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All’Interno NEWS: Nuova BMW Serie 7 | Nuova Opel Astra | Renault Clio R.S. 220 EDC Trophy | Fiat Doblò Trekking | BMW X1 Seat Ibiza | E. De Vita l’omicidio stradale va ripensato | F1: N. Lauda Una F1 ignorante per valorizzare i piloti Numero 67 16 Giugno 2015 105 Pagine Ricevi Automoto.it Magazine » Spedizione su abbonamento gratuito Periodico elettronico di informazione automobilistica | PROVA SU STRADA | MINI John Cooper Works da Pag. 2 a Pag. 15 Jaguar XE Comoda e sportiva Un’auto completamente nuova che è affascinante, comoda e in pista è una vera belva! 24 Ore di Le Mans Una storica doppietta per la Porsche Chi sono i vincitori Dieci cose che la 24 Ore può insegnare alla Formula 1 Nuova Renault Espace Icona inossidabile La nuova Renault Espace si trasforma in una crossover a sette posti

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Numero 6716 Giugno 2015

105 Pagine

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| PROVA SU STRADA |

MINI John Cooper Works

da Pag. 2 a Pag. 15

Jaguar XE Comoda e sportivaUn’auto completamente nuova che è affascinante, comoda e in pista è una vera belva!

24 Ore di Le MansUna storica doppietta per la Porsche Chi sono i vincitori Dieci cose che la 24 Ore può insegnare alla Formula 1

Nuova Renault Espace Icona inossidabileLa nuova Renault Espace si trasforma in una crossover a sette posti

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Corre ma non graffiaE’ più “auto” e meno go kart la versione estrema della Mini di ultima generazione. Questa JCW è la più potente mai realizzata con il quattro cilindri TwinPower Turbo che arriva a quota 231 CVdi Emiliano Perucca Orfei

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T ra i primati della nuova Mini John Cooper Works c’è certa-mente quello di essere la Mini di serie più potente mai realiz-zata. Un record che polverizza quanto di buono fatto con la

precedente unità da 1.6 litri - che si fermava a 218 CV - e che permette alla piccola “bomba” britan-nica di essere tanto prestazionale quanto costo-sa: per averla, infatti, c’è bisogno di un assegno da 31.200 euro. Posizionata al top di gamma della hatchback (3 porte) e non disponibile, per il momento, sull’ormai popolare 5 porte, la sigla JCW non identifica dunque solamente un alle-stimento speciale: sotto al cofano, infatti, pulsa

una versione rivista e corretta del quattro cilindri TwinPower Turbo da 231 CV, 39 in più rispetto ai 192 della Cooper S. Un valore molto elevato che si accompagna ad un incremento di coppia del 10% - ora 320 Nm - ma soprattutto ad una ridu-zione dei consumi rispetto al passato: ora la Mini John Cooper Works dichiara una media di 5,7 litri per percorrere 100 km nel ciclo misto. Disponibi-le sia con il cambio automatico a convertitore di coppia Aisin (1.750 euro) che con il manuale del-lo stesso numero di rapporti (6), Mini JCW passa da 0 a 100 km/h in 6,1 secondi (6,3 col manuale) assicurando una velocità massima di 246 km/h. Numeri che in Mini hanno deciso di scaricare a terra sulle ruote anteriori facendoli gestire al

differenziale elettronico EDLC (simula il compor-tamento di un autobloccante frenando la ruota con minore aderenza) che fa parte di un pac-chetto elettronico molto completo e di cui fanno parte le sospensioni attive DDC (a pagamento), il controllo della trazione DTC e della stabilità DSC. Al suo posto anche la possibilità di sceglie-re il modo in cui la vettura si rapporta al pilota: più aggressiva in Sport, più gentile in Normal e più mirata al contenimento delle emissioni e dei consumi in Eco. Novità riguardano anche la tara-tura del servosterzo elettromeccanico Servotro-nic così come l’impianto frenante Brembo che è stato sviluppato per assicurare più mordente a fronte di un cospicuo aumento delle prestazioni.

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quanto riguarda la disponibilità di spazio a bor-do, la qualità delle finiture e l’ergonomia. La nuo-va Mini è “più macchina” - lo si nota anche dallo spostamento del comando dei finestrini sulle porte piuttosto che relegati nella confusione del-le levette ispirate all’originale nella parte bassa della plancia - e nasce con lo spirito di venire in-contro ad una clientela che trova Countryman o Paceman non in linea con le loro aspettative “di-mensionali e prestazionali” pur trovando la Mini di seconda generazione troppo contenuta. Tra le novità si fanno notare il volante, la pedaliera ed i sedili che offrono un elevato contenimento la-terale pur senza scendere a compromessi con il confort: sulla Mini JCW ci si sente tutt’uno con la vettura ma si sta anche comodi grazie ad una posizione che, attraverso regolazioni manuali, risulta estremamente personalizzabile sia lato

sedile che lato sterzo. Sulla Mini tutto è a portata di mano e le logiche di comando sono sostanzial-mente le stesse delle vetture di segmento su-periore BMW. Tra gli elementi che non ci hanno convinto troviamo l’head-up display, che distrae un po’ essendo parte dei dati riportati già pre-senti sulla strumentazione dietro al volante, ed il posizionamento dei comandi del sistema multi-mediale, un po’ infossato nel tunnel centrale tra sedili e leva del cambio.

Come vaUna volta acceso il propulsore, soprattutto in modalità Sport, si capisce immediatamente che sotto al cofano c’è qualcosa di diverso: il motore della Cooper S, infatti, ha una nuova anima ed una voce più personale sin dall’avvio e questo è certamente un elemento interessante. Il cambio

Dal vivo: com’è fuoriIl look della nuova Mini John Cooper Works na-sce per farsi notare e quindi, pur mantenendo la base della Cooper S, introduce elementi di spor-tività che danno inevitabilmente nell’occhio. Ri-spetto alla Cooper S si capisce immediatamente di trovarsi di fronte alla JCW per via di elementi di design appositamente sviluppati per questo modello: i gruppi ottici ora integrano led con indicatori di direzione bianchi, ma fanno la loro comparsa anche inediti cerchi da 17” (opzionali i 18”) un nuovo set di paraurti, un impianto di sca-rico con terminali sportivi dedicati ed una verni-ce “Rebel Green” che viene proposta in esclusiva per la JCW. E’ molto interessante, anche se è probabile che in Italia il colore che continuerà ad andare per la maggiore sarà il rosso con le stri-pes scure.

Dal vivo: com’è dentroAnche dentro la connotazione John Cooper Works si fa notare con battitacco e tappetini dedicati, pedaliera sportiva, tetto e montanti in color antracite, volante e sedili sportivi rivestiti in pelle “Dinamica” e stoffa con firme John Cooper Works sparse in zone strategiche dell’abitacolo. L’equipaggiamento di serie offre una ampia do-tazione di airbag, il controllo della pressione de-gli pneumatici oltre che elementi come il cruise control attivo, la frenata di emergenza, la retro-camera di parcheggio e gli abbaglianti ad atti-vazione automatica. Non mancano (opzionale) il navigatore Professional con schermo da 8,8”, l’head-up display personalizzato nella grafica ed un sistema di lettura e avviso dei segnali strada-li. Rispetto alla generazione precedente anche la John Cooper Works fa un salto epocale per

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scelto per la nostra prova è l’automatico Aisin a sei marce. Del resto è l’unico disponibile, per il momento, ma l’opzione si rivela subito interes-sante perché sin dalle prime curve conferma quanto di buono già dimostrato in passato, ovve-ro grande velocità e concretezza “decisionale” in modalità automatica; questo significa che non si rimane con la vettura bloccata a metà rotatoria quando si arriva tranquilli e si dà bruscamente gas ed allo stesso tempo tra le curve, senza agi-re manualmente sui paddles o sulla leva, si gira sempre con il miglior rapporto possibile: un po’ più alto nella modalità “normal”, sempre più vici-no alla zona rossa quando si gira l’anello attorno al cambio verso Sport. Il nuovo motore due litri, come dicevamo, ha una voce più corposa rispet-to a quello da 192 CV ed anche la prestazione va di pari passo: il nuovo motore, a differenza

ad esempio del millesei disponibile sulle JCW di seconda generazione, ha un’erogazione più cor-posa già dai bassi regimi pur mantenendo una notevole dose di grinta ai medi: solo con l’avvici-narsi della zona rossa, zona 6.000, si avverte un calo repentino della spinta che viene subito com-pensata dal Aisin con il passaggio ad un rapporto superiore. Il tutto, in particolar modo in modalità Sport, accompagnato da un sound particolar-mente aggressivo e piacevole. Se sul fronte mo-tore è stato fatto complessivamente un passo avanti in tema di tenuta di strada e piacevolezza di guida, questa generazione di Mini aveva già dimostrato di essere più docile e facile rispetto alla precedente: è più macchina e meno go kart tanto che, a dispetto del peso praticamente iden-tico alla precedente (1.280 kg la nuova, 1.260 kg la vecchia) la percezione che si ha è quella di una

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vettura molto veloce ma più “scivolosa” e meno reattiva della precedente, francamente molto a punto. Ci riserviamo però di provarla con una gommatura più aggressiva rispetto alla Pirelli P7 proposta di serie. Bene i freni, molto poten-ti, piacevole la “resistenza” dei comandi e dello lo sterzo che gode di una servoassistenza ben fatta e meno “inutilmente” maschia in termini di feedback rispetto alla precedente. Lontani da quanto dichiarato i consumi: vero, non abbiamo badato molto alla guida eco, ma anche nei tratti percorsi con un occhio di riguardo in più siamo rimasti molto oltre da 5.7 l/100 km promessi: la media è vicina agli 8 l/100 km.

In conclusioneRispetto alla già sportiva Cooper S la John Co-oper Works mostra molti dettagli raffinati in più ma non un approccio alla sportività decisamente più estremo, come invece ci si potrebbe atten-dere da una firma che si ritrova anche nell’albo d’oro del Rally di Montecarlo. E’ una vettura che fa status, che nasce per distinguersi e dare nell’occhio ma anche assicurare ottime presta-zioni: peccato per il prezzo, davvero molto eleva-to, ma gli oggetti belli e raffinati del resto costano sempre tanto.

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Icona inossidabileLa nuova Renault Espace si trasforma in una crossover a sette posti. Perde le maxi poltrone nel bagagliaio delle versioni precedenti, ma guadagna un design molto più filante, tanta tecnologia e grande raffinatezza. Bene i consumidi Matteo Valenti

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L’ Espace è un modello che ha scritto un intero capi-tolo di storia dell’automo-bile. Nel 1984 infatti inven-tava, con un colpo di genio, il moderno concetto di mo-

novolume in formato europeo. Da allora l’Espace è stato sempre rivisto e aggiornato, attraverso quattro generazioni, ed è diventato un modello irrinunciabile della gamma Renault. Al momento di rinnovare l’ultima generazione però, rimasta a listino per ben 12 anni, gli uomini della Losanga si sono ritrovati con un bel grattacapo.

“Rinascerai crossover”Nel frattempo infatti il segmento delle MPV, tan-to apprezzate negli anni 2000 (come dimenti-care il successo delle prima Mégane Scénic?), è

stato falcidiato dai SUV, sempre più richiesti in tutte le fasce di mercato. L’alternativa più logica sembrava una sola: piegarsi alle gelide logiche di mercato e cancellare dalla faccia della Terra l’E-space. Per sempre. A Parigi però qualcuno si deve essere messo di traverso (per fortuna!). Come si può gettare via da un giorno all’altro un’eredità pesante come quella dell’Espace? Un modello conosciuto da tutti, che ha cresciuto intere generazioni di fa-miglie, vendendo più di 1 milione di esemplari! E qui arriva il coup de théâtre in puro stile francese. L’Espace sarebbe rinato ancora una volta, tra-sformandosi però in un moderno (e più attuale) crossover. La nuova generazione quindi è un’au-to ispirata al mondo dei SUV, che non rinnega però il suo DNA da monovolume, con tanto spa-zio e versatilità a bordo.

Dal vivo: com’è fuoriRispetto al passato la nuova Espace guadagna una presenza scenica davvero sopra le righe. L’impatto visivo è notevole ed il merito è senza dubbio del raffinato design firmato dal grande capo dello stile Laurens van den Acker. Sparisco-no le grandi vetrate laterali, vero segno distintivo delle versioni precedenti, per lasciare posto a vetrature più strette e filanti. Cresce poi l’altezza da terra che passa da 120 a 160 mm, in puro stile crossover, mentre i cerchi possono arrivare ad avere un diamentro di 19 o addirittura 20 pollici (si parte da 17”). Abbondano poi le cromature, mentre la firma luminosa si affida a raffinatissimi gruppi otti full led (di serie su tutte le versioni).

Dal vivo: com’è dentroEspace però torna a stupire anche all’interno con un design sorprendente, materiali di qualità e attenzione al dettaglio. Al centro della plancia spicca un maxi touchscreen in stile tablet (svi-luppato da LG) che racchiude tutte le funzioni principali della vettura (multimedia, navigatore,

impostazioni, computer di bordo, ecc.,) e che ha permesso di ottenere un design molto pulito. Lo schermo si raccorda all’orginale tunnel centrale sospeso, veramente bello da vedere ma non mol-to pratico. Offre infatti un solo portaoggetti, per di più non molto capiente (i moderni smartphone di grandi dimensioni non ci stanno) e i vani sotto-stanti permettono di stivare bottigliette e diversi tipi di oggetti, ma risultano difficilimente acces-sibili e di fatto poco pratici. L’abitabilità rimane uno dei fiori all’occhiello dell’Espace. In configu-razione a cinque posti i passeggeri posteriori, che possono godere di tre sedili indipendenti e scorrevoli, hanno a disposizione uno spazio ve-ramente sconfinato. Se si viaggia in sette inve-ce (i due sedili aggiuntivi sono optional) bisogna far avanzare un po’ i sedili della seconda fila e si perde qualche centimetro. A proposito, i se-dili nel bagagliaio sono perfetti per dei bambini, mentre un adulto si dovrà adattare visto che sono più piccoli e non più confortevoli come sulle precedenti Espace, dove presentavano dimen-sioni del tutto assimilabili a quelle delle poltrone

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anteriori. In compenso ora i sedili si possono abbattere con un semplice gesto, attraverso il pannello di controllo posto nel bagagliaio, o per-sino tramite un semplice click sul tablet centra-le. Basta un istante quindi per ottenere un vano di carico praticamente sconfinato e soprattutto piatto. I litri in configurazione a sette posti sono “solo” 247, ma abbattendo i sedili della seconda fila crescono fino a 2.101! (2.035 sulle versioni a sette posti).

Ai Francesi piace il 1.6Completa la lista dei dispositivi di sicurezza e di ausilio alla guida, ormai irrinunciabili. Oltre al cruise control attivo è disponibile la frenata au-tomatica di emergenza, così come il segnalatore di abbandono involontario di carreggiata, l’head-up display (a colori!) e il sistema Easy Park per il

parcheggio automatico. La nuova Espace è una di quelle auto che ha preso alla lettera il feno-meno del downsizing. Scordatevi quindi i motori geneorsi delle precedenti generazioni quando a listino c’era persino un V6 a gasolio! Il nuovo modello offre una gamma snella, tutta incentrata sull’architettura 1.6 a quattro cilindri. La gamma diesel parte con il classico 1.6 dCi da 130 CV con cambio manuale, ma la vera chicca è il nuovis-simo 1.6 biturbo da 160 CV abbinato al più raf-finato cambio automatico a doppia frizione EDC a sei rapporti. Chi continua a preferire i benzina invece può scegliere il vivace 1.6 turbo da 200 CV, abbinato al nuovissimo doppia frizione EDC a sette rapporti.

Peso: perde 250 kgNon bisogna fermarsi alle apparenze quindi.

Nonostante la cubatura piuttosto contenuta infatti gli uomini della Renault sono risuciti ad ottenere valori di potenza piuttosto interessan-ti. Soprattutto perché il nuovo modello è stato sottoposto ad una cura dimagrante di sostanza che sulla bilancia ha fatto registrare un valore in-feriore di ben 250 kg! Il peso complessivo rimane intorno ai 1.600 kg ma si tratta comunque di un risultato importante per un’auto lunga 4,86 m, ottenuto per mezzo di materiali raffinati (acciai stampati a caldo, alluminio) ma anche grazie alla struttura dei sedili più snella e tradizionale (sulle versioni precedenti i sedili non finivano sotto al pianale ma potevano essere smontati e rimonta-ti sul veicolo).

Quattro ruote sterzanti. Come... sulla Porsche!Per migliorare il piacere di guida poi i tecnici

della Renault ripropognono sulla Espace (l’ave-vamo già vista sulla Laguna) la tecnologia 4Con-trol a quattro ruote sterzanti, simile nella logica di funzionamento a quella di una sportiva di ran-go come la Porsche 911 GT3. In pratica fino a 60 km/h le ruote posteriori girano in senso opposto a quelle anteriori. In questo modo si riduce di ben un metro il diametro di sterzata rispetto alle ver-sioni sprovviste del sistema ed è più facile fare le manovre in città! A velocità più alte invece le ruote dietro girano nella stessa direzione di quel-le davanti, garantendo inserimenti in curva più precisi e stabili. Questo raffinato sistema viene fornito di serie sulla versione top di gamma Initial Paris ed è abbinato alle sospensioni adattive. Di-sponibile in tre livelli di allestimento (Zen, Inten-se e Initial Paris), la nuova Espace viene offerta in Italia ad un prezzo che parte da 32.900 euro, ma che può crescere fino a raggiungere i 45.500

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euro della versione top di gamma con il motore diesel biturbo. Le concorrenti naturali sono le grandi monovolume o crossover a sette posti a partire da Fiat Freemont, Ford S-Max, Citroen Grand C4 Picasso, Volkswagen Sharan, Lancia Voyager e Opel Zafira Tourer.

Le nostre impressioni di guidaSaliti a bordo l’Espace mette subito in chiaro le cose. E’ una grande viaggiatrice e lo sottolinea accogliendoci con sedili simili a vere e proprie poltrone (davvero pregevole la pelle della ver-sione Initial Paris). Mettiamo in moto il nuovo 1.6 Twin Turbo diesel che dopo essersi conces-so una lieve vibrazione scompare, soffocato dall’ottima insonorizzazione. Azionare la leva del cambio automatico, in puro stile aeronautico (ci

ricorda quella dell’Audi A8), è un vero piacere. I 160 CV, non uno di più, non uno di meno, sem-brano tagliati su misura per muovere con sciol-tezza e agilità la sette posti francese. Non è un motore da accelerazioni brucianti, ma del resto non nasce con questa ambizione e non dà mai l’impressione di essere in affanno, grazie alla coppia veramente copiosa (380 Nm a soli 1.750 giri/min). Il piccolo turbo, che agisce in basso, regala uno spunto davvero ricco non appena si sfiora l’acceleratore, mentre quello più grande inizia a soffiare a regimi più elevati, garantendo un’erogazione generosa ai medi regimi. E’ un quattro cilindri corposo, con una buona elasti-cità, che si sposa alla perfezione con l’EDC a sei rapporti. Per essere un doppia frizione questo automatico non ha la prontezza e l’istantaneità

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di certi concorrenti tedeschi, ma è sempre dol-ce e presenta logiche di gestione ben riuscite, pensate in chiave dell’efficienza. Chi cerca un po’ più di brio poi può sempre scegliere il 1.6 turbo benzina da 200 CV (una versione derivata dal motore della Clio RS). In basso naturalmente non ha lo spunto del biturbo diesel, ma garanti-sce un migliore allungo e rende l’Espace più viva-ce e veloce. Per rendere la guida più divertente poi i tecnici francesi hanno sviluppato il raffinato sistema Multi-Sense che permette di seleziona-re diverse modalità di guida in grado di variare notevolmente il comportamento della vettura. Attraverso un tasto dedicato sul tunnel centra-le oppure con un semplice clic sul touch screen centrale è possibile scegliere, oltre a Neutral, le modalità Eco, Comfort, Sport e Perso, che per-

mette di personalizzare a proprio piacere tutti i diversi parametri. Il sistema Multi-Sense influen-za la risposta di motore, cambio EDC, sospen-sioni attive e sistema 4Control ma varia anche le raffinate luci d’ambiente interne, il condizionato-re, il sistema di massaggio e il sound (finto) del motore, propagato in modalità Sport attraverso gli altoparlanti. In modalità comfort, perfetta per i lunghi trasferimenti autostradali, le sospensioni diventano morbidissime e l’Espace dà il meglio di sé, trasformandosi in una regina della comodi-tà a 360°. Dimenticatevi di mantenere la stessa modalità quando iniziano le curve però. Meglio selezionare Sport (o Neutral) in modo da limitare l’escursione delle sospensioni e sfruttare meglio l’intervento delle quattro ruote sterzanti, con il volante che nel frattempo diventa molto più

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diretto e consistente. A proposito ci è piaciuto moltissimo il sistema 4Control che permette di girarsi quasi in un fazzoletto in città (un record per un’auto di 4,8 metri!) e di affrontare le curve con grande confidenza e limitatissimi movimenti di braccia.

Consumi: promosso il biturbo dieselVariando le diverse modalità di guida (Neutral, Eco, Comfort e Sport) con il 1.6 dCi Twin Turbo abbiamo ottenuto un consumo medio (dato del computer di bordo) pari a 6,9 l/100 km. Niente male per un’auto così grande e alta da terra, pen-sata per chi deve macinare chilometri su chilo-metri. Con il benzina più potente invece ci siamo fermati a quota 9,2 l/100 km.

ConclusioniLa nuova Espace è riuscita a rimanere al passo coi tempi trasformandosi in una crossover ben riuscita, elegante e con una forte presenza sce-nica. Sull’altare di un design più accattivante ha sacri-ficato i “sette posti veri” delle versioni preceden-ti, che avevano nel bagagliaio due e vere e pro-prie poltrone, ma in compenso sfoggia motori, qualità e tecnologia al top della sua categoria.

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Comoda e sportivaJaguar parte con la sfida nella classe delle berline

medie con un’auto completamente nuova che è affascinante e comoda ed in pista è una vera belva!

Tra le pecche un po’ di rumorosità al minimo del diesel ed il cambio manuale un po’ scomodo

da manovraredi Matteo Ulrico Hoepli

PROVA SU STRADA JAGUAR XE

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S iamo stati molto contenti di essere al Global Media Drive per la nuova Jaguar XE. Un auto molto attesa, in quanto si lancia un in segmento dif-ficile, altamente competitivo,

perché per scontrarsi con i “mostri sacri” come BMW, Audi e Mercedes si devono avere caratte-ristiche al top, estetica affascinante, funzionalità e comodità. Jaguar XE quindi doveva stupire, con estetica, interni, motori e guidabilità. Diffi-cile eccellere in tutti questi campi contempora-neamente, ma a noi sembra che forse Jaguar ce l’abbia fatta. Il vantaggio per JLR è stato partire da zero, infatti l’auto è completamente nuova. Quindi nuova architettura, telaio al 75% in allu-minio, interni pensati per dare la sensazione “IN a Jaguar, not ON a Jaguar”, nuove sospensioni Integral Link (veramente efficaci), nuovi motori 4 cilindri, trazione posteriore “pura”, Cx di 0,26,

tra i migliori al mondo. Finito? No, infatti anche la fabbrica per costruirla e completamente nuova e darà lavoro a circa 1.700 persone. Insomma un sforzo incredibile che però siamo sicuri verrà ri-pagato e che Jaguar “spalmerà’” su diversi nuovi modelli in arrivo: sicuramente la nuova SUV F-Pace e immaginiamo anche la versione station wagon della XE, che potrebbe essere, almeno in Italia, una “killer application”, soprattutto se in-terpretata in maniera molto sportiva, ricoprendo il vuoto lasciato dalla bella Alfa Romeo 159.

Linee moderne e molto dinamicheLa Jaguar XE è come il Giaguaro, sembra mor-bido e tranquillo quando è acquattato, ma può scattare più veloce di tutti. Da un certo angolo può sembrare un elegante berlina, per andare tutti i giorni al lavoro, ma se la guardi bene dal davanti, dal basso, è decisamente aggressiva. Ha un mascherina sportiva con cornice in allumi-nio e dei fari molto aggressivi, con la “palpebra” tirata sopra a chiudere, e soprattutto il “Long

Bonnet” con doppie linee di bombatura, che dan-no un deciso piglio sportivo. Come ci hanno spie-gato i designer, il cofano lungo da sempre è si-nonimo di sportività ed è un richiamo alla mitica Jaguar E-Type. I fianchi sono più “normali”, puliti nelle linee, ma grazie ai cerchioni da 18 fino a 20 e a delle accennate minigonne, restano dinamici. La corta coda, con mini-spoiler e lunotto lungo da coupé , è convincente e sportiva. Chiudono la coda fari che richiamano la sportivissima F-Type e il doppio scarico. L’auto pesa meno di 1500 kg, nella versione diesel da 163 CV, è lunga 4,67 me-tri e larga 1,85 metri con una capacità del baga-gliaio di 450 litri ed ha un eccezionale CX di 0,26, che insieme ai motori e leggerezza totale, aiuta molto i consumi.

Entriamo e scopriamo il comfort JaguarAprendo l’ampia portiera si avverte un certa “solidità’” della XE, seduta “bassa” che avvolge il guidatore. Bello il volante, asimmetrico per

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Sotto il cofano: motori diesel efficienti e potentiI motori 4 cilindri sono totalmente nuovi. Ovve-ro motori super moderni in parte in alluminio, con le ultime tecnologie per la massima effi-cienza. Start and stop, coppia ai bassi regimi e potenza fluida e sfruttabile, sia per i benzina che per i diesel. Abbinati al cambio automatico a 8 marce, oppure per i diesel, anche al manuale 6 marce. Abbiamo provato la versione diesel da 180 CV e 430 Nm di coppia a 1750-2500 giri e con consumo contenuto in 4,2 litri per 100 km e con la CO2 di soli 109 grammi per chilometro (veramente eccezionale) con cambio manuale. Velocità massima di 230 km/h, fa lo 0-100 in 7,8 secondi. Lo stesso motore ma con 163 cavalli e

vedere meglio gli strumenti molto sportivi e clas-sici, con un presa perfetta, sia in strada e come vedremo in pista. I comandi e la strumentazione sono ben studiati ed al posto giusto. Forse sul volante i pulsanti sono un po’ troppi. La consol-le centrale che è stata ridisegnata rispetto ad altri modelli del gruppo, utilizza un design molto pulito e orizzontale e tasti invece che con le ma-nopole. Però ci sembrano meno “caratteristici” e funzionali. La zona cambio è molto bene rifini-ta con cromature, sia per il cambio automatico che per quello manuale. La leva del manuale è bella e corta, ma poi all’ atto pratico, ha un corsa lunga, e quindi mettere le marce “pari” (all’ in-dietro) risulta un po’ scomodo, soprattutto nella guida sportiva. Più bella e comoda la “rotellona” del cambio automatico, assieme ai paddles al

volante molto ben posizionati e perfetti per la guida sportiva. Il navigatore da 8 pollici ha lo schermo sovrastato dalle bocchette dell’aria, molto originali, chiaro e ben protetto dalla luce del sole. Il software è nuovo ma non velocissimo nell’uso, soprattutto per i comandi touch e anche alcune logiche della navigazione non ci hanno convinto. Alcune plastiche, tipo quelle degli altoparlanti anteriori, i bottoni del navigatore, sono di qualità mediocre. Forse varrebbe la pena visto lo stan-ding di investirci qualcosa. Comodo e ampio il posto del passeggero anteriore, con sedili como-di e ben rifiniti. Anche dietro, nonostante la linea da coupé, si entra bene ed i passeggeri, soprat-tutto se sotto il metro e 80, stanno molto bene, con ampio spazio per le gambe.

380 Nm, raggiunge addirittura 99 g di CO2 per chilometro e 3,8 litri per 100 km, portandosi al top per efficienza ed emissioni. Motore perfetto per le flotte.

Diesel on the roadAll’atto pratico il motore diesel, è, almeno per l’Italia, perfetto: potente, pieno di coppia e con-suma poco. Accendiamo, con il bottone start e subito si sente il borbottio caratteristico. Pensa-vamo fosse un po’ più silenzioso, al minimo, so-prattutto dall’esterno. Si parte e subito si sente la notevole coppia, da 1750 a 2500 giri, di ben 430 Nm. Solo questo serve a spiegare, anche viaggiando nelle belle strade “tuttecurve” della Navarra, che si può guidare in maniera dinamica

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senza dover continuare a cambiare (nonostante le 6 marce). Ci accorgiamo subito che il motore è generoso, non vibra né ai medi (che invece è un classico nei diesel) ne tantomeno tirandolo, solo per testarlo, a 4800 giri, zona in cui interviene il limitatore. Nessuna vibrazione o incertezza: no-tevole! Questi nuovi motori “Jaguar Ingenium” sono proprio dei gioiellini. Consumi reali? Da computer rileviamo in autostrada 5,2 litri per 100 km (19 km con un litro!) e in statale di montagna 7,4 litri per 100 km…dandoci di gas. Molto bene.

Motori benzina: potenti e dolci, ma il consumo…Saltiamo poi sul modello con il motore benzina 4 cilindri declinato in due potenze - 240 e 200 ca-valli a 5500 giri e coppia di 340 e 280 Nm a 4500 giri - ovvero valori da motori diesel di pochissimi

anni fa. Velocità massima di 250 e 237 km/h e 0-100 in 6.9 e 7.7 secondi. Gli Ingenium benzina sono veramente “spettacolari”: silenziosi, non vibrano e soprattutto, grazie anche al cambio ZF a 8 marce, hanno subito la potenza disponibile. La nostra versione, la 240 CV, è divertente, nelle strade tutte curve dei vigneti della Rioja, dove let-teralmente danziamo con la Jaguar XE. Nei tratti dritti apprezziamo la progressione e la silenziosi-tà della XE e i fruscii sono quasi inesistenti. Sono motori molto pieni ai medi regimi e con un grinta giusta agli alti fino al limitatore, attorno ai 6500 giri. Certo, tutto ciò si paga con un consumo, quando si tira, sotto i 10 km al litro, anche se, a onor del vero, in statale e autostrada, dopo 120 km abbiamo fatto, da computer di bordo, oltre 10 km con un litro con il 3.000 V6 Turbo. Questione di guida!

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Precisione sportiva e comfort di viaggioForse il lato che ci ha più stupito della Jaguar XE è la guida, che dopo tutto è la cosa più impor-tante. Grazie al telaio superleggero in allumino, ma molto più rigido rispetto ai classici in acciaio, e con l’aggiunta delle nuovissime sospensioni posteriori Integral Link, unite alle anteriori mol-to sportive Multilink (ereditate dalla F-Type), la Jaguar XE ha un tenuta e precisione di guida in-vidiabile. Andando piano è facile e confortevole, alzando il ritmo diventa precisa e sportiva. Co-niugare due comportamenti così “differenti” è possibile grazie al fatto che le sospensioni hanno la funzione di assorbimento delle asperità sepa-rato da quello direzionale. Un risultato notevole che sulle stradine sconnesse di montagna della Navarra viene subito notato, sia con la diesel che

con la 340 CV. A noi è piaciuta molto la guida, che risulta sportiva anche grazie alla trazione “pura posteriore” e al differenziale con Torque Vectoring, che frenando la ruota interna aiuta a “spingere” l’auto ancora più in curva. Come set-taggi dell’elettronica, per “scegliere” il tipo di gui-da, abbiamo ECO, Normal, Winter (per pioggia e neve) e Dynamic.

Tutti in pista!Andiamo in pista con la versione “S”, ovvero 340 CV e motore V6 turbo, quello della F-Type. Un motore molto sportivo per un’auto “leggera” che grazie alla coppia di 450 Nm a 4500 giri la fa scattare sullo 0-100 in 5.1 secondi e raggiunge-re una velocità massima di 250 km/h. Abbiamo i cerchioni sportivi da 20 pollici e le Pirelli Pzero di serie. Schiacciamo il bottone “Dynamic” per

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avere il massimo delle prestazioni, e grazie alle indicazioni del pilota pro che ci affianca, giriamo al meglio nella pista di Navarra, omologata per la F.1. Ciò che impressiona maggiormente è di nuovo la dinamica di guida, la precisione e la sin-cerità dell’auto, che ovviamente al limite non è stabile come una sportcar, ma appunto un limite da pista a oltre 200 all’ora. Brava XE!

Versioni e prezziLa Jaguar XE è offerta in quattro versioni: Pure, Prestige, Portfolio, R-Sport e S (solo per la 340 CV). Noi abbiamo provato la versione R-Sport che ci è molto piaciuta, il giusto equilibrio tra eleganza e sportività. Interessante la Pure per le

flotte e poi per gli amanti dello stile “British” la Portfolio, con interni molto curati, come solo gli inglesi sanno fare. Le scelte di colore esterno e del pellame interno sono molto ampie. Belle an-che le scelte dei cerchi: a noi sono piaciuti quelli sportivi da 19” o da 20”, che sono optional. Am-pie le possibilità per il sistema multimedia, con un impianto che può arrivare anche a 11 altopar-lanti (della Meridian), anche se abbiamo trovato un po’ povere le plastiche degli altoparlanti delle portiere anteriori. La sicurezza prevede tutti i sistemi di controllo dinamici di serie, un campo in cui Jaguar è al top. In più si può avere il cru-ise control adattivo con le telecamere “stereo”, come anche la frenata d’emergenza, sempre

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utile per chi viaggia molto per lavoro, da 80 km/h in giù. I prezzi partono da 37.750 euro per le die-sel 163/180 CV (che hanno gli stessi prezzi) con cambio manuale, mentre per la versione che ab-biamo guidato, la 180 CV R-Sport, elegante ma sportiva, la cifra sale a 41.650 euro. Per il cambio automatico si devono aggiungere 2500 euro.

Conclusioni: un’auto completa, moderna e con il giusto piglio sportivoForse non si è capito, ma a noi la XE è piaciuta molto. Un’auto che ti sorprende con una linea decisa, sensuale e sportiva, e poi ti accoglie in un abitacolo con carattere e comodo, molto “bri-tish”. La guida è dinamica, piacevole e precisa e sempre molto sicura. Speravamo qualcosa di più dai diesel in termini di silenziosità, ma forse perché avevamo le aspettative molto in alto per i motori Ingenium. Forse in Italia la berlina, anche se di fatto è quasi un coupé, avrà un successo relativo, ma abbiamo la sensazione che a breve vedremo la station wagon. E allora in Italia ci sa-ranno molti più Giaguari per le strade!

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NUOVA BMW SERIE 7ECCO L’AMMIRAGLIA DI MONACO BMW Serie 7 si scopre agli occhi del mondo, rivelandosi sempre auto elegante e raffinata come il suo buon nome richiede, nonostante sia stata rinnovata drasticamente

S i rinnova in maniera consistente la nuova BMW Serie 7 migliorando ul-teriormente, se possibile, l’elevato comfort dell’ammiraglia della casa

bavarese. Tante, tantissime le novità, a comin-ciare da quella meno visibile: il corpo della vet-tura, infatti, è composto da una scocca denomi-nata Carbon Core, adottata sulla nuova Serie 7 dopo un felice e proficuo debutto su i3 e i8. Dalla BMW ci fanno sapere di aver risparmiato 130kg

di peso rispetto al passato, aumentando perà sensibilmente i vantaggi sotto il profilo della ri-gidità torsionale e della stabilità. Nuovo anche il sistema sospensivo, denominato Integral Ac-tive Steering. Il rollio della vettura non sarà più un problema, grazie alle sospensioni governate elettromeccanicamente, in grado di ridurre lo scivolamento laterale percepito all’interno dell’a-bitacolo. Oltre alle già note Comfort, Sport ed Eco Pro, ora troviamo anche la modalità di guida

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Adaptive, dove sarà il software della nuova Serie 7 ad ottimizzare le risposte degli ammortizzatori in base al fondo stradale.

Le motorizzazioniAltro importante passo in avanti è stato compiu-to dai propulsori, tutti disponibili con il famoso cambio Steptronic, automatico, ad otto rapporti. Due le motorizzazioni a benzina: si parte da un sei cilindri da 3.0 litri turbo capace di erogare 326 cavalli e 450 Nm di coppia, fino ad arrivare ad un V8 da 4.4 litri, anch’esso turbo, capace di raggiungere i 450 cavalli e i 650 Nm. Monote-matica la scelta per quanto riguarda il diesel: è disponibile, al momento, un solo sei cilindri turbo da 3.0 litri, con potenza di 265 cavalli e 620 Nm.

Plug-in: la svoltaArriva anche la versione plug-in della nuo-va BMW Serie 7, già utilizzata su i8 e X5. Il

tradizionale motore termico – un 2.0 litri turbo da 258 cavalli – sarà assistito da un propulsore elettrico agli ioni di litio da 95 cavalli, per una po-tenza complessiva di 326 cavalli. Interessanti le prestazioni ed i consumi: si parla di uno 0-100 km/h in 5,6 secondi, per una velocità massima di 240 km/h; ridottissimi i consumo, con appe-na 2,1 litri per 100 km. L’autonomia dichiarata dalla casa, utilizzando solamente la componen-te elettrica, è di 40 km. Ridotte quasi all’osso le emissioni di CO2, con appena 49 g/km. Buona la scelta di equipaggiare il modello sia con la trazio-ne posteriore che, a scelta, integrale.

L’iDrive si userà “senza mani”Passando sotto il profilo dell’infotainment, nu-merose sono state le migliorie per incrementa-re i già elevatissimi standard della BMW Serie 7. Uno schermo di dimensioni generose, posizio-nato al centro della plancia, sarà touch-screen,

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permettendoci di controllare direttamente le funzionalità dell’iDrive senza necessariamente ricorrere all’utilizzo del celeberrimo controller. Ricercata la tecnologia di un innovativo sensore 3D, il quale capterà i movimenti della mano an-cor prima che essa sfiori lo schermo. Presente nel pacchetto Executive Lounge, troviamo un cli-matizzatore automatico quadri-zona, sedili po-steriori singoli con funzionalità. Per chi volesse un comfort ancora più spiccato, esiste l’Executi-ve Lounge Seating – un sedile dotato di poggia-piedi posto dietro al passeggero anteriore – una consolle centrale ed un tablet da ben 7” in grado di comandare l’infotainment.

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Si parcheggia con il telecomandoLa raffinatezza delle nuove soluzioni adottate dalla casa bavarese si percepisce anche nelle piccole cose, come ad esempio la chiave, dive-nuta ora più che mai parte attiva nella guida della nuova Serie 7. Sarà possibile, infatti, parcheg-giare in maniera telecomandata, sfruttando il display presente sulla chiave. I fari, disponibili a LED di serie, saranno sostituiti da proiettori laser su richiesta, dotati di Selective Beam. Rimanen-do sul comparto illuminazioni, fa bella mostra di sé il Welcome Light Carpet, un sistema luminoso che garantisce alla vettura un aspetto decisa-mente più elegante al proprio interno. Gradevole anche l’idea di ricreare, sfruttando il tetto pano-ramico Sky Lounge, un suggestivo cielo stellato, sfruttando dei piccoli LED.

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NUOVA OPEL ASTRAECCO TUTTE LE FOTO E LE INFORMAZIONI UFFICIALI Debutterà in settembre al Salone di Francoforte 2015 la nuova Opel Astra: è più piccola e più leggera fino a 200 kg rispetto al modello attuale

V errà presentata al Salone di Franco-forte 2015 (dal 17 al 27 settembre) la quinta generazione della Opel Astra in versione 5 porte che con la serie

“K” punta a diventare una rivale temibile per le segmento C più gettonate, Volkswagen Golf in testa. La nuova Opel Astra infatti si affida ad una nuova piattaforma che è più leggera fino a 200 kg rispetto alla precedente grazie all’impiego di materiali sofisticati come acciai altoresistenziali,

ma migliora tanto anche nella qualità, tanto che tra gli optional saranno disponibili anche i sedili con funzione massaggio, un optional solitamen-te appannaggio dei segmenti superiori.

Cura dimagrante La nuova Astra V, promettono i progettisti tede-schi, sarà molto più maneggevole e precisa del modello uscente: il risparmio di peso potrà in-fatti oscillare tra i 120 e gli addirittura 200 kg (a

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seconda delle versioni). La “cura dimagrante” è in gran parte dovuta alla carrozzeria molto più leggera, il cui peso tra le due generazioni scende da 357 a 280 kg.

Si fa più piccolaLa nuova Opel Astra è inoltre più compatta: la lunghezza scende di quasi cinque centimetri a 4,37 metri, mentre l’altezza pari a 1 metro e 46 è di poco più di due centimetri e mezzo inferiore alla Astra attuale. I designer di Russelsheim ne hanno mantenuto le proporzioni con un cofano lungo ed un posteriore raccolto, ma attingendo qualche elemento dalla concept car Monza che è un po’ il manifesto stilistico del costruttore tedesco. Gli elementi più originali si trovano sul “lato B”, con un terzo montante dall’effetto “so-speso” che ricorda un po’ quello della piccola Adam ed un portellone dal profilo concavo che unisce i due gruppi ottici. Che adottano la tecno-logia led, mentre all’anteriore debuttano i nuovi fari a led denominati IntelliLux: sono dei gruppi ottici formati da una matrice di 16 led che adat-tano il fascio luminoso a seconda delle condizio-ni, permettendo una visibilità migliore rispetto ai fari tradizionali che si traduce in un tempo di

reazione del conducente a 1,5 secondi più veloce.

Tecnologia a bordoLa Opel Astra sarà il primo modello di Opel com-pletamente nuovo ad adottare la tecnologia On-Star di General Motors già presente in Nordae-merica da anni: si tratta di un collegamento con un centro servizi che offre tantissime informazio-ni, compresa l’assistenza in caso di incidente e l’allerta automatica dei soccorsi per uniformarsi alla normativa europea sull’e-call, oltre alla con-nessione con le reti mobili 4G LTE e la funzione Wi-Fi per consentire di navigare in Rete a fino a sette dispositivi. Debutterà inoltre il nuovo siste-ma di infotainment IntelliLink compatibile con Android Auto ed Apple CarPlay.

I motoriAl debutto la nuova Astra sarà offerta con motori benzina e diesel di ultima generazione che copri-ranno un range di potenze da 95 a 200 CV. Par-ticolarmente appetibile per il mercato italiano è il diesel 1.6 CDTI da 95 CV, mentre tra i benzina le novità principali sono rappresentate dall’entry level 1.0 Ecotec da 105 CV e dall’inedito 1.4 Eco-tec da 145 CV e 250 Nm di coppia massima.

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RENAULT CLIO R.S. 220 EDC TROPHYLA CLIO PIÙ ESTREMA CHE C’È Arriva in Italia la versione corsaiola della Clio R.S. Vanta una potenza di 220 CV, assetto da pista e un cambio doppia frizione ancora più veloce. Costa 25.990 euro

P rendi una Clio Cup, incrociala con una RS ed otterrai la Renault Clio R.S. 220 EDC Trophy, ovvero la versione più estrema della segmento B francese.

Prodotta in edizione limitata, la Clio R.S. 220 EDC Trophy è equipaggiata con molte compo-nenti provenienti dal reparto motorsport della Casa della Losanga, ma mantiene al contempo

la facilità di utilizzo di una compatta.

Look da “Trofeo”La serie limitata Renault Clio R.S. 220 EDC Tro-phy è riconoscibile per la tinta esclusiva “Blan-chimont” Bianco Perlato Nacré Matt con tetto nero (disponibile in opzione) che si aggiunge a Bianco Ghiaccio, Nero Profondo, Rosso Passion

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e Giallo Sirio, i cerchi in lega da 18’’ diamantati, la firma “Trophy” sulla lama anteriore, sulle mo-danature laterali e sul battitacco numerato. Gli interni presentano un design esclusivo con sedili sportivi in pelle riscaldati con poggiatesta inte-grati (disponibili in opzione a 1.990 euro) e in-serti carbon look sulle prese d’aria e sui braccioli delle portiere e il volante in pelle goffrata.

Assetto corsaIl telaio della Renault Clio R.S. 220 EDC Trophy è rinforzato e ribassato di 20 mm nella parte ante-riore e 10 mm nella parte posteriore. Gli ammor-tizzatori, accoppiati a dei tamponi di fine corsa idraulici, sono rinforzati. Lo sterzo è ancora più diretto rispetto alla Clio R.S. 200 attraverso una nuova cremagliera a demoltiplicazione ridotta del 10% (da 14,5/1 a 13,2/1 alla ruota), mentre gli pneumatici sono dei Michelin Pilot Super Sport di misura 205/40 R18.

La potenza sale a 220 CVRispetto alla Clio R.S. 200 EDC, il motore della serie limitata R.S. 220 dispone di 20 CV di po-tenza e fino a 40 Nm di coppia in più, grazie a una nuova mappatura del motore, un turbo di mag-gior volume, condotti di aspirazione ridisegnate e scarico più libero. La potenza massima arriva a 220 cavalli a 6.050 giri/min, mentre la coppia è pari a 280 Nm. Le emissioni di CO2/km della serie limitata R.S. Trophy sono omologate a 135 g/km, mentre il consumo dichiarato nel ciclo misto è di 5,9 l/100 km. Inoltre il cambio EDC a doppia frizione è stato rielaborato per ottenere cambi di marcia più rapidi del 30% grazie alla riduzione della corsa delle levette al volante, mentre il sistema start/stop può essere disattivato nelle modalità “Sport” e “Race”.

Il prezzoLa Renault Clio R.S. 220 EDC Trophy è commer-cializzata in Italia al prezzo di 25.900 euro chiavi in mano, IVA e messa su strada incluse.

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NUOVO FIAT DOBLÒ TREKKINGTUTTE LE INFORMAZIONI E I PREZZI Arriva la versione offroad del multispazio torinese: è disponibile con motori diesel 1.6 da 95 o 120 CV ed è dotato di sospensioni rialzate e controllo di trazione Traction+ per i fondi difficili

S i aprono gli ordini anche in Italia del nuovo Fiat Doblò Trekking, l’inedita versione della quarta generazione del fortunato Doblò di recente sot-

toposto a restyling votata all’offroad leggero. A consentire di uscire dall’asfalto al multispazio torinese è la combinazione tra il look “outdoor” degli esterni con protezioni sottoscocca, l’ado-zione del controllo di trazione “Traction+” e di un assetto rialzato di 10 mm.

Look “campagnolo”All’esterno il Fiat Doblò Trekking si fa notare per le modanature laterali con logo “Trekking”, gli inediti cerchi in lega da 16” e nuovi paraurti anteriori e posteriori, oltre a un assetto rialzato di 10 mm e alla protezione per il motore che lo mette al riparo dagli urti durante la guida sullo sconnesso. Inoltre, per la versione Trekking del Fiat Doblò debutta la nuova tinta di carrozzeria “Bronzo Magnetico”.

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Anche dentro è offroad Gli interni del Doblò Trekking derivano dalla ver-sione Lounge, ma si differenziano per la nuova plancia con trattamento ecopelle, i nuovi sedili in tessuto ed ecopelle con doppie cuciture e i nuovi pannelli porta anch’essi in ecopelle, contraddi-stinti dal colore tabacco specifico di questa ver-sione. Come il resto della gamma, l’abitacolo è carat-terizzato da numerosi vani portaoggetti come il cassetto anteriore che può custodire un tablet da 10”, oppure il pannello porta che può ospita-re contemporaneamente fino a tre bottiglie e un tablet. Il bagagliaio misura da 790 litri in confi-gurazione standard fino a 3.200 litri con i sedili posteriori abbattuti.

Di serieLa dotazione di serie include il sistema ESC con funzione “Hill Holder”, controllo della trazione “Traction+”, climatizzatore automatico, fen-dinebbia, barre sul tetto, specchi retrovisore abbattibili, bracciolo anteriore, cappelliera ri-gida riposizionabile, airbag anteriori e laterali, specchio retrovisore per sorveglianza bambi-ni, vetri Privacy, cerchi in lega da 16” dedicati,

protezione inferiore del motore, assetto speci-fico delle sospensioni e pneumatici All Season. Sono disponibili a richiesta alcuni utili dispositivi quali sensori di parcheggio, Cruise Control, e si-stema multimediale Uconnect con touchscreen a colori da 5” che può essere dotato di navigazio-ne integrata e riproduzione radio digitale (DAB).

I motoriIl nuovo Fiat Doblò Trekking è disponibile con il turbodiesel 1.6 Multijet Euro 6 nelle potenze da 95 CV e 120 CV. Peculiarità della versione Doblò Trekking è il “Traction+”, il sistema di controllo della trazione inseribile attraverso un tasto che incrementa la motricità del veicolo su terreni dif-ficili: funziona sino a una velocità di 50 km/h e in caso di scarsa aderenza, ad esempio proceden-do su fango, neve o fondo bagnato, frena la ruota che slitta e trasferisce la coppia sulla ruota con maggior presa.

I prezziIl nuovo Fiat Doblò Trekking arriva sul mercato italiano ad un prezzo di listino di 24.250 euro nella versione 1.6 Multijet 95 CV e di 25.250 euro nella versione da 120 CV.

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BMW X1ECCO IL NUOVO MODELLO BMW X1 si svela. L’erede dell’attuale versione, che vanta oltre 730 mila unità vendute al proprio attivo, si rinnova in diversi aspetti. Sarà disponibile da ottobre, con nuove interessanti motorizzazioni

B MW X1, versione 2.0. La Sport Activity Vehicle di Monaco, che sarà disponi-bile da ottobre 2015, si rinnova in ma-niera drastica. Il primo cambiamento

che salta all’occhio, riguarda il propulsore, posto in maniera trasversale. Ciò incide sulle dimensio-ni della vettura, che risulta essere di 53 millimetri più alta della precedente, ed il confort all’inter-no ne risente in maniera positiva, offrendo agli

occupanti una posizione rialzata. Cresce anche il bagagliaio, ora di 505 litri – ben 85 in più del pas-sato - per un totale di carico complessivo pari a 1550 litri con i sedili posteriori abbattuti.

Più corta, ma più imponenteLa nuova BMW X1, nonostante risulti essere più corta della precedente versione, è lunga 4,439 metri – 11 millimetri in meno del modello che va

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a sostituire – ed è tuttavia più larga e più alta da terra, con misure rispettivamente di 1,821 metri e 1,598. L’uso preponderante dell’alluminio, confe-risce all’auto più agilità alla guida, secondo quan-to affermato dalla casa, dando una sensazione di particolare leggerezza. Tecnologia a bordoGli allestimenti proposti per la X1 saranno i quat-tro canonici che BMW ci ha abituato a conoscere, ovvero Advantage, Sport Line, xLine e M Sport. Non mancheranno lo Start&Stop e l’Active Cru-ise Control, oltre ad un sistema denominato City Breaking in grado di avvisarci in caso di rischio di collisione con altri ostacoli e di frenare al po-sto del guidatore. Sulla plancia, fa bella mostra di sé un display da 6.5”, disponibile in formato da 8.8” come optional. Disponibile per la prima volta il Dynamic Damper Control system, un si-stema che consente un maggior comfort grazie ad ammortizzatori gestiti elettronicamente. In-teressante, inoltre, la modalità Eco Pro che, in circostanze ben definite – con velocità compresa tra i 50 ed i 160 km/h e solo sui modelli dotati del

cambio Steptronic ad otto rapporti – consente al guidatore, alzando il piede dall’acceleratore, di risparmiare sul carburante, entrando in modalità di “coasting”.

I MotoriLe nuove unità motrici della BMW X1 – TwinTur-bo da 2000 cc, a 4 cilindri, con due propulsori a benzina ed altrettanti diesel - promettono di essere molto efficienti, contando su un consu-mo nel combinato che varia dai 6.4 ai 4.1 litri per 100 km, con emissioni di CO2 oscillanti dai 149 ai 109 grammi al km. Al lancio saranno disponibili i motori da 2 litri per 192 cavalli a benzina per la versione xDrive20i e sDrive 20i, mentre per pre-stazioni maggiori con propulsori da 231 cavalli bisognerà puntare sulla xDrive 25i. Da novem-bre sarà in vendita anche un inedito tre cilindri. Per quanto riguarda il cambio, saranno dispo-nibili due varianti: un manuale a sei rapporti ed uno Steptronic a otto. La trazione sarà generata sull’assale anteriore, dal momento in cui viene sfruttata la piattaforma della Serie 2, ma sarà di-sponibile anche la versione 4x4.

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ENRICO DE VITA«LE SOLUZIONI PROPOSTE PER L’OMICIDIO STRADALE VANNORIPENSATE»Il nostro editorialista Enrico De Vita è tornato a parlare di omicidio stradale e delle forti perplessità legate all’introduzione di questo nuovo reato ai microfoni di Isoradio, intervistato da Elena Carbonari

I l nostro editorialista Enrico De Vita è tor-nato a parlare di omicidio stradale e delle forti perplessità legate all’introduzione di questo nuovo reato ai microfoni di Iso-

radio, intervistato da Elena Carbonari. Si parla tanto dell’introduzione del reato di omicidio stra-dale. Perché non è convinto che sia la soluzione? «La pirateria della strada, la guida senza patente, senza assicurazione e sotto l’effetto di droghe va combattuta senza tregua, ma le soluzioni propo-ste non risolvono il vero problema, che è quello di tutelare la collettività. Mi spiego: spesso chi si macchia di gravi crimini sulla strada non ha la patente, o perché è minorenne o perché gli è sta-ta ritirata dalle Forze dell’Ordine. Quindi, tutte le misure restrittive applicate alla licenza di guida, il cosiddetto ergastolo della patente, hanno effica-cia pressoché nulla. Cioè, di fatto, non riescono a evitare che il reato venga reiterato e a fermare il versamento di sangue sulle nostre strade. Lo stesso vale per chi fa uso frequente di droghe o di alcol».

Lo stesso vale per la certezza della pena, giu-sto?«Certo. Si invoca sempre la certezza della pena, ma aggiungerei anche la rapidità del giudizio. In Italia sappiamo bene come vanno a finire le cose a causa di un sistema basato su tre gradi. Per arrivare ad un giudizio pienamente definitivo

occorrono sempre diversi anni. E anche nel caso in cui si arrivi a una condanna esemplare, si fa ben poco nel frattempo, per tutelare la sicurez-za della collettività da eventuali recidive. Infatti, nell’attesa della sentenza definitiva, l’imputato può continuare a guidare indisturbato per anni».

Ma la soluzione non sembra nemmeno quella di pene sempre più severe…«Sono d’accordo. Si invoca sempre una severità esemplare della pena. E in effetti negli anni si è arrivati a pene più severe per i “reati della stra-da”. Applicando aggravanti come il dolo even-tuale e le altre circostanze comuni nella pirateria stradale si può giungere fino a otto o anche dieci anni di reclusione, ma si tratta di pene virtuali, ol-tre che tardive: spesso non si arriva ai 3 anni, che per gli incensurati equivalgono a non fare nep-pure un giorno. Per gli altri, dopo 12 o 24 mesi il giudice può ridurre di un terzo la pena per buona condotta, concedendo poi magari anche la liber-tà provvisoria. Pertanto, anche la severità iniziale della pena finisce per essere un deterrente con poco valore nella realtà dei fatti».

Quindi secondo lei quale potrebbe essere la soluzione?«Alla fine sono sempre le vittime a pagare il prezzo più alto. La collettività chiede soltan-to una cosa: individuare con tempestività gli

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irresponsabili ed essere tutelata da eventuali re-cidive. Io consiglio di utilizzare un migliaio di quei settemila braccialetti elettronici acquistati dal Ministero degli Interni per controllare gli imputati in libertà provvisoria e adoperarli per monitorare i “pirati della strada”. E non farli più guidare. Ma bisogna metterglielo subito, il giorno dopo l’inci-dente, quando vengono accertate le modalità del sinistro e della guida. Col braccialetto si possono individuare eventuali spostamenti fatti alla guida di un veicolo perché basta il rilevamento degli strumenti in dotazione alle pattuglie o quello di strumenti elettronici, come portali autostradali, ZTL, tutor per allertare le forze dell’Ordine».

Sempre più incidenti avvengono perché siamo distratti dagli smartphone. Stanno diventando veramente una piaga quando si è alla guida…«Quando siamo in auto o in moto dobbiamo sempre ricordarci di essere a cavallo di una mitragliatrice pronta a sparare contro ignoti.

Se non siamo sempre concentrati, per esempio perché stiamo messaggiando con lo smartpho-ne, rischiamo di sparare contro qualche innocen-te».

Perché sulle nostre strade non si vedono più così tanti controlli come un tempo?«Per questioni economiche . Da tanti anni i con-trolli sulle strade delle Forze dell’Ordine, in Italia, sono stati ridotti drasticamente. La Polizia si oc-cupa principalmente delle autostrade, mentre i carabinieri presidiano come possono le strade statali. I vigili urbani, invece, agiscono in città, ma da tempo alcuni di essi si sono trasformati in esattori del sindaco, grazie a multe inflitte a pioggia, con vere e proprie trappole (autovelox, strisce blu, ecc.,) . Non tutti, certamente, ma spesso invece che fare controlli per prevenire le infrazioni stradali, invece di educare gli utenti a una guida più responsabile, si limitano a riscuo-tere le gabelle».

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ENRICO DE VITA«RICHIAMI? NON BISOGNA TEMERLI, PIÙ CE N’È MEGLIO È» Il nostro editorialista Enrico De Vita affronta il tema dei richiami automobilistici, che negli ultimi tempi stanno facendo tremare alcuni colossi automobilistici

I l nostro editorialista Enrico De Vita affron-ta il tema dei richiami automobilistici, che negli ultimi tempi stanno facendo tremare alcuni colossi automobilistici, ai microfoni

di Isoradio, intervistato da Elena Carbonari. Recentemente si sente parlare sempre più spesso di richiami per milioni di vetture da par-te dei costruttori. Che cosa è successo?«Il più grave richiamo degli ultimi mesi riguarda gli airbag difettosi prodotti dalla ditta giappone-se Takata e venduti a mezzo mondo dell’auto: da Fiat a BMW fino a Chrysler e, ovviamente a qua-si tutti i costruttori nipponici. Così si fa presto a toccare milioni e milioni di vetture». Qual era il problema?«Il problema ha riguardato il nitrato di ammonio, ovvero il gas che esplodendo gonfia l’airbag. Ma è un gas che - se non isolato a sufficienza dall’u-midità - rischia di deteriorarsi e di modificare le sue caratteristiche di accendibilità. E, in casi par-ticolari, poteva innescarsi troppo presto o trop-po tardi. Se l’esplosione avveniva troppo presto l’airbag finiva per provocare danni ai passeggeri, perché si gonfiava con troppo vigore. Se si inne-scava troppo tardi invece vanificava l’intervento degli airbag».

In caso di incidente è possibile capire se un malfunzionamento all’airbag ha peggiorato la situazione, influendo sulle lesioni riportate

dagli occupanti?«Non è difficile scoprire se un airbag non si è aperto in tempo, dal momento che centralina e sistema di accensione sono ancora integri. In-fatti, con gli opportuni sistemi, basta analizzare la centralina e la scatola che conteneva il gas di innesco e confrontarli con i valori di taratura che tutte le Case devono mettere a disposizione dei clienti. E’ molto più difficile invece scoprire se si è aperto prematuramente, perché gli oggetti da analizzare sono deteriorati e hanno perso la me-moria. In ogni caso un airbag che si gonfia non deve mai provocare danni mortali ai passeggeri, al massimo può provocare delle ferite».

Quanti richiami fanno le case automobilisti-che? E’ normale che ce ne siano sempre così tanti?«Un costruttore automobilistico serio fa almeno un richiamo all’anno per ogni modello della pro-pria gamma. Se per il modello che noi possedia-mo non ci sono richiami vorrebbe dire – almeno teoricamente - che siamo stati davvero fortuna-tissimi e che l’auto acquistata è perfetta. Ma la perfezione, in meccanica, sappiamo bene che non esiste!»

Perché alcuni costruttori fanno più richiami di altri?«Le case che esportano auto in America danno vita ad un maggior numero di richiami. Questo avviene perché negli Stati Uniti le autorità sono

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severissime nel condurre indagini. Purtroppo l’Europa, e l’Italia ancora di più, sono molto ca-renti da questo punto di vista.»

Perché in Europa siamo meno interessati?«E’ raro che nei ministeri dell’industria e in quelli dei trasporti ci siano tecnici interessati a scopri-re difetti sulle auto, ad analizzarne le cause e a intervenire con i fabbricanti in modo da condan-nare le Case a fare dei richiami».

Cosa permette maggiore rigore negli Stati Uni-ti?«Negli Stati Uniti l’NHTSA – l’ente che gesti-sce la sicurezza stradale - ha addirittura potere legislativo, potere inquisitorio e potere giudi-ziario. Significa che può fare le leggi, condurre

indagini e condannare i produttori a portare a termine campagne di richiamo. Come se non bastasse poi può imporre al costruttore la mo-difica tecnica da adottare per sanare il difetto. O suggerire al Congresso nuove leggi per ridurre il numero degli incidenti. Il terzo stop, per esem-pio è stato inventato, alla fine degli anni Ottan-ta, proprio dall’NHTSA, che lo ha poi imposto al governo americano, per ridurre il rischio dei tamponamenti in colonna. La cosa singolare è che l’NHTSA si gioca la faccia indicando con pre-cisione la percentuale di incidenti che verranno evitati in futuro. Nel caso del terzo faro, la pre-visione fu corretta, ma solo nel primo anno di applicazione. Negli anni successivi, il beneficio si annullò: tuttavia si decise di mantenere il faro per evitare di peggiorare le cose eliminandolo».

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NIKI LAUDA«VOGLIO UNA F1 IGNORANTE PER VALORIZZARE I PILOTI»di Paolo Ciccarone | Niki Lauda, Presidente non esecutivo Mercedes, ci concede un’intervista esclusiva nella quale ci parla della F1 moderna e delle sue idee per renderla più godibile

S ono passati 40 anni esatti: era il 1975 e Niki Lauda vinceva il GP di Monte-carlo rompendo il digiuno della Fer-rari che durava da 20 anni, da quan-

do Trintignant vinse l’edizione del 1955. Ora, 40 anni dopo quel successo, Niki Lauda è ancora in F.1, come Presidente non esecutivo Mercedes, e ancora usa la sua testa per fare un paragone con il tempo che fu e quello attuale. «Diciamo

che vincere a Monaco per me fu meglio che vin-cere il mondiale, c’era la bella gente, quelli ricchi sulle barche, gli sponsor, si aprirono prospettive uniche per me. Rispetto all’ultima vittoria Ferra-ri del 1955 era cambiato molto poco. Anche se le macchine sembravano diverse, in realtà era sempre il pilota a controllarle. Ricordo ancora la mano destra piagata dalla leva del cambio, le scalate fatte con attenzione perché se avessi

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superato di 200 giri il limite, si rompeva il mo-tore. Il cambio da usare con attenzione per non rompere una marcia, proprio come facevano nel 1955, anche se con macchine diverse. Oggi no, fa tutto l’elettronica, per me siamo andati troppo avanti, si deve mettere un freno e togliere tutti questi dispositivi intelligenti che consentono a tutti di non sbagliare nulla, dalla cambiata alla partenza, fa tutto l’elettronica.»

Bene, ma visto il progresso e visto che non si può tornare indietro, su cosa interverresti?«Io dico che per il 2017 possiamo fare molte cose. La partenza ad esempio. Il pilota attiva il sistema e fa tutto il computer, devi solo accelerare ed evitare di andare a sbattere. Questo si può fare togliendo i sistemi intelligenti di controllo, così come si può fare togliendo il controllo del cam-bio, se uno sbaglia, si rompe tutto e va a casa. Certo magari diventa più costoso per un team, ma vi pare normale che nessuno rompe più nulla e sono solo i guasti elettrici a lasciarlo a piedi? No, per me si può eliminare tanta roba inutile che impediscono ai piloti di guidare da soli.»

Quindi un passo indietro rispetto ad oggi, credi sia possibile?«Non lo so, se ci si mette d’accordo ci vuole un attimo a farlo, mica servono gli ingegneri…”

Già e poi finisce come a Montecarlo col pit stop di Hamilton…«Altro esempio che tutti questi computer non servono a niente, se alla fine nessuno decide e ci si rimpalla tutte le volte che bisogna fare qualco-sa. C’è stato un errore chiaro ed evidente, dob-biamo capire cosa è successo, ma in cucina di solito basta un cuoco, troppi rovinano il piatto.»

Uno come te, della vecchia guardia, è sempre disponibile a parlare, anche in questa intervi-sta ti abbiamo interrotto mentre facevi cola-zione, perché coi piloti di oggi non è possibile tirare fuori nulla di più? Colpa del marketing?

Colpa tua come Presidente Mercedes, ad esempio?«No, è colpa dei piloti. Se mi chiedi qualcosa al massimo ti mando al quel paese, poi ti parlo e scherziamo insieme, oggi questi non decidono nulla, guardano il manager, l’addetto stampa, tutto controllato. La colpa è solo dei piloti che son troppo controllati, non certo colpa mia. Io come Mercedes vorrei più partecipazione, inte-resse coinvolgimento dei miei piloti…»

Beh, potresti obbligarli, magari una volta Ha-milton manda a quel paese Rosberg, Nico che si incazza con Lewis…«Non lo faranno mai, qua l’unico che si arrabbia davvero sono io se le cose non vanno come do-vrebbero, ma con questi due scordati che succe-da qualcosa. E anche con gli altri…». Belle pro-spettive, davvero. Ma che sia l’unica soluzione quella di tornare a una F.1 più ignorante?

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24 ORE DI LE MANS UNA STORICA DOPPIETTA PER LA PORSCHEdi Diletta Colombo e Matteo Valenti | La Porsche n.19 di Nico Hulkenberg, Earl Bamber e Nick Tandy si è aggiudicata la 24 Ore di Le Mans 2015. Secondo posto per la Porsche n.17 di Bernhard/Webber/Hartley, terzo gradino del podio per la Audi n.7 di Fassler/Lotterer/Tréluyer

P orsche si è aggiudicata la vittoria del-la 24 Ore di Le Mans 2015: a tagliare per prima il traguardo è stata la Por-sche 919 Hybrid n.19, guidata da Nico

Hulkenberg, Earl Bamber e Nick Tandy. Si tratta della prima vittoria firmata Porsche dal 1998. L’equipaggio apparentemente meno esperto dei tre della casa di Zuffenhausen in gara qui ha stu-pito, dimostrando una grande maturità nel gesti-re la corsa, priva di sbavature. Il secondo gradino del podio è ad appannaggio di un’altra Porsche, la n.17 di Timo Bernhard, Mark Webber e Bren-don Hartley. Nella serata di ieri a Mark Webber è stata comminata una penalità per aver sorpas-sato in regime di bandiera gialla quando il pilota australiano era al comando della corsa. Da quel momento l’equipaggio non è più riuscito a rigua-dagnare il comando.

Terza la prima delle Audi Segue la prima delle Audi, la R18 e-tron quattro n.7 di Marcel Fassler, André Lotterer e Benoit Tréluyer, vincitori a Le Mans lo scorso anno. Nel-la notte sul Circuit de la Sarthe, Fassler ha rime-diato danni al posteriore della sua vettura, che gli hanno fatto perdere molto tempo ai box. In mattinata, André Lotterer ha cercato di recu-perare, mostrando un passo invidiabile, prima di

rimediare una penalità per non aver rallentato in una slow zone. Quarto posto per la Audi n.8 di Lucas di Grassi, Loic Duval e Oliver Jarvis, che hanno preceduto la Porsche n.18, di Romain Du-mas, Neel Jani e Marc Lieb.

Male Toyota e NissanLa prima Toyota a classificarsi - al sesto posto - è stata la TS040 n.2, di Alexander Wurz, Stépha-ne Sarrazin e Mike Conway. La vettura gemella, la TS040 n.1 campione del mondo, di Anthony Davidson, Sébastien Buemi e Kazuki Nakajima è giunta ottava al traguardo. La prestazione delu-dente delle Toyota, tuttavia, non è nulla in con-fronto alla debacle della Nissan: le tre GT-R LM NISMO hanno accusato numerosi problemi di natura tecnica, e hanno mostrato un passo deci-samente meno veloce rispetto alle altre vetture della classe LMP1, precipitando nelle retrovie.

I vincitori nelle altre classiIn LMP2, a vincere è la ORECA 05 Nissan opera-ta dal team KCMG, di Matthew Howson, Richard Bradley e Nicolas Lapierre. Segue la Gibson 015S Nissan della scuderia Jota Sport, di Simon Dolan, Mitch Evans e Oliver Turvey. Terzo posto per la Ligier JS P2 n.28 della G-Drive Racing. In LM GTE Pro, a vincere è stata la Chevrolet Corvette n.64, di Olivier Gavin, Tommy Milner e Jordan Taylor.

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In LM GTE Am, sugli scudi è la Ferrari 458 n.72 di Victor Shaytar, Andrea Bertolini e Aleksei Basov. Secondo posto per la Porsche 911 della Dem-psey-Proton Racing, di Patrick Dempsey, Patrick Long, Marco Seefried. Ore 14.30Colpo di scena in LM GTE Am: Paul Dalla Luna, al volante della Aston Martin Vantage n.98, in te-sta nella classe, è finito a muro alla curva Ford, ponendo fine anzitempo alla propria corsa. Al comando è dunque passata la Ferrari 458 n.72, affidata al russo Victor Shaytar. La situazione in LMP1 rimane invariata: la top three è com-posta dalla Porsche 919 Hybrid n.19 di Nico Hulkenberg, la gemella n.17 di Brendon Hartley e la Audi R18 e-tron quattro di Benoit Tréluyer.

Ore 14.00Stiamo entrando nella fase clou della gara: mancano infatti solo 60 minuti all’esposizione della bandiera a scacchi. Davanti c’è ancora la

Porsche 919 Hybrid n.19; Earl Bamber ha lasciato il posto a Nico Hulkenberg, che dunque porterà la vettura della casa di Zuffenhausen al traguar-do. A seguire troviamo la Porsche n.17, affidata a Brendon Hartley; la Audi R18 e-tron quattro n.7 di Benoit Tréluyer; la gemella n.8 guidata da Lucas di Grassi; e la Porsche n.18 del poleman, Neel Jani. Da segnalare la debacle della Ferrari 458 n.51 di AF Corse in LM GTE Am: mentre era in testa alla classifica di categoria, la vettura gui-data in quel momento da Toni Vilander ha accu-sato problemi al cambio, che hanno costretto il finlandese ai box per molto tempo, togliendogli il comando di classe, a favore della Chevrolet Corvette n. 64. Leadership invariata in LMP2 e LM GTE Pro, con la ORECA 05 Nissan n.47 e la Aston Martin Vantage n.98 davanti a tutti, rispet-tivamente.

Ore 13.00Earl Bamber, al volante della sua Porsche 919 Hybrid n.19, è ancora davanti a tutti. Il pilota

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neozelandese precede il connazionale Brendon Hartley, subentrato a Timo Bernhard alla guida di un’altra vettura della casa di Zuffenhausen, la n.17. Ha preso invece una piega decisamente ne-gativa la corsa della prima delle Audi a figurare in classifica, la R18 e-tron quattro n.7. Durante la sosta per effettuare lo scambio del testimone tra André Lotterer e Benoit Tréluyer, infatti, la macchina è stata portata in garage per alcune ri-parazioni. La stessa scena si è ripetuta dopo una tornata, per sistemare la copertura del propulso-re. In quarta posizione, invece, troviamo un’al-tra R18 e-tron quattro, la n.8 affidata a Lucas di Grassi. Le vetture leader nelle altre classi sono la ORECA 05 Nissan n.47 operata dalla KCMG di Nicolas Lapierre, in LMP2; la Ferrari AF Corse n.51, affidata in questo momento a Toni Vilander, in LM GTE Pro; e la Aston Martin Vantage n.98, guidata da Pedro Lamy, in LM GTE Am.

Ore 12.00Mancano meno di 180 minuti al termine della 24 Ore di Le Mans, e l’eventualità di un successo targato Porsche diventa sempre più concreta: al comando della corsa, infatti, si trova ancora la 919 Hybrid n.19. Tandy ha ceduto il volante della vettura ad Earl Bamber, che attualmente gode di un vantaggio di un giro nei confronti di un altro alfiere della casa di Zuffenhausen, Timo Bernhard, sulla Porsche n.17. Il pilota tedesco è stato protagonista di un fuori pista all’altezza della prima chicane, per evitare una Ferrari GTE. In terza posizione troviamo André Lotterer, sem-pre all’inseguimento disperato delle Porsche che lo precedono: il pilota tedesco, nel corso del giro numero 337, ha colto il miglior tempo in gara, 3’17”475. Seguono la R18 e-tron quattro n.8, di Lucas Di Grassi; la Porsche 919 Hybrid n.18, di Romain Dumas; e la Audi n.9, con il nostro Marco

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Bonanomi al volante. Le due Toyota TS040 oc-cupano la settima e ottava posizione, lontanissi-me dalla vetta.

Ore 11.00 A quattro ore dal termine della gara, la vettura le-ader resta la Porsche n.19, ancora affidata a Nick Tandy. Ad un giro di distacco, segue un’altra 919 Hybrid, la n.17, con Timo Bernhard al volante. Al terzo posto, invece, troviamo la Audi R18 e-tron quattro n.9, che al momento vede il nostro Mar-co Bonanomi nell’abitacolo. Alle sue spalle non si arrende al distacco dalla vetta uno scatenato André Lotterer: il pilota tedesco ha preso il posto di Fassler al volante della Audi n.7, e ha mostra-to un passo decisamente invidiabile. Lotterer ha però dovuto scontare una penalità per non aver rispettato una slow zone.Quinta posizione, in-vece, per la terza vettura della casa dei Quattro

Anelli, la n.8, guidata al momento da Loic Duval. Il meteo, però, potrebbe sparigliare le carte in tavola: la pista, infatti, è appena stata dichiarata bagnata dalla direzione gara. Ore 10.00A cinque ore dalla conclusione della corsa, a mantenere la testa della classifica è sempre la Porsche n.19, ancora nelle mani di Nick Tandy. Segue - a meno di un giro di distacco - un’altra 919 Hybrid, la n.17, affidata a Timo Bernhard. Continuano il loro strenuo inseguimento le Audi: al terzo posto troviamo la R18 e.tron quattro n.9 di René Rast, che precede le due vetture gemel-le, la n.7 di Marcel Fassler e la n.8 di Oliver Jarvis. La prima Toyota classificata è la n.2, con Stépha-ne Sarrazin nell’abitacolo. Continuano, invece, le tribolazioni di casa Nissan: Olivier Pla, al volan-te della n.23, è andato lungo alla Mulsanne per

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problemi di natura tecnica. La vettura, dopo una sosta ai box, è rientrata in pista, seppur accusan-do un distacco abissale nei confronti dei leader della classe. Fuori pista alla Mulsanne anche per la ORECA 05 Nissan n.47. Nonostante l’inconve-niente, però, Richard Bradley e compagni man-tengono la testa della classifica della LMP2. In LMGTE Pro, invece, davanti a tutti c’è la Chevro-let Corvette numero 64, con Tommy Milner al vo-lante. Leader della LMGTE Am, invece, è l’Aston Martin Vantage n.98 di Matthias Lauda. Ore 9:00La Porsche #19 di Tandy saluta le luci del mat-tino sul Circuit de La Sarthe sempre dalla prima posizione, con ben un giro di vantaggio sull’altra 919 Hybrid di Webber. Subito dopo troviamo le tre Audi R18 di Rast, Fassler e Jarvis, mentre per trovare la terza Porsche dobbiamo scendere fino in sesta posizione. Congelate rispettivamente al

settimo e ottavo posto le Toyota TS040 di Wurz e Buemi. In alto mare le Nissan, che dopo i nu-merosi problemi tecnici viaggiano intorno alla 45a posizione, con più di 100 giri di svantaggio rispetto al primo in classifica.

Ore 08.00Cambio di pilota per la vettura di testa, la Porsche numero 19; durante il pit stop, Nico Hulkenberg ha ceduto la sua 919 Hybrid a Nick Tandy, e i meccanici hanno lavorato alla riparazione dell’a-la posteriore della macchina. La corsa in quel momento era in regime di Safety Car, a causa dell’incidente che ha visto coinvolta la Aston Martin n.96. Roald Goethe, al volante della vet-tura in quel momento, è finito a muro alle curve Porsche, senza conseguenze per il pilota. Nella notte sul Circuit de la Sarthe, la Audi n.7 ha perso il carter posteriore, finendo per allontanarsi dalla vetta della corsa. Alle spalle di Tandy troviamo la

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Porsche n.17, affidata a Mark Webber, e la R18 e-tron quattro n.9, nelle mani di René Rast. Se-guono le altre due Audi, la n.7 di Marcel Fassler e la n.8 di Oliver Jarvis.

Ore 3:00Nel cuore della notte è la Porsche 9119 Hybrid di Tandy a mantenere la testa della 24 Ore di Le Mans 2015. Il prototipo di Zuffenhausen continua a girare con tempi incredibili nonostante l’oscu-rità. Dietro inseguono senza trovare pace le due Audi R18 di Bonanomi e Lotterer. Quarta l’altra Porsche di Hartley, inseguita dall’Audi di Duval e dalla 919 Hybrid di Lieb. Non si schiodano dalla settima e dalla ottava posizione invece le Toyota di Sarrazin e Davidson. Ore 2:00 Nell’ultima ora di gara Porsche continua a man-tenere la testa dalla corsa con la 919 Hybrid #19

affidata a Tandy. Dietro di lui però affilano gli ar-tigli le due Audi R18 di Bonanomi e Lotterer, che mantengono un passo gara decisamente più ag-guerrito. In quarta posizione troviamo l’altra Por-sche #17 di Bernhard, seguita dall’Audi di Duval e dall’altra Porsche di Lieb. Le Toyota di Sarrazin e Davidson rimangono fossilizzate rispettivamen-te in settima e ottava posizione.

Ore 1:00Siamo quasi a metà della corsa e l’avvincente duello tra Porsche e Audi non ha nessuna inten-zione di dare tregua. Dopo la penalizzazione, in-flitta per aver soprassato in regime di bandiera gialla, la 919 Hybrid #17 ha perso la testa della corsa, scivolando in quarta posizione. Poco male, visto che un’altra Porsche, la numero 19, è riuscita a difendere la prima posizione duran-te l’ultima ora di gara. Attualmente la troviamo quindi in prima posizione, inseguita a più di 30

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secondi di distanza, dall’altra Audi #9 affidata al nostro Marco Bonanomi. In terza posizione c’è l’Audi di Lotterer, che è sembrato il pilota più incisivo dello squadrone Audi, poi la Porsche di Bernhard. Continua la corsa in salita delle Nis-san. Due delle tre auto in gara si trovano attual-mente ai box per problemi tecnici, mentre l’unica in pista attualmente è in 47a posizione. All’una e quarto però si verifica un nuovo colpo di scena. Jani perde il controllo della Porsche #18 e finisce nella sabbia. La 919 nera viene sollevata dalla gru e rimessa in pista. Torna in gara in sesta posizio-ne.

Ore 24.00Colpo di scena al vertice: a Mark Webber, in testa alla corsa al volante della sua Porsche 919 Hybrid n.17, è stato infatti comminato uno stop-and-go di un minuto per aver sorpassato in regime di

bandiere gialle. L’alfiere della casa di Zuffenhau-sen, dopo aver scontato la sua penalità, è rien-trato in pista in quarta posizione, prima di effet-tuare un altro pit stop, questa volta per cedere il volante a Timo Bernhard. In questo momento al comando della classifica troviamo un’altra Por-sche, la n.19, guidata da Nico Hulkenberg. René Rast e Marcel Fassler, sulle due Audi gemelle - n.9 e n.7, rispettivamente - inseguono. In LMP2, invece, è la ORECA 05 Nissan n.47 ad essere da-vanti a tutti.

Ore 23:00Nell’ultima ora di gara è intervenuta per diversi minuti la Safety Car, resa necessaria per ripri-stinare le condizioni di sicurezza dopo l’uscita di pista dell’Apline LMP2. Nel frattempo continua la battaglia tra Audi e Porsche per la testa del-la corsa. Le R18 sembrano avere un passo gara

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migliore rispetto ai prototipi di Zuffenhausen, ma nessuno sembra voler mollare la presa. Attual-mente troviamo davanti l’Audi numero 9, affidata a Rast, seguita dalle Porsche #19 di Hulkenberg e dalla #17 di Webber. Seguono l’altra Audi di Fassler, la Porsche di Jani e l’Audi di Jarvis. Poi le due Toyota. Sempre più in salita invece la gara delle curiose Nissan a trazione anteriore. Due delle tre vetture sono ferme ai box, una per pro-blemi elettrici l’altra al cambio.

Ore 22.00La lotta per la testa della corsa rimane serrata: per il momento, davanti a tutti c’è René Rast, al volante della sua Audi R18 e-tron quattro n.9. Se-conda piazza per la Porsche 919 Hybrid n.17 di Mark Webber, che precede Marcel Fassler, terzo sulla R18 e-tron quattro n.7. Le posizioni di verti-ce continuano però a cambiare in questa fase di

gara. Completano la top five la 919 Hybrid nume-ro 19, al momento guidata da Nico Hulkenberg, e la terza Porsche, la n.17 del poleman, Neel Jani. La prima delle Toyota, la numero 2 di Mike Conway, si trova in sesta posizione. Continua, in-vece, la debacle Nissan: la prima delle GT-R LM NISMO, infatti, si trova in diciottesima posizione.

Ore 21:00Le Audi, dove aver lasciato sfogare le Porsche nelle qualifiche e nelle primissime fasi di gara ini-ziano a far sentire il fiato sul collo ai cugini della Porsche. Dopo aver dominato per più di quattro ore quasi ininterrottamente la 919 Hybrid #17, al momento guidata dall’ex pilota di F1 Mark Web-ber, deve lasciare il posto alla R18 di Albucquer-que, che conquista la testa della corsa. In que-sta fase di gara del resto, dopo più di sei ore, le Audi sembrano diventate più agili e veloci delle

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Porsche. In terza posizione troviamo infatti l’al-tra auto dei Quattro Anelli guidata da Fassler, se-guita dalle due Porsche di Dumas e Hulkenberg. In sesta posizione troviamo la Audi di Di Grassi, poi la prima delle due Toyota affidata a Conway.

Ore 20.00Dopo quattro ore di gara, ad occupare la prima posizione in gara è sempre Brendon Hartley, sul-la rossa Porsche 919 Hybrid n.17. Il pilota neoze-landese precede la Audi R18 e-tron quattro n.9, guidata da Filipe Albuquerque, e la R18 n.7, nelle mani di Benoit Tréluyer; il pilota francese si trova a 45 secondi dalla vetta. Le altre due Porsche - la n.19 di Earl Bamber e la n.18 di Roman Dumas - completano la top five.La prima delle due Toyota, la TS040 n.1, campio-ne del mondo nel 2014, si trova in sesta posizio-ne, doppiata. Nella classe LMP2, invece, è al comando Nicolas Lapierre, al volante della ORECA 05 Nissan ope-rata dal team KCMG.

Ore 19.30La lotta tra Brendon Hartley - al volante della Por-sche n.17 - e Filipe Albuquerque - sulla Audi R18 e-tron quattro n.9 - si è fatta decisamente serra-ta in questa fase di gara: il portoghese si è por-tato alle calcagna del neozelandese, prima che l’alfiere della Audi rientrasse ai box, perdendo la seconda posizione a favore di Benoit Tréluyer, sulla Audi n.7. Anche in LMGTE Pro c’è stata una battaglia degna di nota, quella tra la Aston Martin Vantage n.99 e la Chevrolet Corvette n.64 per la testa della categoria nella classe.

Ore 19.00Una volta ripresa la gara dopo il regime di Safety Car causato dall’incidente di Loic Duval, è ancora la Porsche n.17 di Brandon Hartley a mantenere il controllo della corsa. Alle sue spalle, troviamo la R18 e-tron quattro numero 8, in questo mo-mento nelle mani di Filipe Albuquerque. Dopo un pit stop, Benoit Tréluyer si trova in terza posizione, davanti alla Porsche n.18, nelle mani

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di Marc Lieb. Chiude la top five Earl Bamber, al volante della Porsche n.19. Da segnalare, inoltre, l’incendio che ha interessato un’altra Porsche, la numero 88.

Ore 18:00Mentre la Porsche rossa #17 di Brandon Hartley riconquista la testa della corsa, alle sue spalle si verifica un brutto incidente in una concitata fase di doppiaggio, per fortuna senza alcuna conse-guenza per i piloti. L’Audi R18 #8 con alla guida Loic Duval si allarga sulla destra per superare una Ferrari 458, mette due ruote sull’erba e fini-sce in testa coda, tagliando la strada ad un folto gruppo di auto, tra cui una Porsche 919. L’impat-to contro le barriere è fortissimo e la R18 perde tutto il muso anteriore. Duval rientra ai box con la macchina semi-distrutta, ma come sempre gli uomini Audi si dimostrano super efficienti nel momento del bisogno e in pochi minuti riesco-no a rimettere in pista la R18 riparata in fretta e furia. Nel frattempo è entrata la Safety Car per

ripristinare le normali condizioni di sicurezza del tracciato. Al momento al comando si trova quin-di ancora Brandon Hartley con la Porsche #17, seguito dall’Audi #9 di Bonanomi e dalle altre due Porsche 919, la #18 di Lieb e la #19 di Tan-dy. Treluyer è in sesta posizione con l’altra Audi R18 #7, seguito dalle due Toyota di Davidson e Sarrazin. La R18 protagonista dell’incidente invece è finta in ottava posizione.

Ore 17.30Lotterer, fino a questo momento alla testa della classifica, ha effettuato un pit stop. Al comando ora si trova Timo Bernhard, al volan-te della sua Porsche 919 n.17., seguito da Neel Jani, con la gemella n.18. Nico Hulkenberg, inve-ce, ha lasciato il volante della sua 919 Hybrid a Nick Tandy. Out la Ligier JS P2 n.30, del team Ex-treme Speeds Motorsport. Un piccolo incendio ai box, invece, ha visto protagonista la Ligier n.26 del team G-Drive Racing.

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Ore 17.00Dopo il valzer dei pit stop, è sempre l’Audi nu-mero 7 di André Lotterer ad essere al comando della classifica; alle spalle del pilota tedesco, troviamo il suo connazionale Timo Bernhard, al volante della Porsche n.17. Alle spalle dei due, le altre due Porsche, la n.18 giudata da Jani e la n.19 di Hulkenberg. Da segnalare anche il contatto di gara tra la Krohn Ligier n.40 e la ESM Ligier n.30. Ad avere la peggio è stata la prima: la macchina è finita nella ghiaia.

Ore 16.40Dopo un’ora e mezza di gara disputata, ad esse-re al comando è uno scatenato André Lotterer, al volante della Audi R18 e-tron quattro n.7: il pilota tedesco si è liberato di Neel Jani prima e di Timo

Bernhard poi, conquistando la testa della corsa. Alle loro spalle, grande bagarre tra la Porsche n.19, guidata dal pilota della Force India, Nico Hulkenberg, e la Audi n.9, con il nostro Marco Bonanomi al volante, prima che i due effetttuas-sero il loro pit stop, per imbarcare carburante, ma non per cambiare le gomme.

Ore 16.10Termina anzitempo la gara della Porsche 911 RSR n.92, di Pilet/Makowiecki/Henzler. La Re-bellion R-One n.13, di Imperatori/Krahamer/Abt è scivolata sull’olio perso dalla Porsche ed è finita nella ghiaia. Anche la Dome S103 - Nissan n.42 della Strakka Racing è stata vittima dell’olio in pista, con conseguenze, però, meno gravi. A seguito dell’incidente, la macchina del Porsche

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Team Manthey ha preso fuoco. La corsa prose-gue in regime di Safety Car. La situazione nelle prime posizioni resta invariata.

Ore 15:30Bastano pochi giri però per vedere riemergere il giovane Nico al volante della Porsche #19, che riconquista la posizione numero 5 ai danni dell’i-taliano Bonanomi su Audi R18, che poco dopo viene passato anche dalle due Toyota. Attualmente troviamo quindi in testa le due Por-sche di Bernhard e Jani, seguite dalla Audi di Lot-terer e dalle Toyota di Buemi e Wurz. Inseguono poi le due Audi di Duval e Bonanomi e l’altra Por-sche di Hulkenberg. Le auto si fermano per il primo pit stop, che sconvolge le posizioni.

Ore 15:00Bandiera a scacchi, la 24 Ore di Le Mans 2015 ha inizio. Tutto regolare alla partenza, con la caro-vana di vetture che si infila a tutta velocità sotto al ponte Dunlop senza collissioni. La Porsche 17 rossa di Bernhard passa subito all’attacco dal-la seconda posizione e conquista la testa dalla corsa ai danni della 919 nera di Jani, autore della pole position. Anche lo squadrone Audi però non perde tempo per andare all’attacco e a farne le spese è la terza Porsche affidata a Hulkenberg. In terza posizione quindi troviamo la prima Audi di Duval, seguita dalle R18 di Lotterer e Bonanomi, mentre la Por-sche di Hulkenberg finisce in sesta posizione, se-guito dalle Toyota di Buemi e Wurz. Guarda tutte le classifiche

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24 ORE DI LE MANSCHI SONO I VINCITORI “INSOSPETTABILI” DELLA 24 ORE di Matteo Valenti | Alla fine è stato l’equipaggio Porsche più insospettabile ad aggiudicarsi la vittoria alla 24 Ore di Le Mans di quest’anno. Ma chi sono realmente i protagonisti di questa strepitosa vittoria?

A lla fine è stato l’equipaggio Porsche più insospettabile ad aggiudicar-si la vittoria alla 24 Ore di Le Mans di quest’anno. Quello della “terza

macchina”, la numero #19, aggiunta allo squa-drone prima di Spa per arrivare in forze sul Cir-cuit de La Sarthe, nel tentativo di arginare, final-mente, lo strapotere dell’Audi. Alla fine, a vincere, è stato l’equipaggio giudicato

“meno esperto”, quello che aveva maturato si-curamente meno esperienza degli altri al volante della 919 Hybrid. E invece Nico Hulkenberg, Earl Bamber e Nick Tandy hanno messo tutti a tacere con una vitto-ria bellissima e super meritata, dimostrando di non essere i “pivellini” della Porsche, ma gran-dissimi piloti, in grado di amministrare la gara da veri strateghi.

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La corsa verso la vittoriaLa 919 Hybrid #19 non parte fortissimo. Al volan-te c’è Hulkenberg e dopo pochi giri rimane indie-tro rispetto alle altre Porsche, sorpassata dalla voracità della Audi R18. Da questo momento della gara in avanti sembra destinata a dover re-citare un ruolo subalterno rispetto alle altre due 919, che al volante hanno piloti decisamente “più navigati”, almeno per quanto riguarda Le Mans. Un ruolo più di disturbo che realmente pericolo-so per le Audi R18. E invece Hulkenberg, Bamber e Tandy giro dopo giro risalgano fino alle prime posizioni e sfruttano al meglio le occasioni che gli si presentano davanti. Ma soprattutto non com-mettono praticamente nessun errore, a diffe-renza dei loro compagni di squadra. Nella notte poi Bamber si rende protagonista del miracolo. Mentre l’Audi Di Fassler è rallentata da un pro-blema tecnico, Bamber si porta in testa e inizia a spingere fortissimo, con “un piede alla Lotterer” e tempi e ritmi impressionanti, quasi da qualifica. La 919 Hybrid #19 rimarrà in testa alla corsa fino

alla fine, riportando alla vittoria Porsche, che non saliva sul gradino più alto del podio a Le mans dal lontano 1998. Ovvero dall’ultimo anno della sua partecipazione alla 24 Ore, prima del grande ri-torno del 2014.

Nico Hulkenberg: più sorrisi nel WEC che in F1Ma chi sono realmente i protagonisti di questa strepitosa vittoria? Quello che conosciamo me-glio è senza dubbio Nico Hulkenberg, talentoso pilota prestato all’endurance dalla Formula 1, dove attualmente corre con la Force India. Nato nel 1987, Hulkenberg inizia ad andare sui kart fin dall’età di nove anni. Nel 2009 è campione della GP2 e l’anno succes-sivo riesce a fare il salto in F1, dove come miglior risultato raccoglie un quarto posto a Spa nel 2012, sempre con la Force India. Prima di aggiu-dicarsi la ambitissima vittoria a Le Mans, aveva già gareggiato con la 919 Hybrid a Spa, dove si era piazzato buon sesto.

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Earl Bamber: un pilota da tenersi strettoEarl Anderson Bamber, classe 1990, è un gio-vanissimo pilota neozelandese che vive a Kua-la Lampur. Ha iniziato a correre in una serie di campionati asiatici, come la Formula BMW Asia, la Formula V6 Asia e la Toyota Racing Series. Si fa notare dagli uomini di Zuffenhausen però grazie alla Porsche Carrera Cup Asia, che si aggiudica nel 2014, e alla Porsche Carrera Cup Deutschland, dove raccoglie due vittorie. E dopo il risultato ottenuto quest’anno a Le Mans, con la splendida volata in notturna, siamo convinti che Porsche se lo terrà ben stretto per il futuro.

Nick TandyNick Tandy, britannico doc, è il più “anziano” dei

tre. Nasce nel 1984 a Bedford, dove risiede anco-ra oggi. A differenza degli altri suoi due compagni di squadra è sposato e ha già un figlio. Inizia ad emergere a metà degli anni ’90 dove partecipa ad una serie di campionati minori inglesi, come lo Stock Cars Championship o il Mini Se7en. Passa poi alle vetture a ruote scoperte, dove si distingue con la Formula Ford e la Formula 3 nel-la Euro Series. Non disdegna però nemmeno le auto derivate dalla serie e partecipa con succes-so al VLN tedesco e a diversi altri campionati GT. Negli ultimi anni però si appassiona alle corse di durata, dove scopre di trovarsi veramente a suo agio. Nell’American Le Mans Series del 2012, in classe GT, è primo alla Petit Le Mans e terzo alla 12 Ore di Sebring. Lo scorso anno poi vince la prestigiosissima 24 Ore di Daytona in classe GTLM.

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DIECI COSE CHE LA 24 ORE PUÒ INSEGNARE ALLA F1 di Matteo Valenti | Record di presenze e sempre più costruttori pronti a sfidarsi in pista. L’Endurance conquista un successo incredibile, mentre la F1 è sempre più in crisi. Ecco 10 consigli che la 24 Ore di Le Mans può dare alla Formula 1 per rilanciarsi

O gni anno un nuovo record di pre-senze, per un campionato che fa sempre più gola alle Case automo-bilistiche. E non è di certo un caso.

Dopo stagioni difficili infatti, in cui era finito un po’ in ombra, dimenticato da pubblico e costruttori ufficiali, il Mondiale Endurance oggi gode di ot-tima salute, tanto da essere diventato uno degli appuntamenti più interessanti nel panorama del motorsport a livello internazionale. Il mondiale si snoda quest’anno attraverso otto appuntamenti

sparsi in giro per il mondo, ma la perla dell’in-tera stagione rimane naturalmente la 24 Ore di Le Mans. Una gara unica nel suo genere, con un tracciato leggendario e un patrimonio storico ineguagliabile. Qui si sono consumati alcuni dei duelli più belli della storia. Indimenticabile quello tra Ferrari e Porsche, che ha tenuto banco negli anni ’60, per non parlare poi del calibro dei pi-loti che si sono sfidati tra questi cordoli. Jacky Ickx, Derek Bell, Henri Pescarolo, Hurley Haywo-od, Tom Kristensen e i nostri Emanuele Pirro,

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Michele Alboreto e Dindo Capello sono sono al-cuni dei nomi più celebri.

L’ascesa del WEC e il declino della F1 (in Eu-ropa)Nel 2014 assistiamo al grande ritorno di Porsche e, finalmente, Audi e Toyota hanno un nuovo avversario, che peraltro manda in scena un’av-vincente lotta intestina all’interno di uno stesso Gruppo automobilistico (Audi e Porsche fanno capo a Volkswagen Group, nrd). E il pubblico sembra apprezzare. Spalti sempre più gremiti, titoli sui giornali a pioggia e un format di gara che diventa sempre più collaudato. La prova del nove che parla del successo di queste gare arriva quest’anno, con Ford che annuncia un clamoroso ritorno a Le Mans, in categoria GT, a partire dal 2016. Una notizia che ha mandato in euforia mezzo mondo, visto che si ripropor-rà in chiave moderna il leggendario duello tra le auto americane e i bolidi di Ferrari e Porsche.

Uno scenario così frizzante mai come in questo periodo potrebbe stonare di più con quello che invece sta vivendo la F1. Dovrebbe essere la mas-sima espressione dell’automobilismo mondiale, invece il Circus sta attraversando una crisi pro-fonda, perlomeno in Europa. Gli ascolti TV sono in calo vertiginoso da anni e i tempi in cui tutti alla domenica accendevano la TV, anche solo come sottofondo, per vedere la F1 sembrano or-mai lontanissimi. Il pubblico si è allontanato da questo sport, soprattutto le nuove generazioni e la rivoluzione tecnica degli ultimi anni, con un regolamento a dir poco complicato, non ha fatto altro che peggiorare le cose. Le cause di questa crisi sono molteplici e molto complesse, ma non è nostra intenzione andare ad analizzarle ora. Qui vogliamo solo limitarci a prendere spunto dal successo di una gara come la 24 Ore di Le Mans, per proporre qualche umile suggerimento da dare alla F1, sempre più in cerca della strada perduta.

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1) Battaglie e sorpassi veriNel Mondiale Endurance (FIA WEC) ci sono sor-passi in continuazione e battaglie avvincenti in tutte le categorie, sia tra i prototipi che tra le GT. E lo spettacolo non è artefatto con diavolerie aerodinamiche (leggi DRS) come avviene in F1. Qui il più veloce, quello che guida più forte o che ha la macchina migliore sorpassa. Punto. Come dovrebbe avvenire in tutte le sane competizioni automobilistiche.

2) Libertà tecnica: la vittoria non è mai scon-tataIl bello delle gare endurance è che il regolamento impone sì dei paletti, anche molto rigidi, ma poi ogni squadra è libera di decidere quale tecnolo-gia adottare per realizzare l’auto. In pista così si sfidano diverse filosofie costruttive e tecnolo-gie anche opposte tra loro. Nella LMP1 trovia-mo motori benzina o a gasolio, auto ibride con diversi sistemi di recupero dell’energia, trazioni

posteriori, anteriori o integrali. Questo rende le auto molto più interessanti e aiuta lo sviluppo di tecnologie da trasferire sui modelli di serie. Inol-tre l’esito delle gare non è mai scontato. I colpi di scena sono sempre dietro l’angolo ed è (quasi) impossibile vedere corse “congelate”, dove chi parte in pole position rimane in testa per tutta la corsa e poi vince, per il trionfo della noia. Ogni riferimento ad altre categorie è puramente cau-sale…

3) Si può andare (quasi) ovunqueIl pubblico a Le Mans può andare quasi ovunque. Con un biglietto un po’ più costoso si può entrare anche nei paddock e stare a contatto con piloti e meccanici sulla griglia di partenza. E, se proprio non si vuole spendere, prima della gara si può comunque andare a conoscere i piloti durante la bellissima parata (gratuita) del venerdì in Pla-ce de la Republique. Se si ha fortuna e un po’ di pazienza poi, specialmente di notte, si riesce ad

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entrare persino nei box, dove si assiste allo spet-tacolo unico dei pit stop in notturna. Solo così, a nostro avviso, si può assaporare il vero gusto delle competizioni e non chiudendo le porte agli appassionati, come troppo spesso avviene nel dorato e blindato paddock della F1.

4) Vie di fuga vere, non asfaltateA Le Mans esistono ampie vie di fuga, che ga-rantiscono elevati standard di sicurezza per i pi-loti. In ogni caso però le zone esterne alle curve sono rimaste rigorosamente ricoperte di ghiaia o terra e non sono state asfaltate, come spesso ha imposto la F1 (vedi la Parabolica a Monza). In questo modo il tracciato rimane il vero limite del pilota e chi sbaglia paga con diversi minuti di ritardo, se non con un ritiro. Non basta una ster-zata insomma per rientrare in pista dopo un cla-moroso errore…

5) Si corre di notte, ma al buio!Una parte consistente della 24 Ore, probabil-mente quella più affascinante, si corre di notte. Prototipi e GT oggi si affidano a poderosi sistemi di illuminazione, ma il tracciato, a cominciare dal lunghissimo e terrificante rettilineo dell’Hunau-dières, è rigorosamente al buio, proprio come una volta. Non esistono insomma quei mirabo-lanti impianti di illuminazione artificiale che ven-gono utilizzati nelle gare in notturna in F1, dove la notte viene trasformata in giorno.

6) Gomme: non servono a favorire i sorpassi, ma ad andare fortissimoIl fornitore unico della classe regina LMP1 a Le Mans è Michelin, che in questi ultimi anni ha inve-stito tantissimo nella ricerca sugli pneumatici per le corse di durata. Il risultato sono gomme che in gara durano tantissimo (anche più di 1.000 km!), garantendo per diverse ore prestazioni al top. Un

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bell’aiuto per l’ambiente, ma anche per lo svilup-po di gomme stradali sempre più performanti e durevoli. Anche in questo caso siamo quindi lontani anni luce da quanto accade in F1, dove si è chiesto a Pirelli di realizzare pneumatici che si usurassero molto velocemente, così da favorire “lo spettacolo”.

7) Si corre sempre al limiteAnche durante l’ultima 24 Ore abbiamo assisti-to ad un ritmo di gara impressionante. Persino nel cuore della notte i tempi sul giro rimanevano qualcosa di incredibile, addirittura vicini a quelli registrati in qualifica (ben al di sotto dei 3’20’’!). I piloti nell’endurance oggi spingono sempre al massimo, cercando di tirare fuori tutto quel-lo che si può dalla macchina. Certo, anche a Le Mans ci sono raffinate strategie di gara e ad un certo punto bisogna fare i conti con l’usura

degli pneumatici, ma è davvero difficile sentire un team radio che imponga ad un pilota di rallen-tare, ad esempio per “gestire le gomme”, come troppo spesso avviene in F1.

8) Prezzi umaniAssistere ad una gara leggendaria come la 24 Ore di Le Mans non costa una follia e non bisogna svenarsi come accade invece a chi vuole sedersi sugli spalti della F1. Con 75 euro si entra in pista per l’intero weekend (!), ma per andare un giorno ad una delle curve del tracciato bastano solo 15 euro e i bambi-ni sotto i 16 anni entrano gratis! Per la cronaca quest’anno a Le Mans c’erano 263.500 spetta-tori e il camping era sold out. Offrire prezzi più accessibili potrebbe essere quindi un buon modo per tornare a riempire gli spalti sempre più vuoti delle gare europee della F1.

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9) La gara non si vince ai box, ma in pista!La 24 Ore di Le Mans è una corsa che ha con-servato il suo spirito autentico. Certo, per vince-re una gara così lunga, servono anche raffinate strategie, ma non basta una sosta ai box per de-cidere le sorti della gara, come succede spesso in F1. A Le Mans la corsa si fa anche e soprattutto in pista, con sorpassi, lotte e vere battaglie (vedi l’avvincente duello di quest’anno tra Audi e Por-sche). Sembra semplice, ma è quello che chiedo-no gli appassionati anche alla F1.

10) Grande sportività e rispetto reciproco tra i teamAlla 24 Ore di Le Mans ancora oggi vive un gran-de senso di sportività e rispetto dell’avversario.

Quest’anno per esempio Wolfgang Ullrich, diret-tore di Audi Sport, è andato nei box della Porsche durante gli ultimi giri della gara per complimen-tarsi della vittoria con gli avversari. E lo stesso hanno fatto gli uomini del team Toyota, che sono andati di persona nell’Hospitality Porsche per complimentarsi con i vincitori. Come se non ba-stasse poi Audi France ha diffuso una pubblicità che rende omaggio ai nemici. Nell’immagine una R18 che sfreccia e una scritta: “Porsche gagne la cours. Et notre respect” (Porsche ha vinto la cor-sa. E il nostro rispetto). Insomma un clima po-sitivo, di sana ma viva competizione, che rende ancora più avvincente la gara. Davvero difficile, se non impossibile, trovare qualcosa di simile nel Circus.

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WRC ITALIA SARDEGNA OGIER (VW) VITTORIA E AUTOGRAFOdi Piero Batini | Il campione del mondo firma il 4° successo della stagione con una interpretazione del Rally Italia Sardegna perfetta e… isolata dal resto del mondo. Solo Paddon merita una parte da coprotagonista. E poi Andreucci con la Peugeot R5

C hi ritiene che Sebastien Ogier sia pilota imbattibile porterà d’ora in avanti il Rally Italia Sardegna come prova e testimonianza a sostegno

della sua tesi. E probabilmente il Campione del Mondo un giorno dirà: quell’edizione durissima e bellissima del Rally italiano, anzi sardo, l’ho vinta io, così…” e giù il racconto di una performance leggendaria che oggi è solo uno step di carrie-ra, seppure significativo. Allora, aspettando che il “vecchio” Ogier ricami sulla vittoria italiana,

intanto ve la raccontiamo noi. Come dicevamo, la dodicesima edizione del Italia Sardegna, o me-glio ancora Sardegna Italia, è da dividere in tre capitoli: thriller, resistenza e perfezione, lieto fine con autografo.

Paddon prende il largo nella prima giornataIl primo giorno, come un “assassino”, Hayden Paddon apriva tre squarci di stiletto i20 vincendo le prime tre prove speciali e prendendo il largo. Si

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dirà che la strategia adottata dal neozelandese fosse basata sull’attacco improvviso e a freddo, quando nessuno se l’aspetta ancora, ma in verità il primo a non attendersi di essere così micidiale è proprio la “terza” guida Huyndai, che diventa il primo dei sorpresi. Si dirà anche che Paddon era favorito dall’ordine di partenza, che la i20, ormai a sviluppo fermo in attesa della nuova macchi-na, ha trovato nell’affinamento di un pacchetto ormai collaudato un atout, e che il pilota ha tro-vato in Sardegna lo stimolo per una rapida ma-turazione. Come se tutto arrivasse per caso, ma in un rally così è difficile che qualcosa di così im-portante possa cadere dal cielo. Paddon ha sem-plicemente, come lui stesso dice, cercato di fare del suo meglio, ha corso con estrema attenzione e, vista la possibilità di sfruttare il vantaggio, ci ha provato. Andare in testa al Rally, tuttavia, è solo una parte della storia di Paddon. Il meglio di sé il pilota Hyundai l’ha poi dato nel resto del-la corsa, soprattutto nella critica parte centrale quando è riuscito non solo a scrollarsi di dosso un buon numero di avversari, ma addirittura a tenere testa all’asso degli assi, Sebastien Ogier.

Ogier prende il largoLa svolta del Rally “data” del finale di tappa, di-ciassettesima Speciale. Paddon commette un piccolo errore e va in testa coda, e per parte sua la macchina accusa un malfunzionamento al cambio. Nel giro di due speciali il neozelandese passa dal paradiso al… purgatorio, Ogier se ne va e, una volta passata la burrasca VW, Pad-don non può far altro che passare in modalità di protezione del secondo posto, peraltro già suffi-cientemente al sicuro. Questo è il capolavoro di resistenza di Paddon, che alla fine della corsa riavvolgerà il nastro e, molto onestamente, rico-noscerà la superiorità dell’avversario, ammet-tendo anche, però, di essere stato bravo, sinché tutto è andato bene, a tenere sua maestà a una pur piccola, ma costante distanza. Ogier, invece, passerà alla storia del Rally per il capolavoro di perfezione della sua corsa.

Un “Blade Runner” chirurgico Sebastien “Blade Runner” Ogier è già maestro in tanti settori del suo “mestiere”, ma sincera-mente così chirurgico nell’amministrare le sue

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risorse non lo si era mai visto. Col senno di poi verrà da dire che a Ogier sarebbe bastato spin-gere sull’acceleratore in un qualsiasi momento per costringere Paddon a farsi da parte. E inve-ce, in questa occasione, il Bi-Campeon ha dato la priorità all’affidabilità, della macchina e della sua corsa, e subordinato la velocità agli imperativi di circostanza. E mentre gli avversari si facevano da parte, uno dopo l’altro e inesorabilmente per-ché non in grado di controllare i propri parametri, Ogier ha trovato il passo ideale, ad una spanna dal rischio, e costruito la propria vittoria basan-dola su una regolarità terrificante. Il terzo capito-lo del Rally è il Power Stage, la finalissima andata in scena sullo stupendo, e velocissimo tracciato di Cala Flumini.

Mikkelsen alla riscossa nel Power StageCi voleva un segno che sintetizzasse non solo la superiorità di Ogier, ma anche della

macchina che aveva vinto 14 delle 23 prove spe-ciali in programma. Visto che l’ultima giornata di gara non aveva sin lì espresso niente di nuovo o di particolare, restava il Power Stage, con i suoi sei punti a disposizione del podio dell’ultima Spe-ciale. È stato lì che Mikkelsen, con il terzo posto ha corretto, seppure in minima parte, una due giorni di disgrazie, che Latvala, vincitore di metà delle 14 prove marcate VW, ha voluto ricordare che c’era stato anche lui, e che Ohgier, vincen-do, ha autografato il poster di tre Volkswagen ancora una volta sul podio. Sì, con il terzo posto conquistato nelle due giornate finali anche Neu-ville ha rilanciato, almeno in parte, le quotazioni in ribasso degli ultimi Rally mondiali, ed Evans e Ostberg, con il quarto e quinto posto rispetti-vamente al traguardo di Alghero, fanno almeno atto di dignitosa presenza. Stiamo già parlando, tuttavia, del gruppone di equipaggi che si bilan-ciano in una classifica a parte, accomunati dal fatto di aver commesso almeno un errore e, chi

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più e chi meno, di avere il loro “peccatuccio” sul-la coscienza.

La favola di Ucci e Ussi Capitolo a parte, molto bello, è quello della corsa di Paolo Andreucci e Anna Andreussi, arrivati in Sardegna con la loro 208 T16 ancora impacchet-tata nella confezione regalo di Peugeot Sport Italia. La partecipazione al Rally faceva parte, infatti, del programma delle manifestazioni per il festeggiamento del mezzo centenario del Tosca-no più veloce di tutti i tempi. Regalato il Mondiale al proprio Pupillo, Peugeot Sport è andata in apnea per sessanta ore. Non più in attesa che la 208 T16 e il suo Equipaggio riuscissero a finire il Rally, questo era l’obiettivo, ma per il fatto che per un soffio il rally non lo han-no vinto. Parliamo del WRC2, al quale “Ucci” e “Ussi” par-tecipavano con la loro “umile” R5 protagonista del Campionato Italiano, una macchina fatta per

un altro genere di gare e che mai aveva dovuto “subire” il test massacrante di un Rally come il Mondiale in Sardegna. Si sa, l’appetito viene mangiando, e quando alla fine del primo giorno la 208 T16 era prima nella classifica assoluta del WRC2, e quando il secondo giorno, grazie a un portellone aperto, ad Andreucci mancavano solo sette secondi per il bis, è chiaro che il terzo e ul-timo giorno gli imperativi della prima ora erano andati nel limbo del dimenticatoio, e si era tutti lì a tifare Andreucci e a gufare Protasov. Ma l’ucraino correva con una RRC, una di quelle WRC “mascherate”, e forse è più giusto, o lo sa-rebbe ad essere sportivi, che a vincere sia stato lo straniero. Ad Andreucci, Andreussi e alla 208 T16 resta l’onore impagabile dell’ottavo posto assoluto. È un risultato davvero strepitoso, altro che finire la gara, altro che top ten. Ma, a pen-sarci bene, c’è un risvolto “sinistro”. Date una world rally car al “nonnetto” e nel WRC è suicidio di massa!

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WRC ITALIA SARDEGNA208T16-LIVE. IL “FILM” DEL WEEK END di Piero Batini | La trama avvincente della gara WRC2 in Sardegna, vissuta nel duello tra Paolo Andreucci e Yurii Protasov, attraverso gli highlights dell’avventura di Peugeot Sport Italia

F ranzetti e Leoni presentano il program-ma di Peugeot Sport Italia per il 2015 a Milano. Oltre alla conferma di An-dreucci-Andreussi e il Progetto Junior

Team con Tassone e Michi, in quell’occasione è appena ventilata la possibilità di una partecipa-zione ad un Rally Extra, “per esempio” il Mondia-le in Sardegna. Il 25 aprile, con un video, Peugeot Italia ufficializza il regalo del 50° compleanno di Paolo Andreucci, e l’8 giugno viene svelata la li-vrea tricolore della 208 T16 dedicata all’evento. I

giorni 8, 9 e 10, ricognizioni del percorso dell’Ita-lia Sardegna, e l’11 giugno, alle 19:36, la Peugeot 208 T16 con il numero 48 scende in pista sul cir-cuito cittadino di Cagliari per disputare la prima prova speciale, il Super Special Test. Al termine della serata Andreucci è 16° assoluto.

La 1a Tappa. 12 giugno, prima PS, Grighine SudAndreucci è 12° assoluto, e 1° dei Piloti WRC2 davanti a Lappi e Al-Attiyah. Sulla successiva

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Grighine Nord, Andreucci-Andreussi sono de-cimi assoluti, con una muova vittoria in WRC2, questa volta davanti a Lappi e Maurin. Sulle Mon-teferru 1 A-A “sfondano” il muro dei primi dieci dell’assoluta del Rally, noni e al comando della WRC2 nonostante la vittoria di Kopecky. Primo equipaggio italiano nell’assoluta del Rally. Sulla Sagama 2 Protasov vince per la prima volta. A-A hanno un piccolo problema e devono cedere la leadership della WRC2 a Lappi. All’assistenza di metà tappa i tecnici dei Racing Lions hanno ef-fettuato un cambio di assetto per consentire alla Peugeot 208 T16 di “passare” meglio sulle piste il cui terreno è diventato molto insidioso. Fa mol-to caldo, il “Dottore” ha rifornito la cambusa di integratori salini, ma il pilota li nasconde in vari punti della macchina preferendo affidarsi ai mi-racoli della dieta mediterranea: spaghetti aglio e olio, in questo caso con una passata di bottar-ga. La spettacolare Mont’e Prama sul golfo di

Cabras restituisce la leadership WRC2 alla 208 T16. Andreucci è distratto dal paesaggio mozza-fiato ed è “solo” settimo, ma Lappi lo è ancor di più ed esce di strada. Secondo passaggio sulle speciali della tappa. Per telefono il consiglio del Team, ascoltato il parere di Poppi Amati, suggerisce a Paolo di ral-lentare per non correre rischi sulle piste che, nel frattempo, sono scoperte dal primo passaggio e disseminate di sassi. Andreucci scende al de-cimo assoluto e lascia passare Bertelli. Ultimo passaggio sulla Grighine Nord, fine della tappa e della seconda giornata di gara. Andreucci è 9° assoluto, ma primo nella WRC2, torna al nono posto assoluto, ma ancora alle spalle di Bertelli per un solo decimo di secondo, Al-Attiyah non resiste alla ritmo imposto dal toscano ed esce di strada, e al secondo posto della WRC2 sale il tedesco Kremer, distante però quasi un minuto e mezzo.

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La tappa di sabato 13 Parcheggiato momentaneamente il pensiero del WRC2, Al-Attiyah vince la Ittiri Arena e la succes-siva Monti Alà. Andreucci si fa passare da Evans ma “fa fuori” Lorenzo Bertelli e diventa il primo degli italiani in nona posizione assoluta. Nella classifica di gruppo Andreucci è ancor salda-mente al comando, davanti al saudita Al Rajhi e a Protasov, che è salito al terzo posto. Sono in tre soltanto a non aver commesso errori, o aver subìto incidenti, e la classifica si muove lenta-mente, solo Protasov riesce a “limare” parte del-lo svantaggio, nelle successive Coiluna e Monte Lerno che con il Miki’s Jump caratterizza forte-mente il giro di Speciali prima della breve Ozieri. Andreucci è salito all’ottavo posto assoluto. Il secondo passaggio sulla Coiluna-Loelle riapre il

duello tra Andreucci e Protasov. Andreucci ha avuto un problema con il portellone posteriore (di chi il problema, dell’auto o… del pilota?) e il vantaggio ironicamente svanisce e le posizioni si invertono. Sull’ultima Monte Lerno Andreucci decide di dare uno stop alla strategia decisa con la Squadra. Al termine dell’ultima speciale del giorno, la più lunga e difficile, la 208 T16 vola tra le piste panoramiche del parco eolico e recupera venti secondi a Protasov. Si va al riposo con set-te secondi da recuperare nella tappa conclusiva, l’ottavo posto assoluto e il primato tra i Piloti ita-liani.

Domenica 14, tappa conclusiva Sulla prima di 4 speciali, Monte Baranta e Cala Flumini per due volte, Andreucci tocca l’apice

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del suo Rally Italia Sardegna. Supera Protasov, torna al comando della WRC2 e sale al settimo posto assoluto. Ormai, mentre il Rally si avvia nelle mani di Ogier, è duello incandescente, ap-passionante tra Andreucci e Protasov. L’ucraino vince la Cala Flumini a ripassa in testa, Andreucci fa meglio nella Monte Baranta e si porta a mezzo secondo dall’ucraino. Il verdetto arriverà, dopo 390 chilometri di Rally, negli ultimi 11 chilometri che sono il teatro del Power Stage. È il momen-to in cui Protasov rischia il tutto per tutto con-sapevole di essere favorito dalla macchina, una RRC di categoria superiore, ma è anche il fran-gente in cui Paolo Andreucci, che non accetta il rischio di certi passaggi strettissimi e pericolosi, e che ha dovuto riparare una fuga di liquido dal radiatore colpito da un sasso, torna agli obiettivi

originali del progetto. In questo modo congela il risultato e passa il testimone della “sua” gara all’avversario. Il bellissimo duello finisce lì. Vin-ce Protasov ma Andreucci, pur in condizioni di inferiorità, ne è il protagonista assoluto. Partiti per portare a termine l’avventura del Rally Italia Sardegna, il Team Peugeot Sport Italia è andato oltre. Andreucci è ottavo assoluto, secondo della WRC2, a soli cinque secondi dal vincitore, e ha dato vita ad una gara entusiasmante staccando il resto della compagnia e dimostrando, ancora una volta, di essere il migliore pilota italiano. Una nota finale. La prima apparizione Mondiale di An-dreucci risale al 1989, in occasione del Rally del Portogallo. In coppia con Cassina, anche allora Andreucci terminò all’ottavo posto assoluto, ma solo quarto di classe, con una Delta Integrale.

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LE FOTO PIÙ BELLE DEL WRC, RALLY D’ITALIA SARDEGNALe immagini più belle dal Rally d’Italia Sardegna 2015, sesta tappa del Mondiale WRC, vinto da Sebastien Ogier e Julien Ingrassia sulla Volkswagen Polo R WRC

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