformazione da parte dellartista quale macchina da guerra che se ne fa portavoce: in questo caso egli vede in Bene uno degli artisti in grado di realizzare questo progetto nel cinema come in teatro.

    Il lavoro del filosofo analogo a quello dellartista, in quanto entrambi affrontano processi di creazione di concetti come di percetti e appunto, di resistenza, poich per lartista come per il filosofo necessario resistere alla volgarit, allaialitdel pensiero, dellopinione attraverso la creazione delle proprie opere.[17]

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    La nozione di resistenza assume quindi le stesse caratteristiche attribuite ad ogni minoranza, di realt critica di fronte ad ogni pensiero maggiore, stabile, assiomatico, che sostanzialmente si rapporta alla molteplicit del reale con la problematizzazione del soggetto, dello spaesamento e con lassunzione di una dimensionenomadica. Questa visione nomadica del mondo e dellesistere comporta, da un puntodi vista etico-politico, la necessit di dover ridefinire il soggetto posto ora nellottica di un reale inteso come molteplicit e divenire. Una soggettivit che Deleuze progetta, in sintonia con Foucault, come fuoco di resistenza[...] un fuoco che sconcretizza come diritto alla differenzae alla metamorfosi.[18]Interferenze ed incontri

    Da Differenza e ripetizione a Logica del senso fino a Che cos la filosofia? la necessaria autonomia dellopera darte rispetto ai vissuti dellartistacostituisce un assunto per Deleuze e Guattari. Lopera darte infatti pensata come un blocco, un composto di percettied affetti, esseri dotati di realt propria, indipendenti ed eccedeluomo, lartista che li traspone e filtra nella sua realizzazione e che ribadiscela facolt dellopera darte, in quanto simulacro, di allontanarsi dalla rappresentazione ossia di farsi espressione dellesperienza reale.OMNIA

    Il teatro attraverso la filosofia di Gilles Deleuze (II) DI TERESA SADAR 1 MARZO2006 FM 85 LASCIA UN COMMENTO PAROLE CHIAVE FILOSOFIA, OMNIA, TESI DI LAUREALEdipo e la psicanalisi

    Con riferimento alla tematica del giudizio e allaffermazione che, a partire dal teatro di Sofocle, si instaura un tribunale, Deleuze e Guattari vanno ad indagareil rapporto tra la tragedia sofoclea per eccellenza, lEdipo Re, e la psicanalisi.

    Gi in Logica del senso, Deleuze affronta la questione dellEdipo, in particolare rispetto alla formazione del linguaggio; la tragedia dellApparenza, in cui Edipo agice come leroe delle superficie lautore se ne serve per delineare il percorso che prta dalle formazioni pre-linguistiche, alla parola e allorganizzazione della superficie fisica, che precede la costituzione della superficie metafisica. proprio come la superficie fisica una preparazione della superficie metafisica, lorganizzazione sessuale una prefigurazione dellorganizzazione del linguaggio..[1] In Logicadel Senso, quindi, Deleuze, approfondisce le proprie riflessioni a partire dallEd

    ipo e pur criticando la psicanalisi non si pone in netta opposizione, come accadr invece in seguito.

    Gi dallanti-Edipo, invece, il colloquio con Deleuze e Guattari riportato in Deleuze,[2] lindagine psicanalitica, per i metodi di cui si servita finora, viene definita una messa in scena da teatro che sostituisce semplici valori rappresentativialle vere forze produttive dellinconscio, ossia un processo di personificazione delle macchine di desiderio, che imbriglia il loro potenziale riducendole a macchine illusionistiche. Il desiderio, forza positiva e produttiva dellinconscio, che siesprime tramite un linguaggio delirante, intensivo, appartenente ad una follia della profonditdalla quale, come si detto, proviene lesperienza teatrale di Artaudviene qui bloccato e ridotto ad una scena da teatro.

    La tragedia non rappresenta pi un esempio esplicativo della differenza che passatra romanzo famigliare ed opera darte:[3] ne Lanti-Edipo Deleuze e Guattari rimproveranoa Freud di aver mascherato la produzione desiderante inconscia alienandolanella rappresentazione famigliare di Edipo, e sebbene il loro attacco sia diretto sostanzialmente alluso che la psicanalisi fa di Amleto e Edipo Re, la portata creativa di questa tragedia sembra messa in secondo piano.

    Tuttavia: Non vogliamo dire che Edipo, o il suo equivalente, varia con le forme sociali considerate. Crederemmo piuttosto, con gli strutturalisti, che sia uninvariante. Ma linvariante di un distoglimento delle forze dellinconscio. per questo c

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    e noi attacchiamo Edipo, non in nome di societ che non lo comporterebbero, ma inquella che lo comporta eminentemente, la nostra, la capitalistica.[4] La nozionedi invariante riferita allEdipo, nel successivo Limmagine-tempo. Cinema 2, ad esempio, rappresenta una delle condizioni essenziali alla conservazione degli idealitrascendenti su cui si fondano i sistemi maggioritari, per cui lattacco direttocontro la psicanalisi in quanto sistema o Stratorepressivo.

    La messa in scena nella quale il desiderio viene rappresentato nega perci il reale e si presenta sotto unaltra luce rispetto a quel teatro della ripetizione comemanifestazione della differenza, di cui Deleuze parla in Differenza e ripetizione e al quale attribuisce una valenza eversiva ed un diverso potenziale.

    Con la riduzione dei processi inconsci alla scena di Edipo, la riduzione delle fabbriche dellinconscio a una scena di teatro, Edipo, Amleto [...] Edipo non affatto una formazione dellinconscio,[5] quella che stata definita una svolta idealisticdella psicanalisi lha condotta a fissarsi sulla nevrosi, impedendole di confrontarsi con la psicosi, e con le manifestazioni inconsce che la originano, se non riconducendole alla scena famigliare e teatrale.

    Come conseguenza di questa rimozione, il processo psicotico schizofrenico che per D&G una manifestazione delle forze dellinconscio desiderante, per riuscire ad esprimersi non pu che costruirsi un linguaggio altro, quello della poesia o di una certa letteratura: non a caso, emergono nuovamente i nomi di Artaud e di Beckett.Deleuze e Guattari riconoscono a questi autori la capacit di messa in atto, attr

    averso la scrittura, di un procedimento schizofrenico, di decodificazione e deterritorializzazioneed mettono in evidenza la potenzialit delle loro opere attraversate da flussio intensitdi essere degli schizo-libri,[6] di presentarsi al come opere artistiche e rivoluzionarie, nel senso che i due autori attribuiscono al termine.

    Giunti a questo punto, mi sembra opportuno fare riferimento al saggio di Pier Aldo Rovatti Il paiolo bucato, dove, a proposito di Logica del senso di Deleuze, segnala la differenza di approccio alla questione dellEdipo rispetto ai successivitesti scritti in collaborazione con Guattari. Sembra, infatti, che se in Logicadel senso il filosofo francese abbia segnalato le oscillazioni tra unarte pi legata alla profondit, e la forza di opere di superficie, che si mantengono in bilico tra profondit/altezza tra cui lEdipo Re, appunto nonch la difficolt di trovarsi

    esto equilibrio, ne Lanti-Edipo la questione del rapporto tra queste due follievenga invece messa in ombra dallinconscio desiderante e da una produzione artisticacapace di esprimerlo direttamente, come se loscillazione tra senso e non-senso agisse ora in profondit.[7]

    La questione cambia ancora in Critica e clinica, dove, riguardo al processo artistico di creazione dellopera darte, Deleuze sostiene che: La nevrosi, la psicosi non sono passaggi di vita, ma stati in cui si cade quando il processo interrotto,impedito, chiuso.[8] A questo punto, sembra allora che anche la psicosi, da forzaproduttiva dellinconscio, assuma poi le stesse caratteristiche negative della nevrosi di stampo psicanalitico: entrambe sono degli impedimenti alla realizzazione di ogni produzione artistica.

    Ed i rimandi proseguono: in Conversazioni, Deleuze fa riferimento alla vicenda di Edipo, tragedia-cesura tra il teatro di Eschilo e quello di Sofocle, che rappresenta il punto di biforcazione tra una forma drammatica slegata dal giudizio equelle successive nelle quali invece compare e si instaura un tribunale. Qui Deleuze segnala per unulteriore separazione, tra lEdipo Re e lEdipo a Colono: Per quehe ci riguarda, abbiamo creduto di vedere nellEdipo lo sporco piccolo segreto, non certo per lEdipo a Colono, nella sua linea di fuga, divenuto impercettibile, identico al grande segreto vivente. Il grande segreto si d, quando uno non ha pi nulla da nascondere .[9]

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    Il piccolo segreto, il significante, il fantasma, lidentit, il volto, bloccano qualsiasi scrittura nellinterpretazione, nella storia personale, impediscono qualsiasi divenire: lEdipo si divide in due, da una parte la tragedia gi analizzata da Deleuze e Guattari ne Lanti-Edipo, dallaltra la continuazione della storia che per siapre in una linea di fuga: e forse ora Deleuze colloca la cesura, la biforcazione, in mezzo a queste due opere.

    Anche nei due volumi che compongono e completano lopera pubblicata da Deleuze e Guattari, Mille Piani. Capitalismo e schizofrenia, ripresa ed approfondita (come seguito de Lanti-Edipo)la questione della psicanalisi e dellapparato edipico che haeretto come sua struttura invariabile e in base al quale ha annullato la possibilit di qualsiasi produzione inconscia non riconducibile alla dualit nevrosi-psicosi. In Mille Piani gli autori denunciano il blocco del processo di produzione diinconscio, ossia del divenire, di molteplicit che si compenetrano secondo la logica del concatenamento e non dellopposizione dialettica, di enunciati come agenticollettivi di enunciazione,[10] e non come prodotti individuali.

    Allo schema edipico, linvariante dellinterpretazione psicanalitica, elemento dominante di tutta la realt occidentale, i due autori oppongono la propria schizoanalisi, che non riduce linconscio alle sue interpretazioni, ma si configura come produzione, secondo una logica rizomatica.

    Lanalisi dellEdipo Re rimette in gioco anche la nozione di viseit, macchina astrache producendo volti, produce anche identit, significanti, (poich uno degli elemen

    ti che definiscono la soggettivit) e di tradimento, quando i volti, distogliendosi luno dallaltro, favoriscono la formazione di una linea di fuga.

    In questo volume, Deleuze e Guattari confermano lambiguit della vicenda dellEdipo Re, caso pressoch unico nel mondo greco di evoluzione di una tragedia la cui primaparte appartiene ad una struttura sociale imperiale, dispotica, paranoica, interpretativa, pretescadella significanza e dellinterpretazione, [11] mentre nella seconda parte, lEdipo a Colono, come sostenuto in Conversazioni, si dipana quella linea di fuga conseguenza del tradimento, dellerranza, del sottrarsi allordine divino(contemporaneo al suo distogliere il volto), che conduce verso la sopravvivenzae lautonomia della scelta del soggetto.

    Ma lanalisi di Mille Piani prosegue, e sposta la linea di fuga ancora pi in l, poich la direzione che la seconda fase dellEdipo ha preso porta anchessa verso una riterritorializzazione, in questo caso nel regime della soggettivazione, con la costituzione di unaltra linea. Lalternativa alla riterritorializzazione la possibilit i una deterritorializzazione assoluta positiva sul piano di consistenza, sul corposenza organi,[12] il quale assume su di s il peso della desoggettivizzazione assoluta, dellassenza di ogni interpretazione, al contrario di ci che persegue la psicanalisi.

    Il riferimento teatrale pi immediato resta anche in questo caso Artaud, uno dei pochi interpreti in grado di spingersi oltre la dialettica dellUno e del Moltepliceverso quel piano dimmanenza-consistenza del desiderio che il corpo senza organi,

    o CsO. La questione non qui forse se e come Artaud sia riuscito, anche solo teoreticamente, nel suo tentativo di formulare unipotesi di teatro totale, crudelee sacrquanto di cogliere nei rimandi che Deleuze e Guattari ne fanno, lungo tutta laloro comune produzione filosofica, un segnale che invita a considerarlo come unafigura provocatoria rispetto al comune modo di pensare e produrre arte, una macchina da guerra per larte teatrale contemporanea.[13]

    Per un breve sguardo pi generale sulla questione edipica in Deleuze e Guattari, Maurizio Ferrarsi sostiene che: si visto come ne Lanti-Edipo il problema non fossela rivendicazione del desiderio contro la sua repressione, ma laffermazione del m

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    olteplice contro le istanze negative comportate dal monismo.[14] Sostanzialmente,laddove la psicanalisi interpreta il desiderio come negativit, servendosi di griglie simbolichequali la ragione e lEdipo, schizofrenia e nevrosi si rivelano invece come due momenti del desiderio, luno attivo, laltro reattivo, e la scelta cade sulla schizofrenia in quanto modalit affermativa della molteplicit del reale, e sulla schizoanalisi come un progetto di critica affermativa, soprattutto dopo Lanti-Edipo: eccezion fatta per le proposte circa la schizoanalisi, Lanti-Edipo pu essereletto come una critica a partire dallaffermativo, e non come una critica affermativa. Il suo seguito in Mille Plateaux, annunciato esplicitamente, vi era perci implicato logicamente.[15]

    Resistenza

    Lopposizione ad ogni impedimento al processo creativo dipende in sostanza soprattutto dalla capacit degli artisti minori di riaprire il processo di divenire, necessario alla creazione delle proprie opere e che appartiene altres ad ogni opera darte in quanto tale, compiuta in s eppure aperta ad ogni utilizzo e manipolazione(in senso positivo come negativo), mediante quella che Deleuze definisce resistenza o cura di s.

    In uno scritto precedente a LAbecedaire [16]Deleuze descrive la complessit di questoperazione di critica ovvero minorazione dei classici, diversa da una semplice interpretazione, che implica una radicale trasformazione da parte dellartista quale macchina da guerra che se ne fa portavoce: in questo caso egli vede in Bene un

    o degli artisti in grado di realizzare questo progetto nel cinema come in teatro.

    Il lavoro del filosofo analogo a quello dellartista, in quanto entrambi affrontano processi di creazione di concetti come di percetti e appunto, di resistenza, poich per lartista come per il filosofo necessario resistere alla volgarit, allaialitdel pensiero, dellopinione attraverso la creazione delle proprie opere.[17]

    La nozione di resistenza assume quindi le stesse caratteristiche attribuite ad ogni minoranza, di realt critica di fronte ad ogni pensiero maggiore, stabile, assiomatico, che sostanzialmente si rapporta alla molteplicit del reale con la problematizzazione del soggetto, dello spaesamento e con lassunzione di una dimensionenomadica. Questa visione nomadica del mondo e dellesistere comporta, da un punto

    di vista etico-politico, la necessit di dover ridefinire il soggetto posto ora nellottica di un reale inteso come molteplicit e divenire. Una soggettivit che Deleuze progetta, in sintonia con Foucault, come fuoco di resistenza[...] un fuoco che sconcretizza come diritto alla differenzae alla metamorfosi.[18]

    Interferenze ed incontri

    Da Differenza e ripetizione a Logica del senso fino a Che cos la filosofia? la necessaria autonomia dellopera darte rispetto ai vissuti dellartistacostituisce un assunto per Deleuze e Guattari. Lopera darte infatti pensata come un blocco, un composto di percettied affetti, esseri dotati di realt propria, indipendenti ed eccedeluomo, lartista che li traspone e filtra nella sua realizzazione e che ribadiscela facolt dellopera darte, in quanto simulacro, di allontanarsi dalla rappresentazi

    one ossia di farsi espressione dellesperienza reale.

    Qui gli autori rispondono positivamente anche allinterrogativo sulla possibilit che i dipinti degli artisti cosiddetti follipossano acquisire o meno questa autonomia, necessaria per conferire alle opere stesse la capacit di stare in piedi da soli.[19] A certe condizioni, per, proprio perch in questi casi entra in gioco unaltradimensione espressiva: il caso della follia di un artista rimanda anche alla questione dellartista come mezzo, si veda Nijinskj, ballerino classico ed autore diun diario in cui emerge il difficile rapporto tra la propria arte e la malattia,come per Artaud, che a sua volta un esempio della difficolt di mantenere questo

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    sottile equilibrio. Chiunque sia lintermediario umano attraverso cui larte si concretizza tramite sensazioni, queste non fanno riferimento al soggetto percipiente, alla sua memoria o esperienze personali; di conseguenza la follia diventa un elemento marginale rispetto allopera stessa.

    La persistenza ed autonomia dellopera darte non prescinde, per del tutto dal processo creativo che coinvolge lartista, come detto in Logica del Senso a proposito della differenza che intercorre tra il romanzo famigliare e lopera darte, ribadita qui tra le nevrosi e le sensazioni, ad indicare una linea sottile ma determinanteche definisce la dimensione in cui agisce unartista in quanto tale.I diversi momenti del processo di creazione artistica che di volta in volta era stato indagato con lausilio delle parole di Proust e di Kafka, della pittura di Francis Bacon,del teatro di Artaud e Bene, solo per citare alcuni autori ricorrenti nei loroscritti, vengono infatti analizzati qui nellinsieme del piano proprio dellarte e delle sue relazioni con quello della filosofia e della scienza.

    In questo processo lartista crea diventando un tramite, dal momento in cui non parla di s nella sua creazione: il divenire-qualcosaltro richiede necessariamente, in ogni arte, uno stile: la sintassi di uno scrittore, i modi e i ritmi di un musicista, i tratti e i colori di un pittore per elevarsi dalle percezioni vissute al percetto, dalle affezioni vissute allaffetto.[20]

    Ritroviamo qui la nozione di divenire cos come quella di stile, caratteristiche necessarie al processo creativo, ed anche limmagine dellartista come colui che, all

    o stesso modo del filosofo, si fa testimone di ci che sarebbe difficilmente sopportabile per altri, attraverso esperienze che, pur avvicinandolo alla morte, (seguendo un legame sottolineato gi in Differenza e ripetizione) gli sono necessarieper vivere.

    Ed anche la minorazione e le variazioni che lo scrittore fa subire al linguaggiotrovano qui una propria collocazione allinterno dei concetti di affetto e percetto, in quanto questo proprio il compito del linguaggio dellarte in generale: la pittura, la musica a loro volta strappano ai colori e ai suoni i nuovi accordi, ipaesaggi plastici o melodici, i personaggi ritmici che li elevano fino al cantodella terra e al grido degli uomini: questo che fa il tono, la salute, il divenire, un blocco visivo e sonoro.[21]Ogni artista genera quindi delle variazioni, delle alterazioni nella propria art

    e, che vanno a confluire in un divenire necessario allarte stessa (ed allartista),sostanzialmente in quel divenire-altro pi volte descritto da Deleuze e Guattari:daltro canto, c un divenire che concerne anche i concetti filosofici ed il filosofo che li elabora, tuttavia non si tratta dello stesso che specifico dellarte. Il divenire sensibile latto in virt del quale qualcosa o qualcuno non cessa di divenire-altro (continuando a essere ci che ), girasole o Achab, mentre il divenire concettuale latto attraverso cui levento comune stesso schiva ci che .[22]

    Questa affermazione introduce in parte la natura e per cos dire le differenze cheintercorrono tra i piani della filosofia, della scienza e dellarte, i modi in cui questi piani si intersecano (di cui un esempio fondamentale lo Zarathustra diNietzsche) cos come i limiti che si constatano allinterno di questo processo di reciproche interferenze.

    Rispetto alle tre interferenze tra i piani estrinseche, intrinseche ed illocalizzabili entrambi si sono dedicati pi spesso a quella sorta di scivolamentodi conceti e personaggi concettuali, tra le sensazioni e le figure estetiche, di spostamento relativo dal piano della filosofia in quello dellarte.

    Ma sullinterferenza illocalizzabile che le riflessioni fatte sinora trovano un punto dincontro: i due autori affermano, infatti, lesistenza di una zona dombra, un Nnche accompagna ogni disciplina in tutto il suo percorso, dalla quale attingiamonecessariamente poich: La filosofia ha bisogno di una non-filosofia che la compre

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    nda, ha bisogno di una comprensione non-filosofica, come larte ha bisogno di non-arte e la scienza di non-scienza.[23], e che si colloca dove ancora i confini deisuddetti piani non sono definiti.

    Il tema delle interferenze che si verificano tra i piani di filosofia, scienza ed arte nelle opere di determinati autori viene ripreso da Deleuze anche nellambito de LAbecedaire; in questo contesto lautore riprende anche il tema della creazione di concetti, del fare filosofiacome di unattivit pratica, che comporta luscita la filosofia stessa, poich restare dentro un certo territorio implica al contempouscirne; questo comporta soprattutto laccogliere e il farsi tramite di stimoli,di sollecitazioni provocate da determinati incontri. Il momento dellincontro conoggetti, dipinti, brani musicali, scritti filosofici altrui un evento sostanzialmente casuale attraverso il quale la creazione di concetti nasce e si sviluppa:da filosofo, in queste pagine egli descrive in prima persona il processo grazieal quale si fatto testimone e portavoce di quelle interferenze tra piani, in questo contesto tra quello della filosofia e quello dellarte, che lo hanno influenzato, segnando il percorso della sua produzione filosofica.[24]Attraverso un incontro viene infatti concessa al filosofo la possibilit di testimoniare direttamente con la propria filosofia il proprio mezzo le contaminazionipossibili tra due piani, di andare oltre la filosofia attraverso la filosofia, e di confermarne la funzione pratica (vedi Limmagine-tempo. Cinema 2).

    Durante lintervista Deleuze si riferisce quasi esclusivamente allarte: lincontro avviene nel suo caso pi facilmente con un dipinto, o al cinema, pi raramente a teatr

    o, eccezion fatta per Wilson e Bene. Quello che lartista pu offrire, le idee o leimmagini che suggerisce e che il filosofo pu accogliere, proviene da quella zonadindeterminazione, il caos, dalla quale entrambe le discipline arte e filosofia nascono e prendono poi forma: ed forse grazie a quella zona dombra che le accompagna sempre, prima ancora che queste assumano una qualunque consistenza, che luna fa riferimento e si ritrovanellaltra nellincontro successivo tra i rispettivi pianisenza che questo reciproco influsso abbia origine o termine in qualche punto preciso.

    Lincontro con il cinema: un confronto tra cinema e teatro

    I due volumi di Cinema rappresentano un approfondita incursionedi Deleuze nella sfera dellarte, dovuta anche al proficuo incontro con le opere di alcuni registi c

    inematografici, e pur collegandosi ad altre riflessioni fatte in precedenza, costituiscono tuttavia un blocco a s stante: degno di nota che, fatta qualche rara eccezione [...] lenorme batteria di concetti utilizzati in Cinema non ha riscontroin nessuno dei suoi libri precedenti e non avr una eco diretta in quelli successivi.[25]

    Come gi ricordato, lautore stesso ribadisce limportanza di fare filosofia anche attraverso lanalisi del fatto cinematografico, di sviluppare cio le interferenze trapiani diversi; in questi volumi, seguendo la storia del cinema si infatti occupato anche di storia della filosofia.[26]Una delle questioni riprese quella relativa al giudizio, gi affrontata a partireda Spinoza e poi riferita al cinema di Orson Welles, a cui connessa la nozione di falso movimento (o movimento decentrato), potenza del falso che si manifesta a

    ttraverso lartista, colui che non crea verit ultime ma arte, continua produzione di verit.[27]

    Nel capitolo Il cinema e il pensiero, invece, Deleuze analizza il rapporto che intercorre tra i vari tipi di immagini cinematografiche ed il pensiero, di cui lultimo genere definito con lidentificazione di concetto e immagine, pensiero-azione, prassi che designa il rapporto fra luomo e il mondo ,[28] secondo una caratteristica propria del cinema e sconosciuta al teatro, un movimento che va dallesterno allinterno. In questo contesto riappare la figura di Artaud, poich Deleuze riscontranella sua ricerca continua di una vibrazione, di uno choc necessario a provocare i

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    l pensiero, lindicazione della frattura del rapporto uomo-mondo che emerge nel cinema moderno e non in quello classico.

    Ci che va sottolineato limpensato del pensiero, il fatto che noi in realt non peo ancora: la consapevolezza di tale mancanza si ottiene proprio tramite laberrazione del movimento, quel decentramento di cui lautore parlava in relazione a Welles, la rottura dellimmagine senso-motoria che di conseguenza rende visibile lincrinatura del rapporto tra luomo e il mondo ad essa preesistente: La rottura senso-motoria fa delluomo un veggente colpito da qualcosa di intollerabile nel mondo e confrontato con qualcosa di impensabile nel pensiero. Tra i due, il pensiero subisce una strana pietrificazione, che come se fosse la sua impotenza a funzionare.[29]

    Artaud si sforza di riconciliare ogni separazione attraverso la riscoperta delladignit del corpo, della carne, alla ricerca dei mezzi tramite cui esso possa esprimersi: in accordo con questimpostazione, anche per Deleuze il corpo diventa ladimensione nella quale il pensiero deve immergersi per recuperare limpensato, lavita, per colmare questo legame perduto che lorigine della nostra nevrosi moderna. Il cinema, dal canto suo, rappresentando il corpo rappresenta anche il tempo che su di esso si inscrive, immagine-tempo: Latteggiamento del corpo come unimmagin-tempo, quella che mette il prima e il dopo nel corpo, la serie del tempo.[30]Deleuze afferma che la sua opera sul cinema propone dei parallelismi tra i sistemi filosofici classici e le forme di montaggio tipiche del cinema classico, conle problematiche emerse nel cinema moderno, collegate a quelle della filosofia contemporanea (la rottura dello schema senso-motorio come quella del rapporto uom

    o-mondo). Inoltre, i filosofi di riferimento sono ancora Kant, Kierkegaard, Nietzsche, grazie ai quali la stessa operazione di accostamento tra concetti filosofici e storia della filosofia con levoluzione artistica indicata da Deleuze in relazione anche ad altre arti, tra cui il teatro, stata possibile.

    Facendo un passo indietro, si possono individuare alcuni tra i momenti in cui lautore specifica le possibilit espressive di teatro e cinema: le differenze emergono soprattutto nellanalisi del rapporto cinema-corpo-pensiero; la ricerca di Artaud viene qui accostata a quella di Bene, poich sembra che anche questultimo abbia creduto che il cinema possa operare una teatralizzazione pi profonda del teatro stesso, ma lo crede solo per un breve istante [...] alla capacit che avrebbe il cinema di dare un corpo, cio di farlo, di farlo nascere e scomparire in una cerimonia, in una liturgia.[31]

    Daltro canto, secondo Deleuze non tanto sulla presenzadei corpi, che agisce nel tatro, ma non al cinema, che si gioca questa differenza, quanto sulla possibilit propria dellimmagine cinematografica di restituirci, a partire dalla loro assenza,la genesi dei corpi, di un corpo sconosciutoche abbiamo dentro la testa, come limensato del pensiero, nascita del visibile che ancora si sottrae alla vista.[32]Carmelo Bene indaga le possibilit espressive del corpo nellimmagine cinematografica opponendo invece alla visibilit dellimmagine cinematografica quella cecit dellimmgine che, da cineasta, ha sempre perseguito. Aggiunge unulteriore sfaccettatura al legame cinema-corpo-pensiero poich crea un corpo nel cinema, per il cinema, facendolo passare attraverso un rituale, una cerimonia e poi una decostruzione finalizzata alla scomparsa del corpo visibile,[34] alla ricerca di sonorit pure, separate dal corpo che le esprime. Cos come avevo inaugurato un teatro irrappresentabile

    in cui la presenza-assenza attoriale eccede la visione e il ridire (riferito) del dis-corso nella musicalit della voce-ascolto. Ho sentito lurgenza di sfidare frantumandola limmagine-corpo.[35]

    Unaltra caratteristica del cinema riguarda la gestione del sonoro, (in relazioneallimmagine visiva) come ulteriore aspetto dellimmagine-tempo: Deleuze prende in considerazione rispettivamente lelemento della conversazione sonora, linseparabilitdi voce e rumori in una sorta di continuum sonoro, e la possibilit dellindipendenza e della prevalenza di questultimo sullimmagine visiva, come tre possibilit espressive che generalmente in teatro non si possono rendere.

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    In precedenza aveva per affermato che loperazione di liberazione delle potenze sonore in teatro la sfida principale che Bene ha raccolto in vista proprio di un suo rinnovamento, e per meglio approfondire questa ricerca in ambito esclusivamente teatrale, servendosi di supporti elettronici, ha abbandonato il cinema, ritenuta unarte troppo limitata per i suoi scopi.[36] Anche per quel che riguarda la conversazione sonora, Deleuze non esclude la sua realizzazione anche in teatro; Wilson viene citato come lunico regista in grado di metterla in scena.

    Sembra allora che linadeguatezza del teatro rispetto al cinema, almeno per quel che riguarda il sonoro, sia relativa, pi che ad una qualche mancanza del mezzo artistico in s, allesiguit di sperimentatori contemporanei che hanno creduto ed osatoun rinnovamento teatrale.Tra laltro, anche per quel che riguarda Artaud, lautore premette che anchegli, comeBene, si occup di cinema fino ad un certo punto: Per un breve momento Artaud credenel cinema [...] ma molto presto rinuncia.[37] Sia Bene che Artaud hanno utilizzato il cinema come un campo entro cui sperimentare la propria creativit, ritenendoper, in ultima analisi, la settima arteinadatta a soddisfarla: Artaud dal canto suo, rifiuta liscrizione e conseguente appiattimento sulla pellicola di quella vibrazione vitale ricercata tramite il teatro: Il mondo cinematografico un mondo morto, illusorio e segmentato. Oltre a non socchiudere le cose, a non entrare nel centro della loro vita, oltre a trattenere solo lepidermide delle forme e a posizionarsi in un angolo visuale estremamente ristretto, impedisce ogni risistemazione e ogni ripetizione, condizione fra le pi necessarie dellazione magica.[38]

    In conclusione a questo secondo volume sul cinema, Deleuze sembra riannodare lefila ed indicare comunque delle prossimit piuttosto che delle distanze tra teatroe cinema: Nel cinema moderno, al contrario, [del cinema classico dominato dallimmagine-movimento e quindi legato ad una rappresentazione indiretta del tempo] limmagine-tempo non pi n empirica n metafisica, trascendentalenel senso kantiano mine: il tempo esce dai suoi cardini e si presenta allo stato puro.[39]

    Gi in Differenza e ripetizione Deleuze aveva fatto riferimento alla forma pura del tempo relativamente alla filosofia kantiana: inoltre, proprio a proposito della funzione dellattore teatrale, collocava il processo di contro-effettuazione dellevento di cui lattore tramite su quella linea retta illimitata che il presente dAin, ovvero pura forma vuota del tempo. Ed inoltre, il tempo esce dai propri card

    ini la frase dellAmleto utilizzata per indicare un tempo non pi subordinato al movmento, cos come la riferisce in Cinema 2 con la stessa motivazione: Limmagine-temponon implica lassenza di movimento [...] ma implica il capovolgimento della subordinazione; non pi il tempo ad essere subordinato al movimento, ma il movimento asubordinarsi al tempo [...] il movimento in quanto falso movimento, in quanto movimento aberrante, a dipendere ora dal tempo.[40]

    Ed ancora, la questione emersa in Cinema 2 sullimpensato del pensiero, che risalterebbe con particolare evidenza nel cinema moderno, richiama alla mente la nozione di crudelt artaudiana, citata a partire da Differenza e ripetizione in relazione allemergere della differenza nel pensiero. Con lo stesso intento, infatti, Deleuze adotta la definizione di cinema della crudelt,[41] a sottolineare la possibilit per il cinema di giungere ad esprimere il pensiero attraverso limmagine, in virt

    dellimmagine automatica, che esige una nuova concezione del ruolo e dellattore, maanche del pensiero stesso [...] Linsieme costituito dal rapporto tra lautomatismo,limpensato e il pensiero.[42]Limmagine automatica pone, infatti, il problema del rapporto con il fuori, che linsato: a Deleuze preme indagare le conseguenze dellintroduzione di questo fuori,che chiama linterstizio tra due immagini, evidenti nel cinema di Jean Luc Godard.Data unimmagine, si tratta di scegliere unaltra immagine che introdurr tra le due n interstizio. Non operazione di associazione ma di differenziazioneEil metodo del TRA, tra le due immagini, che scongiura ogni cinema dellUno [...] far vedere lindscernibile, cio la frontiera;[43] non solo, ma questi interstizi si producono anch

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    e nellimmagine visiva, nellimmagine sonora, e tra luna e laltra.

    Dopo lanalisi della crudelt e lemergere della differenza, costitutiva del teatro della crudelt, anche in questo moderno cinema crudele agisce un processo di differenziazione, che si realizza nel montaggio, e che porta ad una ridefinizione del nostro rapporto con il pensiero, come gi in Welles.[44]

    La rappresentazione secondo Gilles Deleuze

    Per indicare un trait dunion fra i libri scritti da Deleuze, sia da solo che in collaborazione con Guattari e con Parnet, ed indicare una questione ricorrente allinterno dellargomento teatro, il termine rappresentazione sembrail pi adatto.

    In Differenza e ripetizione e Logica del senso, le caratteristiche del concettodi rappresentazione sono delineate in relazione alla manifestazione o meno delladifferenza e dellevento, ad aprire numerose questioni che saranno poi riprese edapprofondite nei libri successivi, fino a giungere alle teorie elaborate in Checos la filosofia? riguardo lopera darte in generale.

    In Differenza e ripetizione questo tipo di rappresentazione si distingue quale ripetizione mascherata, o vestita, che comprende in s la differenza, in Logica delsenso implica un processo di contro-effettuazione, o mascheramento e rappresentazione-perversione dellevento puro; la questione della rappresentazione pone anche il problema del tempo a cui entrambe si rapportano, il presente di Ain. Sia in

    Differenza e ripetizione che negli scritti successivi inoltre, la rappresentazione connessa al movimento, la cui essenza la ripetizione in quanto distribuzionenomadica, o demoniaca. La rappresentazione invece, come si visto, viene qualificata in questo testo come falso movimento, in quanto Deleuze la identifica come mediazione del movimento, ovvero quale falso teatro, se teatro in questo caso inteso come ci che permette una ricezione immediata e diretta della realt.

    Daltro canto, come gi ricordato, in Logica del senso la rappresentazione permetteun sapere concreto che va a cercare il suo oggetto dove esso ,[45] solo nel caso incui essa contro-effettui levento secondo un movimento di avvolgimento e mascheramento.

    Lattore-mimo capace di estrarre levento dalla circostanzanon riproduce lo stato d

    ose, cos come non imita il vissuto, non d unimmagine, ma costruisce il concetto,[46non imita ma ripete e prolunga un movimento che di rappresentazione e selezionedellevento come condizione dellesperienza reale, che si configura allo stesso tempo come una deterritorializzazione.

    Di conseguenza, le condizioni essenziali che distinguono una rappresentazione mediata dellesperienza reale dallespressione della differenza in s quale ripetizione,cos come la rappresentazione che rimanda allevento, contro-effettuandolo nellistante, il movimento che ad essa sotteso, ed il tempo a cui si riferisce.

    In particolare, un teatro della non-rappresentazione, ossia che auspichi una rappresentazione non imitativa della realt e la costituzione di una realt viva sullascena, deve farsi carico di queste premesse, perch per quanto si possa aspirare a

    far saltarela rappresentazione, ad eccederla con laprire tutti i doppi possibilie con lilluminare tutti gli interstizi che in essa si aprono (nella concezione del teatro di Artaud cos come in quello di Bene, ad esempio), deve poter esprimerequellevento che qui soltanto si lascia avvolgere, e che, contro-effettuando, rappresenta.

    La rappresentazione deve comprendere unespressione che non rappresenta, ma senza la quale non sarebbe essa stessa comprensiva, e non avrebbe verit che per caso o daldi fuori,[47] ed inoltre: [levento] ci che deve essere compreso, ci che deve esvoluto, ci che deve essere rappresentato in ci che accade [...] Lattore effettua du

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    nque levento, ma in modo ben diverso da quello in cui levento si effettua nella profondit delle cose. O piuttosto egli raddoppia tale effettuazione cosmica con unaltra a modo suo singolarmente superficiale, tanto pi netta, tagliente e pura per questo, che viene a delimitare la prima, ne libera una linea astratta e serba dellevento soltanto il contorno o lo splendore: diventare il commediante dei proprieventi, contro-effettuazione. [48]

    I complessi legami che si instaurano tra rappresentazione, tempo e movimento inopposizione al sistema del giudizio, ovvero alla rappresentazione/falso movimento in Differenza e ripetizione, diventano tanto pi evidenti nel cinema moderno, secondo lottica de Limmagine-tempo. Cinema 2, laddove in questo caso il termine falsoin relazione al movimento definito tale perch si contrappone allideale di verit-coformit tipico di un sistema di giudizio, ossia di ogni sistema che si riferisca ad unistanza superiore, ad un valore trascendente.

    Il movimento falso, quand decentrato, in questo caso si configura come divenire quae potenza del falso e libera la vibrazione descritta da Artaud, che permette diriconsiderare il nostro rapporto con il mondo, sempre mediante un processo di mascheramento dellevento che limmagine avvolge: limmagine cinematografica, non appenaassume la propria aberrazione di movimento, opera una sospensione di mondo, o colpisce il visibile con un disturbo che, lungi dal rendere il pensiero visibile [...] si rivolgono al contrario a ci che non si lascia pensare nel pensiero cos come a ci che non si lascia vedere nella visione.[49]

    Con le stesse caratteristiche Deleuze delinea il movimento demoniaco, sempre allinterno di un sistema maggioritario, il concetto di doppio distoglimento, (a partire dalla tragedia dellEdipo Re, come si visto) e la nozione di tradimento, in relazione al processo creativo del divenire.

    Per quel che riguarda lartista e le sue opere, sono coinvolti nei diversi aspettidel divenire stesso le molteplicit, lanomalo, le trasformazioni meglio riconosciili con il termine di minorazione, poich: Ogni divenire molecolare, in quanto il ecolare ha la capacit di fare comunicare lelementare con il cosmico. Ogni divenire minoritario.[50]

    Combattere il sistema del giudizio implica il sostenere un processo di creazioneed espressione del molteplice, di contro alla logica dialettica della contraddi

    zione e della rappresentazione/falso movimento cos come Deleuze li ha tratteggiati a partire da Differenza e ripetizione.

    Il concatenamento rappresentazione, movimento e tempo che emerge da queste pagine, condizione necessaria per ogni procedimento creativo, vede quindi identificato il suo opposto nel blocco della formazione di tali molteplicit; daltro canto, gia partire da Lanti-Edipo e Mille Piani. Capitalismo e schizofrenia, Deleuze e Guattari avevano chiarito ed approfondito i pericoli che queste forme di rappresentazione costituiscono in quanto negazione del reale.

    Anche in questo caso la nozione a fare la differenza, poich impedisce (o falsificaogni divenire in quanto movimento non rinchiuso allinterno di una struttura arborescente. Ed in particolare in Mille Piani,con lintroduzione dei concetti di vari

    azione continua, di minorazione, identificata anche come stile, la rappresentazione assume il suo senso pi proprio, facendosi espressione di una realt artistica ed insieme di un pensiero intensivo, creativo, che permette inoltre quelle contaminazioni reciproche tra i diversi piani pi volte descritte da entrambi gli autori.

    Questo perch la variazione (o minorazione) un movimento di eliminazione delle invarianti e di destabilizzazione della chiusura per esempio dellapparato teatrale classico su cui si inscrive la logica maggioritaria, e svela le condizioni dellarappresentazione in quanto falso movimento che questa struttura promuove, cos com

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    e accaduto per larte cinematografica grazie ad un certo utilizzo dellimmagine nelcinema moderno.

    Carmelo Bene e Gilles Deleuze: un incontro tra teatro e filosofiaNel percorso sullimportanza che riveste larte teatrale in Deleuze, sono emersi alcuni meccanismi attraverso i quali ogni dimensione artistica minoritaria pu manifestarsi in quanto tale, e fra questi il processo di variazione continua degli elementi stabili, che porta ad unassunzione dello spazio in divenire, instabile e problematico, di sperimentazione e di critica.

    Fra tutti gli autori e fautori di teatro dei quali Deleuze si occupato, colui che maggiormente ha tentato di pensare e realizzare lo spazio critico del teatro,e stimolato a riflettere sulle zone dintersezione con il piano filosofico senzaltro Artaud: dopo di lui, Bene stato uno dei pochi ad aver saputo fare del teatro ciche Artaud, talvolta, aveva sognato.[51]

    A questo proposito: Il rapporto tra incompossibilit e virtualit anche uno dei temimaggiori del testo di Deleuze sul teatro di C. Bene, nella misura in cui per es.lamputazione di un personaggio maggiore (per es. Romeo) toglie la incompossibilit dello sviluppo di un personaggio minore (per es. Mercuzio)Cos C. B., togliendo leemento del potere dalla rappresentazione teatrale, sviluppa la virtualit del teatro come non rappresentazione, come costituzionedi personaggi sulla scena (a partire da voci e postura), come una forza non rappresentativa sempre instabile, semprenel mezzo, (senza inizio, senza fine, senza storia), l dove si trovano il divenire

    il movimento, la velocit, il turbine. Personaggi senza io(e senza storia) perch nascono che in una serie continua di metamorfosi e di variazioni(op. cit., pp. 9-12). In generale: la virtualit appartiene al reale, al contrario del possibile che vi si contrappone. Il reale lattuale pi il virtuale.[52]

    Sovrapposizioni. Riccardo III di Carmelo Bene. Un Manifesto di meno di Gilles Deleuze il testo di riferimento, in cui posta la questione della non-rappresentativit e della messa in variazione del testo (e quindi la sua scomparsa come tale).Deleuze conosce Bene di persona nel 1977 a Parigi, nel periodo in cui questultimoandava in scena con i suoi due spettacoli Romeo e Giulietta e S.A.D.E. allOpra Comique. Da quellincontro nasce una collaborazione ed unamicizia duratura, fondata su un reciproco riconoscimento, una stima ed unammirazione contraccambiata: durante uno degli incontri del dopo-scena, Bene espone a Deleuze un proprio progetto,

    il Riccardo III, ed sulla base di quella conversazione che il nostro autore decider di scrivere un testo su uno spettacolo che non aveva ancora visto.[53]

    Sovrapposizioni viene pubblicato nel 1978, e sar il primo di alcuni scritti (appendici e prefazioni) dedicati alla pratica teatrale e cinematografica di questo controverso attore/autore: come gi ricordato infatti, ne LAbecedaire, Deleuze lo cita come uno dei due soli autori teatrali capaci di catturare la sua attenzione etrattenerlo per lungo tempo seduto in platea, dandogli quindi la possibilit di effettuare i suoi incontrianche in teatro.

    E dal canto suo, Bene riassume in una frase tratta dalla sua recente autobiografia: questi grandi revisori, de-costruttori del pensiero occidentale, (Gilles D.),quando trattano cinema, teatro o arte in genere, in realt ed questo limportante

    el proprio pensiero che si occupano. Sinteressano daltro, per fortuna. tra le pieghe del loro proprio ripensamento che frugano. Anche se, naturalmente, la loro prodigiosa indisciplina assai pi rigorosa e lucida di qualsiasi materia bistrattata alle anche onesteesegesi dello specifico paraocchiato. E, proprio perch sintrattenono altrove, ci sono pi preziosi.[54]

    un rapporto di interconnessione: Bene auspica un filosofo come non-critico dellarte ed una filosofia produttrice di concetti anche attraverso larte, e, a sua volta, attraverso la decostruzione dellopera classica, egli produce una critica/creazione, cos come la intende Deleuze allinizio di Sovrapposizioni, realizzando una su

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    a filosofa teatrale a partire dalle sperimentazioni nel non-luogodel teatro.Se si considera losservazione sul rapporto tra incompossibilit e virtualit nel teatro di Bene, cos come la stragrande maggioranza delle recensioni e delle critiche,sia positive che negative, si nota che la caratteristica principale che emerge proprio questa non-rappresentativit del suo teatro, il suo prendere forma graziead una serie di esperimenti la sottrazione, lamputazione dei personaggi, lo sradicamento del testo, del personaggio-corpo il cui fine sarebbe appunto quello di escludere la rappresentativit (o stabilit di tutti gli elementi costitutivi della scena classica) del teatro nel suo farsi.[55]

    Tuttavia, come sostiene Manganaro poich non possibile n corretto inquadrarlo solodal punto di vista di una delle forme artistiche attraverso le quali si espresso, n dal teatro, o dal cinema, o dalla scrittura di romanzi, o sceneggiature mai filmate il problema della rappresentazione un falso problema.[56]

    Ci che conta, infatti, sono le possibilit di sperimentazione insite allinterno della rappresentazione stessa, loperazione di svelamento attraverso intensit e dinamiche attraverso un movimento di variazione, di minorazione oltre ogni mediazione,lopportunit quindi per la rappresentazione di farsi espressione del reale.

    Il processo di sperimentazione si riconferma un incrocio tra livelli e piani coscome teorizzato da Deleuze e Guattari in Mille Piani, che non procede per gerarchie o giudizi ed definibile sostanzialmente come un processo di critica affermativa, termine con cui si potrebbe riassumere tutta la produzione artistica di Ben

    e.Uno degli elementi che consentono questo processo di creazione e di critica, e che stabilisce una relazione con lattore-mimo di cui Deleuze parla in Logica del senso, perci proprio quel movimento di variazione, o sottrazione, o amputazione ce consente una rappresentazione non imitativa, contraria ad ogni presenza, persistenza e visibilit didentit e ruoli fissi.[57]Leggendo un classico, Shakespeare ad esempio, quello che si crede lautore compie una scelta definitiva, ma nessuno di noi autore di quel che pensa, uno pu pensareun pensiero, ma limmediato unaltra cosaIl testo non quello scritto. Io leggo lAin originale, l lautore sbaglia, perch obbligato a compiere una scelta definitivae questo il teatro di rappresentazione. Io guardo sempre cosa c fuori, accanto, guardo tutte le occasioni mancate che lautore si inibito, di cui si privato. Ma non

    per comprendere meglio il centro del testo [...] non c un centro.[58]

    Ogni messa in scena di Bene non riguarda infatti una storia o uninterpretazione di elementi predefiniti, ma si costituisce come levento di una macchina attoriale.

    Sovrapposizioni: Riccardo III di Carmelo BeneUn manifesto di meno di Gilles Deleuze

    Il teatro e la sua critica la prima di cinque sezioni in cui suddiviso questo bree saggio interamente dedicato alla produzione artistica di Bene. Come gi accennato, loperazione di critica secondo Deleuze non corrisponde ad un confronto o una reinterpretazione sotto una diversa ottica di un testo gi dato ed inviolabile, ma coincide invece con un processo di sperimentazione che allo stesso tempo creazione

    , ed assume quindi le caratteristiche di critica affermativa.

    Una delle questioni analizzate in queste pagine riguarda, infatti, la troppa importanza da sempre attribuita al testo originale, fondamento di ogni messa in scena, al quale ogni interprete successivo si limiterebbe ad aggiungere degli elementi; cos stigmatizza la questione lo stesso Bene: Non sar mai pi concepibile una CRTICA che non sia al tempo stesso OPERAZIONE CRITICA, ma OPERAZIONE CRITICA TAUMATURGICA, cio OPERA DARTE [...] SI RISCRIVE PERCH NON SI PU SCRIVERE.[59]

    A questo proposito, Camille Dumouli sottolinea lopposizione inevitabile tra la cri

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    tica intesa nel suo ruolo sociale di classificazione ed inquadramento, e la tragedia, laddove questa svolga la sua funzione di purificazione sociale, funzione chela critica intende svolgere al suo posto, mediante lesercizio di un giudizio morale secondo indici di valore.[60] Questa considerazione viene a collocarsi nellalveo delle denunce al sistema del giudizio cui si fatto precedentemente riferimento seguendo le riflessioni di Deleuze, e rappresenta quindi unulteriore testimonianza del fatto che anche la produzione artistica di Bene costituisce unalternativa al sistema stesso; sarebbe perci plausibile annoverarlo nel gruppo di quegli artisti individuati da Deleuze in Critica e clinica. [61]Una macchina attoriale come quella di Bene, infatti, si oppone ed eccede la struttura entro cui loperazione di giudizio critico legittimata, ossia ad esempio la struttura del teatro di rappresentazione di Stato, da lui pi volte denunciata, contro la quale questa macchina attoriale assume le stesse caratteristiche della macchina da guerra deleuziana.[62]

    Loperazione critica com qui intesa da Deleuze, e come la intende lo stesso Bene, hacome suo fondamentale presupposto la messa in variazione degli elementi stabili, fissi di un testo, per quanto compiuto come pu esserlo un classico al livello dellAmleto o del Romeo e Giulietta di Shakespeare, e si caratterizza attraverso unprocedimento che Deleuze definisce di sottrazione, o amputazione, di alcuni diquesti elementi.Non a caso il riferimento iniziale del filosofo francese il film Un Amleto di meno, [63]tratto dal testo riscritto dallo stesso Bene, che gioca con ironia con quello di Shakespeare, servendosi soprattutto della riscritturadel poeta francese

    Jules Laforgue, il quale a sua volta sconvolse il testo tradizionale con il suoAmleto, ovvero le conseguenze della piet filiale. [64]Questo film scritto, diretto ed interpretato da Bene una delle sette proposte sullo stesso tema da lui realizzate nellarco di pi di trentanni, e con differenti mezzi artistici, (teatro, cinema, radio e televisione).

    Il carattere affermativo della critica dato dalla costituzione in scena di una realt nuova, poich al movimento della variazione, della sottrazione, collegato lemegere di un aspetto inatteso, di un personaggio (o di un elemento qualsiasi dellospettacolo) che in conseguenza a questa variazione si sviluppa in un costante divenire, attraverso metamorfosi che coinvolgono tutto lapparato scenico, (gesti,suoni, luci, parole) e che mettono in discussione la sua identit e quella degli altri coinvolti nellazione. In questo modo lo spettacolo acquisisce una propria in

    stabile autonomia, quella stessa descritta da Deleuze ad esempio in Che cos la filosofia?, necessaria ad ogni opera darte in quanto tale; la sottrazione e costituzione di elementi in scena, il rifiuto di rappresentare cos come altri presuppostidellarte di Bene, infatti, permettono a lui e alle sue opere di essere considerati minori, con tutta le implicazioni che Deleuze attribuisce al termine.[65]

    Nel Romeo e Giulietta di Bene, ad esempio, accade a Romeo dessere neutralizzato dalla scena, e di conseguenza Mercuzio si appropria delle sue battute e impersonaun nuovo ruolo, diventando cos il perno dellevoluzione di una storia che muta inbase a questa scelta iniziale.

    Allo stesso modo, nel S.A.D.E., il Servo masochista a costituirsi in scena, a cambiare in funzione della neutralizzazione dellimmagine sadica del Padrone e non po

    nendosi come suo contraltare.[66]

    La costituzione del personaggio in scena attraverso metamorfosi continue avvienein maniera forse pi evidente nel Riccardo III, poich la sottrazione si riferiscein questo caso a tutto il sistema regale, statale, entro il quale Riccardo penetra e che aspira a scardinare e distruggere man mano che prende forma il suo personaggio. Riccardo incarna la perfetta macchina da guerra, lemblema del traditore,dellanomalo, (gi Deleuze in Conversazioni lo definisce anche come lo sperimentatore), colui che fa parte di un processo in divenire, un divenire-altro da s, elemento demonico per eccellenza che comporta una doppia cattura.[67]

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    Un aspetto della perversione teatrale: il femminile

    Ritorna qui anche il doppio legame dato dal distoglimento reciproco di volti, inscindibile dal tradimento stesso, che avviene in Riccardo III con le figure femminili ed in particolare con Lady Anna. Sin dallinizio dellopera, nella Nota generale sul Femminile,[68] Bene costringe il suo personaggio a numerose metamorfosi, fra cui anche ad un divenire-donna, pur di raggiungere i propri scopi: il tradimento comporta una creazione, ma per creare necessario perdere la propria identit, assumersi questo divenire-altro, divenire-impercettibile.

    Il divenire-donna, quindi, il femminile (una delle tante direzioni che pu prendere il personaggio costituendosi) emerge come tratto sino ad allora impensato neltesto originale, come un imprevisto del personaggio e d vita a questa ed altre deformazioni, ad altre minorazioni: Le donne, qualunque sia il loro numero, sono unaminoranza definibile come stato o sotto insieme; ma non creano se non in quantorendono possibile un divenire, di cui non hanno la propriet, in cui anchesse devono entrare, un divenir-donna che concerne lumanit intera, uomini e donne compresi.[69]

    La variante femminilit per emergere necessita quindi di un processo creativo checoinvolge sia uomini che donne, e che non riguarda limitazione delluno o dellaltrogenere, quanto piuttosto la ricerca di una zona dindiscernibilit, un inter-esserepr stare tra i dualismi dei due generi, e trovare la propria linea di fuga.[70] R

    iccardo in questo caso costretto a cercare, a sperimentare un femminile di s chegli garantisca la presenza di qualcuno vicino: dalla sottrazione iniziale operata allio del personaggio principale la variante minore femminilit emerge per necessit, in risposta ad un bisogno creato dalla nuova situazione scenica.

    La scena con Lady Anna rappresenta, infatti, il culmine di questo doppio legameche nel tradimento li unisce e li modifica entrambi, cos com lapice di quel continuprocesso di metamorfosi di Riccardo e del suo processo di autoconsapevolezza che attraverso le metamorfosi si fa strada, conformemente alla natura creativa delle stesse e del tradimento operato dal suo diventare macchina da guerra. Contemporaneamente al tradimento che Riccardo compie in scena potenzialit di un testo pivolte rilevata da Deleuze in questa versione egli compie il tradimento della scena, poich evita ogni rappresentazione-presenza dellevento (ossia lazione decisiva s

    econdo la coerenza logica della trama, del testo) che di continuo differito altrove, non appare mai, non si realizza mai, ulteriore sfaccettatura di una sottrazione in bilico tra lalternarsi di questa presenza-assenza.

    Allo stesso modo, questa femminilit[71] differita sulla scena da Bene raddoppia la metamorfosi del personaggio, poich appunto non caratteristica attribuibile soloalle donne, anzi: la ricerca di Riccardo, nel richiamare a s la presenza delle donne, uscite di scena, la ricerca impossibile di un femminile che lo porta ad accostarsi a deformarsi verso quella negazione del femminile che la donna stessa,e soprattutto la donna attrice, da quando stata ammessa la sua presenza sulle scene.Bene rileva inoltre che questa perversione del teatro costituisce la sua degenerazione ovvero la sua destabilizzazione in quanto genere scenico ,[73] genere teatr

    ale, per come stato definitivamente classificato ed inquadrato a partire dalla rappresentazione post-elisabettiana, ed ora perduto. Soprattutto, ci che la divisione dei sessi stigmatizza la separazione e immutabilit dei ruoli e delle identit in scena: anche in questo caso, egli si oppone ad una concezione del teatro in cui allattore, secondo il suo genere, imposto un personaggio-ruolo, ed il suo rifiuto di tale fissazione pi evidente nella seconda parte dello spettacolo, dove: nonrester al duca di Gloucester che [...] giocare con lassenza [...] Ma lassenza del femminile in questo caso la gestione assurda e ossessiva della sua propria intollerabile presenza dattore.[74]

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    La sua nozione di perversione teatrale, di cui uno degli esempi costituito dal teatro elisabettiano, si collega a quella di Deleuze, che la assimila, come si visto,[75] al mascheramento o contro-effettuazione dellevento: Ci che chiamiamo perverso, [...] quella determinazione a sbalzi, quella differenziazione che non sopprime mai lindifferenziato che si divide in essa, quella suspense che contraddistingue ogni momento della differenza.[76]

    La rappresentazione-perversione teatrale cos intesa, non-luogo in cui la differenza si manifesta, si realizza in scena grazie alla ricerca beniana dellassenza delteatro, di una scena che rimandi e differisca continuamente levento, (la drammaturgia dellassenzasi realizza come tale a fronte dellirrappresentabilit dellevento)lo scopo di produrre la ripetizione quale differenza senza concetto .[77] Tenendoperci come punto di riferimento le riflessioni di Deleuze, il teatro di Bene effettua nella prassi, con il togliere di scena e la ripetizione, un unico gesto chesi oppone alla rappresentazione: il fine di una incessante ripetizione allora quello di trattenersi fuori il pi possibile dalla tentazione e persino dalla capacit di rappresentare, e intanto di confinarsi (condannarsi) nel campo delle infinite variazioni di una incontaminata e indefinita differenza.[78]

    Il processo di variazione degli elementi teatrali (sottrazione e costituzione) che garantisce il divenire dellopera stessa uno degli effetti di questa drammaturgia dellassenza, che si realizza col togliere dalla scena tutto ci che garantisce eperpetua la rappresentazione teatrale in senso classico, il teatro-intrattenimento per un pubblico che ne esige conferma e rassicurazione, secondo determinati

    passaggi;[79] questo teatro si sviluppa quindi come un operare (loperazione critica) del non-attore il quale a questo punto definibile piuttosto come artefice.

    A questo proposito, la deficienza-assenza della donna in scena appare come uno dei pre-requisiti necessari del teatro; la ricerca del femminile che da sempre assente nella donna, scatena una serie di eventi di volta in volta diversi, un vuoto mai riempito, n dalla donna stessa, ovviamente (fantasmatica presenza), come si visto in Riccardo III, n dallattore che a partire da tale assenza si confronta conla propria mancanza, e la femminilit si conferma meta necessaria rivendicata daBene per lartista-artefice.[80]

    Tra laltro, il blocco dellidentit dellattore in un personaggio-ruolo, scongiurato dl teatro operatore di Bene, potrebbe essere evitato sempre se lattore contemporan

    eo fosse in grado di recuperare, fra le altre potenzialit della sua arte, anche la sua capacit di mentire, di scavalcare lattendibilit del personaggio, del testo edella coerenza di tutta la messinscena. Non si tratta ovviamente della semplicemenzogna, quanto di recuperare quella derisionedellapparato di potere e di certezze che tutta la struttura teatrale rappresenta e che fa parte del teatro stesso nel suo rappresentare, ma che in questo modo egli potrebbe far saltare, sovvertire.[81]

    Ogni messinscena di Bene che dalla negazione o sottrazione si costituisce per poi dissolvere immediatamente le apparenze di personaggi, di ruoli, didentit, o dintrecci cos creati, e quindi nuovamente demoliti (derisi) mediante vari artifici scenici inciampi, protesi, trasformazioni gioca appunto con questalternarsi di presenza-assenza che egli rievoca dal teatro elisabettiano, in un equilibrio teso sul

    limite che le separa, e sul quale si articola tutto il divenire, il costituirsidellopera: Nel suo non muoversi da quel limite, un movimento che si muove standofermo e sospende cos qualunque possibilit di rappresentare.[82]

    Alleanze

    In queste prime pagine si riconferma lessere minore sia della scrittura che dellaprassi scenica di Bene due momenti in realt inseparabili della sua attivit artistica, poich non v prevalenza delluno sullaltro, e lo stesso autore rinnega sempre qsiasi aderenza ad un testo fissato, a s stanteed in particolare proprio di questo

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    procedimento di sottrazione (cos come la necessit di deridere mentendo).

    Personaggi e spettacoli di Bene sono messi pi volte in relazione da Deleuze con altri autori e personaggi letterari o teatrali minori; si pensi al rapporto che lega la Pentesilea di Kleist alla gi citata Nota generale sul femminile, ovvero al rapporto tra luomo di guerra, Achille o Riccardo, con una deformazione legata ad una scelta iniziale con un altro da s, il femminile appunto, non riconducibile allimmagine della donna con cui entrambi si confrontano.

    A sua volta Bene fa spesso riferimento allopera di Kleist come testimonia il suoPentesilea, Ovvero della vulnerabile invulnerabilit e necrofilia in Achille, poesia orale su scritto incidentato versioni da Stazio Omero Kleist.[83] La messa inscena dello spettacolo, sviluppata in due momenti,[84] affronta una ricerca sulleroe omerico, sullautodistruzione di Achille, emblema della negazione del teatrostesso, ma soprattutto una ricerca sul linguaggio, un attentato al linguaggio.[85]

    Deleuze indica punti dincontro tra Bene e Carroll, e tra Carroll e Shakespeare, in un alternarsi di rimandi e immagini amplificate anche grazie a questo testo sbloccato, alle situazioni rimesse in gioco, quasi a voler dimostrare che fissare unopera significa sottrarle parte delle sue alleanze con altre e non permetterle diprodurre ulteriori concatenamenti.Tutto ci che Bene sottrae al teatro con il suo teatro, Deleuze lo individua allafine di questo paragrafo come una componente del Potere, famigliare, sessuale, di Stato, ossia come ci che assicura la coerenza del soggetto trattato e la coerenz

    a della rappresentazione sulla scena.[86] Il potere del teatro sta infatti nellaforma della rappresentazione teatrale, e per quanto ci che rappresenta possa subire degli attacchi al suo interno, una critica, comunque la rappresentazione resta uno strumento di potere, e lo stesso vale per lattore, per il testo, il drammaturgo, il regista, per tutti quegli elementi di potere che il teatro di Bene aspira e riesce per lappunto ad amputare, a togliere di scena.

    Questo modo di fare teatro assume perci unaltra forma, unaltra materia, rispetto aodo tradizionale, a partire dal movimento che si traduce poi nella sottrazione eprosegue con la conseguente messa in variazione di ci che stato modificato, e con la costituzione in scena di una realt nuova; un teatro irrappresentabile, in continuo divenire, che sprigiona la sua forza proprio in virt di quel movimento chelo rende sempre instabile, e sottraendolo al sistema del teatro cosiddetto magg

    iore, attua un processo che Deleuze qualifica come minorazione.

    Nel concludere questo paragrafo, pur sostenendo limportanza di riconoscere i collegamenti tra le opere di autori minori, Deleuze sottolinea la differenza che intercorre tra il termine alleanzae filiazione: Importanti non sono mai le filiazionma le alleanze e le leghe.[87] Partendo da questo presupposto, sarebbe del tuttoerrato considerare il teatro della non-rappresentazione di Bene semplicemente come una derivazione dalle precedenti (e contemporanee) esperienze di un Artaud, di Grotowski, di Wilson o del Living Theater. Pare importante sottolineare questaconsiderazione del filosofo francese al riguardo, proprio perch sebbene Bene condivida con altri pochi autori teatrali contemporanei laspirazione ad un diverso modo di concepire larte teatrale, ci che va riconosciuta effettivamente lunicit deuo stile, il suo essere un operatore o tramite di una prassi artistica e non sol

    o di una teoria.[88]

    Il teatro minore e la Storia

    Fin dallinizio del secondo paragrafo Il teatro e le sue minoranze, Deleuze approfondisce i motivi per i quali la teoria e prassi teatrale di Bene si qualificano come minori, e si serve di alcuni concetti fondamentali del suo pensiero per indicare limportanza e la complessit, oltre alle potenzialit, di questo tipo di teatro.

    Il punto di partenza per la riflessione sul tema delle caratteristiche che contr

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    addistinguono un teatro minore da uno maggiore costituito dallaffermazione che Lineressante in mezzo, ci che succede nel mezzo (au milieu).[89] La riflessione da parte di Deleuze rimanda alla critica che egli, come Bene, indirizza alla Storia,considerata quale proiezione e trasmissione di eventi selezionati in un tempo stabilito da precise coordinate, opposta a quel divenire a cui invece entrambi sirivolgono, che si produce senza punti di partenza o arrivo e che si trova, per lappunto, nel mezzo.Il filosofo francese ha fatto pi volte riferimento nei suoi scritti a questa caratteristica, evidente in autori quali Woolf o Beckett; il trovarsi nel mezzo, il creare intersezioni senza costituire punti di partenza o arrivo si qualifica quindi come parte di un percorso in divenire, di unevoluzione necessaria ad ogni autore minore.[90] Una tale condizione gli appartiene, parte integrante del suo stile, ed indice di unintempestivit che lo colloca in un movimento che va al di l di ogi appartenenza ad un tempostorico, e che lo rende concatenamento collettivo denunciazione, linea di fuga che intacca i sistemi maggioritari, rizoma.[91]

    Il teatro di Bene partecipa senzaltro di questo divenire in cui Deleuze lo colloca; in quanto antiumanista, antistorico e antisoggettivo, esso rifiuta e sottraeogni fondamento ed ogni ruolo, ogni elemento stabile e rassicurante allarte teatrale, (e non solo, anche alla scrittura e al cinema) che si tratti del testo, dellautore, del regista o del linguaggio e della forma dellarte stessa, e diventa quindi concatenamento collettivo denunciazione, negazione di qualsiasi punto dorigineo darrivo, di qualsiasi principio significante nelle sue opere.

    Il suo percorso artistico lo porta, infatti, sin dallinizio a scongiurare una rappresentazione teatrale come ri-presentazione, espressione di una realt scenica ormai privata di qualsiasi immediatezza, e a realizzare invece un teatro dellirrappresentabile, testimonianza di un evento che in questa scena non si lascia chiudere e che non ha passato, non ha testo a monte [...] Non conosce il prima e non conosce il dopo. prima del prima e dopo il dopo.[92]

    Il teatro di Bene quindi non si prefigge di esprimerequalcosa nemmeno secondo i dettami del linguaggio (cos come rifiuta qualsiasi sistema di codificazione formale), e a questo proposito, uno degli elementi che a suo parere lo differenziano da Artaud, proprio la ricerca di una parola prima delle parole che si configura come lacerazione ossessiva e inconsolabile rimpianto dunit originaria .[93]

    Bene si colloca al di fuori di qualsiasi nostalgia e ricerca di un fondamento sucui il teatro poggerebbe, da ogni tentativo despressione, rifiuta il prima e ildopo della parola esercitando sia nei testi che nella prassi teatrale una scrittura disarticolata, che nega se stessa, la propria necessit, il proprio senso, ilsuo essere funerale dellorale[94] e quindi rappresentazione e rivisitazione della storia, che possibile solo attraverso il linguaggio.[95]Latteggiamento nei confronti della storia si rivela in particolare in due delle sue opere, Giuseppe Desa da Copertino A boccaperta e Lorenzaccio,[96] di cui la seconda in particolare un esempio dellessere stranieri nella propria lingua(cos dorebbe essere ogni scrittura minore, per Deleuze), di minorazione del linguaggio,della storia e del tempo che in essa inscrive e seleziona solo determinati eventi, sulla base della loro successione. Non a caso, sin dalle operazioni critichesu Shakespeare, Bene intende mettere in crisi lidea del testo in quanto fondamen

    to, ripresentazione fedeledi un passato rappresentabile poich attendibile, censurato a scapito di ogni tradizione orale, dei non-detti e delle virtualit lasciate inespresse dalla codificazione storica, che ogni scritto porta con s e che il suoteatro di fatto lascia emergere.

    A boccaperta una sceneggiatura cinematografica scritta nel 1970 e dedicata a SanGiuseppe da Copertino, testimonianza di un santo illetterato et idiota che proprio in virt della sua inconsapevolezza, devozione e irregolarit vive ai margini del sistema ecclesiastico ed accanto al quale il periodo storico del suo tempo, il1600, scorre senza riuscire ad inquadrarlo.

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    La sua avventura personale, la sua mistica cos inconsapevole e irriflessiva lo portano a conquistare una grande popolarit (non richiesta), nonostante il rifiuto ela diffidenza da parte del sistema stesso, il quale infatti, non sapendo come trattarlo, attese quasi duecento anni per santificarlo.Altrettanto rifiutato dalla codificazione storica, poich la sua vicenda si sottrae ad ogni schema Lorenzaccio, sulla cui vita Bene sostiene sia stato scritto molto, e male, proprio perch anchegli resta un personaggio incompreso e scomodo per linterpretazione storica, in particolare alla storia medicea. Rappresentato a Firenze nel 1986 (dato non trascurabile, la presenza di Deleuze in quel Ridottodel Teatro Comunale), Lorenzaccio, al di l di de Musset e Benedetto Varchi dedicato a Lorenzino deMedici, assassino dellusurpatore e tiranno Alessandro VI, ed uno studisulla impossibile paternit e coerenza di qualsivoglia azione che nellatto smarrisce il proprio intento. Qui laprassia graduale del protagonista sempre in ritardosui suoi stessi passi (fino a trovar gi compiuto il misfatto, prima del suo intervento), sollecita, pure inscritta nella pagina, unagrafia da leggersi smarginata.[97]

    Un contributo determinante alla realizzazione di questopera che anche, come si detto, unaccusa e uno sberleffo alla storia ed alla concezione del tempo entro cuii fatti storici selezionati (le azioni) vengono iscritti e tramandati, stato dato a Bene proprio dalla riflessione degli stoici sul tempo-Ain, ed anche, naturalmente, dalla Logica del senso e dalle successive riflessioni in merito di Deleuze; in particolare Bene si soffermato sulla questione da lui affrontata della diff

    erenza tra il tempo di Ain, considerato quale non-storia, e quello di Kronos, sulquale invece sono iscritti i fatti che la storia ha catalogato e giustificato.[98]

    Ed inoltre, come spiega Deleuze proseguendo in questo terzo paragrafo, oltre cheper la critica alla ragione storica, lessere minore attribuibile a qualunque realt che si discosti dal modello che viene riconosciuto come normale, acquisito; lesempio in questo caso dato dalla situazione dei contadini delle Puglie, realt da cui proviene Bene, ma potrebbe ben adattarsi a qualsiasi popolazione che vivesseal di fuori o nel pi totale disinteresse delle abitudini o delle norme di un apparato statale, di una cosiddetta civilt.

    A questo proposito, Deleuze, rileva che: La sua propria minoranza, Carmelo Bene l

    a vive in rapporto alla gente delle Puglie [Quando ne parla] sente che la parolapoverinon conviene del tutto. Come chiamare povera questa gente che preferiva morire di fame piuttosto che lavorare? Come chiamare schiavi gente che non stava al gioco del padrone e dello schiavo? Come parlare di un conflitto, laddove cera benaltro, una bruciante variazione, una variante antistorica! [...] Ed ecco che gli si fa uno strano innesto, una strana operazione: sono stati pianificati, rappresentati, normalizzati, storicizzati, integrati al dato maggioritario, e alloras che ne hanno fatto dei poveri, degli schiavi, li si messi nel popolo, nella Storia, li si resi maggiori.[99]Nello stesso contesto, in contrasto con la gloria e la dottrina dei teologi (sulla scia del racconto di Bene cui ho precedentemente accennato), Deleuze segnalalesperienza mistica ed irregolare vissuta da San Giuseppe da Copertino, o da un San Francesco che balla davanti al papa. Cos come letna delle Puglie si contrappone

    linquadramento da parte dello Stato, i due santi si collocano oltre il sistema ecclesiastico e la storia cui si associa, e comunicano levento nel suo prodursi attraverso e in virt della difformit, dellidiozia, dellessere e comportarsi da anomalo

    E quindi anche attraverso gli scritti dedicati a queste realt minori[100] santi econtadini della sua terra dorigine, Bene si riconferma autore minore, se, come indicato da Deleuze e Guattari in Kafka, nellopera di un autore minore ogni fattoindividuale si innesta immediatamente allinterno di una situazione politica.[101]

    Servendosi anche di questi riferimenti, Deleuze evidenzia tra laltro le conseguen

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    ze del processo di normalizzazione di una cultura cos come di una popolazione, lazzeramento dei tratti distintivi e deviantia favore dellomologazione al sistema dominante: di un pensiero si fa una dottrina, di un modo di vivere si fa una cultura, di un avvenimento si fa Storia.;[102] ma daltro canto il filosofo francese sottolinea anche la possibilit di opporsi a questoperazione di livellamento culturale grazie alla minorazione in quanto apertura ai divenire.

    Ritornando su un piano pi specificamente teatrale, si pu fare riferimento al famoso testo di Denis Diderot, Il paradosso sullattore,[103] nel quale sono posti i problemi relativi allidentificazione o meno da parte dellattore con il suo personaggio, (questione sempre aperta per la teoria e la prassi teatrale) per rilevare come il teatro di Bene, con il suo rifiuto dellinterpretazione storica classica, traduca in pratica alcuni temi emersi in Diderot. Per mezzo della minorazione e della conseguente costituzione del personaggio in scena infatti, Bene lascia emergere il personaggio, che viene a sovrapporsi alla personalit dellattore-interprete:secondo un processo gi analizzato da Jacques Copeau sempre a proposito del Paradosso, devessere piuttosto il personaggio ad imporre i suoi modi, i suoi gesti allattore, e non viceversa, per decostruire insomma lidentit ed il ruolo di questultimo, e prima ancora, il testo e la sua storia.[104]

    Alla virtualit del personaggio che dissolve lio dellattore corrisponde la negazionedella storia stessa considerata quale memoria di azioni compiute come punti fermi collocati in successione temporale (Kronos); se invece si considera levento, latto, nel suo dispiegarsi nellistante come simultaneit dei differenti momenti del t

    empo (Ain), si distingue tra levento che eccede la sua effettuazione, e questultima, ed in questottica si compie per lappunto un teatro come quello di Bene: contro-effettuazione dellevento.

    Ci che Bene nega, infatti, dapprima nel racconto e poi anche in scena, la finalitdellazione (in questo caso lo scopo prefissato del tirannicidio) a favore dellatto, dellevento immediato che si compie, che si lascia essere, per cos dire prendendoin contropiede lazione, cos come il progetto da cui deriva e lo scopo cui finalizzata.[105] Stando alle parole dello stesso Bene, lo storico archivistanon riflette a sufficienza sullincompatibilit tra atto e azione, sulloblio che accompagna il gesto, su quel buco nero del gesto, eliminato dalla storia, che eccede lazione.[106]

    Allo stesso modo, sarebbe necessario che ogni artista intaccasse le forme della

    propria arte, alla ricerca del buco nero, cio della propria sottrazione, sia che sitratti di scrittura, che del linguaggio, di musica o pittura, oppure della messa in scena; Lorenzaccio rinvia alla sensazione. Che se ne prova se non sensazione? Tutto il resto teatro. Quel che conta operare buchi neri del linguaggio [...]Si deve soprattutto uscire dallequivoco della scrittura di scena. [107]

    Questo processo particolarmente evidente in Lorenzaccio, loperazione critica teatrale in cui le possibilit estromesse dalla codificazione