Arsan Emmanuelle - 1975 - Erosfera - Arsan Emmanuelle

download Arsan Emmanuelle - 1975 - Erosfera - Arsan Emmanuelle

of 34

Transcript of Arsan Emmanuelle - 1975 - Erosfera - Arsan Emmanuelle

  • 8/9/2019 Arsan Emmanuelle - 1975 - Erosfera - Arsan Emmanuelle

    1/90

    Emmanuelle Arsan

    EROSFERA

    NOUVELLES DE L’EROSPHERE

    1975

    genere: eroticoTRAMA

    Un uomo coinvolto in una sconvolgente avventura con le discendenti dellemitiche Amazzoni; gli abitanti di un remoto pianeta che scopronol’esistenza del sesso; una fanciulla trascinata nell’harem di un principearabo; due adolescenti che spiano le solitarie masturbazioni di una donna;una ragazza che si batte sulle barricate per l’amore libero... tante storiediverse che hanno però un unico e costante protagonista: l’Eros, nella sua piena e felice esplicazione. Un libro che riconferma l’Arsan, autrice diEmmanuelle, l’Antivergine, I figli di Emmanuelle, come una delle miglioriscrittrici nel campo della letteratura erotica.FINE TRAMA

    NOTA

    Emmanuelle Arsan, pseudonimo di Maryat Kasa-sendh (Bangkok 1938),di nazionalità francese, ha ormai un posto riconosciuto nella storia dellaletteratura grazie al successo che hanno ottenuto i suoi romanziEmmanuelle (1967), L'antivergine (1975); I figli di Emmanuelle (1975) eErosfera (1975), tutti pubblicati da Bompiani. Erosfera, apparso in Italianel 1980, conferma il successo dei precedenti libri dell'Arsan, e si ponesulla scia del primo romanzo, Emmanuelle, da cui è stato tratto l'omonimofilm che ottenne uno strepitoso successo in tutto il'mondo.Il tema che fa da sfondo a tutti i libri della scrittrice francese, cometestimonia anche Erosfera, giocato sul doppio binario dei "Raccontiincredibili" e dei "Racconti veri", è la ricerca della pienezza e della felicitàsessuale: ne è protagonista un tipo di donna che rifugge dal ruolo diamante passiva, affidatole tradizionalmente da una società e da una culturadi stampo maschilista, e assume decisamente l'iniziativa. Proprio questainversione di tendenza, che vede l'uomo giocare un ruolo di spettatore, finoa diventare quasi uno strumento di piacere nelle mani della donna, èl'elemento di maggiore novità dei romanzi dell'Arsan, che ebberol'indiscutibile merito di mettere in discussione vecchi tabù sessualisull'onda della generale rivoluzione dei costumi che segnò gli anni '70.

  • 8/9/2019 Arsan Emmanuelle - 1975 - Erosfera - Arsan Emmanuelle

    2/90

    RACCONTI INCREDIBILI

    AMAZZONOGENESI

    Bastava la nebbia a spiegare il fatto che io solo avessi preso quell'aereo,quella sera?Ho rivolto questa stessa domanda alla hostess, in cima alla scalettadell'aereo. Ella non mi ha risposto, mi ha semplicemente invitato, conlaconica fermezza, ad accomodarmi al posto che avessi scelto. Per prenderla in parola stavo per dilungarmi in una valutazione puntigliosa deivantaggi relativi che ognuno dei cinquanta posti vuoti avrebbe potutooffrirmi, ma vi ho rinunciato, e non tanto perché così mi suggeriva il buonsenso, quanto per semplice stanchezza: la giornata era statasufficientemente faticosa.L'intervallo di tempo tra il momento in cui il meccanismo automatico harialzato e chiuso la porta e quello in cui i motori si sono messi in moto miè sembrato insolitamente lungo. Senza dubbio l'equipaggio si stavainformando delle condizioni meteorologiche (cattive, già lo sapeva). Intutto quel tempo non ho fatto che aspettare che qualcuno venisse adavvisarmi che il volo era stato annullato. Il pensiero di dover rifare lastrada che collega l’aeroporto alla città, di dover cercare un treno, mezzodi trasporto che detesto, e trascorrervi una nottata probabilmente scomodami ha tenuto in apprensione finché la voce della hostess ha finalmenteannunciato l’imminente decollo: in tre lingue, per restare fedele allenormali abitudini, anche se, in quelle circostanze, avrebbe potuto farnecomodamente a meno.Adesso stiamo volando: abbastanza in alto, immagino, perché i venti e lenebbie della terra non ci disturbino. Potrei sporgermi verso l'oblò edistrarmi nella contemplazione delle stelle, ma a che servirebbe? Già lamia tranquillità non viene turbata da alcuna scossa, da alcuno scricchiolioinquietante. In un'ora, forse anche meno, sarò arrivato.Il personale di bordo si è probabilmente fatta un'idea errata del mio statod'animo, perché un uomo esce dalla cabina di pilotaggio per assicurarmiche il cattivo tempo non può durare: per il momento la visibilitàall'aeroporto d'arrivo e nulla, ma il comandante spera che, quando saremosopra la pista, sia diventata sufficiente a permetterci di atterrare. Questeaffermazioni, a dir la verità, mi stupiscono e mi sconcertano, perché nonmi sembra serio, a così poca distanza dal punto di destinazione, che un

    tecnico responsabile faccia affidamento su un improvviso miglioramentodella situazione. Non mi trattengo dal farlo notare ad alta voce, ma il mio

  • 8/9/2019 Arsan Emmanuelle - 1975 - Erosfera - Arsan Emmanuelle

    3/90

    informatore replica con alcune battute scherzose che non hanno alcunrapporto con l’argomento. La sua conversazione mi infastidisce e non sonoscontento quando la hostess vi mette fine portandomi un vassoio conalcuni dolci e il tè.Tendo le mani per aiutarla, ma questo gesto sembra dispiacerle. Aggrotta lesopracciglia, stringe le labbra, allontana con una mano il vassoio, mentrecon l'altra, affrontando quelle difficoltà che io volevo appunto risparmiarle,fissa un tavolino mobile allo schienale della poltrona situata davanti a me.Vi appoggia poi con cautela il suo carico, verifica che tutto sia in ordine,sempre senza aprir bocca, lacera la bustina di materia plastica trasparenteche proteggeva cucchiaio, forchetta e coltello, appoggia queste posate afianco del piatto, apre un sacchetto di zucchero, ne versa il contenuto nellatazza, senza preoccuparsi di sapere se tali proporzioni mi convengono,aggiunge del latte, poi, con mia crescente sorpresa, dispone sulle mieginocchia un tovagliolo di carta, mi esamina ancora, come per convincersiche non resta altro da fare, e mi lascia solo quando la mia espressione leconferma che sono realmente soddisfatto delle sue attenzioni. Non ho fatto in tempo ad assaggiare un dolce che già ella ritorna e lorimpiazza con un altro. Protesto che non ho fame, ma rimpiango subito diaver pronunciato tali parole, perché noto immediatamente la suairritazione. Mangio perciò tutto ciò che mi porta, bevo tutto il tè che vuole. Non trovo alcuna impressione di cui farla partecipe, né lei, d'altronde, misembra veramente desiderosa che io le parli. Mi rendo conto che,sottomettendomi di buon grado ai suoi servizi, riesco sufficientemente asoddisfarla. Non voglio, certo, farle credere che sono in caccia di un'avventura.D'altronde non accordo il minimo credito alle leggende. Il fatto che leimpiegate delle compagnie aeree siano in generale più giovani e più belledella media dei viaggiatori può spiegare, a rigor di logica, perché questiultimi si eccitano: si può scusarli se credono alla realtà dei loro sogni. Da parte mia, non ho alcun merito se mi tengo alla larga da questi giochi disocietà: tutto quello che è finzione mi irrita.L’ora è trascorsa. Stavolta mi permetto di avvicinarmi alla paratia e tentodi riconoscere le segnalazioni luminose. Non vedo niente. Tuttavia ilcrepitio dell’altoparlante mi fa presagire che stiano per darmi notiziesull’atterraggio. L’hostess farà ancora sfoggio della sua concisione poliglotta? Infatti, parla dapprima in italiano. La pista, dichiara, è

    inutilizzabile, a causa della nebbia. L’ufficiale di bordo è dispiaciuto per lemodifiche che questo contrattempo potrà apportare ai progetti dei

  • 8/9/2019 Arsan Emmanuelle - 1975 - Erosfera - Arsan Emmanuelle

    4/90

     passeggeri. L’apparecchio atterrerà infatti in un aeroporto di disimpegno.Dove? Ella non lo dice, preferisce ripetere in inglese e in francesel’informazione che avevo già capito. Sono abbastanza sollevato, loconfesso, perché in un primo tempo avevo temuto che l’aereo tornasse aRoma, il che mi avrebbe messo in una posizione difficile. Ormai nessuntreno potrebbe portarmi in tempo ad incontrare la persona che mi aspetta,domani alle prime ore del giorno, appuntamento che non posso prendermila libertà di mancare. Non si tratta di un qualsiasi incontro d’affari, ma diuna prova dalla quale uscirò capace di vita autentica o votato all’ipocritaattesa della morte. (La scelta sarebbe per me facile, senza dubbio, sesapessi da quale parte sta la rinuncia e da quale il coraggio. Ma sono sicuroche, seguendo quelli che credo essere i miei gusti, mi proteggeròdall’invecchiamento automatico degli altri? Il mondo reale per medall’identificazione o dalla separazione?)Il mutamento che si verifica nel regime dei motori a reazione mi distogliedalle mie elucubrazioni e mi convince della mia fortuna. Qualunque sia illuogo in cui sarò sbarcato, mi sarà possibile raggiungere in tempo il mioobiettivo.La hostess riappare per allacciare con le sue mani, attorno alla mia vita,con una serietà da chirurgo, la cintura di cui ella deve tuttavia conoscere lafutilità. Ella stessa si siede nella poltrona che fa  pendant con la mia,dall’altro lato del passaggio. Con la testa appoggiata allo schienale,silenziosi e, per quel che mi concerne, senza timore, aspettiamo che il voloabbia termine.L’aereo atterra dolcemente, gira, corre sulla pista più a lungo del solito,infine si ferma. Prima che abbia potuto farlo io stesso, la hostess mi haliberato delle mie cinghie. Prende il mio cappotto, mi aiuta a indossarlo,mi porge i guanti, poi mi ordina di scendere a terra.La densità della nebbia è tale che riesco a malapena a scorgere, pur sotto laluce delle lampade, la parte terminale della scaletta di metallo: come hafatto il pilota a imboccare esattamente la pista, in questa notte liquida? E seè così abile, quale difficoltà maggiore gli ha impedito di portarmi alla mianormale destinazione? Il mio umore, fino a quel momento dispostoall’ottimismo, cambia bruscamente: la necessità di dover perdere diverseore in strada adesso mi costerna. Cerco con gli occhi la hostess, perlagnarmi con lei. Fatica vana: anch’ella è diventata invisibile.Un uomo infagottato in una tuta dal colore cupo, con un volto

    dall’espressione stizzosa, le spalle sollevate nel tentativo illusorio didifendersi dall’umidità e dal freddo, mi fa segno di seguirlo. La nostra

  • 8/9/2019 Arsan Emmanuelle - 1975 - Erosfera - Arsan Emmanuelle

    5/90

    marcia nell’oscurità sembra un dover finire: sto per protestare quandofinalmente appare una luminosità diffusa e penetriamo in una stanzadeserta, evidentemente priva di riscaldamento, il cui unico mobilio sonoalcune panche e le cui pareti sono decorate con manifesti di localitàturistiche. La mia guida mi intima di aspettare. Resto piantato là, losguardo girato verso la parete opposta a quella da cui siamo entrati: è daquella parte che mi sarà permesso di proseguire oltre.Più tardi mi chiedo se per caso mi sono addormentato in piedi. Mi sembrainfatti di aver perso la memoria per quanto riguarda il tempo trascorso. Nessuno è venuto a cercarmi. Sono scosso dai brividi, mi stringo nellespalle, percorro i pochi metri che mi separano da una porta di ferrosmangiato, mi ritrovo su un marciapiede vuoto. Dove sono. Infine? Avrei potuto informarmi dalla hostess, se non altro per scaricarmi la coscienza,chiedere il nome di quell’aeroporto. Nello stesso momento in cui sto per cadere preda dello scoraggiamento,davanti a me si staglia la sagoma di un pullman, enorme nella nebbia. Unautista che indossa l’uniforme gallonata della compagnia aerea mi apre la porta, mi esorta a mettermi a sedere, aggiunge che la mia valigia è alsicuro sul rimorchio. Alzo le spalle e vado ostentatamente a sedermisull’ultimo sedile del veicolo, alla maggior distanza possibile dal posto diguida.L’automezzo riparte, procede con lentezza. È impossibile scorgere laminima cosa attraverso i vetri: i fari cristallizzano davanti a loro masse di bruma, in cui il cofano del veicolo sprofonda con una cecità suicida.Preferisco fingere di dormire. Ma anche dietro le mie palpebre chiuse ilfantasma della nebbia continua ad assillarmi con i suoi miraggi.Ogni volta che dischiudo le palpebre, il paesaggio è sempre lo stesso:davanti, un riflesso glaciale e, su tutti gli altri lati, il vuoto assoluto dellanotte.Quanto tempo è passato, da quando abbiamo cominciato a viaggiare così? Non ho notato l'ora dell'atterraggio, né quella in cui sono montato a bordodel pullman. Ora è mezzanotte. L'automezzo si ferma. Una vetrinailluminata si fa largo vagamente tra le tenebre. Rifiuto di credere che possiamo già essere arrivati.« Vado a mangiare un boccone,» mi grida l'autista. « Le consiglio di farealtrettanto. Abbiamo ancora un bel pezzo di strada da percorrere.»Sono ripreso dallo scoraggiamento. In quel momento sarei molto più

    vicino alla mia meta, se avessi avuto il buonsenso di prendere il treno. Hoavuto torto a cedere a un'impazienza che questo viaggio trasforma in

  • 8/9/2019 Arsan Emmanuelle - 1975 - Erosfera - Arsan Emmanuelle

    6/90

    derisione.Tuttavia, poiché non ho alcun mezzo per sottrarmi ai capricci dell'autista,tanto vale, senza dubbio, che mi adatti al suo ritmo e dia prova dicooperazione. Mi rassegno dunque a scendere, entro nell'osteria dove unvecchio, rannicchiato su una sedia, contempla il vuoto. La mia guida, coni gomiti appoggiati al bancone, mastica pesantemente. Con il mento miindica un sandwich, simile al suo, che mi aspetta, appoggiato direttamentesulla lastra di zinco del banco, tra due bicchieri di vino.Mangiamo fianco a fianco, senza parlare. I dolci che la hostess mi hacostretto a mangiare mi hanno tolto l'appetito. Questa fermata inutile edesasperante dura all’incirca una mezz’ora. Quando riprendiamo ilcammino mi siedo accanto all'autista e mi arrischio a domandargli: «Quando arriveremo ?»So in anticipo che egli metterà di mezzo la nebbia per evitare diimpegnarsi in una risposta precisa, e le mie previsioni si avveranoesattamente. Il calore che mi ha infuso il vino mi aiuta tuttavia a dar provadi tolleranza. Forse, dopo tutto, ha avuto ragione a obbligarmi a riprenderele mie forze.Passiamo attraverso zone meno opache, dove riesco a distinguere alcunecase. Costruzioni prive di alcun carattere, come in tutti i villaggi delmondo: muri piatti dall'aspetto stretto, pelosità ripugnante dei cavi elettrici.La strada ha un andamento serpeggiante. Non esiste da queste partiun'autostrada? Non è ancora terminata, mi informa il mio compagno.Questo scambio di parole ci basta, per circa un'ora.Trascorso questo tempo, gli rivolgo di nuovo una domanda disincantata:« Quanti chilometri crede che ci restino da fare?»« Uno,» sogghigna l'altro.Lo spazio intorno a noi è tornato di nuovo imperscrutabile: tutto ciò cheriesco a indovinare è che avanziamo ormai lungo un rettilineo. Una nuovazona di luminosità lattiginosa ci appare e ci fermiamo. L’autista si alza escende dal pullman. Incerto, lo seguo fino alla parte posterioredell’automezzo. Egli estrae una chiave, la introduce nella serratura delrimorchio, alza lo sportello e mi porge il mio bagaglio.« Lei è arrivato,» esclama.« Dove?»« Non conosce la città?»« Sì. Ma non vedo niente.»

    « Eppure è qui.»Ride senza traccia di simpatia, borbotta una frase che non afferro, mi gira

  • 8/9/2019 Arsan Emmanuelle - 1975 - Erosfera - Arsan Emmanuelle

    7/90

    la schiena e sparisce nell'oscurità. Riesco a decifrare, sul muro accanto alquale ci siamo fermati, l'insegna dei terminal dell'Alitalia. L'uomo non miha ingannato. Devo soltanto cercare una lancia, quei costosi battelli chefanno servizio di tassì sulle vie d'acqua interne e sulla laguna. A quell'ora econ quella nebbia non ho speranza di trovare un vaporetto o un motoscafoche faccia servizio.Discendo lungo la breve pendenza che separa la piazza dal canale: l'ufficiodella compagnia aerea è illuminato e aperto. Mentre sto per entrarvi, neesce una giovane donna, con la testa avvolta in una sciarpa di tulle, di uncolore scuro. Ella mi fissa e io la riconosco, sorpreso: è la hostess del mioaereo. Esclamo:« Com'è arrivata fin qui?»Lascio volontariamente capire il mio risentimento per non essere statoinvitato a compiere il tragitto insieme con l'equipaggio, in condizioni, nesono sicuro, ben più piacevoli di quelle che mi sono state riservate. Ma lahostess non dà segno di esserne addolorata.« La accompagnerò a un albergo qui vicino,» decide.« La ringrazio, ma ho già fissato una camera al Luna.»Mi squadra con il suo sguardo dai riflessi dorati, arcua in una smorfiacaustica le sue labbra carnose:« E come pensa di arrivarci?»«Stavo proprio per chiedere che mi chiamino una lancia.»« Nell'ufficio non c'è nessuno. Io sono qui solo per chiuderlo.»Sembra aspettare che io dia segni di resipiscenza. Ma io m'intestardisco:« Non vuole telefonare per mio conto a una stazione di tassì fluviali?»« E' inutile: ho già provato, non rispondono neanche.»« Bene. Allora andrò io stesso fino all'imbarcadero dei tassì.»« Buona caccia!» ella conclude, come se fosse infastidita dal protrarsi diquesta conversazione e avesse fretta di rientrare nel suo abituale mutismo.Mentre la guardo andarsene, sono preso da un troppo tardivo rimpianto.Ma infine, perché non ha insistito oltre? Freno l'impulso di correrle dietro:sarebbe folle, non la ritroverei già più.Più saggiamente mi metto alla ricerca della imbarcazione di cui ho bisogno. Mi viene in mente un posto dove se ne trovano sempre, a pocadistanza da dove mi trovo, verso la confluenza del Rio Nuovo.Infatti le trovo. La sagoma del loro scafo verniciato e dell’abitacolo (chemi immagino ornato di tendine a frange) è visibile anche attraverso quei

    vapori compatti. Mi sporgo sul ponte, chiamo, batto ai vetri, ma nonottengo la minima risposta. Quelle imbarcazioni sono vuote.

  • 8/9/2019 Arsan Emmanuelle - 1975 - Erosfera - Arsan Emmanuelle

    8/90

    Devo aspettare qui il ritorno dei battellieri? Ma, se non tornano primadell’alba?Inciampo in un corpo addormentato, avvolto in una coperta e sdraiatodirettamente sulla banchina, nel freddo umido. Non sapevo che a Veneziaci fossero mendicanti.Costui dà prova di un sorprendente buonumore, mentre si mette a sedere esi stropiccia gli occhi. Parla con un tale accento che devo fargli ripeterenumerose volte quello che dice. Ma si tratta soltanto di considerazioni sulcattivo tempo. Assumo un atteggiamento amichevole per far sì che mifaccia da guida. Ma egli è soltanto il guardiano del luogo. E dai suoidiscorsi riesco a capire, concentrando la mia attenzione, che questa nottenessuna barca a motore circolerà, qualunque sia il prezzo che io possooffrire, perché non si è mai vista una nebbia simile.« Troverò, comunque, una gondola.»« Neppure in sogno!»« Allora, un abusivo.»« Avrebbe paura anche lui.»Mi ribello:« Voi battellieri conoscete tanto bene le calli da farvi evoluzioni a occhichiusi. E non ci sono segnalazioni luminose, ai passaggi più pericolosi?»La conversazione piace al vecchio e vi contribuisce con talento. Mi tracciaun quadro storico della navigazione locale, afferma che ai tempi della suagiovinezza i trasporti erano migliori di oggi: non era ancora venuta lagente della terraferma a cacciare il naso dovunque... Non mi resta dunque altro da fare che raggiungere l'albergo a piedi. L'hogià fatto una volta, qualche mese fa. Ma quella volta l'avevo fatto, è vero, perché un veneziano voleva farmi provare il piacére di una passeggiatasenza fretta al sole d'autunno, tra quegli antichi muri. E quel giorno nonavevo valigie da portare. Tuttavia, anche tenendo conto dei momentid'esitazione in cui mi sarei trovato, qua o là?, per decidere da solo ilcammino da seguire nella notte e degli errori probabili che l'avrebberoallungato, arriverò alla mia meta!Un attimo dopo, mi pento di non aver pensato a chiedere a quel brav'uomodi guidarmi e di farmi da facchino. Però, forse, avrebbe rifiutato di lasciareil suo posto. In ogni modo, ormai è troppo tardi perché ritorni sui miei passi: non sono sicuro di saper tornare senza tentennamenti e perdite ditempo all'imbarcadero dove abbiamo scambiato quattro chiacchiere. Se ci

    si azzarda a deviare, anche solo di una strada, nel labirinto di Venezia, sirischia di girare a lungo in tondo, con grave danno dei propri nervi.

  • 8/9/2019 Arsan Emmanuelle - 1975 - Erosfera - Arsan Emmanuelle

    9/90

    Per fortuna mi ricordo abbastanza chiaramente l'itinerario che devoseguire. A dire il vero, non è certo semplice, perché nessuna strada direttacollega il piazzale Roma, da dove sono partito, al quartiere di San Marco,dove si trova il mio albergo. In questa città, molte vie sono senza uscita e bisogna saperle abbandonare a tempo, se non si vuole essere costretti atornare sui propri passi. Spesso l'uscita si offre a metà percorso, sullavostra destra o la vostra sinistra, sotto un aspetto del più mediocri:camuffata da portone d'ingresso di un edificio o da stretto portico, mentrela bella calle che, lì a fianco, ha tutte le apparenze di una arteria principaletermina, venti metri più in là, contro un muro senza porta o su un canale. Nel momento stesso in cui penso a questi possibili inganni, eccomenevittima! La strada perpendicolare al Rio Nuovo, che ho imboccato dopoaver attraversato questa via fluviale sul primo ponte che ho trovato e averevitato la rete dei giardini, punta, lo so, esattamente nella direzione chevoglio seguire: se fosse possibile prolungarla con una linea assolutamentedritta, questa mi condurrebbe proprio davanti al portico del Luna. Non hocon me una pianta della città (senza dubbio, avrei dovuto pensare a prenderne una), ma sono guidato da un sicuro senso d'orientamento, quasiun fenomeno di tropismo. Se potessi lasciarmi guidare sempre da questosesto senso, non avrei bisogno degli occhi. Sfortunatamente, ho fattoappena alcuni passi che questa strada gira ad angolo retto e mi porta su una banchina abbastanza larga e facilmente identificabile: quella del CanalGrande. La stazione ferroviaria dev'essere proprio in faccia a me: sto pergirare la schiena alla mia meta.Piuttosto che ritornare sui miei passi, seguo il canale verso sinistra, finchéritrovo il Rio Nuovo. Eccomi dunque di nuovo qui, ma sulla riva opposta aquella dove sono attraccate le imbarcazioni a motore e dove il vecchioguardiano deve essere tornato al suo sonno. Cammino un istante, scoproun'altra strada ad angolo retto con l'asse della banchina. Mi assicuro chevada nel senso giusto. Evidentemente... poiché è quella che mi ha appena preso in trappola! Mi viene da ridere in modo folle al pensiero di esserestato sul punto di cascarci di nuovo dentro, tanto questa via mi è apparsa,la seconda volta, diversa; anche a quest'ora della notte e con un temposimile, bisogna proprio non saper assolutamente perdere per non divertirsia queste malizie di Venezia.Riprendo la mia ricerca, lungo il rio, e non tardo a essere ricompensato:una via parallela alla precedente si apre nell'asse di un ponte; avrei dovuto

    imboccare quella strada subito, per essere sicuro di non smarrirmi.L'essenziale, comunque, è aver finito per trovare la mia strada.

  • 8/9/2019 Arsan Emmanuelle - 1975 - Erosfera - Arsan Emmanuelle

    10/90

    Effettivamente, dopo una ventina di minuti, durante ì quali sono stato benattento a conservare mentalmente la direzione ideale e a riprenderla, ognivolta che fossi stato costretto a scantonare provvisoriamente a destra o asinistra, sbuco nel piccolo campo di San Pantaleone. Almeno, mi sembraquello, a giudicare dalla sua disposizione, con la chiesa alla mia sinistra. Inrealtà mi è difficile riconoscere la chiesa, perché la mia vista non va oltreun'altezza così minima che la facciata sembra assumere una formarattrappita e quasi scimmiesca. Ma se quel muso che emerge da ciuffi dilana bianca non mi dice niente di preciso, mi ricordo perfettamente che, inquella mia passeggiata ottobrina, mi era stato indicato come uno dei puntichiave della strada giusta.Tento tuttavia, per una maggiore sicurezza, di decifrare l'iscrizioneall'angolo della piazza. Ma è un'impresa impossibile: la targa è fissatatroppo in alto e, anche se avessi con me un accendisigari o dei fiammiferi,la loro fiamma non riuscirebbe a farsi largo nella nebbia. Non fa niente:devo soltanto continuare ad andare dritto.Ma no: andando dritto finisco in un altro vicolo cieco che si incurva su sestesso per meglio sviarmi. Ritornato davanti alla chiesa, faccio il giro delcampo tastando i muri e mi rendo conto che sembra offrire quattro possibili uscite. Per un breve attimo, dubito di poter riconoscere quella dacui sono arrivato; mi basta però riflettere all'angolatura da cui mi èapparso, la prima volta, il portico della chiesa per riuscire a orientarmi dinuovo. La soluzione più logica è senza dubbio aggirare le costruzioni chemi ostacolano il cammino, scegliendo là viuzza che si apre alla miasinistra. La imbocco. Ne incrocio un'altra, che mi sembra importante,incontro uno stretto rio, lo passo grazie a un piccolo ponte molto arcuato,devo dirottare di nuovo a sinistra per sfuggire a delle fondamenta senzauscita, deviazione che correggo subito buttandomi nella prima via libera adestra, evito abilmente l'insidia di un falso passaggio che non è altro cheun cortile... e all'improvviso ho il sospetto che tra un attimo finirò pertrovarmi da qualche parte vicino alla Scuola di San Rocco, che conosco bene ma che si trova nella direzione opposta a quella verso cui intendoandare!Benché mi costi fare un puro e semplice dietrofront, mi decido a tornaresui miei passi finché ritrovo San Pantaleone. La mia impresa ha tantosuccesso che l'informe facciata si erge davanti a me prima di quantosperassi e, una volta di più, mi torna il buonumore. Anche in pieno giorno

    e con il bel tempo, probabilmente non sarei riuscito a evitare questi errori.Inoltre, ed è questo il lato consolante della mia esperienza, la sola via che

  • 8/9/2019 Arsan Emmanuelle - 1975 - Erosfera - Arsan Emmanuelle

    11/90

    ormai mi resta da imboccare per uscire da quel luogo è per forza quella buona. Ma come potevo indovinarlo al primo colpo? Il ponte su cui questavia mi conduce è, a parer mio, perpendicolare all'asse che intendo seguire.Per essere di nuovo sicuro di mantenere la rotta prestabilita, vogliocosteggiare la riva del canale che il ponte attraversa.Purtroppo non trovo il modo di mettere in pratica questo piano: il canalenon è fiancheggiato da alcuna banchina; le facciate delle case vistrapiombano a picco. Bisogna dunque che giri a una certa distanza daesso, arrangiandomi per conservare una direzione che sia parallela.La mia valigia comincia però a sembrarmi pesante. Mi viene voglia diservirmene come sedile, per tirare il fiato. La grande piazza in cui sonoappena sbucato sembra invitare a questa specie di scalo. Ne intraprendol'attraversamento e ben presto, così suppongo, ne raggiungo il centro perché da dove mi sono fermato, sotto l'alone di luce di un lampione, nonvedo alcuno dei suoi lati. Potrei credere di trovarmi in mare, arenato a unacerta distanza dalla costa, ingannato dai bagliori di uno scoglio traditore.Come riuscirò a raggiungere il porto, senza poter vedere le stelle, senza bussola e senza carte nautiche?... Decisamente questa fermata non puòaiutarmi: farei meglio a ripartire subito.Una sagoma in movimento, a pochi passi da me, mi ispira una paura reale:senza dubbio mi ero tanto abituato alla solitudine che l'in contro con unaltro essere umano mi sembra, in sé, un fatto anormale. E in realtà costuiche esce dalla nebbia e si ferma davanti a me, così vicino da poterlotoccare, ha qualcosa di inquietante, sia per la sua presenza, a quell'ora, instrada sia per il suo bizzarro abbigliamento: calzoni aderenti di cuoiogiallo paglierino, stivali con borchie di bronzo, redingotte di velluto ocra,gilet color foglia morta e camicia con jabot di un acceso giallo zafferano,guanti di camoscio, bastone con l’impugnatura a pomo. I lunghi capelli bianchi non sono nascosti da alcun copricapo e fluttuano, inquadrandoguance dall'aspetto satinato. Il naso è corto, quasi mancante; la bocca largae le labbra tumide; gli occhi simili a crisantemi. Probabilmente mi trovodavanti Un gentiluomo del passato, che soffre di nostalgia per tempiandati. La sua voce, quando apre bocca, vibra di tonalità ben studiate cheservono da elemento di riconoscimento tra gli snob di qualsiasi nazionalitàe lingua.« Lei si è perduto, a quanto vedo.»Protesto, mentre mi alzo e lo sovrasto di tutta la testa:

    « Niente affatto. Mi riposavo.»« Finirà per prendersi un malanno.»

  • 8/9/2019 Arsan Emmanuelle - 1975 - Erosfera - Arsan Emmanuelle

    12/90

    Poi continua, in francese stavolta — cosa che mi infastidisce, perché non pensavo che il mio accento fosse così individuabile benché avessi pronunciato appena poche parole:« Mi permette di accompagnarla fino a metterla sulla strada buona?»« Ma ci sono già.»« In un certo senso, sì. Ma a partire da qui lei rischia di perdersi.»« Non lo credo.»« Il suo treno è arrivato in ritardo?»« Sono arrivato in aereo.»Accenna un sorriso, in cui percepisco una vena di scetticismo. Ma perché perdo il mio tempo a dargli spiegazioni? Qualcosa in lui mi mette a disagioe non intendo prolungare questo incontro. Faccio un leggero cenno con latesta, di cui l'altro capisce le intenzioni, perché si inchina, con una certacerimoniosità, ed esclama:« Spero di rivederla.»Sono io ad allontanarmi. Questo incidente, benché insignificante, mi hadepresso. Direi quasi che mi ha guastato la festa, se non fosse esageratodefinire una festa questa mia laboriosa passeggiata: ma è pur vero che, finoa quel momento, non provavo alcun fastidio a camminare così; ora, invece,sì. E ho fretta di venirne a capo. Consulto il mio orologio: è possibile chesia soltanto l'una e mezzo del mattino? Lo avvicino all'orecchio: si èfermato. Questa nuova contrarietà mi sembra eccessiva e accelero il passo,come se fossi sotto accusa.Questo campo non finisce più. Ma all'improvviso vado quasi a urtarecontro alcuni contrafforti: che senso ha questa profusione di chiese, che siassomigliano tutte e non possono neanche servire da punto di riferimentoal viaggiatore notturno? Questa non l'ho mai vista. Oppure, se l'ho vista,non me la ricordo. Ma è certo che non sono dell'umore giusto per studiarnelo stile; la lascio alla mia destra e imbocco un ponte, giro a sinistra,continuo costeggiando un rio e mi ritrovo, ormai è chiaro, davanti aun'altra chiesa, che mi sbarra la strada. Stizzito, torno indietro, passo unaltro ponte, avanzo dritto e senza esitare e annego di nuovo in un maresenza rive- Stavolta non so proprio più dove mi trovo. Una voi e, purtroppo facile da riconoscere, mi costringe a girarmi, Lui è ancora là e,lo giurerei, mi osservava con aria ironica.“ Pensavo proprio che sarebbe tornato per chiedermi di aiutarla,” dice.“ Vuol dire che non si è mosso da dove io l’ho lasciata?”

    Si inchina ancora una volta.“ Era mio dovere attenderla.”

  • 8/9/2019 Arsan Emmanuelle - 1975 - Erosfera - Arsan Emmanuelle

    13/90

    Faccio uno sforzo per conservare la calma. In realtà, forse al punto in cuisono sarebbe giusto chiedere a questo importuno di orientarmi. Perciò mirisolvo a farlo. Ma invece di indicarmi la direzione che devo prendere, si preoccupa di contestare la scelta del mio albergo.« Non posso credere che una persona della sua sensibilità si lasci imporreun albergo di bassa categoria,» mi rimprovera. « Trova tollerabile nonappartenere sempre alla prima classe?» Prima che abbia il tempo dimandarlo al diavolo, sorride con garbo, sospira:« Non si viaggia forse soprattutto per sfuggire all'idea fissa che gli altri sifanno di voi?» A questo punto, assume un tono confidenziale piuttostoassurdo per sussurrarmi:« Avrà certamente già capito che anch'io non sono di qui.»Abbozzo un gesto che dovrebbe fargli capire come questo fatto mi lasciindifferente. Prorompe in un'esclamazione: .« A proposito, mi sono presentato?»Infila nel taschino del gilet due corte dita guantate, ne estrae un biglietto davisita, me lo porge. Getto uno sguardo di circostanza su un nome moltolungo che non mi do la pena di leggere. Riesco appena a intravedere che èsormontato da un simbolo nobiliare. Borbotto, in risposta, il mio casato plebeo e manco l'occasione di fargli apprezzare la contraddizione cheesiste tra i suoi giochetti nobiliari e i principi che mi sta enunciando. Si ègià lanciato in un nuovo veemente monologo. Ma, preso da una specie distupore, riesco a capire soltanto la fine dell'interminabile frase che haappena snocciolato:« ... e lei conosce le mie opere.»Riesco finalmente a reagire ed esclamo:« Neanche per sogno.» Non sembra mortificato; afferma, come se fosse qualcosa di lapalissiano:« Eppure non ci sono altri storici delle Amazzoni oltre a me.»Poi si sprofonda in una contemplazione interiore che mi offre finalmenteuna possibilità di fuga. Non esco neanche dalla piazza. Ne faccio soltanto il giro, senzariconoscere nulla. Perché illudermi? Non so più dove andare. Come farò aindovinare dov'è il nord, la terra, la laguna? Non riuscirò mai a sfuggirecon le mie proprie forze a questo nulla brumoso.Ritorno, sconfitto, verso la nuvola illuminata che è ormai la sola boa cui io possa ancorarmi. Il personaggio riprende le sue elucubrazioni, come se non

    si fosse accorto della mia assenza: « Lei converrà con me che non si puòvivere in pubblico e sfuggire alla classificazione. Ora, chi dice genere dice

  • 8/9/2019 Arsan Emmanuelle - 1975 - Erosfera - Arsan Emmanuelle

    14/90

    mutilazione. Il primo dovere che abbiamo è di non lasciarci sminuire. Leisi troverà più al sicuro in un palazzo privato.»« Io le sarei già molto grato se mi indicasse come posso arrivare al pontedell'Accademia per la via più corta, dico tristemente.« Mi segua,» taglia corto l’altro.Mi avrà sentito, contro ogni speranza? Ma si ferma accanto a un pozzo, lacui pietra è ornala da un alto fregio raffigurante alcune puledre dallezampe asili i dal collo affilato. Il suo parapetto è torto dalla nebbia senzache noi si sia passati da alcuna calle: almeno, non ho visto i muri.« Esamini bene queste figure,» esclama il barone. « E riuscirà subito acapire il rapporto esistente tra i loro modelli e le mie eroine.»Appoggio la mia valigia sull'acciottolato scivoloso e carezzo la bocca dimarmo del pozzo, che sembra gonfiarsi sotto le mie dita.« Queste puledre si lasciavano montare solo da chi le amava,» prosegue ilnarratore. « E ci si può amare soltanto tra esseri fatti allo stesso modo.»Replico con stanchezza:« Il genere cessa di essere un male se trasgredisce là specie?»All'improvviso mi guarda come se mi conoscesse da lunga data.« Lei si accanisce a usare parole per negare le sue possibilità,» esclama. «E' il segreto di qualsiasi suicida. Ciò che ha permesso alle Amazzoni disopravvivere è che non parlavano.»Scherzo (ma senza dubbio ho torto a far finta di entrare nel suo gioco):« È questa l'origine della loro cattiva fama?»« Ciò che non è mai stato loro perdonato è d'aver puntato sull'omogeneità piuttosto che sulla dissomiglianza.»« Procedendo per esclusione?»« Comprendendo che l'illusione di una essenza contraria non è quello cherende l'amore possibile, ma quello che nasconde i suoi poteri.»« La natura è fatta dell'organizzazione di elementi e d'avventurecomplementari.»« La natura ci destina all'infelicità, non alla gioia.»« Non abbiamo la scelta di poter andare a vivere altrove.»« Si può far meglio che non conformarsi al caso.»« Rifugiandosi nel fantastico?»« Il realismo delle Amazzoni consiste nell'aver rigettato la favola di unmondo fatto di uomini e di donne.»« Rifiutarsi di riconoscere la pluralità dei sessi non può cambiare il reale.»

    « Esse hanno sempre saputo che esiste un solo sesso.»« In quale spazio mitologico?»

  • 8/9/2019 Arsan Emmanuelle - 1975 - Erosfera - Arsan Emmanuelle

    15/90

    « In quello in cui i miti sono messi a nudo.»« L'unica demistificazione di cui si possa essere sicuri è quella dellamorte.»« La morte è concepibile solo là dove esiste una differenza: l'amore, che èl'antitesi della morte, è l'abolizione di qualsiasi diversità.»« E le Amazzoni facevano la guerra per amore della vita o per amore dellamorte?»« Si battevano solamente per essere libere di amare.»« E in base a quale metro misuravano la libertà dell'amore?»« In base a che cosa, in realtà, le chiedo, se non alla bellezza dei loro toracinudi?»« Dunque non erano niente di più che lesbiche?»« Erano padrone di loro stesse.»« Una tale arte può avere diversi sensi.»« Il senso che ha in realtà ancora non esiste. Almeno, non per altri corpiche non siano quelli che esse hanno conquistato.»«Perché, si sono perpetuate fino ai nostri giorni?»Si mostra insensibile al sarcasmo, osserva semplicemente:«In caso contrario, che cosa farei io qui?»Mi sforzo di essere obiettivo:« E per quale mezzo si riproducono?»« Per cooptazione.»Il mio silenzio lo induce senza dubbio a pensare che io mediti su questarivelazione. Precisa:« Si reclutano tra le donne capaci di essere uomini e tra gli uomini capacidi essere donne.»Bisogna credere che, stavolta, io abbia dovuto veramente abbassare le palpebre perché, bruscamente, non lo vedo più. Aspetto un attimo, chiamo. Nessuno risponde. Sollevo la mia valigia con un certo rimpianto. Il freddomi attanaglia, i miei capelli sono umidi di nebbia. Mi avvio, con un nuovo,doloroso sforzo, nel tentativo di uscire dal dedalo nel quale mi sonolasciato invischiare.Ormai per me si tratta di andare da qualsiasi parte. Dovunque mi trovi,finirò pur per trovare un rifugio.Mi allontano dal pozzo, finché incontro un muro. Al termine di questomuro trovo un passaggio. In fondo al passaggio le solite fondamentaveneziane. Ma il rio che costeggia queste fondamenta ha certo debordato:

    cammino nel bagnato. Più avanzo, più l'acqua diventa alta. È forse l'iniziodi una di quelle inondazioni così frequenti a Venezia? Siamo in un periodo

  • 8/9/2019 Arsan Emmanuelle - 1975 - Erosfera - Arsan Emmanuelle

    16/90

    in cui l'opposizione del sole e della luna innalza il livello del mare? Sosoltanto che non posso andare avanti da questa parte. Ma ho appena fattoalcuni passi in un'altra direzione che, di nuovo, l'acqua fetida mi insidia.Perdo la testa, fuggo. La nebbia è diventata ghiaccio liquido, che micongela le labbra e mi brucia gli occhi. Mi sento braccia e gambe pesanti,intorpidite. Mi sembra quasi di sentire sulla mia schiena un fluire livido eviscoso. Non ne posso più.Chiamo a voce alta, senza quasi rendermi conto delle parole che pronuncio. Le sento rimbalzare beffardamente sul nero specchio salmastro.« Il pozzo! Dov'è il pozzo delle Amazzoni?»Al suono di questa preghiera insensata torno in me. Tutt'a un tratto mimetto a ridere: evidentemente le parole del barone devono avermi stancato più del previsto per farmi girare così la testa! Ora sto meglio. Se non cifosse il peso di quell'inutile bagaglio, mi sentirei nelle migliori condizionidi spirito per affrontare la tappa finale.Ma, poiché la considero inutile, perché continuare a sopportarne il peso?Per semplice abitudine? O sono forse più attaccato al suo contenuto diquanto riesca ad ammettere?Faccio uno sforzo di volontà — uno sforzo sproporzionato alla sua causa — e appoggio la valigia che mi è così familiare accanto a un muro. Miallontano, cercando di non ascoltare le ragioni di rimpianto che mi corronodietro.Quasi subito mi ritrovo davanti al pozzo. O è forse un altro, rassomiglianteal primo? Ce ne sono tanti, nei campi e nei campielli di Venezia. Forse hofatto più strada di quanto non immagini. Esamino con cura il bassorilievoche lo circonda. Riconosco l'andatura pensosa, la dolcezza dello sguardo,la tenera linea della schiena delle giovani cavalle di cui lo studioso mi halodato le grazie. E' vero, sono belle. M'inginocchio per meglio osservarnele curve e accarezzare di nuovo i loro toraci serici. Alcune giovinette nudein questa carne di pietra non evocherebbero piaceri più umani. Mi piacerebbe cavalcare senza sella questi dorsi sensuali, circondare con le braccia i loro colli percorsi da vene calde e impregnare le mie guancedell'odore erboso delle loro criniere.Un timido strofinio contro la mia coscia mi distoglie da questo sogno.Quando giro la testa, due occhi dorati mi fissano, così ricchi d'intimità chenon provo né sorpresa né timore. Tendo la mano e tocco una lanugginefitta e crespa, tagliata corta e che lascia percepire il tepore della pelle. È un

    cane, che si è sperduto al pari di me e viene a tenermi compagnia nelfreddo: un barboncino, mi sembra, benché la forma del muso sia lunga e

  • 8/9/2019 Arsan Emmanuelle - 1975 - Erosfera - Arsan Emmanuelle

    17/90

    rettilinea come quella di un levriero. Una bestia, comunque, cui è statainferta una strana ferita. Nel mezzo della fronte, infatti, una tacca verticalele fende il pelame. Non vedo tracce di sangue: eppure non può essere unaferita vecchia, perché i lembi sono rosei e gonfi, come labbra morse:labbra che, ora, non possono più restare serrate. Non mi sarei quasi stupitose la punta di una lingua umida si fosse infilata tra le loro mucose perleccarle.Più la contemplo, più la stranezza di questa ferita mi sembra evidente. Lesue linee ellittiche e le sue proporzioni sono così perfette, la simmetria cosìregolare, il posto così ben scelto, il colore così calmo e la smorfia cosìconturbante che non può essere il prodotto di un incidente o di unamalformazione: denuncia una necessaria correzione dell'ingenuità dei trattiereditari, è il risultato di una volontà di bellezza. A questa bestia è statofatto qualcosa che la natura, lasciata a se stessa, non sarebbe stata capacedi inventare.Maschio o femmina? La carezzo: è una femmina. Mi sembra che il suosguardo pieno di pagliuzze dorate emetta un luccichio malizioso: di buongrado restituisco alla bestia il suo sorriso. Una zampa si posa sul mioginocchio, più lunga e più sottile di come sia di solito la zampa di un cane.Circondo con le dita la caviglia snella. In tutta la mia vita non mi ricordodi aver mai prestato attenzione a un animale, né di aver desiderato ditenerne uno con me. E meno che mai una cagna, forse per una paurainconscia che ad altri venga il sospetto (o che venga a me l'idea) di possibili rapporti amorosi. Ma questa è di una specie particolare. E potreiimmaginare, senza imbarazzo, di tenerla tra le braccia. Forse perché questainconsueta bocca incarnata sulla sua fronte offerta suscita in me ildesiderio di chinare la testa e di posare le mie labbra sulle sue?Senza che i suoi occhi abbandonino i miei, la visitatrice fa uno sforzo perfarmi mollare la presa. Apro la mano. Ella indietreggia, si gira, avanza diun passo, alza la testa verso di me: è così slanciata che il suo muso miarriva all'altezza dell'inguine.Si direbbe che mi inviti a seguirla. Perché farmi ancora pregare? Senzadubbio sa meglio di me dove andare.Pochi passi infatti ci separano dal luogo dove mi conduce, chiuso daun'alta cancellata di ferro, tra pilastri di marmo livido. Lo stiledell'edificio, l'altezza del frontone sono particolarità che non conoscevo:sulla scena dove è stato piantato questo portico nero e bianco, i fondali e le

    quinte, se esistono, restano nascosti nei vapori che escono dal paiolo deitruccatori.

  • 8/9/2019 Arsan Emmanuelle - 1975 - Erosfera - Arsan Emmanuelle

    18/90

    La bestia appoggia una zampa sulle sbarre.Do una spinta e il battente si apre. La mia guida mi precede sotto una voltaappena rischiarata, lungo la quale distinguo però immagini gigantesche.Mi avvicino a una di esse. E' una donna nuda, di un classicismo attico, chetiene per il collo una cerva: qualche dea cacciatrice senza dubbio, benchésprovvista di arco e di frecce. Il cane si è fermato, mi attende e io sto perraggiungerlo, quando un particolare sorprendente richiama la miaattenzione: il sesso della statua è scavato e scolpito con una sicurezza euna freschezza di taglio e di linea che mi fanno dubitare per un attimo che possa trattarsi di un'opera antica. Eppure sembra in ogni sua parte erosa elevigata dal passaggio dei secoli. Forse il sesso e il resto del corpo nonsono stati fatti contemporaneamente?Seguendo la cagna salgo una scala maestosa, dai gradini consunti checonduce a un vasto pianerottolo coperto di tappeti. Alcuni candelabri gialli,affissi a dei pannelli di rovere, spandono una luminosità di sogno esembrano invitare al silenzio. Una delle porte è aperta e la miaaccompagnatrice la varca. La seguo in un salone immerso nella stessa luce,troppo fievole perché si riesca a vedere quali tesori custodiscono i Mori di bronzo o d'ebano che rizzano di stanza in stanza i loro toraci a tutto tondo.La sala seguente è un po' più accogliente. Alcuni rami d'olivo, che si potrebbero credere tagliati di recente, guarniscono vasi di vetro verde pallido o di alabastro lattiginoso. Tavoli di alabastro e divani bassi sonodisposti a una certa distanza gli uni dagli altri, e in questi larghi spaziemerge il verde stranamente vegetale dei tappeti. Nessun segno di abitanti: né un suono, né un libro, né tracce di cenere.L'idea che in questo palazzo io possa trovare qualcuno cui domandareospitalità mi sembra sempre più improbabile, via via che le sale vuote sisusseguono in una deludente sfilata. Dopo un certo tempo decido di tagliarcorto con questa visita: un divano, nella stanza in cui mi trovo, mi offre unconforto sufficiente perché vi possa aspettare la venuta del giorno.Mi lascio cadere sui suoi cuscini di cuoio. Ma immediatamente la grandecagna ritorna sui suoi passi e si ferma davanti a me. Il suo sguardo è cosìchiaramente impaziente che mi alzo, quasi senza rendermene conto, eriparto alla scoperta del palazzo.Sono arrivato finalmente alla fine delle mie pene? Penetro in una stanzasplendida. Una luce giovanile, colori acidi rianimano il mio spirito. Alcunirari mobili attestano la ricchezza e il buon gusto dei padroni del palazzo.

    Al centro, un baldacchino di un bruno dorato con riflessi viola sormontaun letto coperto di pelliccia. Eppure, in quel sentore d'estate, fatto di fiori

  • 8/9/2019 Arsan Emmanuelle - 1975 - Erosfera - Arsan Emmanuelle

    19/90

  • 8/9/2019 Arsan Emmanuelle - 1975 - Erosfera - Arsan Emmanuelle

    20/90

    cagna. L'enigmatica bestia non è tornata. Ma sono veramente solo?All'improvviso una forma passa ai piedi del letto, concreta, impossibile:una donna dal torace nudo e anormalmente sottile, di cui ogni muscolosembra elastico e duro, visibile sotto la pelle ambrata. Il busto è piatto, punteggiato dai capezzoli scuri e appuntiti. Il viso ha i tratti netti di unascultura, dal collo sottile fino alla fronte incorniciata da capelli lisci, neri,tirati verso l'alto e stretti in un nodo, a ricadere in una lunga coda dicavallo, che, nel momento in cui la donna attraversa la stanza con unaelasticità da atleta, le sferza il dorso flessuoso, le anche impuberi e lenatiche dal profilo sferico e dai fianchi concavi.La forza quasi minerale e la giovinezza che immortalano questo corpodalle cosce di rame mi farebbero forse piombare in un abisso didisperazione se la sua inimmaginabile bellezza non mi facesse dimenticareogni altra ragione. Mi fa anche dimenticare che, io pure, sono nudo,mentre mi sollevo sul letto e contemplo con un desiderio assurdo questofin troppo certo miraggio.Con un brusco rilassamento delle sue gambe selvagge, la meravigliosavisione si gira e si volge dalla mia parte. Nei suoi occhi tenebrosi, daltaglio obliquo che sale leggermente verso le tempie, infossati e circondatida folte ciglia, tanto che sembrano inghiottire il viso, non riesco a leggerené interesse né collera. Le labbra larghe e carnose non sembrano volersischiudere. Le narici immobili non tradiscono alcuna emozione. Nessunrespiro sembra sollevare il petto dai riflessi appena ondulati delle corazze.Il mio sesso, tuttavia, si indurisce di passione per il ventre dai rilievisimmetrici, ombreggiato da fossette come una guancia e nel quale ildisegno ardito del pube smentisce brutalmente l'apparente innocenza. Nessun vello ne attenua la nudità e il rilievo, che richiamano alla mente glizigomi sporgenti del viso triangolare. Inoltre, affascinante singolarità, ilsuo solco non è, come nelle altre donne, a tre quarti celato tra le gambe,ma risale in alto, tutto scoperto, nello stesso piano dei seni da ragazzo. Unaforza libera e violenta sembra gonfiare del suo sangue le oblunghe labbraverticali che si offrono al mio sguardo con l'impudicizia e il sussiegotutt'affatto strani di una pianta bisessuata.Sento già che la scienza delle proprietà naturali e degli atti usuali misfugge di mano: di quale genere d'amore è capace questo superbo corpo?Per carnale che sia, la mia brama esita ancora a disturbarne l'ordine. Purtuttavia, l'avvenire mi offrirà mai di nuovo una simile occasione?

    Prim'ancora che mi sia deciso a tentare il gesto che potrà conquistarmi lasua bellezza, l'apparizione previene il mio attacco e indietreggia. Si

  • 8/9/2019 Arsan Emmanuelle - 1975 - Erosfera - Arsan Emmanuelle

    21/90

    addossa al muro, le spalle curve in avanti. Forse per prendere lo slancio efuggire? L'ho già perduta? Oppure, al contrario, ella si prepara a sua voltaa gettarsi su di me, con la ferocia che fanno presentire le sue membrairrigidite e lo sguardo notturno?Un progressivo mutamento, però, ammorbidisce il suo atteggiamento erischiara il suo viso. La cavità dei suoi occhi si riempie lentamente di pagliuzze colorate. Si avvicina, senza sorridere ma anche senza più alcunadimostrazione di timore verso di me, tende una mano e l'appoggia sullamia bocca. È forse, per impedirmi di parlare? Con l'altra mano mi tocca ilsesso.Per paura di far rinascere in lei altri timori, lascio ricadere il mio corponella posizione in cui ella l'ha sorpreso addormentato. Le mie bracciariposano immobili sulla pelliccia ruvida, trattenendosi dal circondare lecosce della donna che indovino più inclini a serrarsi attorno a unacavalcatura domata che a lasciarsi esse stesse soggiogare. Le mie manirifiutano di esplorare la sfrontata fessura di cui il mio odorato percepisce il profumo di ginestra. Smetto di volere, nell'attesa di sapere che cosa ellavuole.La palma della sua mano e le sue dita passano sulla mia verga, che al lorocontatto sussulta e si tende; poi esse si stringono e serrano in una morsa lacarne spugnosa, affinché le mie vene ansanti l'irrorino di sangue.La mano sicura mi tiene così per un momento, senza muoversi, finché lamia rigidità e congestione le sembrano sufficienti: allora, tira indietro la pelle, poi rimonta lentamente, fino alla punta del glande, e ripete il suomovimento senza cambiare il ritmo; aumenta appena la pressione, nelmomento in cui arriva alla fine della sua corsa, con una scossa quasiimpercettibile. L'insistenza di ogni passaggio progredisce tuttavia con unrigore scientifico.Gli occhi della fanciulla seguono, senza percettibile emozione, l'opera incui la sua mano eccelle. Provo un senso di meraviglia più spirituale chesensuale per il talento e l'efficacia con cui ella mi sottomette ai suoidisegni. Non mi passa neanche per la mente di chiamare il suo gesto unacarezza. Per stordente che sia la spirale in cui mi trascina il va e vieni dellasua mano, per vertiginoso che sia l'incoercibile afflusso dello sperma, ladeterminazione che scorgo in lei e, anche, all'improvviso, le possibilitàindefinite che sento in me mi fanno capire che ella si applica non tanto per procurarmi un piacere fisico, ma piuttosto per liberarmi da una attiva

    debolezza.Contro qualsiasi ragione, spero che la prova duri a lungo: ma perché lei, la

  • 8/9/2019 Arsan Emmanuelle - 1975 - Erosfera - Arsan Emmanuelle

    22/90

    mia educatrice, dovrebbe attardarsi? La sua mano si fa più imperiosa; lasua cadenza irresistibile. Viene il momento: sto per disfarmi, scompormi...Consento a che questa donna mi svuoti dei geni univoci che predestinavano la mia essenza e scusavano la monotonia delle mie scelte.Il filtro di cui sognavo di servirmi per assoggettarla alle mie rassegnazionie al mio amor proprio fluisce tra le sue dita e sul mio ventre, dove anche lesue labbra lo lasciano perdersi.Gli esclusivismi che la mia erezione armava di chimere si seccano già sullamia pelle, con la patetica tenuità delle finzioni e delle false gioiedell'infanzia. L'unione effimera e il disincantamento solitario dei nostricorpi distinti creano in me un desiderio di gemellanza. No, non sono ancora solo. La sconcertante bellezza si è inginocchiata e ha preso nella bocca il mio sesso sfinito. La sua lingua e le sue labbra, la suasaliva e i suoi denti non cercano più niente da estrarre da me. Al contrario,è da lei, ne sono sicuro, che mi viene questo succo infinitamentezuccherino che, a poco a poco, si mescola ai fluidi delle mie vene. Coninfinito diletto il suo volatile sapore si annuncia alla mia gola. Forse lo possedevo da sempre in me, addormentato, finché un tocco venutodall'esterno me l'ha fatto scoprire.Ma sarò in grado di aprirmi ai doni che presagisco? Devo disabituarmi atanti pretesti malinconici, prima di poter riconoscere tutta la realtà cui doasilo!Quel sottile senso tattile, supponevo io forse l'umiltà congenita che lomanteneva assopito? Divento tutto sensibile mucosa. Gli sfregamenti, lefrizioni e le pressioni che incantano il mio fallo illanguidito creano in meun senso di sollievo dopo le trazioni impazienti e le suzioni interessate.Una lingua petulante avviluppa e culla il mio sesso, gira, volteggia e tornaad annidarsi su di esso, trattandolo come un clitoride: i suoi battiti rapidi ecaldi, la sua leggera giocosità, la sua tenerezza, le sue premure, la suatranquillità mi promettono squisite tregue e sogni così durevoli come lenubili predilezioni.Mi annido nella bocca che m'ama come mi rannicchierei in un amplesso.La sua prodigalità risveglia sotto la mia pelle una tenera elettricitàfremente, che si irradia verso la parte alta delle mie cosce e, lungo il mioventre, fino al mio petto di cui essa indurisce soavemente i capezzoli.Accumulo questa preziosa corrente, prevedendo il momento in cui icondensatori del mio corpo la cambieranno in lampi culminanti.

    Ma posso dilatare di quanto mi piacerà lo spazio immaturo e ghiotto chesepara il mio desiderio e il mio appagamento. Il sangue che affluisce sènza

  • 8/9/2019 Arsan Emmanuelle - 1975 - Erosfera - Arsan Emmanuelle

    23/90

    fretta nel mio voluttuoso intrico di vasi non mi brucia più del fuoco chevolevo poco fa emettere come un grido: irriga e calma il mio sesso e le mietempie. La sua liquida freschezza s'allea alle secrezioni di ghiandole ignoteche umettano la mia intumescenza serica di grosse gocce odorose di unaloro rugiada.Con una percezione imprevista, ascolto il suono di ritmi sincroni chechiamano con voce sorda i miei muscoli incitandoli a una danza sensuale:all'inizio lenta, poi più baldanzosa e che mi trascina nel suo ritmo ansante.Il mio bacino si solleva e si distende, aspira l'aria come un polmone.Intuizioni senza immagini, salve folgoranti mi trafiggono, mi mutano, mitrasfigurano. Divento cavità. Aspetto soltanto la penetrazione e lareplezione dei miei sogni concavi.Mi ripiego su me stesso solo per far meglio posto all'ineffabile intimitàche, presto o tardi, mi sarà nota... Non desidero più uscire da me, maentrare sempre più profondamente e più lontano dentro di me. Miconcentro su questa interiorità trovata e mi immergo, giubilante, nel suonarcisismo senza rimorsi. La mia primitiva cattiva coscienza si è diluita per sempre nel mio ventre vezzeggiato.Chi sono? Il mio sesso è diventato seno? E io, in tutto il mio essere, sonodiventato una bocca che una bocca riempie? Mi ricordo ancora tramitequale bacio ho abboccato a me stesso?Questo flusso, queste scaturigini di linfa, queste gemmazioni, questefioriture, queste antesi, che riscattano della loro ingenuità dioica milleorgani la cui attitudine al prodigio mi era ignota, dovrei respingerne lagrazia, solo perché non so con quale nome chiamarla?Ma è poi ancora vero che non lo conosco? Non oso, forse, pensarci?Quale timore dunque mi trattiene? Antiche vergogne e fierezze abusiveriusciranno a privarmi di questa possibilità? Mi rinserrerò con derisioneall'interno dei limiti appresi, nel momento stesso in cui la loroinconsistenza mi viene rivelata? Mi trincererò dietro una fatale distinzionegenerica, quando scopro le ambigue estasi della donna che potrei ancheessere?Perché tacermelo più a lungo? Capisco — e il peana che s'innalza dallamia gola è quello della mia gioia liberata: la breccia, al di là dei generiimmaginari, attraverso cui il mio corpo scorge l'infinito delle sue capacitàd'amore mi dà accesso all'incommensurabile felicità delle donne!Ho trovato l'immemore scorciatoia che porta alla segreta unicità dei sessi.

    Miriadi di divergenze fortuite, una ineguaglianza e una privazione senzasperanza si annullano, in questo momento, in me. L'orgasmo popolato di

  • 8/9/2019 Arsan Emmanuelle - 1975 - Erosfera - Arsan Emmanuelle

    24/90

    stelle che non finisce più di farmi conclamare il mio nuovo splendore ponefine all'ingiusta separazione e all'errare naufragato» della mia frigidacondizione d'uomo. Trionfo!Ho conquistato la riva d'oro del solitario privilegio femminile! Voglioabbandonarmi all'estasi del mio sacrilegio inaudito!...Così straziante mi appare la vittoria che la sento come una ferita.Intollerabili denti! Le lacrime che fluiscono dai miei occhi aperti simescolano nella mia bocca al sapore del sangue che sale dal loro morso.La mia coscienza esplode e il mio ventre si squarcia: i canini innamoratiche mi trasfigurano di piacere mi amputano e mi castrano. Sono perduto!Si fa giorno. La fresca aria frizzante penetra attraverso le finestre aperte.Sopra di me, l'unicorno di vetro è divenuto invisibile nel fulgore delmattino. Sul mio pube, già dimentico di dissomiglianze mortali, una vulvanuova e sanguinante, che le mie mani si apprestano ad agguerrire, indirizzaun sorriso sicuro di sé ad armoniose avventure.

    PARTENOGONIA

    Quando Marie-Chatte arrivò al termine dei suoi studi e passò con successoi suoi esami, il Coordinatore decise che ella avrebbe trascorso il periododel suo servizio sessuale su Diana, il pianeta nero del sistema Alfa, nellacostellazione dell'Atelier dello Scultore.La scelta di questa località sorprese tutti perché, per poco noti che fosserogli Artemidi, si sapeva però almeno che non avevano sesso.Incuriosita e ansiosa di appurare che cosa l'attendesse, la laureata resistettealle pressioni della famiglia e degli amici, che le consigliavano di chiedereuna revisione di questo programma. Dopo aver salutato tutti, Marie-Chattesi preparò dunque a indossare il Traspositore che, nell'equivalente di unasettimana terrestre, le avrebbe fatto varcare, con un viaggio che ben pocoaveva di spaziale, i cinquecentomila anni-luce che l'avrebbero separata dai paesaggi familiari della sua galassia natia. Anche questo breve intermezzonon sarebbe stato tempo perso per lei. Nello stato d'incoscienza in cuisarebbe piombata mentre veniva sradicata dalle dimensioni abituali dellasua specie, avrebbe appreso la lingua del paese che doveva visitare. Idispositivi di cui era munita la sua capsula avrebbero provveduto a taleeducazione senza che ella dovesse darsene la minima pena. Nulla di ciòaveva qualcosa di straordinario, perché la massa incommensurabile di

    nozioni che ella aveva appreso in un anno di università le era stata infusamediante procedimenti analoghi. Altrimenti, come avrebbe potuto

  • 8/9/2019 Arsan Emmanuelle - 1975 - Erosfera - Arsan Emmanuelle

    25/90

    raggiungere, a sedici anni appena compiuti, il livello d'intelligenzarichiesto per partecipare al movimento creatore dell'Universo, come stava per poter fare grazie a quel primo collaudo di vita civile?I suoi genitori e una folla di suoi amici vennero ad assistere alla sua partenza, eccitati e loquaci come sempre capita in casi simili. La fanciulla,dopo averli abbracciati e aver promesso a tutti di far aver loro notizie, sisbarazzò prontamente dell'usbergo di petali di plastica che indossava quelgiorno e il cui contorno, la posizione, le sfumature e i rilievi variavanocontinuamente, disegnando sulla sua pelle un balletto in cui le qualitàtattili, le luci, i profumi e i suoni sembravano mettersi in contrasto. Mal'effetto che queste proprietà producevano sui sensi dimostrava, in realtà,l'abilità del sarto, le cui voluttuose atonalità erano l'ultimo grido dellamoda.Si infilò nuda nella capsula. Questa aderiva perfettamente a ogni sua partedel corpo, essendo stata costruita in base alle sue misure. Richiusol'apparecchio, era impossibile capire che Marie-Chatte portava su di séqualcosa. Eppure la pellicola, il cui spessore non superava alcuni centesimidi millimetro, duttile e morbida come una calza e assolutamentetrasparente, che l'isolava dal mondo relativo, conteneva nella sua sostanzaun numero di apparecchiature maggiore di quello che, dieci millenni prima, avevano trasportato i vascelli spaziali, lunghi chilometri, partitiall'esplorazione della stella più vicina — dove naturalmente non c'era nullada trovare.Pensando alle difficoltà che gli uomini avevano dovuto affrontare perstrapparsi alle prime età dell'infanzia, la loro discendente ebbe un sorrisodi tenero divertimento. Fu questo l'ultimo ricordo che i suoi intimi ebberodi lei: un secondo dopo, Marie-Chatte era scomparsa.« Poco più di un anno e sarà di ritorno! Passerà in fretta,» osservòqualcuno, con gli occhi ancora fissi sullo spazio vuoto che ella avevalasciato al centro del gruppo.Poi ognuna lasciò l'Istituto per partecipare ad altre feste.L'Ufficio di Controllo li avvisò, quindici giorni dopo, che alcunimeccanismi del transfert si erano senza dubbio guastati, perché era stato perso qualsiasi contatto con la viaggiatrice. Dopo aver fatto un'inchiesta presso le autorità che avrebbero dovuto accoglierla, si pervenne allaconclusione che non sussisteva alcuna possibilità di ritrovare le traccedella giovane creatura: si doveva considerare la passeggera come dispersa,

    anima e corpo.In quell'epoca simili incidenti non erano rari e, anche se venivano

  • 8/9/2019 Arsan Emmanuelle - 1975 - Erosfera - Arsan Emmanuelle

    26/90

  • 8/9/2019 Arsan Emmanuelle - 1975 - Erosfera - Arsan Emmanuelle

    27/90

    resto della membrana traspositrice. Ma, nell'eseguire questa fase del programma, si erano guastati e avevano permesso che la lingua materna diMarie-Chatte fuggisse dalla sua memoria. Nel suo cervello vergine di ricordi esprimibili, risuonavano adesso soltantoconcetti che non evocavano alcunché di concreto ai suoi sensi stranieri.Quando il primo Dianiano le si fece davanti, Marie-Chatte capì molto beneciò che egli le chiedeva, ma non trovò nulla da rispondere. Egli le avevachiesto chi ella fosse e che cosa facesse là: la ragazza non lo sapeva.Lo sbalordimento dell'uno uguagliò l'imbarazzo dell'altra.L'autoctono consultò forse un'autorità superiore: in ogni caso, riprese ben presto la sua sicurezza.« Con ogni probabilità,» trasmise alla nuova arrivata, « tu provieni da unsistema recentemente scoperto. Ciò spiega perché noi manchiamo di datisulla tua struttura. Senza dubbio ti abbiamo fatto venire qui per studiarti.»La fanciulla, nel frattempo, considerava con perplessità il solo oggetto chele fosse percettibile: il proprio corpo. Non riusciva a capire di che cosa sitrattasse. Frugando nel ricco glossario indigeno, non trovava niente che potesse servire a descriverlo, e ancora meno a dargli un nome. Al momentonon le venne in mente di muoverlo, di ricavarne un gesto. Restava inertecome se il suo invisibile scafandro continuasse ancora a contenerla.E il suo interlocutore, a che cosa assomigliava? Il fatto che potesse porsiquesta domanda era, se non altro, rassicurante. Purtroppo la rispostasembrava meno facile. Il soggetto infatti era un po' indistinto.« Non riesco a vederti molto bene,» reagì Marie-Chatte.La mente dell'ospite tradì una certa inquietudine:« Che cosa vuoi dire con questo? Ti sono molto vicino.»Marie-Chatte sgranò gli occhi. Mettendoci molta della sua buona volontà, poteva, a voler essere rigorosi, ammettere che una parte dello spazio che lacircondava presentava qualcosa di sfocato. L'essere si trovava probabilmente là.« A proposito,» s'informò costui, « con che cosa vedi?»« Ma, naturalmente, con i miei...»La parola non le veniva. La cosa cominciava a darle sui nervi. Alloracontrattaccò.« E tu, poiché non sembri avere difficoltà a percepirmi, potresti esseretanto gentile da dirmi come ci riesci?»Sbalordito, il personaggio protestò:

    « Noi siamo chiaramente in comunicazione: io vedo i tuoi pensieri e tuvedi i miei. Non capisco il tuo problema.»

  • 8/9/2019 Arsan Emmanuelle - 1975 - Erosfera - Arsan Emmanuelle

    28/90

    Marie-Chatte confrontò rapidamente i dati che le erano stati offerti: eranosufficienti perché la situazione le diventasse comprensibile.Immediatamente inventò, con una stordente prolissità, alcuni segni mentali per ciò che ella aveva un tempo chiamato occhi, sguardo, oggetto visto e,dunque, il suo corpo e tutto ciò che vi scopriva via via che l'esaminava.L'interlocutore fu impressionato. Fece sfoggio di una dotta curiosità.L'acutezza d'osservazione e la facilità di enunciazione di Marie-Chattecrescevano sempre più via via che venivano messe alla prova.Ella ritrovò per caso il movimento. Tutto andò ancora meglio dal momentoin cui ella poté alzarsi e sgranchirsi le gambe. Una scoperta che invece ellanon riuscì a fare fu quella della parola — omissione spiegabile d'altronde, poiché, in quella società telepatica, non sarebbe servita a nulla.Era piacevole rendersi conto dell'interesse che aveva suscitato nell'ospite.Marie-Chatte pensò che era giunto il momento di fare qualche reclamo.« Però è un peccato che tu non abbia una forma sensibile,» osservò. « Mi piacerebbe vedere con chi ho a che fare.»« Ti sei pronunciata alla leggera,» obiettò l'interpellato, che sembravairritato da questa critica. « Se ci sembra il caso, possiamo assumerequalsiasi conformazione somatica necessaria.»« Necessaria a che cosa?»« All'adempimento di una funzione, evidentemente.»« Cambiate dunque d'apparenza a seconda delle vostre necessità?»« In pratica, da molto tempo non facciamo più uso di questa facoltà.All'attuale livello di evoluzione sociale da noi raggiunto, non abbiamo bisogno di un supporto organico per scambiare tra noi ciò che è utilescambiare. Perché disperdere le nostre risorse per convertire in volgarestoffa fisica l'energia che ci è preziosa per assicurare l'attività dellamente?»« Questa volgare stoffa fisica potrebbe servirti per vedermi,» fece notareMarie-Chatte.Il Dianiano si perse in quello che doveva essere un labirinto di riflessioni.Il prodotto della sua meditazione fece sussultare la visitatrice. Due occhi,sospesi nel vuoto, la contemplavano: iridi verdi, punteggiate di finimacchie arancioni, circondavano pupille attente, sulla superficie di globilucenti. Alcuni filamenti collegavano i globi a una sostanza molle,incolore, dispersa dietro a loro come un albume d'uovo rovesciato su un piatto.

    Al primo momento la giovinetta ne fu disgustata. Poi decise di prenderlasul ridere:

  • 8/9/2019 Arsan Emmanuelle - 1975 - Erosfera - Arsan Emmanuelle

    29/90

    « Bravo!» esclamò. « Ma non sei bello.»« Tuttavia sono i tuoi occhi,» osservò l'altro.« Ci vorrebbe qualcosa d'intorno,» suggerì.« Per far che?» chiese l'indigeno, fedele alla logica della sua razza.Marie-Chatte ebbe un'ispirazione:« Mi hai detto che volevi studiarmi. Se ti materializzi completamente amia immagine, se ti incarni esattamente a mia somiglianza, forse potrestiappurare più facilmente per quale funzione esisto e a cosa servono questamateria e questa organizzazione del mio corpo che neppure io capisco.»Ancora una volta i suoi suggerimenti ebbero effetto. Ella lo verificò da ciòche accadde nelle ore seguenti: infatti, se i Dianiani erano capaci di prodigiose incarnazioni, non le portavano certamente a termine in un batterd'occhio — soprattutto quando si trattava di ricopiare una struttura cosìestranea come quella il cui originale era loro piombato giù dal cielo, inquel giorno.La modella assistette dunque a una penosa fatica. I tentativi i mancati, i pentimenti e la tenacia del ricercatore la commossero ma anche, in uncerto senso, la resero un po' inquieta. Non aveva forse dato prova dileggerezza suggerendo, a un essere che le era così chiaramente superioresul piano psichico, un'esperienza il cui risultato poteva certo deluderlo? Seavesse scoperto, a opera conclusa, che si era dato tanta pena per dotarsi diuno scheletro, di carne, pelle, sangue, linfa, viscere, tessuti sensoriali,secrezioni, influssi nervosi, pulsioni che non aggiungevano il minimo pesoal potere della sua intelligenza, non avrebbe cercato altro che di respingeretutto quel complesso di membra strane come se si trattasse di un abitofuori moda. E allora dove Marie-Chatte sarebbe andata a nascondere la suaconfusione?Peggio ancora, questi sforzi bene intenzionati rischiavano di sfociare nellacreazione di un mostro. Era un'assurda scommessa, aver spinto questosconosciuto a rivestirsi di una sostanza di cui niente assicurava che eglifosse in grado di concepire la vera natura e, a maggior ragione, disintetizzare correttamente gli elementi? Gli organi viventi che eglifabbricava sotto gli occhi della giovane donna offrivano forse soltanto unasomiglianza illusoria con la sua costituzione terrestre: quando avessevoluto farne un uso umano, che cosa sarebbe accaduto se si fossero messi afunzionare in modo affatto contrario al normale? Nonostante queste apprensioni, Marie-Chatte non poteva impedirsi di

     provare un'esaltazione crescente, via via che vedeva nascere davanti a sé,tanto vicini da poterli toccare, un labbro superiore di un color ocra rosato,

  • 8/9/2019 Arsan Emmanuelle - 1975 - Erosfera - Arsan Emmanuelle

    30/90

     poi, al di sotto, un altro labbro, più carnoso, più pallido, più gonfio disogno. Ben presto dei denti opalescenti lo morsero e una lingua appuntitalo umettò. Un pennello invisibile disegnò, nell'aria priva di odori del pianeta di giaietto, la curva ironica di una gota dalla carnagione bruno-dorata, poi di una seconda, su un rilievo osseo che si allargava allo sguardoe poi si assottigliava verso un mento appena sporgente, come quello di cuiella stessa, in quel momento, seguiva i contorni con la punta di un dito. Uncollo prese forma. Due spalle imitarono la mobile fermezza delle sue. Percoprirne e scoprirne l'abbronzatura a seconda del loro esotico capriccio, ildemiurgo trasse dal nulla masse di bronzo, d'oro, d'argento, di rosso rame edi serico cobalto, che avevano la fragranza di Marie-Chatte e l'energiadella sua folle capigliatura da finta selvaggia.Arrivato ai seni, il modellatore confessò la sua curiosità. Le ricordò:« Avevi previsto che sarei riuscito a dedurre la funzione dalla forma.»Esaminarono insieme quelle sibilline sporgenze. Le cellule, i muscoli, ilgrasso, i gangli, i nervi, i vasi sanguigni non stupivano più l'abitante diDiana, dopo i capolavori di complessità che aveva trovato nell'encefalo e isuoi dintorni. Ma che senso aveva la simmetria di quelle sapienti curve?Che cosa facevano alla loro sommità quelle areole scabrosamentecesellate? Quale disegno razionale nutrivano quelle fragili escrescenze nelmezzo che, in quello stesso momento, sembravano volersi dilatare eindurire, per emettere o ricevere quali segnali, servire d'antenna a qualionde indecifrabili, venute forse da quelle ghiandole inattivate, attraversoquei canali che non trasportavano però alcun fluido?Dal canto suo Marie-Chatte, in preda a un certo turbamento, si chiedeva perché l'osservazione attenta di questa parte di se stessa le facesse battere ilcuore più forte, le facesse avvampare le tempie, risvegliasse il suo ventre,la rendesse cosciente d'altri organi, in zone che non aveva ancora esploratoe che ora aveva voglia di toccare, di sfregare, di liberare da una esigentetensione.Le parve che l'essere progredisse ormai più rapidamente verso l'obiettivofinale.« Ecco,» finì infatti per annunciare.Passato il primo attimo di soddisfazione, la sua ragione conobbe ben prestonuovi motivi di allarme.« Non capisco che cosa si possa fare di questo,» recriminò (indicando, conle lunghe dita, il triangolo di pelo tigrato che puntava verso il punto di

    congiunzione delle sue cosce nude). « Né di ciò che vi è dietro!»Lo sguardo di Marie-Chatte percorreva avidamente le forme di questa

  • 8/9/2019 Arsan Emmanuelle - 1975 - Erosfera - Arsan Emmanuelle

    31/90

    gemella che le era stata appena donata, le paragonava alle sue e trovavanella duplicazione del loro enigma un crescente motivo di appagamento.La sua sosia, contemporaneamente a lei, apprendeva emozioni che leavrebbero facilitato, così almeno sperava, la scoperta delle ragioni d'esseree dei vantaggi di quel corpo che era dovuto, grazie all'aiuto di Marie-Chatte, a una sublimazione delle attitudini della sua mente.Le sue mani appena formate si tesero, quasi di loro iniziativa, verso quelledella modella. Fecero la prova dei contatti, delle relazioni, degli scambiche potevano esserci tra di loro: le loro palme si applicarono una control'altra, le dita scivolarono tra le dita offerte, tentarono sfregamenti,ancoraggi, pressioni.Questo gioco si prolungò senza che gli attori pensassero a misurarne ladurata. Il loro pensiero non ne ricavava alcuna chiarezza, non si arricchivadi concetti ben etichettati; ma zone fin'allpra dormienti dei loro poterimentali si gonfiavano, si ispessivano dolcemente, diventavano coscienti diloro stesse, come accadeva anche alle loro labbra, che erano la sede disensazioni prima sconosciute, alle quali diedero il nuovo nome di piacere.Questa prima conquista ispirò loro lo stesso movimento: le loro bocche siavvicinarono, si toccarono, gustarono il loro reciproco calore, fresco earrossato. Si schiusero, le lingue si cercarono, si leccarono sulla punta, passarono l'una sull'altra, appresero a carezzarsi e a dividere i loro umori. Nell'attimo seguente, le loro guance si riposarono con tenerezza tra lescintille invisibili delle loro capigliature.Poi le loro mani si sciolsero, attirarono ancora più vicino, uno all'altro, icorpi che la materialità rendeva capaci d'altre gioie che non fossero quelledella comunione delle anime. Si meravigliarono di penetrare in loro, di farsgorgare dalle loro profondità deliziosi succhi, di sentirli perdersi nelvortice di baratri interiori e di trarre da quei piacevoli smarrimenti unaconoscenza sempre più lucida delle loro risorse.Infine le gole, da cui il pensiero non era riuscito a trarre alcun suono,fecero risuonare per la prima volta su quel mondo abitato i singhiozzi, ilamenti soddisfatti e le grida incantate che erano il paradossale linguaggiodi quei corpi incomprensibili.Quando ebbero esaurito la novità dei loro desideri, la Terrestre e il suoospite andarono a comunicare la lieta novella al resto del pianeta.Su Diana il primo amore era nato dall'incontro di due corpivolontariamente creati all'immagine uno dell'altro. Da quel momento il

    corpo di Marie-Chatte venne riprodotto a perdita d'occhio. Ella stessa fecel'amore con molti di questi doppioni, e sembrava che non dovesse mai

  • 8/9/2019 Arsan Emmanuelle - 1975 - Erosfera - Arsan Emmanuelle

    32/90

    stancarsi di ritrovare in loro la sua sensualità e la sua bellezza di cui ellaera sempre più innamorata.La storia del pianeta fu in séguito contrassegnata dalla realtà del piacereche due incarnazioni simili provavano nel carezzarsi. L'identità divennecosì l'ideale dell'amore felice.Amarsi voleva dire tentare di rassomigliarsi il più esattamente possibile.Una rassomiglianza assoluta era un amore senza difetti. Tra bracciainfinitamente simili alle loro, gli amanti conoscevano gioie infinite.Si potevano amare soltanto altri se stessi: qualsiasi differenza era unostacolo all'amore. Ogni volta che qualche essere sospiroso non riusciva aforgiare una replica abbastanza fedele del suo amante, il loro legameveniva considerato come un fallimento: anche lassù, dunque, la passioneconobbe le sue delusioni e i suoi dolori.In compenso, a quél pianeta furono risparmiate le angosce cheaccompagnano, sulla Terra, l'incertezza sul vero fine della natura, provatadall'uomo. Là nessuno dubitava che il corpo esistesse per altre funzioni che per il piacere. Per lavorare e per perpetuare la stirpe da tempo si eranotrovati altri sistemi che non fossero la persecuzione degli organi di carne.Dunque per un certo tempo Marie-Chatte popolò lo spazio di Alfa delloScultore della sua effigie più volte centuplicata. Però venne il giorno in cuii Dianiani giudicarono fastidiosa questa uniformità. Senza modificare laloro concezione della felicità, tentarono di immaginare varianti alle lorofigure gemelle.Per appagare i loro sogni si crearono capelli biondi, castani, rossi, verdi,azzurri, grigi, o li composero in spighe, spirali, prismi, scale che siarmonizzavano con le loro pianure di olivina. I loro occhi bruciarono difiamme reali, che illuminavano le amanti di una luce sconosciuta sullaTerra. I filtri che versavano dalla bocca dotarono i loro baci di miraggicomunicabili. Alcuni Dianiani si crearono seni conici le cui puntecomunicavano, secondo la fantasia delle metamorfosi, voluttàsurrealmente modulate. Ad altri busti diedero un taglio a corolla, ricca di polline di fiorì immaginari, o ancora l'irregolarità di un paesaggio dicorallo. Altrove questi rilievi lasciavano il posto a concavità mutevoli,spirali cave, crateri, aperture che avevano l'aspetto di stelle, bocche ( in cuil'amante affondava la sua lingua), ferite (di cui beveva il sangue profumato). Gli artisti talvolta aggiungevano un ventre, affatto inutile perché non era fatto per concepire né per nutrirsi. Le anche divennero

    colonne eleganti e carnali, da una parte e dall'altra di un portico chericordava l'accesso del loro sesso: perché anche quelli tra loro il cui spirito

  • 8/9/2019 Arsan Emmanuelle - 1975 - Erosfera - Arsan Emmanuelle

    33/90

    era più in novatore non riuscirono mai a dare a questa loro parte una formache sembrasse estetica mente più riuscita e funzionalmente piùsoddisfacente di quella di cui Marie-Chatte aveva portato loro l'esempio.Tutti infatti alla fine erano stati concordi nel ritenere che per quantoriguardava il sesso non vi fosse nulla da cambiare. E i corpi chematerializzarono ebbero tutti, per stravaganti che fossero, le stesse lunghegambe sensuali della loro ispiratrice, e lo stesso pube, la stessa vulvaumida, la stessa vagina, lo stesso clitoride: erano sempre, chiaramente,corpi femminili.Così, grazie a un'apparizione venuta dagli astri, la cui bellezza supplì allascienza perduta, un'intelligenza dell'Universo che, fino a quel momento,non aveva avuto sesso imparò a fare l'amore come lo fanno tra loro ledonne della Terra, senza dubitare, ancora per alcuni milioni di secoli, che potessero esistere altri modi d'amare.

    FUSIONE

    Sono bella! Nessun seno mortale può rivaleggiare con i miei seni calcarei,resi lisci dalla gemella frescura delle piogge e delle labbra.Sono bella e mai ho avuto una modella. Anche lo sconosciuto artista chemi ha scolpito non riconoscerebbe in me l'Afrodite che lo ossessionava. Seora non fossero a loro volta la polvere che mi leviga, soltanto colorò che,durante un milione delle mie notti, mi hanno ritoccata con le loro carezze potrebbero sapere di essere loro stessi i veri autori del capolavoro che iosono.Sono bella: il mio pube nero sulla mia pelle bianca attesta la rugosità delledita dei pastori e le mie natiche profonde lasciano evaporare gli aromi chevi hanno versato i loro amori notturni. Tutto il giorno, addossati ai versantiche le loro capre denudano, hanno tenuto nella mano il loro sesso,trattenendone la forza per sognare di me. Dopo il tramonto, circondano ilmio busto con le loro braccia rivestite di peli, levigano i miei seni con leloro palme e mordono le mie spalle. I loro ventri si pressano contro le miereni. Il solco poroso delle mie natiche accoglie la loro virilità. Uno dopol'altro, per tutta la notte, la mia immota compiacenza li ricompensa dellaloro attesa. Il mio cuore non ha battiti né i miei nervi hanno fremiti che possano distrarli dalla loro interiore voluttà. Non emetto sospiri cheinterrompano il loro soliloquio. Non domando loro niente di quanto

    esigerebbe una donna o una bestia. Per questo essi non possono amarealtra amante che me.

  • 8/9/2019 Arsan Emmanuelle - 1975 - Erosfera - Arsan Emmanuelle

    34/90

    La loro passione idolatra, il loro barbaro piacere finiranno con il vento delmattino, senza aver intenerito le mie mucose di marmo. Oggettoimpenetrabile, sono fedele a me stessa. Troppi amanti leggendari hannogioito della mia calda pietra perché io mi accontenti di deboli strette. Maisarò posseduta da desiderio che possa appagare una carne flessibile. Maicarne flessibile defiorerà la divinità prostituita che sono diventata. Non so chi fossi, prima che da un anonimo blocco di pietra mi venisse datoun corpo. Io l'ho trovato, bianco di sole, esposto alle raffiche di sabbia ealle rapine, su un altopiano di roccia. Più in basso, in alcune grotte cheservono da museo, altri busti, meno belli, sono tenuti chiusi, con le radicifossili e gli avanzi di feste, le urne e le collane di bronzo, le steli adorne diiscrizioni lineari e le armi abbracciate alle ossa, caduti dalla montagnasventrata. Questa statua, che nessun guardiano sorveglia, non è stata pertanto rubata da nessuno.Io l'ho presa. Non come una ladra, per adornarne la mia casa o pervenderla, ma perché sia me. L'ho presa in me. Ne ho fatto il mio corpo.Prima, non ero niente, mi nascondevo. Nessuno mi aveva toccato, nonavrei mai sentito che qualcuno mi toccasse. Come sarei stata amata e chiavrei amato, poiché non avevo corpo che io stessa potessi desiderare?Perché avrei dovuto accontentarmi di niente di meno della bellezza? Oggimi sono scelta bella, al di sopra di questa vaga popolazione sotterranea didivinità. Alla meno conformista delle loro figlie, per ospitare la miacoscienza priva di scorza, ho rapito i trenta secoli brillanti di carezze dellasua inaccessibile verginità.A forza d'amore, mi sono fatta lei. La mia schiena, le mie anche, il mioventre sono repliche appena nate della sua bellezza.Questo corpo solido è mio, appartiene a me che non ne avevo mai avutouno! L'orgoglio del mio snaturato splendore mi inebria! Di quale futuraempietà ancora più inventiva mi sono così resa capace?Che cos'ho dunque? Non posso amare!Amante di me stessa, non ho braccia per abbracciarmi. La mia pelleattende invano il solo piacere che desidera conoscere: quello dello scorreresu di essa delle mani che non ha potuto darmi la statua mutilata da cuisono stata tratta.E come carezzerò il sesso il cui segreto mi sfida, tra queste gambe assentiche non posso aprire? Ma sono almeno sicura di essere bella, io che ho, pervedermi, soltanto gli occhi perduti del mio busto decapitato?

    Il viso che mi manca, colei che lo possiede ne contempla l'immagine sulmuro.

  • 8/9/2019 Arsan Emmanuelle - 1975 - Erosfera - Arsan Emmanuelle

    35/90

    È una giovanissima fanciulla, le cui belle gambe dai piedi nudi e le cui braccia sottili escono da una tunica di tela bruna, grossolana e tagliatacome un sacco, con un buco al posto del collo. Due altre fessure, chesembrano essere state aperte a colpi di coltello, servono da incavo dellamanica. Il bordo inferiore, al disotto dell'inguine che copre a malapena, èirregolare e sfrangiato. Forse, dopo tutto, si tratta veramente di un sacco?Al primo momento ho pensato che la fanciulla non portasse nient'altro eche la ruvida stoffa dovesse irritarle l'epidermide come un cilicio. Ma ciòche mi ha ancora più sconcertata è che questo informe abito non lasciavaindovinare nulla del suo corpo.Gli spettatori che si erano raccolti attorno a lei prestavano però menoattenzione alla supposta penitenza della visitatrice che alla rassomiglianza —- talmente perfetta da sembrare soprannaturale — tra il suo viso e ildisegno che ella osservava.L'uno e l'altro si trovavano posti alla stessa altezza e avevano ugualidimensioni. I tratti a inchiostro di china, seppia e bistro del quadroriflettevano senza la minima variante là capigliatura arricciolata dellavisitatrice. Barbe di spighe, resti di scorza e polvere di muschio laarrossavano delle loro secche fiammelle.Altrettanto simmetriche, da una parte e dall'altra dell'invisibile specchio,erano l'immagine e la realtà delle lunghe ciglia, piatte e taglienti come unfilo d'erba affilato. L'arcata delle sopracciglia aveva la intimidatriceregolarità di una curva di equazione semplice. La larghezza e latrasparenza degli occhi cinerini evocavano quegli invasori provenienti daoltre lo spazio, ai quali non crediamo se non sono abbastanza diversi danoi da sedurci e abbastanza simili da farci paura.Ma, studiandolo meglio, ci si accorgeva che niente di minaccioso filtravada quello sguardo, al contrario: una specie di intima assenza, tenera etriste. Questa espressione di infinita solitudine scavava le guance eallungava le labbra del dipinto, gonfie e carnose nel mezzo e che la presenza della loro controparte vivente rivelava color terracotta. La solacosa che mi sconcertava — senza d'altra parte dispiacermi — era la curvaun po' arcaica del naso: forse perché la scena mi faceva quasi provare inanticipo il gusto del futuro.Mi sono avvicinata alla fanciulla e le ho domandato se poteva dirmi ilnome dell'artista autore di quel dipinto. Quando ella aveva posato per lui?La fanciulla si è girata per guardarmi: un sorriso silenzioso ha trasformato

    i suoi tratti non terrestri in una bellezza che potevo amare, come un sorgerdel sole trasfigura in un paesaggio trapunto di laghi brillanti, ondulato e

  • 8/9/2019 Arsan Emmanuelle - 1975 - Erosfera - Arsan Emmanuelle

    36/90

    mosso da tutti i rami dei suoi alberi e da tutti i fiori dei suoi cespugli,quello che la fine della notte aveva fatto credere un deserto di cinerite e dierbe calcinate. I suoi occhi parvero, ancora ingrandirsi e le sue palpebre,nel sollevarsi, parvero spazzare con le loro antere la vegetazioneaggrovigliata che le nascondeva le tempie. Le sue labbra si gonfiarono e siaprirono: avevano aspirato una boccata d'aria? La punta della lingua si feceavanti, cremisi e appuntita, leccò un attimo la fila lucente dei suoi denti esi spinse fuori, come per sfidarmi.Mi venne l'idea che, forse, la sconosciuta non aveva capito la miadomanda, ma già essa aveva perso per me ogni interesse. Soltanto il visodella fanciulla mi interessava: il solo, lo sapevo grazie a una specie diimmediata intuizione, che mai avrei potuto amare.Un uomo che mi aveva udita intervenne per dire che quel ritratto risaliva aun secolo prima e che era perciò impossibile che quella fanciulla ne fossestata la modella. Un altro suggerì che, senza dubbio, la modella fosse stataun'antenata della visitatrice, perché non era concepibile che una talesomiglianza fosse il risultato di una coincidenza. Il direttore della galleriadichiarò a sua volta che tale questione andava chiarita e che avrebbe fattovenire fotografi e giornalisti per rendere pubblico un fatto così singolare.Una donna dall'atteggiamento virile prese tra le dita il mento appuntitodell'eroina, cercò di tirarle indietro i capelli, le domandò da quale paesevenisse.La fanciulla, con un brusco movimento della testa, si liberò dalla presa edardeggiò sull'importuna uno sguardo ostile, di una intensità che dovevaessere intollerabile.« Non parla la nostra lingua,» dichiarò l'intrusa.Poi, con un'impudenza che mi sconcertò, si impadronì della rete di cordache fungeva da borsa alla visitatrice; vi trovò un portafoglio, l'aprì, neispezionò il contenuto e informò il gruppetto di curiosi che, nel frattempo,si era fatto più numeroso:« Ve l'avevo detto: è islandese.»La folla si mise immediatamente a discutere su quanto fosseimprobabile che un pittore umbro pazzo, morto a vent'anni, che nonaveva mai lasciato il suo paese natale dove non passava mai nessuno,avesse conosciuto, nel 1869, una donna nordica senza che questo particolare venisse a conoscenza dei suoi biografi e da questi subitotrasmesso ai posteri. Era noto come costoro non avessero lasci